The
photograph
I ~
The beginning
Non è mai esistito
ingegno senza un poco di pazzia.
[Lucio Anneo Seneca]
Ovviamente
Rose aveva sempre saputo, da che aveva abbastanza memoria per ricordare, che
nonostante il radicale cambiamento post-guerra operato dall’intera famiglia,
fidarsi dei Malfoy non era mai
auspicabile.
D’altra
parte in qualità di figlia maggiore di un famoso Auror e membro effettivo di un
clan prolifico quale i Weasley, il concetto per cui fraternizzare con un nemico
sarebbe stata un’idea decisamente più gradita
rispetto
al farlo con un cadetto della suddetta casata era ben impiantato nell’etica
posta subito al di sopra di ogni suo passo.
Per
queste ragioni e per un’altra serie non meno importanti che prevedeva, tra
l’altro, il motivo per cui ormai da qualche anno aveva associato la parola bastardo ad un Malfoy in particolare, in
sedici anni e mezzo o quasi di rispettabile carriera scolastica nella Scuola di
Magia e Stregoneria di Hogwarts Rose Weasley aveva badato bene a tenersi quanto
più lontana possibile da un certo ossigenato.
Sarebbe
stato ottimale se il suo piano di girargli a largo avesse tenuto almeno fino
alla fine del settimo anno, momento in cui avrebbe potuto tirare un definitivo
sospiro di sollievo giacché non sarebbe stata costretta a sopravvivere sotto il
suo stesso tetto e, invero, aveva ben sperato di essere ad un passo dalla
vittoria nell’udire per l’ultima volta l’allegra canzone del Cappello Parlante.
Tanto più che, con una certa eccitazione, aveva osato voltarsi verso il suo
cugino preferito, Al, per esporgli in tono concitato la sua aspettativa di
trascorrere un anno abbastanza tranquillo, M.A.G.O. esclusi. Come a dire che in
una scala da uno a dieci, il suo livello di sicurezza circa la possibilità di
ignorare Scorpius Hyperion Malfoy rasentava l’undici, o giù di lì.
Il
problema fondamentale, come succede spesso in casi del genere, era che Rose
aveva fatto i conti senza l’oste. Quale oste? Malfoy, naturalmente.
Indipendentemente
dal bizzarro modo in cui lui riusciva a sopraggiungere sempre nei momenti in
cui lei ci faceva una figura grama e dal fatto che avesse per una qualche
ragione deciso che torturarla sarebbe stato il suo passatempo preferito per
quegli anni scolastici, il Malfoy in questione si era impuntato sulla
realizzazione di un oscuro piano partorito durante qualche fine settimana.
Il
che sarebbe stato persino accettabile, se solo non avesse coinvolto in prima
persona proprio lei: Rose. Il tutto senza avere la decenza di farglielo sapere,
ovvio. Almeno fino al misfatto vero e proprio, quando tutta una vita trascorsa
all’ombra di una morale superiore collassava su se stessa con la stessa
facilità con cui un tornado riesce ad estirpare le fondamenta di una casa.
Momento
che, purtroppo per lei, aveva visto una reale concretizzazione non molto tempo
dopo la sua progettazione, in una fresca mattina di inizio novembre.
Rose
stava come al solito tentando di raggiungere l’aula di Difesa Contro le Arti
Oscure barcamenandosi tra una pila di tomi dall’aria minacciosa e il suo ruolo
di Caposcuola, incarico ottenuto per la diligenza e la responsabilità
dimostrata in qualità di Prefetto di Grifondoro.
Proprio
mentre ricordava ad alcuni studenti di Corvonero che indossare una divisa non
necessariamente implicava anche il doverla personalizzare con spille su spille
e stemmi di vario genere oltre i quali i colori della Casa rischiavano
addirittura l’eclisse, si era vista avvicinare da un manipolo
straordinariamente misero di Serpeverde che avrebbe con ogni probabilità ignorato
se una mano non avesse afferrato crudele il suo braccio.
Prima
ancora di capacitarsene, Rose si era ritrovata rinchiusa in un’aula che, per la
fretta di rimproverare i Corvonero in questione, non aveva neppure notato; il
tutto con la consapevolezza che i suoi libri, i quali non avevano retto alla
presa repentina, giacevano spiegazzati sul fondo del corridoio alla mercé di
chiunque avesse avuto desiderio di farli suoi.
Ciò
nonostante, ritrovandosi dinanzi due occhi incredibilmente ingrigiti, la
ragazza aveva la certezza che la sorte dei suoi libri fosse l’ultima delle
preoccupazioni.
Perché
trovarsi a stretto contatto con un Malfoy in generale e con Scorpius in
particolare, non era di gran lunga una cosa positiva.
Soprattutto
per chi, come lei, portava il nome di famiglia dei Weasley.
“Si
può sapere che diavolo ti prende?” Tuonò, del tutto inviperita per il modo
ardimentoso con cui il bastardo
l’aveva non solo distolta dai propri doveri, ma sin anche trascinato in un’aula
pressoché desertica ad eccezion fatta per loro due e senza la benché minima
richiesta da parte sua.
Se
quello stronzo credeva che poteva trattarla come voleva e utilizzarla quasi
fosse stata una pezza da piedi, allor-
Labbra.
