La fuga era stata precipitosa ma non per questo meno curata.
Il villaggio era in subbuglio, l’odio e la paura avevano
immediatamente
infiammato il cuore della gente e per Anna, Kristoff, Emma ed Ellen
scappare
era stata l'unica soluzione possibile. Sapevano che li avrebbero
inseguiti e,
di conseguenza, era stato necessario mettere in atto un piano per
depistare le loro
tracce che, altrimenti, sarebbero state più che mai
rivelatrici sulla neve ed il fango. Per questo motivo Sven era stato
fatto partire da solo senza
finimenti
e con alcune provviste legate in groppa, sapeva benissimo la strada da
seguire,
Kristoff aveva preso Emma sulle spalle e
si era avviato per primo mentre Anna ed Ellen, indossando stivali da
uomo
riempiti con delle stoffe, erano partite più tardi battendo
un'altra via ma più breve. In
questo modo se qualcuno si fosse messo alla ricerca dei loro passi
avrebbe
trovato le impronte di una renna solitaria, di un uomo corpulento e di
due
giovani in cerca di avventure. Quando le due donne avevano lasciato il
villaggio, il laboratorio delle sorelle già stava bruciando.
Ora dormi
bimba
mia, tieni stretta questa mano…
Una
voce calda, una mano affusolata e morbida a stringere
la sua piccola e candida...
Nel cielo non
c’è
luna e il lupo è ben lontano…
Strofe di
una nenia sussurrate per far addormentare i più
piccini…
Ma se, invece,
è
alta è piena, la notte sua sarà
Parole
intrise di un cupo avvertimento, oscuro per una
piccola di soli otto anni che aveva tutta l’intenzione di far
vedere agli altri
bambini che lei non aveva paura, che non bisognava davvero essere
maschi per
avere coraggio.
Non esser
sciocca,
stai al riparo o lui ti mangerà
Quando le fauci del
lupo si erano serrate sulla sua
spalla sinistra, il rosso della luna nel cielo si era mescolato a
quello del
suo stesso sangue ed era diventato il suo ultimo ricordo, ultimo
assieme al
dolore.
I suoi colpi finirono prontamente bloccati da due mani che le si serrarono attorno ai polsi ma con un’inaspettata delicatezza.
«Calmati» la invitò una voce dolcemente «Sono io»
Nel riconoscerlo, il suo sguardo riprese subito lucidità ma era così stanca, spossata e stava ancora così male che non riuscì ad aprire bocca, semplicemente si abbandonò fra le sue braccia. Braccia che la strinsero e la cullarono, mentre due labbra si posavano morbide fra i capelli sudati «Scotti ancora da morire…» gli sentì dire, preoccupato. Un leggero sciabordio anticipò l’arrivo di un panno umido e fresco sulla fronte «Io non so davvero che altro fare»
Non lo sapeva nemmeno lei, era la prima volta in vita sua che ingeriva dello strozzalupo, si augurò di averne vomitato abbastanza per sopravviverne, solo il passare del tempo avrebbe risolto questa domanda fatale. A Jack, però, decise di non dirlo «Non mi lasciare, stai qui con me»
«Non ti lascio» le sussurrò, stringendola ulteriormente.
Si sdraiarono assieme su di un modesto giaciglio nella grotta nascosta nel fitto della foresta. Elsa chiuse di nuovo gli occhi e si lasciò cullare dal battito del cuore che arrivava dal petto a cui era appoggiata, un ritmo regolare che ebbe il potere di calmarla e farla scivolare pian piano in un sonno profondo, senza sogni.
Ellen Overland era stata costretta ad ingoiare non uno, ma
un intero stagno di rospi. In un battito di ciglia aveva dovuto
abbandonare la
casa in cui aveva sempre vissuto, sentire sui suoi figli e su di
sé il peso di
un pericolo mortale e venire a conoscenza di come quella ragazza, che
avrebbe tanto
volentieri accolto in famiglia, fosse la causa di tutto e, non solo,
aveva
rischiato di uccidere Emma e condannato Jack al suo stesso destino. Il
lungo viaggio,
però, l’aveva costretta a tenere la bocca chiusa,
concentrata sulla fatica e
sul timore agghiacciante di essere raggiunte da un momento
all’altro dai loro
inseguitori.
