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Autore: Ciuffettina    02/04/2021    4 recensioni
Michael era orgoglioso della missione affidatagli, lui era un bravo figlio obbediente, desideroso di compiacere suo Padre, tuttavia avrebbe preferito non avere quel mantra sempre nelle orecchie
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Gabriel, Metatron, Michael, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il dietro le quinte della Bibbia'
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Il giorno dopo Mosè decise di salire sul monte Sinai per capire che aria tirasse.
Ovviamente aria di tempesta. Di nuovo Dio gli ribadì che gli Israeliti avrebbero meritato soltanto di essere annientati, poi gli ingiunse: «Taglia due tavole di pietra come quelle che tu hai rotto e portale in cima al monte domani mattina».
Mosè ebbe quasi un mancamento: si ricordava fin troppo bene di quanto pesassero quei lastroni e l’indomani avrebbe dovuto portarne due simili in cima alla montagna? Stava per chiederGli umilmente se non sarebbe stato più logico aggiustare quelli che involontariamente aveva rotto, insomma per Uno che aveva creato il mondo in sei giorni sarebbe stato una bazzecola aggiustare due tavole di pietra rotte, ma pensò che non fosse il caso di suscitare nuovamente la Sua ira, così l’indomani il povero umano s’inerpicò con due belle lapidi pesantissime sul monte, lasciando Giosuè a guardia degli Israeliti, molto più affidabile e deciso del fratello Aronne.
Neanche il tempo di arrivare in cima col fiatone e con le gambe che facevano “Giacobbe, Giacobbe(1)” e di posarle per terra che Dio cominciò subito a dettargli, oltre ai Dieci Comandamenti, un’altra serie di leggi e precetti da immortalare invece su un mucchio di pergamene che “gentilmente” gli aveva fatto trovare lì.
 
Come la volta precedente, Mosè dovette rimanere per 40 giorni a scrivere sotto dettatura. “Quanto mai mi sono avvicinato a quel roveto ardente!” pensava esasperato tra una frase e l’altra. “Adesso sarei a Moab, bello tranquillo a pascolare pecore o a fare qualsiasi altra cosa avessi voluto!
Alla fine, Dio gli disse: «Ordina agli Israeliti che dovranno costruirMi un santuario e Io abiterò in mezzo a loro. Dovranno anche fare un’arca di legno di acacia: avrà 2,5 cubiti di lunghezza e 1,5 di altezza e larghezza(2). La rivestirai dentro e fuori d’oro puro e le farai intorno un bordo d’oro…»
Mosè notò con stupore che Dio dettava quelle istruzioni con uno strano tono, come se fosse oltremodo seccato dal numero degli oggetti da costruire: un santuario portatile, ricoperto da undici teli, un’arca con coperchio e portantina, un candelabro a sette braccia, coppe e piatti d’oro per l’altare e abiti tempestati di pietre preziose per i sacerdoti. Mentre pensava alla stranezza della cosa e a come convincere i suoi “carissimi” compatrioti a improvvisarsi sarti, orafi, carpentieri e quant’altro, il Signore gli disse che avrebbe pensato a tutto un certo Ooliab, figlio di Achisamach, della tribù di Dan.
Finalmente, quando Dio volle, poté scendere.
Arrivato al campo si rese conto che tutti lo fissavano in maniera strana e vagamente inorridita. «Che cos’altro è successo?» domandò, aspettandosi il peggio.
«Ecco, Mosè…» balbettò Aronne, «non so come dirtelo… ma il tuo volto…»
Mosè non se n’era accorto ma a furia di stare ininterrottamente davanti a una palla di fuoco per 80 giorni (40 prima il fattaccio del vitello d’oro e altri 40 dopo) gli si era abbrustolita la faccia. “Ci mancava anche questa!” pensò irritato. Stufo di essere fissato come un fenomeno da baraccone (anche se non erano ancora stati inventati) si mise un velo sul viso e domandò loro chi fosse Ooliab.
Si fece avanti un piccoletto, cicciotello, coi capelli ricci grigio scuro, la barbetta e l’aria scazzata di chi avrebbe voluto trovarsi a mille miglia da lì (ma quella l’avevano tutti quanti).
Mosè non si ricordava di averlo visto prima, comunque gli spiegò che cosa voleva Dio e gli porse le pergamene in cui erano illustrati i lavori da fare e l’altro, dopo aver assunto, se possibile, un’aria ancora più scazzata, si mise all’opera… o almeno ci provò.
L'Altissimo aveva detto a Mosè che Ooliab era un valido artigiano, pieno di abilità, intelligenza e scienza (e sembrava quasi eccitato mentre ne tesseva le lodi) ma, a giudicare da come aveva fissato perplesso la sega e il martello, come se non li avesse mai visti in vita sua, non si sarebbe detto, in più il fatto che continuava a darsi le martellate sulle dita, non deponeva certo in favore della sua presunta abilità.
Beh, se gli oggetti verranno male, il Signore non potrà prendersela con me” pensò Mosè, “Lui ha scelto Ooliab e mi chiedo proprio perché, non ho mai visto uno più maldestro.
 
