Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Ale Villain    07/04/2021    0 recensioni
AGGIORNATA CON IL CAPITOLO 26 - MARZO 2024
Era così lei: niente di più che una studentessa dalla vita semplice, circondata da pochi affetti e con un passato misterioso, ma che ormai per lei non rappresentava che un mero ricordo. Era così lei, da quando era in quel mondo: ma per quanto ancora le sarebbe andato bene?
---
I.V era stranamente agitato. Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva nemmeno come approcciarsi e che motivazione dare a questa sua “visita” inaspettata.
[...]
Stava per muovere un altro passo quando sentì un rumore veloce, alla sua sinistra, proprio dove si trovava il soggiorno.
Si bloccò e si girò piano.
Finalmente la vide.
Era a pochi passi da lui.
E gli stava puntando contro una pistola.

---
Sospirò nervosa e fece per chiudere la porta; I.V, però, non glielo permise e posizionò con uno scatto il piede tra la porta e lo stipite.
Mise una mano sulla porta, spingendola fino ad aprirla nuovamente.
"Non costringermi a usare questi metodi" sussurrò, guardandola intensamente negli occhi.
Ambra deglutì. Quel timbro di voce l’avrebbe fatta impazzire, prima o poi.
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo VIII: Sfogarsi
© AleVillain
 





 
 