Arrivata
alla grotta, la gabbia in cui Elsa era solita rinchiudersi aveva reso
la storia che le era stata raccontata un po' meno irreale ed il peso
che
quelle ragazze si portavano addosso l’aveva colpita come un
pugno e,
finalmente, li aveva visti: sdraiati su un grezzo giaciglio, Elsa
dormiva agitata,
girata su un fianco e, alle sue spalle, Jack la cingeva con un braccio
e teneva
la testa posata alla sua. Sembrava assopito a sua volta ma, in
realtà, poteva
chiaramente avvertire il suo sguardo su se stessa e sulla giovane Anna
lì con lei, non si era neanche mosso, come se già
sapesse la loro
identità. Lo vide diverso,
più selvaggio e si disse che la suggestione poteva giocare
brutti scherzi,
quello che non poté far a meno di capire, però,
fu che suo figlio improvvisamente
aveva smesso di essere il suo bambino e si era fatto uomo ed era
sicura, non
avrebbe in alcun modo potuto allontanarlo da Elsa, a meno di non
togliergli un
pezzo di cuore e fare una cosa del genere sapeva benissimo a cosa
avrebbe
portato. Chiuse gli occhi e sospirò, non l’avrebbe
mai permesso.
Quando anche Kristoff ed Emma avevano raggiunto quel luogo,
che da prigione si era trasformato in rifugio, era stato ben presto
chiaro che
le poche provviste che erano riusciti a caricare su Sven, assieme ad
alcune pelli e
armi per ogni evenienza, non sarebbero mai bastate per più
di qualche giorno.
Jackson
aveva categoricamente rifiutato l'aiuto dell’amico e si era
diretto
nella caccia da solo, sicuro di saper badare a se stesso - ora
più che mai - mentre,
con Elsa fuori dai giochi, tutte le forze dovevano concentrarsi a
proteggere il
loro posto sicuro in caso ce ne fosse stato bisogno.
«Mettiti
così, brava» suggerì Anna alla giovane
Emma «bilancia un po' di più il
peso sul piede di appoggio… lancia»
Un piccolo
stiletto fendette l'aria e andò a piantarsi su una tavoletta
di
legno accostata ad una parete.
«Ce
l'ho fatta» esultò la ragazzina, prendendo le mani
di quella che si era
appena improvvisata sua insegnante.
«Sì!»
si unì l'altra orgogliosa ed, insieme, si misero a
saltellare dalla
contentezza.
Un leggero
sbuffo arrivò alle loro orecchie
«Kristoff» si bloccò
d’improvviso
la più grande «Da quanto ci stai
guardando?»
«Abbastanza
da aver compreso di non farti arrabbiare mai»
celiò, con un mezzo
sorriso divertito.
«E’
bravissima, non è vero?» chiese conferma Emma, con
gli occhi pieni di
ammirazione.
«Già»
confermò il taglialegna «Una sorpresa
continua»
Anna si
disse di essere una sciocca, non poteva essere adorazione
quell’espressione che si era appena dipinta sul viso di lui, Gesù, le
sue stupide guance potevano anche evitare di arrossire.
Improvvisamente
in imbarazzo, Kristoff si schiarì la voce «Da
quant’è che sai
fare queste cose?» chiese, sinceramente curioso.
L’espressione
della ragazza si velò appena «Da quando
è stato chiaro che Elsa
non sarebbe più stata la stessa dopo che è stata
morsa: dovevo imparare a
gestirla e a difendermi in caso di necessità»
«Quindi
non sei goffa? Fai solo finta?»
Anna
scoppiò in una risata cristallina «Oh no, la sono
per davvero! Sono piena
di cicatrici: questa è una» tirando su una manica,
mostrò una piccola striscia
bianca all’interno dell’avambraccio
«Questa un’altra» continuò
mostrando
l’altro braccio «E poi ne ho un’altra
qui» disse, iniziando a far uscire la
camicia dalle braghe che indossava ma, improvvisamente, si
bloccò «Aspetta…
che?» arrossì vistosamente «Questa
è meglio non fartela vedere»
Il giovane
al suo fianco che, con la sua temperatura corporea, sarebbe stato in
grado di sciogliere un intero blocco di ghiaccio solamente posandovi
sopra la
faccia, inspirò a fondo nel tentativo di calmarsi e
l’occhio gli cadde su un
piccolo segno sulla fronte dell'altra «E questa?»
le
chiese, sfiorandole i capelli.