Rose
stentava a crederci, eppure stava accadendo davvero e quelle erano sul serio le
labbra di Scorpius. Ma qualcosa non quadrava. Insomma, le labbra erano quelle
di Malfoy, okay, ma il problema non era tanto questo quanto la percezione che
in quel momento non si trovassero esattamente dove di dovere.
Sulle
sue, ad essere precisi.
Il
che, tecnicamente, poteva anche essere definito come un bacio: o no?
Istintivamente
e prima ancora di rendersene conto appieno, Rose stava già rispolverando tra le
conoscenze di una vita e alla voce bacio le sembrò di ricordare che indicava un
atto in cui le labbra di due persone si univano in un segno di amore o,
perlomeno, di affetto.
Siccome
Scorpius e lei non si amavano – disgustoso anche solo a pensarlo – né tanto
meno provavano qualcosa di simile all’affetto l’un l’altro, teoricamente quella
cosa che stava succedendo tra loro non poteva realizzarsi di certo con la
parola bacio.
Ma
pur accettando i dettagli e le sottigliezze del caso, rimaneva comunque il
problema fondamentale: le labbra di Scorpius erano sulle sue e, ad aggiungersi
al danno, anche la beffa della sua lingua nella propria bocca.
-Per mille stregonerie!-
Ricordandosi
di avere ancora un corpo che rispondesse agli ordini e agli stimoli del
cervello e recuperata una discreta forza negli avambracci, Rose gli poggiò le
mani sul torace straordinariamente scolpito e con una spinta decisa allontanò
da sé e dalle sue labbra quella specie di bellimbusto da quattro soldi o poco
più.
“Ma
sei impazzito?” Gli abbaiò contro, infervorata da una rabbia che andava in
crescendo di secondo in secondo e che raggiunse l’apice quando i suoi occhi
marroni saettarono sullo sguardo odiosamente sibillino del ragazzo.
Doveva
avere le guance e le orecchie di un rosso acceso, lo sapeva e lo sentiva, ma
cosa ben peggiore era la visione di apparente tranquillità impressa nel viso
perfetto di lui. Come ad ammettere che non ci trovava assolutamente nulla di
male in ciò che era successo, o che lei credeva fosse accaduto giacché quello
sguardo la faceva sentire un tantino stonata e rimbambita a dirla tutta. Se
solo non avesse avuto ancora il sapore glaciale delle sue labbra addosso, Rose
avrebbe finito col pensare di essere impazzita lei ad immaginare certe cose – a
dirla proprio tutta – impossibili.
Chi
mai avrebbe creduto che Scorpius Malfoy aveva appena baciato, o qualsiasi cosa
fosse, Rose Weasley?
Stentava
a crederci lei per prima, figurarsi.
Che
motivo poteva poi spiegare un simile gesto?
Ripercorrendo
i precedenti sei anni, non c’era nessun avvenimento o fatto in grado di
spiegare un simile e radicale cambiamento. Più che altro Scorpius le era
sembrato interessato a lei come un Unicorno poteva esserlo per uno Schiopodo
Sparacoda. E di sicuro la cosa non era cambiata in quei primi mesi di scuola,
viste le continue frecciatine e prese per i fondelli a cui il ragazzo
ciclicamente – giornalmente sarebbe più esatto – la sottoponeva.
Perciò
che lui provasse qualcosa per lei era da escludere con la stessa sicurezza per
cui lo zio Harry non era innamorato della mamma.
Eppure
una ragione di un tale comportamento doveva pur esserci perché sì, Scorpius
Malfoy aveva diecimila difetti, ma tra questi proprio non compariva
l’istintività.
Col
passare degli anni ed avendoci a che fare in qualità di avversario congenito,
Rose aveva imparato fin troppo presto che qualunque azione del Serpeverde era
il risultato di una precisa ed elaborata programmazione che mai una volta,
neppure per sbaglio, aveva trovato poi falle nella concretizzazione.
Si
stava giusto scervellando in simili ed infruttuose elucubrazioni mentali,
quando la risata fredda ed incolore del ragazzo si dipanò per l’aula vuota
riscuotendola da ogni pensiero.
“Weasley,
Weasley, Weasley.” La canzonò con voce melliflua da stemma di famiglia, il viso
contratto in un’espressione volutamente ironica e saccente insieme. “Il ragazzo
più carino della scuola ti bacia e tu non riesci a fare a meno di pensare che
sia impazzito? Hai così poca autostima di te?”
“Più
che altro ho poca fiducia di te, Malfoy.”
Rispose inacidita lei, scocciata dal modo in cui le parole di lui riuscissero
sempre a farla sentire punta sul vivo.
Probabilmente
qualche altra ragazza al suo posto, purché non rispondente al nome Weasley o
Potter – o no? –, sarebbe stata raggiante ed orgogliosa di essere baciata, o
quello che era, da Scorpius.
Perché
come con la sua boria aveva avuto modo di farle notare, il ragazzo era davvero
uno dei più belli – carino era un eufemismo bello e buono – dell’intera
Hogwarts.
Capelli
di un biondo spento così lisci e perfetti da fare invidia a chiunque; occhi di
un incredibile ghiaccio screziato di grigio perla; fisico scultoreo; labbra
carnose; zigomi altezzosi ed eleganti;… Se è vero che la perfezione non esiste
nella realtà, Scorpius Hyperion Malfoy era comunque la persona che più ci si
avvicinava. Ma era anche il più stronzo, bastardo, cinico, arrogante ed idiota
che lei avesse mai avuto lo spiacere di conoscere.