Accidenti a Gabriel!” pensò Metatron infuriato dopo l’ennesima martellata finita dove non avrebbe dovuto e ciucciandosi le dita nel vano tentativo di placare quello che gli umani chiamavano “dolore”: l’Immenso aveva stabilito di far costruire agli Israeliti una super arma, a forma di arca di Noè in miniatura, per aiutarli a conquistare la famosa Terra Promessa ma, dopo la soffiata di Gabriel, aveva deciso di punirlo stabilendo che dovesse essere lui, Metatron, a fabbricarla (insieme a tutto il resto) e, come se non bastasse, aveva anche fatto in modo che perdesse i suoi poteri angelici ogni volta che ci lavorava.
Ma che ho fatto di male?” si chiese per l’ennesima volta.
A Metatron non sembrava giusto: lui era uno scriba, non un falegname e quegli attrezzi gli erano del tutto ignoti, inoltre era stato punito soltanto lui, proprio così! Dio, invece di castigare anche quell’arcangelo ribelle per quell’aggiunta sacrilega ai Suoi comandamenti, Si era convinto che, siccome Lui era l’Onnipotente, non solo poteva sanzionare i comportamenti malvagi ma anche quelli che Gli davano fastidio, tipo indossare un abito tessuto con lana e lino o aggiogare insieme un bue e un asino all’aratro(3) e a chi era toccato il compito di riprendere quelle Leggi che erano nate perfette e aggiungerci tutto quanto? Sempre a lui, lo scriba divino, mentre il Signore passeggiava avanti e indietro e gli sciorinava i supplementi da inserire man mano che Gli venivano in mente.
Anche Mosè sarebbe stato da castigare, insomma, gli avevano dato le Tavole della Legge scritte dall’Eterno in persona e quello stupido umano le aveva lasciate cadere, davvero oltraggioso! Per fortuna, da bravo scriba, Metatron aveva scritto i Dieci Comandamenti anche su una pergamena che aveva riposto nell’Archivio divino, quindi la rottura delle prime tavole non era stata una perdita del tutto irreparabile ma era talmente furioso per quella mancanza di considerazione per le cose sacre da parte di quell’umano che glieli aveva fatti riscrivere su altre due tavole di pietra con martello e scalpello e l’aveva tenuto sul Sinai per altri 40 giorni per dettargli le nuove regole (stavolta con l’autorizzazione divina per testare l’obbedienza di quei capoccioni).
Così impara a stare più attento” pensò con magra soddisfazione, riprendendo il suo lavoro da falegname.

*****
  1. A noi moderni le gambe fanno “Giacomo, Giacomo”
  2. 1,20 di lunghezza e cm 60 di altezza e larghezza
  3. Vere! Deuteronomio 22, 10-11
   
 
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