Lei
alzò lo sguardo e si scostò appena la frangia,
lasciando ben visibile un
segno sulla tempia destra, normalmente nascosto «E’
stata mia
sorella…»[1] si strinse
le mani al petto
«Non sapeva ancora dosare la sua forza, è
stato un incidente che ci ha quasi uccise entrambe: è da
lì che ha cominciato a
rinchiudersi anche durante il giorno»
«Anna…»
cercò di rincuorarla lui, posandole una mano sulla spalla.
«Perché
non vi baciate?» s’intromise Emma fra i due.
Kristoff
trasalì, buttando gli occhi al cielo «A volte mi
dimentico di chi tu sia
sorella…»
Durante tutte le battute di caccia a cui aveva partecipato
nella sua vita, Jackson non aveva mai provato quello che stava provando
in quel
momento. Nel fitto del bosco si era sempre sentito come un ospite,
talvolta
sgradito, ma non quel giorno: quel giorno si sentiva a casa. Era come
se fosse,
improvvisamente, entrato a far parte dell’ambiente stesso,
sentiva ogni odore,
ogni presenza e, dentro di sé, la consapevolezza di cosa e
come colpire per
assicurare la sopravvivenza del suo branco.
La caccia doveva
essere
mirata, giusta, per non alterare l’equilibrio. Inoltre come
avrebbero potuto
conservare a lungo grossi quantitativi di carne? La Primavera, ormai,
era sbocciata e non nevicava da un po' e quella rimasta non avrebbe
avuto la forza sufficiente per costruire una ghiacciaia. Senza
contare che rimanere fermi in quel posto era altamente rischioso
perché,
sebbene fossero lontani dal villaggio, rischiavano di non esserlo abbastanza.
Sbuffò,
improvvisamente nervoso, il lupo
all’erta: che cosa stava
succedendo?
Controllò
il suo bottino di caccia e decretò che era sufficiente, non
era
tranquillo, doveva rientrare. Quando mosse il primo passo,
però, un fruscio
impercettibile al limitare del suo campo visivo, diede un nome a quella
sensazione che aveva cominciato a premergli nel petto: pericolo, da
cacciatore
era appena diventato preda.
Elsa scivolò via dal sonno lentamente e, ancora prima di
riprendere completamente il contatto con la realtà, si
ritrovò sommersa da una valanga
di emozioni. C’era qualcuno a vegliare su di lei che,
giustamente, aveva tutte
le ragioni del mondo a provare nei suoi confronti quei sentimenti
contrastanti.
Grazie al lupo
ben sapeva dell’affetto profondo che aveva
sempre nutrito per
lei e non le era oscuro che non le sarebbe dispiaciuto affatto averla
come
nuora, cosa di cui era sempre stata intimamente felice, ma questo era prima,
ora era tutto cambiato, ora sapeva. Aprì gli occhi e la
cercò con lo
sguardo «Ellen…»
Lei trasalì «Elsa! Come ti senti?»
«Meglio» rispose, senza effettivamente mentire: era
stanca e spossata ma,
almeno, quella sensazione terribile era sparita e anche la febbre se
n’era
andata.
«Jack è andato a caccia» la mise al
corrente la donna, impacciata «Mentre Emma
è a fare Dio solo sa cosa con tua sorella»
La ragazza tirò le labbra in un piccolo sorriso, non si
poteva certo dire che
non cercasse di fare del suo meglio per mettere a tacere il suo
risentimento «Grazie
per esservi presa cura di me»
L’altra si schermì appena «Ci
mancherebbe…»
«Mi dispiace…» si scusò Elsa
e, istintivamente, si azzardò a coprirle una mano
con la sua: l’avvertì fremere per un attimo e
l’impulso che l’altra ebbe di
ritirarla la investì come una raffica di vento gelida,
tuttavia, non lo fece.
Decise di continuare «Per colpa mia avete dovuto abbandonare
la vostra casa, ho
condannato vostro figlio al mio stesso destino e ho seriamente messo in
pericolo la vita di Emma» la guardò negli occhi,
colpevole «Avete tutto il
diritto di odiarmi, io non vi biasimo»
L’amarezza, con cui quelle parole vennero pronunciate, fece
calare fra le due
un irreale silenzio che venne, ben presto, interrotto da una terza voce «Tu non mi
hai messa in pericolo»
Entrambe si voltarono verso colei che aveva appena parlato
«Emma» pronunciò la
madre in un soffio.