“L’ho
sempre detto che non sei stupida, Weasley.” Concesse lui, particolarmente
arrendevole nonostante il sorriso di scherno ben impiantato sulle labbra, e la
cosa come ovvio le puzzò parecchio.
Ma
Rose non ebbe modo o tempo di chiedersene la ragione perché questa si profilò
dinanzi al suo naso nella stessa vivacità di un fulmine a ciel sereno e nella
forma banale di una fotografia.
“Straordinario
come un’invenzione Babbana talmente insulsa possa produrre così tanti benefici,
non trovi?”
Scorpius
stava ormai ghignando apertamente la sua superiorità, ma lei non lo stava
nemmeno più a sentire presa com’era ad osservare quello che doveva essere uno
scherzo di dubbio gusto.
Essendo
per metà di provenienza Babbana, Rose sapeva perfettamente che quel quadrato
statico era il risultato di una macchina fotografica istantanea non magica,
tuttavia ciò non le impedì di trattenere il respiro terrificata
nell’intercettare l’immagine catturata.
Capelli
castani, quasi mattone ed espressione da pesce lesso: quella era senza ombra di
dubbio lei.
E
quello che le stava di fronte, a zero millimetri di distanza e con le labbra
incollate, in maniera talmente passionale da risultare scioccante, sulle sue
era sicuramente lui.
Perciò
se quella era lei, e lui era Scorpius …
“Razza
di maniaco, ci hai fotografati!” Urlò quasi, scandalizzata e del tutto incapace
di distogliere gli occhi dall’immagine che le si allargava dinanzi con
prepotenza.
“Sei
sveglia, ragazzina.” Sorrise beffardo Scorpius, ritirando la foto per adagiarla
sul fondo delle tasche di retro, mentre con un incantesimo non verbale faceva
scomparire l’oggetto Babbano che lei neppure aveva notato fino a poco prima.
Al
solo pensarci le veniva la voglia di prendersi a sberle: come aveva fatto a non
accorgersi che era una trappola? E, soprattutto, come diavolo aveva potuto non
vedere la macchina fotografica accanto a lei? Quel bastardo aveva tolto persino
il flash, a ben pensarci; aveva programmato tutto!
Pian
piano lo shock iniziale andava scemando per lasciare il posto ad una rabbia
cieca, incontrollata.
“Dammela
immediatamente Malfoy, o giuro che-”
“Cosa?
Mi togli dei punti?” Alzò un sopracciglio lui, l’aria sicura di chi ha la situazione
perfettamente in pugno. “Prego, fa pure se ti rende contenta.”
“Dammela
ho detto!” Ripeté con voce di una tonalità sempre più alta, ormai prossima
all’isterismo.
Era
in ritardo a lezione, i libri chissà che diavolo di fine avevano fatto e quel
bastardo aveva appena immortalato il bacio peggiore della sua vita.
Non
che ne avesse poi dati molti di baci, per inciso, e infondo Scorpius non è che
baciasse poi tanto male, ma non era quello il punto adesso.
Lui
aveva una foto del tutto fallace in tasca e, motivo o non motivo, lei non
poteva assolutamente permettergli di tenersela.
Morgana,
non voleva neppure immaginare cosa sarebbe successo se fosse caduta in mani
sbagliate …
“Ti
ho detto di darmela, Malfoy.” Ripeté scandendo stavolta bene le parole ed estraendo
la bacchetta dalla tasca per puntargliela dritta in quel suo viso da serpe.
Ma
Scorpius non era mai stato un tipo che si lasciava intimorire da poco, o che si
faceva mettere i piedi in testa, e Rose ormai iniziava a trovare piuttosto
irritante quel sorrisetto borioso stampatogli addosso.
“Hai
intenzione di cruciarmi o vuoi solo trasfigurarmi, Weasley? E poi spiegami una
cosa, tanto per sapere: come conti di fare con il tuo ruolo di Caposcuola? O
pensi che il vecchio Doge riuscirà a chiudere un occhio per una volta?” Chiese,
rivolto più a se stesso come a voler intavolare una specie di soliloquio
personale basato sul fluire coerente dei propri pensieri.
Chiaramente
Rose era a conoscenza del fatto che anche quello, purtroppo, rientrava nei suoi
schemi preventivati e che non poteva negarne l’evidenza per quanto la
tentazione bruciasse infuocata sulla sua pelle.
Perciò
per quanto le costasse, si vide costretta a metter via la bacchetta ma non la
determinazione.
Si
sarebbe riappropriata di quella foto, costava quel che costava.
“Smettila
di giocare e ridammi quella diavolo di foto!” Lo attaccò, di nuovo avvinta dal
turbine irresistibile dell’ira.
“Ridarti? Implicherebbe che ti sia
appartenuta, prima, e questo se mi consenti non è esatto. Non mi sembra di averla
mai vista nelle tue mani, Weasley.” Ragionò caustico Scorpius, palesemente
divertito dalla piega che stava prendendo la conversazione.
Rose
dovette contare fino a dieci per non schiantarlo.
“Basta
con questi giochetti e dimmi quello che vuoi in cambio.” Cambiò quindi tattica,
mentre ormai la lezione di Pozioni e i libri in corridoio divenivano un ricordo
confuso.
