Capitolo 11: I am the fire
If only I could give
up the fight against the demon inside you
I'm really going out of my mind, I need to clean up my memories
Tell me, why did you leave me alone at the gates of Hell?
Now it's time to give voice to the pain of my broken heart
There's a flame out in the dark
That is shining on my path
I will keep my eyes wide open
In the darkest night
Step by step I'll walk this road
Never looking back at all
So it goes, you know... Because of you
I am the fire
(It's still burning higher and higher)
I am the fire
(“I am the fire” – Temperance)
Aethelred pensava che Ivar si sarebbe diretto
verso la dimora reale, invece prese una strada diversa e, notando che il
Principe lo guardava sorpreso, gli rivolse un sorrisetto.
“Non ho voglia di rinchiudermi di nuovo in
quel salone” disse, malizioso. “Voglio prendere un po’ d’aria, ti va di venire
con me?”
Il ragazzo rimase sorpreso da quella
richiesta, ma ancora di più dalla propria reazione: sentì un calore disperato
in fondo allo stomaco e farfalle impazzite nel petto. Ma… cosa significava?
Nemmeno con Hvitserk si era mai sentito così, poteva forse essere…?
Per qualche istante questi pensieri lo
bloccarono e si limitò a sgranare su Ivar i suoi grandi occhi chiari, poi
decise di riprendere un certo contegno, mentre riflessioni vorticose gli
rimbalzavano nella mente.
Cosa mi salta in testa, perché mai dovrei sentirmi in
qualche modo attratto da Ivar? Ci mancherebbe solo questo dopo tutto ciò che è
accaduto con Hvitserk, eppure dovrei aver imparato bene la lezione e poi questo
Ivar non lo conosco nemmeno, fino a poche settimane fa era un nemico da
combattere! Quindi, siccome so che non mi innamorerò mai più di nessuno e che
non sarò mai più tanto fragile e vulnerabile, non devo temere un bel niente,
posso tranquillamente seguire Ivar e starci a parlare anche tutto il
pomeriggio, cosa mai dovrebbe turbarmi?
“Va bene, vengo volentieri” rispose quindi.
“Anzi, mi fa piacere ritagliarmi un po’ di tempo per vedere i luoghi più belli
e suggestivi di Kattegat, finora non ci sono ancora riuscito.”
“Mi è venuta voglia di andare alla spiaggia,
è una bella giornata ed è tutto tranquillo, il fiordo sarà uno spettacolo
grandioso” riprese Ivar con fare accattivante. E, con la scusa di farsi aiutare
a camminare, passò un braccio attorno alle spalle di Aethelred e si strinse un
bel po’ a lui mentre si avviavano insieme verso la spiaggia.
Un terremoto emotivo sconvolse Aethelred fino
alle fondamenta! Si sentì tremare mentre il calore allo stomaco aumentava e il
cuore gli batteva talmente forte che si stupiva che non lo sentisse tutta
Kattegat! Come poteva Ivar non udire il rumore assordante del suo cuore che
scalpitava impazzito?
E perché il giovane vichingo gli faceva
proprio quell’effetto, così diverso dal dolce calore affettuoso che aveva
provato per Hvitserk?
Nel frattempo Ivar, ignaro del turbamento che
provocava nel suo giovane accompagnatore, o forse perfettamente consapevole di
tutto ciò, era giunto alla spiaggia e, sempre tenendosi stretto Aethelred, si
lasciò cadere con lui nella sabbia morbida.
Il fiordo brillava di mille diamanti sotto la
luce del sole ed era veramente uno spettacolo grandioso… eppure Aethelred si
trovava, suo malgrado, a spiare il volto di Ivar accanto a lui, sentendosi
inspiegabilmente molto più attratto dalla luce e dall’azzurro dei suoi occhi
che da quello delle acque cristalline di Kattegat!
“Ehi, ma tu continui a fissare me invece del
mare” esclamò divertito il giovane. “Ti piaccio così tanto?”
Aethelred arrossì fino alla radice dei
capelli e cercò di rispondere a tono.
“Che dici? E’ solo che… che in questi ultimi
mesi mi sei stato dipinto da tutti come un mostro, un folle, un assassino, e
adesso mi sembra surreale stare qui a parlare con te e vedere che alla fine sei
solo un ragazzo della mia età.”
“Oh, ma ti sbagli, io sono davvero un mostro, un assassino, un
folle e anche un dio crudele” replicò Ivar, spiazzandolo completamente. Con lui
non si capiva mai se stesse scherzando o dicesse sul serio.