Yunho era convinto che, da un momento all’altro, sarebbe esploso e la vena che gli pulsava fastidiosamente sul lato sinistro del collo ne era la riprova.
“No, non concepisco” stava continuando a ripetere da mezz’ora, mentre si muoveva freneticamente sul posto “Vi rendete conto?”
I.V e Jeim sbuffarono a ruota. A quanto pare, nessuno dei due aveva portato a termine in modo corretto i compiti assegnatigli. Sembrava avercela in particolare con il rosso e, ben presto, I.V scoprì il perché. Anche perché non sembrava essere messo bene con un braccio, quindi sicuramente era successo qualcosa che non andava.
“Tu, I.V, dovevi semplicemente andare a controllare se Ambra fosse viva… Sei stato via un’ora e mezza!”
Il diretto interessato lo guardò senza battere ciglio, con le mani ben ferme nelle tasche. Lo sapeva benissimo di averci messo più tempo del previsto, non serviva lui a ricordaglielo.
Lo vide pararsi di fronte a Jeim. Per quanto fosse Jeim l’unico del gruppo ad avere il potere del fuoco, in quel momento gli occhi di Yunho si stava colorando di un rosso acceso.  
“Tu hai fatto fuggire il prigioniero! L’unico che pareva sapere qualcosa di più di questa cazzo di storia, tra l’altro” esclamò con furia “Non era difficile!”
Non era difficile?” gli urlò di rimando il rosso, tenendosi un braccio con una mano “Mi ha spaccato un braccio!”
I.V si girò verso di lui. Sicuramente gli aveva fatto parecchio male, ma il braccio di Jeim sembrava tutto fuorché rotto.
“Come ha fatto?” gli domandò, mentre osservava il braccio dolorante del rosso. Lui però sembrava aver messo in secondo piano il fatto di avere un braccio rotto.
“Perché quel genio di Hoseok mi ha lasciato da solo!”
“Come ti ha lasciato da solo?” ripeté Yunho, non sapendo più da che parte sbattere la testa.
“Ha detto che doveva fare colazione, altrimenti il suo fisico ne avrebbe risentito” lo mimò, muovendo la testa e facendo delle smorfie con le labbra “Non lo sopporto quando fa così…” mormorò poi, tra sé e sé.
Yunho si passò entrambe le mani sul viso. Non sapeva con chi doveva prendersela di più: se con I.V che perdeva tempo, con Jeim che lasciava fuggire un prigioniero o con Hoseok che si era fregato altamente di tutto. in realtà sapeva benissimo che l’unica persona con cui doveva prendersela era solo ed esclusivamente sé stesso. Avrebbe dovuto stare più attento e, probabilmente, dare meglio gli ordini. Ma non gli piaceva farsi vedere così; per lui era sempre stato più facile scaricare tutti gli errori sui suoi compagni, esattamente come in quel momento.
I.V lo osservò per qualche istante. Ogni volta succedeva così: Yunho dava loro incarichi e poi, se sbagliavano, era solo colpa loro. Era anche inutile si scaldasse così tanto per quella storia: tra tutti, era sicuramente lui quello ci stava perdendo meno tempo.
I.V cominciava a non tollerare più quel tipo di comportamento.
“Senti, Yunho”
Yunho spostò, di scatto, gli occhi su di lui. Il tono con cui era partito non gli stava piacendo per nulla.
“Dato che Ambra rivuole indietro i documenti e lo zaino, perché non glieli riporti tu? Non hai ancora mosso un dito in questa storia” continuò poi, senza attendere che l’altro parlasse.
Yunho ci mise un po’ più del dovuto a processare la sua domanda. Rimase a guardarlo qualche secondo, come se stesse cercando di capire se quelle parole fossero veramente uscite dalla bocca di uno dei suoi fidati più seri e silenziosi.
“Perché dovrei farlo io? Ormai sei tu che ti stai occupando a pieno di lei. Sbaglio o sei stato tu a studiare i suoi documenti?”
“Sì, perché me lo hai detto tu” rispose a tono il giovane, facendosi, se possibile, ancora più serio di quanto già non fosse di solito.
Yunho avanzò di qualche passo e si posizionò di fronte a lui, incrociando le braccia al petto. Erano alti praticamente uguali, perciò non faticavano a guardarsi negli occhi. Quelli di I.V erano sempre seri e anche questa volta non erano da meno. Sembravano solo più scuri del solito.
