Doveva
essere notte fonda ormai ma Eren, di nuovo nel suo letto nel vecchio
quartier generale
del
Corpo di Ricerca, non riusciva a prendere sonno. Ogni volta che
chiudeva gli occhi, rivedeva infatti le orribili scene di quel giorno
con tanta chiarezza che gli sembrava di essere ancora nella foresta,
dove il Gigante Femmina lo inseguiva uccidendo senza pietà
chiunque
si trovasse sul suo cammino. Con il cuore che batteva a mille, poteva
ancora sentire le urla dei soldati che tentavano inutilmente di
tenerle testa e il senso di colpa per le loro morti lo schiacciava
sempre di più. In fondo il gigante cercava lui e non si
sarebbe mai
perdonato per non essersi trasformato prima.
Con gli
occhi di nuovo pieni di lacrime, ripensò a quando era stato
sul
punto di mordersi la mano per attivare il suo potere, chiedendosi
cosa sarebbe successo se già allora avesse dato retta alle
sue
emozioni anziché a Petra e gli altri. In quel momento gli
era
sembrato giusto ascoltare le loro richieste di fiducia, e le parole
del capitano Levi, che l'aveva lasciato libero di scegliere,
l'avevano infine convinto a riabbassare il braccio e proseguire tra
gli alberi seguendo il misterioso piano del comandante Erwin, ma la
seconda volta che era successo, pochi minuti dopo, era stata
questione di secondi prima di pentirsi amaramente di averli lasciati
combattere da soli. I suoi compagni infatti erano caduti tutti,
davanti ai suoi occhi, nel tentativo di salvarlo, e non era neanche
riuscito a vendicare né loro né gli altri, visto
che il Gigante
Femmina l'aveva sonoramente sconfitto dopo una breve lotta,
costringendo i pochi superstiti a ritirarsi alla svelta dentro le
mura.
Si era
svegliato su un carro giusto in tempo per sentire i cittadini
lamentarsi del disastroso esito della missione a poche ore dalla
partenza e le lacrime l'avevano accompagnato per tutto il tragitto
fin lì. La sua unica consolazione era che Armin, Mikasa e i
loro
amici del corso di addestramento erano ancora vivi ma dopo anni
passati a sognare il giorno della sua prima spedizione fuori dalle
mura non poteva credere che il risultato fosse stato così
diverso
dalle aspettative.
Si strofinò
per l'ennesima volta gli occhi con il dorso della mano e
provò di
nuovo a chiuderli cambiando posizione, ma poco dopo si arrese
all'evidenza. Con un sonoro sbuffo di stanchezza e irritazione,
allontanò le coperte e appoggiò i piedi sul
pavimento freddo,
guardandosi poi intorno in cerca degli stivali che aveva lasciato
chissà dove. Sapeva che non avrebbe dovuto alzarsi e andare
in giro
di notte per il vecchio
castello
che li ospitava ma sperava in quel modo di riuscire a conciliarsi un
po' il sonno. L'indomani sarebbe stata un'altra giornata impegnativa
e il suo corpo non si era ancora ripreso del tutto dalla
trasformazione. Gli avrebbe fatto comodo dormire qualche ora, ma
sebbene fosse stanco come non mai, non c'era proprio verso.
Aprendo
piano la porta, controllò che il corridoio fosse deserto e
valutò
per un attimo se andare in cerca dei suoi amici. Era abbastanza
sicuro che anche Armin e Mikasa fossero ancora svegli ma ben presto
si accorse di non voler vedere con i suoi occhi se erano provati
quanto lui. Non era pronto ad affrontare i loro sguardi, qualunque
emozione celassero, e si diresse invece dalla parte opposta. Non
sapeva neanche dove stesse andando, ad essere sincero, ma non gli
importava. I piedi si muovevano da soli e per il momento gli faceva
comodo.
Camminò a
lungo nel castello
silenzioso, rabbrividendo di tanto in tanto quando l'aria fresca
della notte riusciva a raggiungerlo.
Non aveva
idea di quanto tempo fosse passato quando vide una luce ancora accesa
nella sala in cui la
squadra era
solita riunirsi, e nonostante la stretta al cuore al
pensiero
che tante persone non sarebbero più state lì, si
diresse da quella
parte.
Sbirciando
all'interno, si accorse che dentro c'era solo Levi, seduto al suo
solito posto con le spalle leggermente ricurve, e per un attimo si
chiese se sarebbe stato il caso di entrare. Il capitano, arrivati
alla loro sede,
gli aveva
detto subito che non era stata colpa sua, esortandolo ad andare a
riposare prima di allontanarsi con un altro soldato, ma Eren sapeva
che soffriva per la perdita della sua squadra e non voleva essere
irrispettoso inserendosi senza motivo in quell'attimo di
raccoglimento. Senza contare che dopo l'accaduto si sentiva in
imbarazzo all''idea di rimanere solo con lui
e temeva anche di scoprire cose che non avrebbe mai voluto sapere.