“Sono il terrore dell’Inghilterra, ho ucciso
due Re cristiani…”
“Tecnicamente, lo hai fatto insieme ai tuoi
fratelli, quindi anche loro dovrebbero essere dei mostri ai miei occhi, ma non
lo sono” rispose Aethelred, con una certa amarezza. “Re Ecbert, mio nonno, mi
ha sempre mortificato dimostrando apertamente la sua preferenza sfacciata per
Alfred e poi andava a letto con mia madre la quale ha tentato di avvelenarmi
per paura che facessi del male a mio fratello. Sono stati Hvitserk, Lagertha e
gli altri a salvarmi la vita, è solo merito loro se sono qui.”
“Tua madre ha tentato di avvelenarti?” esclamò
Ivar. “Per gli dei, certo che anche la tua famiglia ha avuto la sua dose di
soggetti peculiari… ecco perché non mi consideri un mostro, tu i mostri li hai
avuti in casa!”
“Voleva uccidermi perché credeva che fossi
una minaccia per Alfred e, anche sul letto di morte, le sue ultime parole per
me sono state di odio e rabbia, perché non era riuscita a eliminarmi” mormorò
Aethelred. Era da molto tempo che quel ricordo orribile non tornava a
tormentarlo, ma adesso, con Hvitserk che si stava legando a Helgi e lui che
restava solo ancora una volta, le parole crudeli di Judith risuonavano di nuovo
nella sua mente e gli straziavano il cuore.
Ivar, sempre molto acuto in queste cose, se
ne accorse subito.
“Hai detto che tua madre è morta? Beh,
peccato, avrei voluto averla io tra le mani e allora l’avrei fatta pentire di
tutto il male che ti ha fatto. Avrei voluto essere lì e strapparle il cuore con
le mie mani!” la voce di Ivar era quasi un ringhio e Aethelred si rese conto
che, tutto sommato, il giovane era realmente pericoloso… Eppure questa
appassionata difesa, l’odio mostrato verso una donna che neppure conosceva solo
perché aveva cercato di fare del male a lui lo colpì nel profondo, si sentì
stranamente sicuro e protetto, come se, con Ivar al fianco, nessuno potesse
fargli mai più niente di orribile.
Il calore nello stomaco si espanse e lo
invase completamente e per un unico, assurdo istante, Aethelred si chiese cosa
si provasse a stare tra le braccia di Ivar, a sentirsi protetto e rassicurato
dal suo abbraccio, come sarebbe stato essere baciato da lui…
Ma sto perdendo completamente la ragione?, si rimproverò il Principe quando riprese il controllo
dei suoi pensieri.
“Dunque è per questo che prima, con Hvitserk,
dicevi di non meritare di essere amato e di sentirti felice per lui perché
aveva trovato un altro? Ti hanno insegnato a considerarti meno di niente,
piccolo Principe sassone?” disse Ivar, spiazzando di nuovo Aethelred con un
tono questa volta dolcissimo e
affettuoso e un sorriso tenerissimo, molto simile a quelli che aveva
riservato al giovanissimo Principe Igor dei Rus’.
Aethelred non trovò niente da dire, le parole
gli si congelavano in bocca prima di poter uscire.
“Non devi permettere a nessuno, mai, di dirti
cosa puoi o non puoi fare, di farti credere di non essere speciale perché tutti
siamo speciali… beh, qualcuno più di
altri, in realtà, comunque nessuno ha il diritto di buttarti giù” continuò
Ivar, avvicinandoglisi pericolosamente. “Non basare la stima di te stesso su
una donna pazza e ipocrita o sui sentimenti incostanti di Hvitserk. Cosa dovrei
dire io? E’ mio fratello e prima si allea con me, poi mi tradisce, poi ha la
fissa di uccidermi, infine torna ad essere amichevole… Hvitserk è fatto così!”
Un lieve sorriso sfiorò le labbra di
Aethelred: in effetti Ivar non aveva tutti i torti e oltre tutto aveva anche il
dono di fargli sembrare semplici e risolvibili le situazioni più drammatiche.
Accanto a lui tutto sembrava possibile e anche, in qualche modo, ironico e
divertente…
“Sei un ragazzo intelligente, arguto, hai
preso in mano Kattegat e la stai guidando molto meglio di quell’orso di Bjorn,
anche se nessuno se n’è ancora accorto a parte me. Sei riuscito a scombinare i
miei piani di attacco a Vestfold, facendo perdere tempo alle navi dei Rus’ e avvertendo
Bjorn e i suoi che li avremmo accerchiati sulla spiaggia” riprese Ivar,
fissando lo sguardo in quello del Principe e incatenandolo al suo. “Ci voleva
proprio una mente superiore per indovinare la mia strategia di scalare la
montagna per arrivare alle spalle dei Norreni sulla spiaggia!”