All’affermazione
l’espressione sul viso di lui cambiò in modo radicale per divenire talmente
seria da incutere soggezione, persino in lei per quanto non lo desse a vedere.
“Adesso
sì che inizi a ragionare.” Osservò, prima di sedersi sulla cattedra alle sue
spalle, poggiare il mento sul palmo della mano aperta e tamburellare con le
lunghe dita sulle stesse labbra che appena poco prima poggiavano silenziose su
quelle di lei.
Se
non l’avesse già odiato abbastanza, avrebbe iniziato a farlo in quel momento
per il solo modo in cui i suoi occhi la stavano fissando.
Rose
si sentiva in imbarazzo ed impotente come in poche rare occasione le era
capitato, con una viscerale sensazione d’umiliazione a salire di sguardo in
sguardo.
“Vediamo:
potrei chiederti di girare nuda per scuola o-”
“Non
azzardarti neppure!” S’infiammò lei, paonazza al solo pensiero.
Scorpius
ghignò. “… Oppure potrei pensare di farti svolgere i miei compiti per tutto
l’anno.”
In
una frazione di secondo, Rose valutò la possibilità come la migliore che le
potesse capitare e per questo pregò nella sua realizzazione, ma era troppo
intelligente per sperarci anche.
“No,
sarebbe troppo poco, non credi?” La provocò ancora lui, nascondendo alla
perfezione il gusto dolce della vittoria dietro le pupille impenetrabili. “Però
in effetti una cosa ci sarebbe che potresti fare per me, diciamo. Una cosa da
cui magari potremo trarre giovamento entrambe, Rosie.”
Lei
fremette nel sentire il suo nomignolo preferito sputato dalle labbra di lui, ma
quando le si avvicinò e le poggiò una mano sotto al mento non fece piega.
Non
gli avrebbe dato anche la soddisfazione di piangere, no di certo.
“Ecco,
stavo pensando che sarebbe carino avere un giocattolo mio, non sei d’accordo
con me? Sai, per alleviare la noia di queste giornate.” La pizzicò, soffiandole
aria calda in faccia mentre con la mano andava a cercare e ad inanellare una
ciocca di capelli ribelli, ricordandole e sottolineando così la sua estrema
vicinanza – per la seconda volta in quel giorno – a lei.
Rose
avvertì in modo piuttosto indistinto un brivido scuoterle il corpo, ma decise
che era rabbia, soltanto rabbia e lo
accantonò, perché dopotutto non valeva la pena buttare al vento tanti sacrifici
per un bastardo del genere.
“Tu
potresti distrarmi, Weasley, sono certo che sei brava a farlo.”
Rose
avvampò al pensiero di dover divertire
quella serpe e decise che rispettare la propria integrità morale andava ben
oltre uno scandalo familiare, ragion per cui era ben decisa a mettere in chiaro
la propria posizione in merito.
“Non
ho alcuna intenzione di venire a letto con te, Malfoy, se è questo che mi stai
chiedendo. Il solo pensiero mi fa vomitare, figurati se potrei mai farlo.”
Ribatté quindi, arricciando le labbra in una smorfia di disappunto talmente
eloquente che lui non riuscì a non sorriderne.
“Piccola
Rosie, come sei ingenua. Credi davvero che io voglia fare sesso con te?” Domandò emulando un’espressione scioccata
in modo così sublime da apparire quasi veritiera.
Quasi.
“Non
per sminuire le tue doti, ma non sei certamente il mio tipo e comunque non me
lo perdonerei mai se ponessi meno alla tua illibatezza.” Chiarì con una punta
di cattiveria Scorpius, facendola talmente arrossire da non distinguersi più
dal colore della sua Casa.
Per
un istante Rose fu tentata di confutare quella provocazione e di gridargli che
non poteva saperlo se era illibata o meno, ma poi ci ripensò. Dargli spago era
l’ultima cosa che voleva e quel discorso si profilava un tantino troppo spinato
per i suoi standard. Perché sì, ad amor del vero, Scorpius aveva visto giusto
circa la sua pseudo esperienza sessuale.
“Bene,
perché nemmeno tu lo sei i- il mio t- tipo!” Replicò oltraggiata lei, cercando
di riassumere un certo autocontrollo per quanto la voce all’improvviso
balbuziente le permettesse.
Lui
fece una smorfia in risposta, ma non commentò la cosa che evidentemente faceva
parlare da sé anche solo quella forma d’imbarazzo verbale. Piuttosto le voltò
le spalle e, mani impiantate nelle tasche davanti, sembrò misurare l’intero
perimetro della finestra che gli stava di fronte. Di fronte al che Rose non
poté non tentare il tutto per tutto e, vincendo la solita pudicizia, si azzardò
ad allungare una mano verso il basso ventre per cercare di recuperare l’oggetto
a disputa della questione.
“Beccata!”
La mano di Scorpius fu comunque più veloce della sua e, che era ancora girato
di spalle, l’aveva già bloccata stringendole il polso a pochi millimetri di
distanza dal pantalone nero della divisa.
Rose
arrossì seduta stante, senza un motivo logico di fondo, mentre il ragazzo si
voltava lentamente a mostrarle un’aria sinceramente stupita.
“Non
mi sarei mai aspettato una simile bassezza dal nostro eccellente Caposcuola,
devo ammetterlo.”