La ragazzina le raggiunse e si mise a sedere sul giaciglio vicino ad
Elsa, in
modo da vederla bene in faccia e farle comprendere che di lei non aveva
paura «Quando
ero davanti al lupo c’era
una domanda a cui non riuscivo a
dare una risposta:
perché non mi aggrediva? Perché sembrava mi
esortasse a scappare via? In quel momento
pensavo che volesse solo divertirsi con me e non negarsi il piacere
della
caccia ma, quando ho scoperto che il lupo eri tu,
ho finalmente capito:
tu volevi davvero che io scappassi, per non farmi del male. Avresti
potuto
uccidermi cento volte prima dell’arrivo di Jack ma non
l’hai fatto, perché non
volevi» le sorrise incoraggiante «Non sei il lupo
cattivo, credimi…»[2]
«Vero?» confermò Anna,
appena giunta assieme a Kristoff «E’ una cosa che
le ripeto spesso ma, nonostante il suo udito incredibilmente
sviluppato, sembra proprio
che non
riesca a sentirci da quelle orecchie»
Tutte quelle rassicurazioni, di certo, non sarebbero bastate a mitigare
l’assoluto disprezzo che provava per se stessa ma, per un
attimo, Elsa si
permise di lasciarsi invadere da quella sensazione di calore che solo
l’affetto
delle persone care riusciva a sprigionare e un piccolo sorriso si
disegnò sul
suo viso.
Quel gradevole conforto, però, venne spazzato via da un
improvviso gelo che le
cristallizzò il petto: sgranò gli occhi e si
portò una mano al cuore
tremendamente pesante, un gemito le scappò dalle labbra
serrate.
«Cos’hai?» le chiese preoccupata la
sorella, subito al suo fianco.
«Jack» riuscì a dire con
difficoltà «E’ in pericolo»
Ellen drizzò subito la testa, allarmata «Come fai
a saperlo?»
«Io… non lo so, lo sento e basta» se era
perché fosse stata lei a trasformarlo
o perché erano parte dello stesso branco non era importante
al momento «Io devo
andare» sentenziò, alzandosi con fatica.
Anna e Kristoff la sorressero prontamente «Tu non andrai da
nessuna parte così
ridotta» la ammonì la sorella
«Andrò io, dimmi dove»
«Non so spiegartelo»
«Allora ti seguirò»
«No!» quasi le ringhiò contro la
maggiore, mentre un lampo rosso scintillava
nei suoi occhi chiari.
«Elsa?» la richiamò l’altra
sorpresa «Che ti succede?»
La ragazza piegò appena la testa di lato, come a reprimere
quel fastidioso
calore che aveva cominciato ad irradiarsi dalla sua spalla sinistra. Non
era
possibile «Andate via»
Anna si rifiutò di credere al sospetto che le era appena
passato per la mente «Ehi,
non scherzare…» tremò «Non è tempo di
luna piena ed è giorno, maledizione!»
Elsa chiuse gli occhi, stringendo i denti
«Scappate… ora!»[3]
La minore comprese che non l’avrebbe ripetuto
un’altra volta.
Avevano appena messo, tutti e quattro, i piedi fuori dalla grotta che
il primo
ululato aggredì le loro orecchie.
Ellen aveva il fiato corto, non per la corsa che stava sostenendo
bensì per la
paura: un conto era aver ascoltato quella storia surreale trovandosi
costretta,
per forza di cose, a credervi, un altro era prendere piena
consapevolezza di
esserci dentro. Per questo le sue gambe si bloccarono di colpo, non
appena il
lupo bianco caracollò a pochi passi dai suoi piedi, con gli
occhi rossi
scintillanti, il pelo arruffato e le zanne scoperte. Trattenne a stento
un
singhiozzo e registrò appena l’urlo di ammonimento
che la giovane Anna rivolse
alla sorella nella sua forma animale, la sentì ringhiare e
si rannicchiò su se
stessa ma, avvertito un leggero movimento, trovò il coraggio
di alzare la
testa e raggelò.
Emma, appena stagliatasi a protezione della madre, lasciò le
braccia rigide
lungo i fianchi e strinse, istintivamente, sia i pugni che i denti
«Tu non
mi farai del male, tu non mi farai del male…»
sussurrò in gola, senza
nemmeno aprire la bocca.
Il lupo si fece sempre più vicino, poteva sentire il calore
del suo fiato sul
viso: smise anche di respirare ma non abbassò lo sguardo. Ci
fu uno sbuffo e un
fruscio, quando rilasciò un sospiro Elsa era già
lontana.