“Dammi un altro motivo per cui dovrei farlo io” fece Yunho alzando e abbassando le sopracciglia.
I.V non perse tempo nel rispondere.
“Mandi sempre gli altri a fare le cose per te”
“Sono il capo”
“Non vuol dire niente”
Jeim, intanto, si era fatto da parte e osservava in silenzio la scena. Era sì temerario e presuntuoso, ma mai si sarebbe messo contro il capo durante una discussione di quel tipo.
“Non ti sporchi mai le mani, Yunho”
Yunho, però, sembrava aver già smesso di ascoltare. I.V lo vide spostare leggermente lo sguardo dai suoi occhi ad un punto poco più su. Lo sguardo di Yunho parve farsi più serio, meno spavaldo.
“Quando ti sei curato il sopracciglio?”
I.V serrò le labbra. Ancora non aveva detto agli altri cos’era successo a casa di Ambra. Passò delicatamente le dita della mano sul cerotto. Sentiva ancora del bruciore, ma non era nulla in confronto a prima. Ambra aveva fatto un buon lavoro, glielo doveva riconoscere. Così come doveva riconoscere che era stata gentile nei suoi confronti, a differenza loro.
L’avevano rapita, fatta spaventare e minacciata di morte. Eppure, lei aveva voluto aiutarlo. Non che fosse stato lui in persona a provocarle quei traumi, ma di sicuro non aveva contribuito ad impedirli. Non come lei pensava, almeno. Quando aveva frenato Yunho dal farla sparare, si era buttato di getto contro di lui perché reputava il gesto che il suo capo voleva fare completamente inutile, niente di più.
Il problema era che adesso, I.V, a dispetto di quello che le aveva detto sentiva di essere in debito con lei. L’aveva avvertita che non si doveva aspettare favori in cambio, ma lui aveva pensato che ridarle i documenti sarebbe stato come mettere fine a quello scambio di carinerie. Nonostante quello che le aveva detto sul pianerottolo, aveva avuto subito dopo l’istinto di fermarla e dirle che glieli avrebbe ridati lui. Perché sì, ormai dei suoi documenti non se ne facevano più nulla, già li avevano; tenerseli era stata solo una tattica di Yunho per poterla tenere sotto torchio e prometterle di ridarglieli ogni qualvolta servisse.
Sospirò appena e ritornò con gli occhi su Yunho.
“Prima” rispose semplicemente.
Yunho ghignò appena. I.V sostenne il suo sguardo, ma sapeva che Yunho aveva capito perfettamente la situazione, anche perché, perso nei suoi pensieri, era stato in silenzio qualche secondo di troppo.
“Beh, è stata carina a curarti” disse Yunho “Quando le porterò i documenti le dirò che glieli mandi tu”
I.V distolse lo sguardo e si allontanò da lui, dando le spalle ai due e desideroso di lasciare quella stanza in cui si stava creando una strana tensione.
“Wow, l’hai convinto” commentò Jeim a voce bassa, annuendo appena con il viso, spostando velocemente lo sguardo dall’uno all’altro.
Yunho fece un verso divertito.
“Mi ha convinto, sì” disse, mentre si avvicinava alla porta della stanza, proprio dove si stava dirigendo I.V “Ma lo faccio solo perché so che preferirebbe farlo lui”
I.V alzò e abbassò velocemente il sopracciglio. Non sopportava la supponenza di Yunho, che probabilmente era il difetto peggiore che aveva.
Yunho lo raggiunse in poche falcate, proprio mentre il moro stava aprendo la porta ed era in procinto di uscire. Lo seguì a ruota, ma gli si parò davanti non appena furono entrambi sul corridoio.
“Non ti ci affezionare, I.V” gli disse in tono serio, come se le frecciatine di prima non fossero mai state pronunciate.
Il ragazzo in questione lo guardò.
“Perché dovrebbe succedere?” gli domandò di rimando.
“Perché ti conosco. Sei il più serioso, dimostri meno le emozioni… Ma il tuo cuore funziona meglio di quello di tutti noi”
I.V rimase immobile, impassibile. Allora, forse, Yunho lo conosceva meglio di quanto credesse.
“Lo dico per te, I.V” rimarcò il suo nome “Non ti affezionare. Scopriamo da chi è arrivata la lettera e poi lei ritorna alla sua vita. Si dovrà dimenticare di noi come noi di lei”
I.V non rispose. Lo superò con pochi complimenti e se ne andò.
“Come tu di lei” fece Yunho ad alta voce.
I.V fece la cosa che sapeva fare meglio: lo ignorò.
 