“Da
te invece me la sarei aspettata benissimo.”
Risposta
sempre pronta e tagliente: l’aveva ereditata dalla madre.
Scorpius
ghignò, di nuovo, prima di avvicinare con forza il polso di lei al suo viso
fino a farle male.
“Ahi!”
“Da
questo momento in poi sei sotto il mio volere, Weasley, che ti piaccia o meno.”
Le soffiò contro, duro e glaciale come un iceberg nell’oceano. “Perciò vedi di
comportarti bene a meno che tu non voglia far venire un infarto al tuo caro
paparino.”
Scorpius
sorrise, malvagio, e Rose dovette ingoiare amaro per mandar giù l’umiliazione.
Umiliazione
che aumentava a dismisura se si prendeva in considerazione anche il battito
impazzito del suo cuore, in aumento per ogni millimetro che separava il suo volto
da quello spietato di lui.
Avrebbe
dovuto provare rancore e non batticuore; era assurdo, completamente!
“Bene,
vedo con piacere che ci siamo intesi.” La lasciò all’improvviso andare Malfoy,
un passo indietro per ritrovare il giaciglio sicuro delle tasche prima di
fissarla, fare una smorfia d’intesa e uscire a passo lento ma deciso dall’aula,
lasciandola volutamente indietro con la propria mortificazione.
E
mentre la maschera iniziava a scricchiolare rivelando occhi troppo lucidi per i
soliti standard, il corpo tremava e le mani si stringevano convulsamente a
pugno; Rose pensò che lo odiava.
Oh
sì, lo odiava.
Con tutto il cuore,
per giunta.
Ma
si sarebbe ripresa la sua dignità ad ogni costo e senza la necessità di far
impazzire suo padre nel vedere una foto che, di vero, non aveva un bel niente:
artificiale, sì, come l’espressione ieratica impiantata sul viso di Scorpius
Malfoy.
~
Albus
non era mai stato particolarmente portato per Pozioni, ma aveva deciso lo
stesso di portare avanti il corso quando sua cugina aveva dato voce in capitolo
esponendo il proprio desiderio di poterlo frequentare assieme visti i netti
rifiuti ricevuti per altri insegnamenti.
Tuttavia
il discorso tendeva ad essere un attimo rivalutato se la suddetta cugina
pensava bene di non presentarsi a lezione e senza avere il buongusto di
farglielo sapere.
A
due ore dall’inizio, Al cominciava a sentirsi un tantino cotto, a dire il vero.
E
arrabbiato; stavolta Rose avrebbe dovuto trovare un’ottima scusa per
giustificare l’assenza e non gli importava nemmeno se non era mai accaduto
prima, che di solito era lui l’assenteista e ritardatario, perché era
sinceramente troppo annoiato per riuscire a ragionare in modo razionale.
Che
poi ancora non riusciva a spiegarsi come cavolo avesse fatto a perderla di
vista. Insomma, l’attimo prima gli era di fianco semi-sommersa da una montagna
di libri e lì a rimbrottarlo per la mancanza totale di puntualità. L’istante
dopo, era con un paio di Corvonero a svolgere il proprio dovere di Caposcuola,
però da lì all’eclisse completa sembrava esserci una sorta di buco nero.
D’accordo,
si era voltato un attimo distratto dalla voce di Sean, il suo compagno di
stanza, ma come era possibile che in quel minuscolo lasso di tempo Rose fosse
riuscita a scomparire?
Beh,
smaterializzazione non poteva essere, giacché era impossibile riuscire a farlo
nel campo protetto di Hogwarts.
Al
si stava ancora lambiccando il cervello in cerca di una qualche arcana
spiegazione plausibile quando il professor Lumacorno li avvisò della fine della
lezione e del prossimo appuntamento.
-Era ora! Un altro secondo e giuro che
sarei morto! Si può sapere che diavolo di fine ha fatto Rosie?-
Alzò
gli occhi al cielo, particolarmente nervoso, e mentre raccattava le proprie
cose si avvide bene dal posare la sua bacchetta quanto più lontano possibile
dalla presa della sua mano, onde evitare pericoli imminenti all’indirizzo della
cugina.
Anche
perché suo zio Ron non gliel’avrebbe fatta passare liscia se le avesse torto
anche solo un capello.
La
mamma sgridava spesso al fratello di essere un tantino iperprotettivo con Rose,
ma poi sopraggiungeva il padre a dare man forte allo zio in difficoltà, viste e
considerate le paturnie che lo affliggevano quando si parlava di Lily.
Albus
sospettava che fosse tutta una questione di nascere donna, perché non gli
risultava che facessero tante cerimonie con lui, James o Hugo.
A
proposito di Hugo: chissà se aveva già finito la lezione di Storia della Magia,
aveva giusto un paio di cose che doveva ancora rendergli, tipo la penna
auto-scrivente di produzione Tiri Vispi Weasley, e magari poteva approfittarne
per correre a riprendersela adesso che non c’era Rose a fargli la paternale.
Trovandola
un’ottima idea, Al decise che se proprio doveva camminare tanto valeva mettersi
alla calcagna del ragazzo. Perciò infilando la borsa a tracolla e incurante
dell’esistenza di una cerniera di chiusura, uscì dall’aula salutando
alternativamente ora dei Grifondoro ora dei Tassorosso con cui aveva condiviso
la lezione e tranquillizzando i compagni di dormitorio che li avrebbe raggiunti
in Sala Comune non appena avesse recuperato una cosa. Il tutto con il pensiero
costante di Rose nella testa.