“Avete… scalato quella montagna ripida e
ghiacciata?” domandò Aethelred, sentendosi ancora più irresistibilmente
attirato verso Ivar, come se fosse una sorta di magnete. “Io credevo che
l’avreste aggirata o qualcosa del genere…”
“Meno male che non prevedi proprio tutto,
allora, ragazzino. No, ti assicuro che l’abbiamo proprio scalata e io,
ovviamente, ho usato solo la forza delle mie braccia per riuscire a trascinarmi
fino in cima” spiegò Ivar, in tono orgoglioso e provocante allo stesso tempo.
Il Principe sentì il sangue prendergli fuoco
a quelle parole e cercò disperatamente di scacciare dalla mente l’immagine di
Ivar che scalava quella montagna impervia con l’unico ausilio dei muscoli delle
braccia e dei pettorali… e soprattutto cercò di non pensare, assolutamente, a
come sarebbe stato trovarsi tra quelle braccia forti e protettive!
“Allora hai fatto tanta fatica per niente,
visto che i Norreni si stavano già ritirando e che non siete riusciti ad
accerchiarli” ribatté con ironia, cercando così di celare il turbamento.
Ma Ivar se ne era accorto lo stesso,
ovviamente, e ora si stava chiedendo come mai ci tenesse tanto a mettere in imbarazzo
e provocare quel giovane Sassone. Era vero che lo aveva notato e anche ammirato
fin dai primi giorni in cui lo aveva conosciuto, gli piaceva la sua arguzia, la
sua capacità di tenergli testa e di rispettarlo e stimarlo pur dicendogli in
faccia quello che non gli andava di lui. Però… c’era forse qualcos’altro? Ivar
non poteva fare molti paragoni, in realtà. Nella sua vita non aveva mai avuto
grandi esperienze, forse non si era mai nemmeno innamorato. Si era legato a
Freydis perché lei lo faceva sentire importante, forte, invincibile, perfetto…
e a lui era piaciuto crederlo. Soprattutto gli era piaciuto credere di poter
essere amato davvero, di avere qualcuno tutto per lui… ma non era stato così.
Freydis lo aveva manipolato per diventare regina e lo stesso aveva fatto Katja,
la moglie di Oleg, che lo aveva sedotto per spingerlo ad allearsi con lei, Igor
e Dir e strappare il potere al marito.
Quando mai qualcuno lo aveva amato per ciò
che era, lui, Ivar, e non per ciò che poteva offrire, per il suo potere, per
ciò che rappresentava?
E cosa gli faceva pensare che quel ragazzo
del Wessex fosse diverso dagli altri, che potesse interessarsi a lui perché era
Ivar e non per quello che poteva fare e ottenere?
Eppure pareva proprio che fosse così.
Aethelred aveva ripetuto più volte che non lo considerava uno storpio, che anzi
lo ammirava per come aveva affrontato le sue difficoltà e adesso sembrava così
indifeso e fragile, quasi spaventato dalle emozioni che la sua vicinanza pareva
suscitargli.
La sua vicinanza, la sua presenza, non quello
che poteva diventare. Aethelred non aveva bisogno di lui per il potere, gli
onori o qualsiasi altra cosa del genere perché, senza nemmeno volerlo, era già
considerato un governante a Kattegat ed era amato e rispettato quanto e più di
un Re… come lui non era riuscito ad essere, visto che i suoi sudditi lo avevano
sempre temuto e odiato.
Aethelred pareva affascinato e attirato da
lui solo perché era… Ivar, e nient’altro. Anzi, sembrava temere che fosse Ivar
a non volerlo, a respingerlo, a stancarsi di lui come era successo con
Hvitserk!
Poteva davvero essere così?
Beh, c’era un solo modo per scoprirlo.
I due giovani erano già vicinissimi e non ci
volle molto a colmare la minima distanza che ancora li separava. Ivar attirò a
sé Aethelred e, consapevole del fatto che il ragazzo non opponeva la benché
minima resistenza, lo strinse e lo baciò profondamente, un
bacio lento, intenso, caldo e intimo in cui lui stesso finì per perdersi
totalmente. Non si era mai sentito così, non aveva mai provato una simile
sensazione di totale appartenenza e accoglienza, come se per tutta la vita
avesse atteso solo di trovare la parte mancante di sé, ciò che lo colmava e lo
completava e che aveva cercato per tanto tempo invano. Stringendosi a quel ragazzino
caldo e morbido che si aggrappava a lui come se fosse la sua zattera di
salvataggio, Ivar sentiva che tutto ciò che lo aveva tormentato per tanti anni
si allontanava, i rancori e le rivalità sbiadivano, tutto diventava perfetto
qui ed ora, insieme a Aethelred.