 
***
 

In quei giorni si era resa conto che non aveva avuto modo di parlare con nessuno all’infuori di suo fratello. Non era riuscita neanche ad avere delle chiacchierate con i compagni di università. Anche perché l’ansia la stava seguendo pure là, tra le grandi aule dell’ateneo: come non aveva mai fatto prima, stava notando tutti i ragazzi dagli occhi asiatici che incrociava o vedeva di sfuggita tra i banchi.
Tutta quella soggezione l’aveva portata a cercare conforto all’infuori di casa sua e, soprattutto, all’infuori del suo mondo. Una persona che non c’entrava niente con l’università o con il suo stile di vita in generale.
Non appena si sedette al tavolino di un bar, proprio di fronte alla bionda, sentì immediatamente di aver fatto la scelta giusta.
“Ma quanti minuti dormi a notte?” le domandò con tono scherzoso l’amica, mentre si accendeva una sigaretta.
Ambra finì il suo caffè.
“Minuti?”
“Con quelle occhiaie che ti ritrovi non venirmi a dire che stai dormendo per sette ore filate!”
Ambra ridacchiò.
“Lascia perdere, Rafaelle… Sono costantemente in ansia”
L’amica annuì comprensiva. Ambra sembrava apparentemente tranquilla, ma, a chi la conosceva, era chiaro che c’era qualcosa che non andava. Gli occhi erano più spenti del solito e non aveva la sua solita parlantina.
Di Rafaelle si fidava e, in cuor suo, sentiva di non poter tenersi più quel segreto con sé ancora per molto. Prima o poi sarebbe esplosa. Aveva pensato più volte di dirlo a Giovanni, ma la paura che potessero arrivare ad usare lui per colpire anche lei l’aveva continuamente frenata.
Rafaelle, alla fine, pensava potesse rivelarsi la scelta giusta. Schietta, sincera. Era l’unica amica sua che sapeva del suo passato.
“Cioè, aspetta, fammi capire…” disse ad un certo punto la bionda, dopo aver spento il mozzicone di sigaretta nel posacenere e aver sentito il racconto della ragazza “Tu sei praticamente stata rapita, ti hanno puntato una pistola vera in testa… E tu adesso sei qua tranquilla a prendere un caffè con me?”
Ambra si mordicchiò il labbro.
“Rafaelle, ricordati che io ho dei poteri” spiegò, abbassando di un po’ la voce “In qualche modo posso difendermi meglio di… ehm…”
“Di un semplice umano, sì” tagliò corto Rafaelle.
Ambra sospirò.
“Non c’era bisogno di farmela dire così”
“Oh, figurati se mi offendo!” esclamò l’amica con un sorriso.
Ambra non era tanto convinta, ma lasciò perdere l’argomento.
“E comunque ancora non mi hai fatto vedere qualche sbuffo d’aria, qualche cosa fatta volare” cominciò ad elencare la bionda, mentre gesticolava con una mano.
“Te l’ho detto più volte, Raf: non si può in questo mondo”
“Ma se poco fa hai detto che hai i poteri per difenderti!” ribatté l’altra.
Ambra alzò gli occhi al cielo e si passò una mano sul viso.
“Appunto, per difendermi” puntualizzò “Non per cazzate”
Rafaelle sbuffò intristita. Ogni volta che glielo chiedeva la risposta era negativa, ma lei non demordeva mai. Prima o poi l’avrebbe vista.
Ripensò, poi, a quello che le aveva detto poco fa.
“Però tesoro anche loro hanno i poteri…” tornò seria la bionda “E pure le armi da quanto ho capito”
Ambra annuì tristemente. Poggiò la guancia su una mano.
“Infatti sono in netto svantaggio. Anche parlando numericamente”
Rafaelle parve riprendersi a quella frase.
“Giusto, sono cinque!” fece “Qualcuno di carino ce n’è?”
“Carino?” ripeté Ambra, ridacchiando appena, per nulla stupita dalla domanda dell’amica “Sono tutti belli, altro che carini. Pensa che uno di loro ha gli occhi azzurri, ma sono così chiari che… Non so neanche descriverteli”
Rafaelle portò entrambe le mani sul petto e la guardò con aria sognante.
“Amo i ragazzi con gli occhi azzurri”
Ambra rise.
“Lo so, te l’ho detto apposta” spiegò “Mentre quello che ho visto più spesso ha una voce così calda, così profonda… Non so neanche come spiegartela. Però ha sempre quest’espressione seria…”
Ambra ripensò a quando gli aveva sistemato il sopracciglio. Non sapeva ancora come aveva fatto a convincerlo, ma fortunatamente ci era riuscita. Forse era riuscita davvero a guadagnarsi un po’ della sua fiducia. Il problema era che lo aveva veramente fatto volentieri: quel gesto era il minimo che avrebbe potuto fare per ringraziarlo per avergli salvato la vita, che lui ne fosse consapevole o meno.
“Ti ricordo che io sono single” la fermò subito Rafaelle, riportandola alla realtà “Tu no”
Ambra la osservò stranita. Rafaelle, vedendo che non stava più dicendo una parola, sospirò.
“Ho capito, I.V è il tuo preferito” fece la bionda “Però ricordati che c’è Richar-“
“Non è il mio preferito” la interruppe Ambra “Semplicemente è quello che ho visto più spesso. Per questo penso di sapertelo descrivere meglio” si giustificò.
Rafaelle corrugò le sopracciglia, ma non indagò oltre. Anzi, con il racconto di Ambra aveva pensato ad un’ipotesi plausibile. Sapeva sarebbe andata a toccare tasti dolenti, ma forse era necessario.
“Senti, ma… Hai mai pensato a Selene, vista la situazione?”
Esattamente come si aspettava, Ambra si fece seria.
“No” disse concisa “E non vedo il perché dovrei farlo”
Rafaelle scosse la testa, mentre tirava fuori il pacchetto di sigarette e se ne accendeva un’altra.