Aveva
appena girato l’angolo solitario quando una mano gli artigliò la spalla e fu
solo per un miracolo che s’impedì di urlare, evitando in tal modo una figura
non proprio da grifone ecco.
“Al!”
“Rose!
Diavolo, volevi farmi venire un infarto?” La aggredì, una mano sul cuore, prima
di ricordare della bidonata che quella gli aveva tirato e guardarla truce.
“Perché non eri a lezione? Si può sapere che fine hai fatto?”
A
quanto pareva la cugina aveva deciso che poteva benissimo ritornare alla sua
vita sociale dopo la parentesi assenteista di Pozioni e che, per farlo, era
necessario far venire un infarto al povero Albus Severus Potter del caso. Il
che sarebbe stato divertente, se non fosse stato lui quel Potter. Magari ci avrebbe riso su, ma non adesso con il
cuore in gola e la voglia di maledirla ancora in circolazione.
“Scusa,
scusa Al, non volevo spaventarti.” Accennò un sorriso dispiaciuto Rose,
sincera, e come gli succedeva sempre nell’incrociare gli occhi castagna della
ragazza, il cuore di Albus si sciolse seduta stante.
Sospirò;
era sempre stato impossibile avercela con lei per più di un paio di minuti.
“Okay,
ma devi dirmi cosa hai fatto se aspiri al mio perdono!”
Albus
sorrise, tuttavia la reazione di Rose fu piuttosto diversa da quella che si
aspettava.
La
ragazza difatti dapprima impallidì mortalmente, poi avvampò mentre le pupille
si dilatavano spaventate.
“I-
Io … N- Non è così i- importante, e- ero … Beh, m- mi sono fatta p- prendere
dalla parlantina e …”
Era
una sua impressione, o stava sudando? Comunque già il fatto che balbettasse era
preoccupante, considerato che aveva fatto quella domanda soltanto per il gusto
di sentirle raccontare qualche avventura da Caposcuola capace di risollevargli
la giornata. Doveva essere successo qualcosa di veramente grave per averla
ridotta così, a quel punto.
“Ehi
Rosie, va tutto bene?” Le domandò quindi, premuroso, fermandosi dinanzi a lei
per guardarla nel profondo degli occhi.
Rose
lo fissò per qualche istante in apnea, incerta su cosa dirgli o su cosa fare.
L’unica cosa di cui era sicura, era che non poteva nella maniera più assoluta
dirgli la verità. Al solo pensiero si sentiva mancare e comunque non era
necessario sbandierare la sua spinosa situazione ai quattro venti, ben sapendo
che avrebbe potuto uscirne perfettamente da sola.
E
poi Albus si sarebbe arrabbiato, e la foto era davvero troppo realistica per non credere che …
No,
no, meglio chiudere la faccenda da sola; dopotutto era solo un pallone
gonfiato!
“S-
Sì, è che il dovere … sai come vanno queste cose, e … proprio non me ne sono
accorta!”
“Il
tuo ruolo da Caposcuola, già.” Annuì Albus, ancora piuttosto pensieroso.
Perché
non gliel’aveva detto subito se era quello il problema? Non lo sapeva, ma non
gli quadrava. Non del tutto almeno.
“Sì,
è per quello!” S’illuminò all’istante Rose, raggiante di aver trovato quella –
seppur misera – scappatoia.
Ignorando
il fatto di sentirsi un verme in piena regola a mentire tanto spudoratamente e
decidendo di amputare la cosa ancora una volta a quel damerino di Scorpius, la
ragazza afferrò Albus per un braccio e sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi
gli fece cenno di seguirla.
“Se
non sbaglio abbiamo un compito di Trasfigurazione da finire!” Lo redarguì,
cambiando radicalmente umore e sperando che il cugino si convincesse a lasciar
perdere l’accaduto.
Lui
la guardò a lungo, esitante, prima di sospirare, scompigliarsi ancor di più i
capelli e sorriderle di rimando, mentre dava l’arrivederci alla sua penna
auto-scrivente.
“Speravo
te ne fossi dimenticata.”
~
“Scorpius!”
Sentendosi
chiamare, il diretto interessato si fermò e, girando appena il capo, non riuscì
a trattenere un ghigno nell’acciuffare una scia verde-argento dirigersi
trafelata nella sua direzione seguita a breve distanza da un’altra decisamente
più calma e rilassata.
Palesemente
li conosceva bene entrambe e per motivi contigui: il figlio rispettivamente di
sua zia e del migliore amico di suo padre.
“Dannato
cugino, sono ore che ti chiamo!” Lo investì con la solita esuberanza il primo,
ereditata dal ramo Greengrass della famiglia. “Si può sapere a che diavolo stai
pensando?”
“Non
sono affari tuoi questi, cugino.” Fu
la laconica risposta di Scorpius mentre un sorriso sghembo si affacciava sulle
labbra carminio.
L’avere
una foto tanto compromettente al sicuro nel retro dei suoi pantaloni che
riusciva a piegarle una certa so-tutto ai suoi piedi, gli dava un incredibile
senso di potere e di compiacimento, in grado persino di fargli avere il
buonumore.