Davanti a quella scena, il cuore di Anna si riempì di
commozione: lo sapeva che
sua sorella non era così pericolosa come credeva, se solo
non fosse stata così
testarda «Kristoff» esordì, ridestando
il ragazzo dallo stato d’incredulità in
cui era appena scivolato «Prestami Sven, per
favore…»
«Cosa? Non vorrai mica…»
balbettò, comprendendo le sue intenzioni «Vengo
con te»
«No» gli rispose gentile, prendendogli le grosse
mani fra le sue «Loro hanno
bisogno di te» si alzò in punta di piedi a
lasciargli un leggero bacio su una
guancia «Abbi fiducia in me, li riporterò
qui»
Jack cadde a terra con un tonfo sordo. Rotolò supino
rantolando, la vista annebbiata dal sangue, il suo. Era giorno,
maledizione, come poteva esserci un lupo? Perché
era chiaro che quello
che lo stava braccando non fosse un semplice esemplare: se Elsa, nella
sua
forma animale, era imponente questo era grande quasi il doppio e la sua
pelliccia era folta e fulva come un turbinio di fiamme. Ed era proprio
come un
turbine che lo aveva travolto: a nulla erano valse le sue nuove
capacità, da
umano non poteva niente contro di lui. La bestia stava decretando,
assalto dopo
assalto, morso dopo morso, la sua fine e il tutto nel più
totale silenzio:
c’era come uno schermo a proteggerla e lui non riusciva a
percepire nessun
pensiero, nessuna emozione, nessun odore. C’era solo una cosa
chiara: voleva
vederlo morto.
Provò
a far leva sulle braccia per rialzarsi e fare non sapeva nemmeno lui
cosa,
ma il lupo piombò
sulla sua schiena, schiacciandolo con
tutto il suo peso e
conficcandogli gli artigli nella carne. Urlò dal dolore e
chiuse gli occhi,
aspettando che le sue fauci calassero su di lui per staccargli la testa
di
netto.
Tutto quello
che avvertì, invece, fu un colpo secco e
un’improvvisa leggerezza.
Riaprì gli occhi confuso e la sua vista annebbiata gli
mostrò la figura di un
meraviglioso lupo bianco che si ergeva a sua protezione
«Elsa» gemette «Perché
sei venuta?»
Ti
proteggerò…
La
sua determinazione, tuttavia, non lo rincuorò: era ancora
debole, poteva
sentirlo, e il suo avversario sembrava tanto, troppo potente rispetto a
lei,
ora più che mai. Era sicuro che anche lei lo sapesse ma non
per questo si
sarebbe tirata indietro.
Sta’
attenta…
La
lotta fra i due Alpha cominciò: il lupo bianco lottava per
proteggere,
le motivazioni dell’altro, invece, rimanevano oscure e per
quanto lei si
ostinasse ad interrogarlo sul chi fosse e cosa volesse, le sue domande
si
perdevano nell’aria gelida eppure era maledettamente sicura
che lui capisse
ogni cosa. Per quale motivo non le rispondeva? Cosa aveva da
nascondere? E, soprattutto,
cos’era quell’inaspettato senso di
familiarità che l’aveva colta appena lo
aveva visto?
Un
improvviso attacco laterale la fece cadere al suolo per la prima volta,
schivò un morso appena per un soffio e scalciò
con le zampe posteriori,
ferendolo al muso. Si rialzò e partì al
contrattacco.
Jack, ancora
a terra, imprecò, maledicendosi per la sua
inutilità: era
preoccupato, quasi terrorizzato da quel che sarebbe potuto accadere.
Elsa era
sempre più lenta e gli attacchi dell’altro stavano
diventando sempre più
mirati, come se solo fino a quel momento si fosse semplicemente
divertito a
giocare con lei. Tremò quando la sentì uggiolare
di dolore sotto l’ennesimo
colpo e crollare a terra. Lo guardò negli occhi.
Scappa…
Lo
implorò.
No, io non ti
lascio…
Dev…
La
conclusione di quel pensiero non gli arrivò: il dolore delle
fauci del
lupo rosso che le si serravano sulla gola divenne il suo dolore.