Questo non significava che non avrebbe più cercato di
tramare qualcosa o di fregare qualcuno, ma non era più la sua priorità. In quel
momento era finalmente felice e appagato, provava qualcosa che non aveva mai
nemmeno saputo che esistesse e di certo non per lui.
Si staccò lentamente dal Principe e si sorprese nel
vederlo rabbuiato e a disagio. Dunque si era sbagliato su di lui? Aveva frainteso
i suoi sentimenti? Eppure gli era parso che ricambiasse il suo bacio con la
stessa intensità, lo stesso desiderio… Si era forse illuso ancora una volta?
“Abbiamo sbagliato, non avremmo dovuto” mormorava
stravolto Aethelred. “Io… io non posso, non devo…”
“Mi pareva che non ci fossero problemi, invece”
replicò Ivar, acido. Era profondamente deluso e questo lo rendeva cattivo,
pungente. “Sei stato per tanto tempo con mio fratello… ma forse è questo il
punto, no? Tu sei ancora innamorato di Hvitserk e io, a quanto pare, non merito
neppure i suoi scarti!”
Colpito e affondato. Le parole aspre di Ivar gli
trapassarono il cuore come niente e nessuno aveva mai fatto, nemmeno l’odio di
sua madre, nemmeno l’incostanza di Hvitserk. Qualcosa si infranse in mille
pezzi all’interno di Aethelred, che tuttavia cercò di mantenere una perlomeno
apparente dignità.
“Non sono più innamorato di Hvitserk, no” rispose, lo
sguardo e la voce spenti. “Però hai ragione, tu non meriti lo scarto di nessuno, tu meriti una persona
davvero unica che ti ami come nessuno ha fatto mai. Io non so rendere felici le
persone, non mi sono fatto amare dalla mia famiglia, non ho saputo far felice
Hvitserk e non voglio rovinare la vita anche a te. Per questo ho detto che
abbiamo sbagliato a… a fare quello che… insomma, quello di prima. Presto ti
accorgerai che non valgo niente e sentirai il bisogno di una persona migliore e
io… preferisco che tu lo faccia ora, subito, prima che… perché se pensassi di
poter stare con te, poi non potrei più riprendermi. Quando deciderai di
lasciarmi, andrò in mille minuscoli frammenti e non avrò mai più modo di
rimettermi in piedi e quindi è meglio… è molto meglio che questa cosa non inizi
nemmeno.”
Detto ciò, Aethelred fece per alzarsi e andarsene, ma
Ivar, che finalmente aveva compreso tutto fino in fondo, lo trattenne per un
braccio e se lo tirò di nuovo addosso.
“Ti ho detto che sei intelligente? A quanto pare mi
sbagliavo, perché sei proprio uno sciocco se pensi quello che hai appena detto”
gli disse, sorridendo commosso e intenerito, scompigliandogli i capelli,
stringendolo e baciandolo sulla fronte. “Pensi veramente che potrei volere
qualcun altro? E chi dovrei volere accanto, qualcuno che finge di amarmi e mi
racconta balle per ottenere qualcosa? Oppure un ragazzo che ha forza, carattere
e arguzia ma non riesce a rendersene conto e pensa sempre che gli altri siano
migliori di lui? Sul serio, Aethelred? Io non mi sono mai sentito bene come
adesso e so che, insieme, faremo grandi cose a Kattegat e anche oltre!”
Lo baciò di nuovo, intensamente e profondamente,
affondando la mano nei suoi capelli morbidi, perdendosi nel tepore del suo
corpo, imparando a conoscere il suo sapore e rendendosi conto che quel giovane
Sassone, pur senza saperlo, aveva il dono di lenire le sue ferite e frenare la
sua rabbia, che con lui avrebbe davvero fatto grandi cose… forse senza bisogno
di massacrare nessun altro! E comprese anche, mentre un’infinita dolcezza gli
riempiva il cuore, che senza dire niente Aethelred gli aveva già perdonato
tutto il male che aveva fatto e che, per lui, era già diventato una persona
nuova e migliore. Il fuoco che pervadeva le vene di entrambi sembrava bruciare
tutti gli errori e le malefatte del passato.
Quanto ciò fosse vero, solo il tempo lo avrebbe rivelato!
Fine
capitolo undicesimo