“Era
così per chiedere, non prendertela!” Alzò su le mani in segno di difesa
l’altro, ritirando di conseguenza la stretta attorno alle spalle del cugino.
“Ottavius
sa essere sempre così petulante.” Osservò apparentemente in disparte l’altro
ragazzo, quello dall’aria più taciturna e tenebrosa.
Lo spilungone,
come osava definirlo di quanto in quanto Ottavius, accennando neanche troppo
velatamente all’altezza da capogiro del moro che, per qualche centimetro,
riusciva finanche a superare il già alto Scorpius.
Ovviamente
aveva preso dal padre, anche lui alto, magro e bruno, oltre ad averne ereditato
il nome in seconda: Theodore Nott. Edmund
Theodore Nott.
“Meglio
petulante che musone come te, Ed!” Lo apostrofò l’altro, intanto che ridava una
sistemata alla divisa sgualcita, prima di posizionare gli occhi acquamarina
sulla persona distinta del cugino.
Rispetto
a Scorpius, Ottavius era quello che maggiormente rientrava negli standard
fisici dei Greengrass. Stesso viso curvilineo, stesso colore degli occhi e
stessa forma di follia intrinseca per cui la madre, specialmente, sapeva sempre
farsi riconoscere. L’unica cosa che non rientrava nei canoni materni e che
l’associava senza ombra di dubbio al padre, erano i capelli. Castani e
spettinati come solo quelli di Terence Higgs avevano saputo esserlo ai tempi in
cui militava nei Serpeverde e, sovente, riuscivano ancora ad apparire.
Ottavius
era il più bassino dei tre, per quanto il suo metro e
ottantacinque potesse esserlo. Ma competere col metro e novantuno di Edmund, o
ottantasette di Scorpius, era un bel punto a suo svantaggio. Un enorme punto,
in effetti.
“Dove
stavi andando?” Cambiò discorso il giovane Nott, guardando con aria interessata
il figlio del più vecchio amico di suo padre.
Si
conoscevano dalla nascita e, in un certo senso, potevano definirsi una sorta di
migliori amici nonostante i caratteri diametralmente opposti: sardonico e
cinico l’uno, schivo e tagliente l’altro.
“In
biblioteca.” Ghignò impercettibilmente Scorpius, il pensiero che terminava con
la certezza di chi vi avrebbe trovato
dentro.
“A
fare che?” Domandò spiazzato Ottavius; non era una novità che il cugino era
tanto intelligente quanto restio allo svolgimento dei propri compiti.
“Devo
vedere una cosa. Venite con me o no?” Si spazientì Scorpius, un'altra dote non
propriamente riconducibile ai pregi.
Edmund
e Ottavius si scambiarono un’occhiata veloce, prima di muoversi quasi in
contemporanea per seguire i passi strascicati del biondo.
Da
sempre Scorpius era considerato il leader per eccellenza, caratteristica
implicita dell’essere un Malfoy. Non che i due si lamentassero di questo, anzi:
conoscendo il ragazzo, era facile decretarlo come il capo, la mente del gruppo.
Perché sostanzialmente le idee migliori, i piani strategici e i gesti più furbi
erano quasi sempre il parto della mente riflessiva, attenta e concentrata di
Scorpius.
In
un certo qual modo, sapeva sempre come farsi rispettare e come travolgere, con
la propria tenacia, chi lo circondava.
Giunti
dinanzi alla biblioteca, Scorpius portò le mani davanti e con fermezza spalancò
teatrale l’enorme portone in legno, per farsi strada tra i pochi sguardi
stupiti che si accalcarono sull’entrata.
Come
da aspettativa, c’erano pochissime persone raccolte nella stanza, ma il ragazzo
era certo che avrebbe individuato la sua vittima anche tra milioni.
Capelli
nocciola, occhi da cerbiatta e broncio da ragazzina rigida: Rose. Una dei pochi
Weasley a non aver ereditato quella matassa di ridicoli capelli rossi. Beh, a
parte Albus ovvio, in piedi davanti ad un minaccioso scaffale di libri
dismessi.
“Vengo
subito.” Si accomiatò, senza neppure concedere agli altri due il tempo di
replicare: tipico per lui.
Rose
era concentrata nella lettura di un tomo da cui sembrava prendere spunto per
scribacchiare una qualche ricerca sul foglio da pergamena, quando avvertì con
un balzo di paura un’ombra proiettarsi dinanzi a lei.
Alzò
il capo, spaventata, e il suo viso si tinse di un’aria truce nell’identificarne
il nome.
“Che
accidenti vuoi adesso?” Sbottò, scocciata.
A
giudicare dal modo in cui saettavano infuocati i suoi occhi, doveva essere
ancora piuttosto arrabbiata per il tiro mancino che le aveva giocato qualche
ora prima.
Beh,
peccato, perché lui infondo si era divertito.
“Tieni.”
Disse con un vezzo del capo Scorpius, lanciandole da sopra il banco una
pergamena tirata fuori dalla tracolla semi-aperta.
Rose
abbassò il capo, scrutò il foglio e poi ritornò a fissare il ragazzo, stavolta
con aria perplessa.
“Sono
i miei compiti, Weasley.” Sbuffò allora lui, seccato dalla mancanza di acume
mostrata dall’altra. “Per essere la più intelligente del tuo anno, sei
piuttosto lenta.”