Un
urlò disumano graffiò la sua stessa gola e, con
un’energia inaspettata,
piombò sulla groppa del suo avversario: ormai disarmato, lo
colpì con quello
che aveva, le sue mani. Gli schiantò i pugni sulla testa,
sul naso, cercò
persino di cavargli gli occhi ma quello non mollava la presa.
Gli
afferrò
il muso, infilando direttamente le mani nella sua bocca, nel disperato
tentativo di riaprirgliela mentre la sua pelle veniva perforata dalle
sue zanne
«Lasciala maledetto bastardo, lasciala, lasciala»
Fu in quel
momento che saettò la prima freccia.
Il lupo
rosso ringhiò quando la punta d’argento si
piantò nella sua coscia, si
scrollò in un impeto di rabbia e dolore, scalzando Jack
dalla sua groppa e
facendolo volare via come una manciata di foglie secche. Una seconda
freccia lo
colpì di nuovo, questa volta poco sotto
l’attaccatura di una delle zampe
anteriori, perforando il polmone, e subito dopo un’altra
ancora: finalmente
lasciò la presa. Non aspettò di scoprire se
l’intenzione, della cacciatrice
appena giunta, di centrarlo in un occhio e trafiggergli il cervello
fosse
supportata o meno dalla giusta abilità: con il fiato che
cominciava a mancargli
dall’organo sull’orlo del collasso,
scappò.
Anna scese
rapida da Sven e si precipitò dalla sorella,
s’inginocchiò al suo
fianco e mosse le mani tremanti sulla sua pelliccia candida macchiata
di
sangue, non l’aveva mai toccata nella sua forma animale, mai.
«Elsa»
la chiamò «Apri gli occhi, ti prego»
Il lupo
bianco sbuffò, alzò appena le palpebre senza
metterla a fuoco realmente
e le richiuse praticamente subito, esausto.
Alla ragazza
girò la testa: Elsa aveva perso, assieme alla lotta, anche
il suo ruolo
di Alpha così i suoi occhi non erano più rossi
come il sangue e, anche se solo
per un attimo, avevano rivelato il loro reale colore, scintillando
dorati prima
di scivolare nel buio dell’incoscienza.[4]
Grazie
per aver letto questo nuovo capitolo.
La situazione si è decisamente movimentata: il terzo lupo si
è fatto avanti e, sebbene non abbia parlato, con le sue
azioni
ha messo abbastanza in chiaro le sue intezioni.
I nostri eroi sono braccati su più fronti ma, nonostante la
tensione, i meravigliosi Kristanna (♥) riescono comunque a
regalarci un momento di spensieratezza anche se si riconfermano le
vittime preferite dei terribili fratelli Overland XD
Non so di preciso quanti capitoli ci saranno ancora ma ci stiamo,
inesorabilmente, avvicinando alle battute finali.
In qualunque modo avrete piacere di palesarvi - recensendo, listando o,
semplicemente, leggendo - mi farete molto felice.
Al prossimo capitolo
Cida
[2] Ecco perché, in realtà, il lupo non ha attaccato la giovane Emma nonostante ne avesse avuto tutto il tempo e, anzi, la esortasse a scappare via.
[3] Fra le varie ricerche, ho trovato su Wiki che talvolta lupi mannari e licantropi si differenzino per via che il primo si trasforma contro la propria volontà mentre il secondo si può trasformare ogni volta che vuole senza perdere la ragione. Dunque, questa cosa mi ha intrigato moltissimo e, per questa storia, ho scelto che, inizialmente, possano trasformarsi solo tramite la luna piena e facendosi dominare completamente dagli istinti. Man mano che l'esperienza aumenta (Elsa, ad esempio, è un lupo mannaro da tredici anni) acquisiscono diverse capacità, riuscendo pian piano ad essere sempre più lucidi ed imparando a trasformarsi quando lo desiderano. Elsa è in fase di transizione in entrambi i casi: non ancora perfettamente lucida ma, come avete visto, lo è sempre un pochino di più e si è trasformata in caso di necessità, ossia per aiutare Jackson, nonostante fosse giorno e la luna piena non fosse imminente.
[4] Si può essere Alpha per indole o per vittoria, di base bisognerebbe uccidere l'Alpha per prenderne il posto ma qui, ho deciso, che basta vincere un combattimento. Elsa è sempre stata Alpha per indole, sin dalla sua prima trasformazione, perciò Anna non ha mai potuto vedere il reale colore degli occhi della sorella almeno fino in questo momento e se vi ricordate cosa ho detto in merito...