“Andiamo” la incalzò, esalando il fumo “I motivi li sai. Ci sono dei cacciatori in ballo, c’è una lettera che probabilmente proviene dal tuo mondo di origine…”
Ambra continuò ad osservarla in silenzio.
“E non solo tuo”
La rossa rimase a pensare su quello che le aveva appena detto l’amica. Non aveva tutti i torti, lo sapeva benissimo, e avrebbe mentito sia a lei sia a sé stessa se le avesse detto che non aveva pensato di contattarla.
Eppure non ce la faceva. Poteva essere l’orgoglio, poteva essere il troppo tempo passato dall’ultima volta che si erano viste o sentite. Ma uscirsene così, dopo anni, poteva solo diventare controproducente.
“Poi c’è anche questa ultima scritta strana della lettera, assieme alla firma” stava continuando a dire la bionda “Insieme alla firma. Hai pensato anche tu a quello che ho pensato io?”
Ambra alzò gli occhi su di lei.
“SDTS…”
“Sì, Rafaelle, ci ho pensato” mormorò Ambra, con un po’ più di durezza nel tono di voce “Ed escludo di gran lunga sia chi credi”
Rafaelle la osservò attentamente, mentre dava un lento tiro di sigaretta. Le dispiaceva vederla così, sapeva che aveva bisogno di aiuto. Ma Ambra doveva essere la prima a smuovere le cose, altrimenti non ne sarebbe mai uscita.
Fu la stessa cosa a cui stava pensando Ambra, mentre tornava a casa dopo quell’uscita liberatoria con Rafaelle. Il problema era che certe situazioni erano immutate da tempo e ormai si era abituata così, le andava bene così. O meglio, se le faceva andare bene.
E poi continuava a ripetersi che meno persone lo sapessero meglio era. Già a Richard aveva raccontato forse troppo, anche se aveva tralasciato dei dettagli. Ultimamente le cose non andavano benissimo; insomma, non si vedevano mai, era ovvio che non andasse bene. Ma era lei stessa a rifiutare uscite. Lui era anche molto comprensivo, visto che a grandi linee capiva la situazione, ma Ambra sapeva che avrebbe resistito ancora per molto. Soprattutto perché non avevano ancora del tutto chiarito la questione vacanze.
Sospirò, mentre tirava fuori dalla tasca del giubbottino nero le chiavi del cancello di casa. Tra un pensiero e l’altro aveva fatto tutta la strada con passo rapido. Fece per inserire le chiavi nella toppa, quando sentì un rumore strano dietro di sé.
Si immobilizzò. Oh, no. Non di nuovo.
Il rumore era stato molto simile a quello delle scarpe che poggiano per terra con forza. Come se qualcuno fosse “atterrato dall’alto”. Magari era solo una sua impressione, ma gli ultimi eventi che avevano intercorso la sua vita la stavano facendo preoccupare per ogni minimo rumore.
Trasse un profondo respiro, mentre provava nuovamente ad inserire la chiave e a girarla, ma stava facendo una gran fatica; stava tremando come una foglia.
Mentre girava con fatica la chiave, sentì dei passi dietro di lei, avvicinarsi sempre di più.
“Ti prego… Apriti…” stava dicendo tra i denti con un filo di voce, mentre riusciva a dare l’ultimo giro di chiave e a spingere con forza il cancello. Vide improvvisamente una mano afferrare il cancello e spingerlo assieme a lei.
Ambra lanciò un urlo spaventato, mentre si girava dietro di sé.
“Cazzo” sussultò, mentre indietreggiava “Scusami!”
Uno dei condomini del suo stesso palazzo la stava guardando con espressione stranita.
“Tranquilla, Ambra” mormorò lui, mentre teneva ancora la mano salda sul cancello “Eri sovrappensiero?”
Ambra deglutì. Che figuraccia. Questa era la riprova, però, che doveva darsi una calmata, non poteva preoccuparsi per ogni minima cosa. Come pensava di poter riprendere la sua vita di tutti i giorni se era ancora così suscettibile?
“Sì, sì… Scusami ancora” farfugliò lei velocemente, mentre gli faceva segno di andare. Era meglio stare alla larga dalle persone che conosceva, prima di fare altre figure di quel tipo.
Il ragazzo annuì e la salutò, lasciandola di nuovo da sola.
Ambra prese di nuovo un respiro profondo. Aspettò che il ragazzo fosse entrato nel portone e poi mosse un altro passo verso il piccolo vialetto condominiale.
Ebbe il tempo di fare giusto un passo, ma venne presa per una spalla da dietro.
Lo sconosciuto la fece voltare con poca grazia.
Non lui. Non di nuovo.
“Signorina Doria. Spero non si sia dimenticata di me”
Ambra strabuzzò piano gli occhi, mentre lui le stringeva una mano intorno al collo.
Forse aveva capito perché si preoccupava per ogni minimo rumore sospetto.
E non aveva tutti i torti.
   
 












 


Angolo Autrice
Ritorno improvviso ed inaspettato!
Che dire, le ventole del mio PC hanno fatto puff all'improvviso, quindi ho dovuto lasciarlo in riparazione per quasi 1 mese intero!
Ho aggiornato oggi stesso che mi è stato restituito, con tanto di 89 eurini partiti per la riparazione (ç.ç), perché ero impaziente di riprendere con la cadenza settimanale!

Tralasciando le mie sfighe... Facciamo come nulla fosse lol
C'è poco da dire su questo capitolo, effettivamente. Mi sembra tutto molto chiaro, posso solo anticiparvi che da qui in poi il ritmo cambierà.
Sarà più veloce? Più lento? Chi lo sa!
Ho intenzione di aggiornare comunque sabato, riprendendo gli aggiornamenti nei week end esattamente a come eravamo rimasti fino all'allora prima metà di marzo. 
Alla prossima!
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Ale Villain