Mikasa gli aveva detto infatti che erano stati loro a
salvarlo
dalle fauci del gigante, ma se da un lato gli faceva stranamente
piacere dover ringraziare di nuovo il suo superiore per essere ancora
vivo, dall'altro era ben consapevole che in cuor suo, con ogni
probabilità, Levi avrebbe preferito abbandonarlo al suo
destino dopo
tutte le vite sacrificate inutilmente per proteggere la cosiddetta
“speranza dell'umanità”, che finora era
solo servita a
peggiorare le cose.
Era un
pensiero triste per lui che l'aveva sempre ammirato tanto fin da
bambino ma doveva ammettere che al momento il suo
contributo
alla causa non valeva di certo un simile prezzo e non se
la sentiva di biasimarlo se in realtà l'avesse
incolpato
eccome per il
disastro di
quel giorno, facendoglielo magari capire mentre erano soli.
«Hai
intenzione di stare lì ancora molto, moccioso?»
gli arrivò a quel
punto la voce di Levi ed Eren sobbalzò scusandosi. Non
riuscì a
capire se fosse un rimprovero o meno ma si fece avanti timidamente.
Qualcosa gli diceva che sarebbe stato peggio scappare e il capitano,
a pensarci bene, non sembrava davvero irritato. Forse era solo
stanco, triste o entrambe le cose, ma notò che la postura
era
tornata quella di sempre.
Un po'
esitante, arrivò fino al tavolo e si lasciò
cadere sulla sua sedia
afferrando a caso un boccale lasciato a metà mentre guardava
ovunque
tranne che verso di lui. Gli costò parecchio, dal momento
che i suoi
occhi si posarono subito sui posti lasciati vuoti dal resto della
squadra, ma non voleva vedere la
rabbia,
la
tristezza e la delusione che probabilmente avrebbe trovato
negli occhi di Levi. In quel caso non sarebbe mai riuscito a
trattenere le lacrime e affrontarlo di nuovo la mattina dopo in
presenza di tutti gli altri, che di sicuro l'avrebbero guardato nello
stesso modo, se non peggio. Non si accorse che l'uomo lo stava
osservando con un'espressione ben diversa da quella che credeva,
aspettando che si voltasse.
«Non
riesci a dormire?» chiese alla fine, capendo che il ragazzo
non
aveva alcuna intenzione di girarsi verso di lui.
«No...»
ammise piano Eren, sorpreso dalla domanda, senza trovare il coraggio
di alzare gli occhi.
«Capisco»
commentò semplicemente Levi, prendendo un altro sorso dal
suo
boccale prima di appoggiarlo sul legno.
Calò di
nuovo il silenzio e il ragazzo tornò a fissare il tavolo
stringendo
forte l'oggetto che teneva in mano finché, ricordatosi
all'improvviso della sua presenza, non lo avvicinò alle
labbra con
l'intenzione di berne il contenuto tutto d'un fiato, nella speranza
di attenuare un po' il peso che gli gravava sul petto.
Riuscì a
mandarne giù solo un sorso, però, prima di
allontanare tossendo il
boccale, riempito evidentemente con qualcosa di troppo forte per lui,
e a quel punto il capitano, che non l'aveva perso d'occhio un solo
istante, aggrottò appena le sopracciglia trattenendo un
sospiro.
«Te l'ho
già detto, non è stata colpa tua»
ribadì in tono basso ma deciso.
«Quel
gigante cercava me, però, e se mi fossi trasformato prima
forse...»
«Non
sarebbe cambiato molto. In ogni missione ci sono morti e feriti
più
o meno numerosi e questa non è stata diversa da tante altre.
L'unico
modo per non piangere
nessuno
è essere tra i caduti» lo interruppe Levi con
fin troppa calma ed Eren, stupito, cercò
finalmente il suo
volto. Era triste,
quello sì, ma
non sembrava né arrabbiato né deluso
e quelle frasi gli
risuonarono in testa per qualche secondo prima che riuscisse a
ribattere.
«Quelle
persone sono morte perché c'ero io e non è
neanche servito a
catturare il Gigante Femmina. Volevo fare la mia parte almeno alla
fine ma avete comunque dovuto salvarmi... A proposito,
grazie»
riprese infine
il ragazzo,
chiaramente sconvolto, abbassando sempre di più la voce
finché
questa non divenne un sussurro a malapena udibile.
«Non
sempre i nostri piani riescono e hai appena scoperto il tuo potere.
Immagino ti servirà più allenamento per vedere
dei risultati» lo
incoraggiò Levi con lo stesso tono di poco prima che tanto
lo
destabilizzava. Si aspettava ben altro da lui in una situazione del
genere e se da un lato non poteva che essergli grato per non farlo
sentire ancora peggio, dall'altro non
riusciva a credere che fosse sincero. Le terribili scene
di
quel giorno erano troppo recenti per rendersi conto che aveva ragione
e al momento gli dava quasi fastidio che a consolarlo fosse proprio
la persona che avrebbe dovuto odiarlo di più.