Lui
ghignò beffardo ed ironico come sempre, guadagnandosi un’occhiata di fuoco ed
una pergamena in pieno viso da lei.
“Fatteli
da solo, Malfoy.” Sibilò indispettita Rose, inconsapevole del guaio in cui si
stava cacciando.
Nessuno,
nessuno aveva mai osato fare tanto a
lui, il Principe delle Serpi.
-Avrai una bella lezione per questo
Weasley.- Si ripromise il ragazzo intanto che con rabbia ben
celata riposava la pergamena sul banco, in cima a quelle di lei.
“Ragazzina.”
La riprese quindi con tono antartico, allargando le mani sul tavolino per
chinarsi dinanzi a lei quel tanto che bastava ad avere i propri volti non
lontano di più di tre centimetri. “Devo forse ricordarti del nostro accordo?”
Sentendolo
così vicino e avvertendo di nuovo il fiato nonostante tutto caldo di lui su di
sé, Rose arrossì impietosamente mentre l’immagine del loro precedente pseudo
bacio si affacciava vivida ai suoi occhi.
Poteva
ancora percepire la sensazione prodotta dall’incontro delle loro labbra; il
naso freddo di lui che le solleticava il proprio; i capelli dorati che si
intrecciavano ai suoi castani …
Ma
proprio perché poteva sentire tali sensazioni ancora in modo così prepotente
addosso, che voleva assolutamente scrollarsele di dosso avvertendole come
strette e sconvenienti.
Suo
padre avrebbe dato di matto se solo avesse saputo che lei arrossiva così al
ricordo di Scorpius!
“Che
dici, potrei far vedere la foto a Potter. Sono sicuro che apprezzerebbe.” La
provocò ancora lui, derisorio, accennando con il capo al moro che si stava
avvicinando nella loro direzione.
Riscuotendosi
dai suoi pensieri e fingendo che non le pesasse una simile vicinanza, la
ragazza mise via la pergamena di Scorpius tra le sue cose prima di guardarlo
bieca.
“Sei
un bastardo.” Gli sussurrò malevola, consapevole della sempre più prossimità di
Albus.
Scorpius
rise, in quel modo freddo e senza divertimento che gli era proprio.
“Povera
piccola Rosie.” La schernì, arruffandole i capelli come avrebbe fatto un suo
parente o un amico stretto.
Lei
lo detestò ancora di più per questo, ma si avvide bene dal mostrare le proprie
emozioni dinanzi al suo sguardo duro.
Anche
se era la vittima di un suo capriccio, aveva ancora la sua dignità.
“Ehi,
che succede?” Ad attirare le attenzioni di entrambe sopraggiunse proprio la
voce di Albus, ormai giunto al capolinea.
Il
ragazzo li fissava con aria basita e Rose non poté fare a meno di arrossire,
abbassando con vergogna il capo.
“Niente
di che, Potter.” Rispose infine Scorpius per entrambe, rimettendosi in
posizione eretta e guardandolo con sguardo pensieroso da sopra il pugno chiuso
della mano. “Piuttosto non sapevo che avessi deciso di diventare il primo della
classe. Devo forse iniziare a preoccuparmi? Marinerai il Quidditch o cosa?”
Alla
domanda Albus rise, divertito.
“Niente
del genere Malfoy, sta tranquillo. Sono più che pronto a batterti ancora.”
“Tutto
da vedere.” Fece una smorfia Scorpius, che per chi lo conosceva bene poteva
anche significare che stava sorridendo. “Allora ci si vede in giro, Grifondoro.”
Il
moro rise, mentre l’altro gli lasciava distrattamente una pacca sulla spalla
intanto che si allontanava, il tutto sotto l’espressione corrucciata di Rose.
“A
presto, Serpeverde.”
N/A
Eccomi ritornata nel
fandom di Harry Potter con un’altra fanfiction sulla nuova generazione. La
verità è che mi sono talmente innamorata di questi personaggi, che non riesco
tutt’ora a staccarmene! Per quanto riguarda questa storia, stupirà sapere che
ho iniziato a scrivere questa storia esattamente il 17 settembre 2007, cioè
parecchio tempo fa. Ho aspettato un po’ per la pubblicazione perché volevo
portarmi avanti con i capitoli, di modo da non lasciarla incompleta –mi sarebbe
dispiaciuto un sacco non finirla- e mi sono ritrovata a scrivere la parola fine
prima di accorgermene.
Perciò posso dirvi che
saranno venti capitoli totali, non uno di più non uno di meno.
L’aggiornamento sarà
settimanale, all’incirca attorno al venerdì. Ma non si sa mai che decida di
aggiornare anche prima! ^.-
Mi piacerebbe
enormemente, davvero davvero tanto,
sapere cosa ne pensate. Tanto tanto! *-*
Oh, sì, prima che me ne
dimentichi, vi lascio il link con le immagini dei vari personaggi. Ho dovuto
scartabellare un bel po’ su internet, ma credo che questi si avvicinino di
molto all’idea che ho in mente io per la nuova generazione. Perciò ecco i
personaggi di → The photograph.
Vi aspetto al prossimo
capitolo, allora! Fatemi sapere, mi raccomando, ci tengo tanto, tantissimo a
questa fanfiction!
Baci.
memi