«Quanti
altri dovranno morire nel frattempo? Tutti quei soldati si sono
sacrificati invano e le persone in città... È la
prima volta che
non riesco a dar loro torto, in un certo senso» insistette
piano Eren, sentendo il peso sul petto diventare quasi insopportabile
a quel ricordo doloroso mentre gli occhi bruciavano per le lacrime
trattenute. Da bambino non aveva mai sopportato chi protestava contro
il Corpo di Ricerca al suo ritorno in città, ma quel giorno
era
stato costretto ad ammettere che forse la gente aveva ragione.
Nessuno del popolo aveva idea di come fosse combattere là
fuori,
probabilmente, ma aveva visto con i suoi occhi come tante vite
venivano purtroppo sacrificate dai superiori per scopi non sempre
chiari e sapere di essere in qualche modo responsabile non gli dava
pace.
«Ogni
volta che torniamo da una missione c'è qualcuno che soffre
per la
perdita di una persona cara ed è normale che sfoghi il suo
dolore.
Da parte tua puoi soltanto allenarti con il massimo impegno ma senza
darti colpe eccessive. Ti ho detto io di scegliere se fidarti dei
tuoi compagni o fare come volevi e nessuno avrebbe potuto prevedere
il risultato, né in un senso né nell'altro. Se
hai fatto ciò che
ti sembrava giusto, va bene così» disse tranquillo
Levi, studiando intanto la sua reazione.
Eren sembrò
come folgorato alle sue parole e si limitò ad annuire alla
fine del
discorso guardandolo negli occhi.
Il capitano
lo fissò a sua volta, stupendosi di quanto i suoi fossero
lucidi e
arrossati mentre cercava di capire se era riuscito nel suo intento.
Sapeva che ci sarebbe voluto un po' per accettare la batosta che era
stata la sua prima missione fuori dalle mura ma era anche consapevole
di quanta forza si celasse in realtà in quel ragazzo. In
cuor suo
non aveva dubbi che avrebbe superato anche questo, ma vedendolo
così
provato, si era sentito in dovere di consolarlo. Le prime spedizioni,
in fondo, erano sempre le più difficili e le nuove reclute
di
quell'anno erano state particolarmente sfortunate.
«Va' a
dormire adesso. I mocciosi come te non dovrebbero essere in giro a
quest'ora» disse dopo un po', capendo dal suo sguardo che il
momento
di crisi doveva essere passato. Non sarebbe stato l'unico,
probabilmente, ma si augurava di avergli fornito abbastanza spunti di
riflessione per affrontare i successivi senza troppi danni e il tempo
avrebbe fatto il resto. Succedeva sempre, se si aveva la fortuna di
vivere abbastanza a lungo...
Appena
finì la frase, l'ennesima stilettata alla gamba ferita,
troppo
dolorosa per essere ignorata come le precedenti, lo fece sussultare e
non riuscì a trattenere una piccola smorfia. Hange gli aveva
più
volte ripetuto che avrebbe dovuto mettersi a letto e non sforzarla
per qualche giorno ma il capitano aveva fatto come sempre di testa
sua, rimanendo a lungo seduto al tavolo senza nemmeno curarsi di
appoggiarla su una sedia per tenerla sollevata. Nonostante gli
avvertimenti, aveva bisogno di passare un po' di tempo in quella
stanza per abituarsi all'idea di non vedere più
lì la sua squadra e
fino a quel momento la gamba non gli aveva dato particolari problemi.
«Posso
aiutarla in qualcosa?» domandò Eren preoccupato,
accortosi della
sua sofferenza mentre si alzava a malincuore per tornare in camera.
Se fosse dipeso da lui, sarebbe rimasto ancora un po' a lasciarsi
cullare dalla voce
calma e
rassicurante del suo superiore. Sebbene quelle frasi facessero male,
da una parte, era ovvio che nascessero da una lunga esperienza sui
campi di battaglia e in cuor suo capiva che volevano essere un aiuto.
In quel momento faticava a credere che si potesse davvero andare
avanti e considerare simili tragedie come se fossero normale
amministrazione, ma era pur sempre la saggezza di un veterano rivolta
a un soldato più giovane e si fidava abbastanza del suo
capitano da
lasciarsi guidare da lui in quel mondo nuovo che stava appena
imparando a conoscere.
«Non è
niente, torna a letto. Domani sarà un'altra giornata
impegnativa»
lo congedò Levi in tono più duro di quanto fosse
sua intenzione ma
la fitta era stata dolorosa e di certo non avrebbe permesso al
ragazzo di aiutarlo a raggiungere la sua stanza per così
poco. Si
sarebbe arrangiato da solo come sempre e con un po' di fortuna Hange
non l'avrebbe mai saputo.
Eren
sembrò quasi deluso per quella risposta ma capì
che il capitano
voleva chiudere la conversazione e decise di non imporgli
ulteriormente la sua presenza. Lo ringraziò quindi a bassa
voce per
il tempo che gli aveva dedicato e gli augurò la buonanotte,
incamminandosi poi obbediente verso la porta.
Fu
il turno dell'altro di essere sorpreso ma si affrettò a
rispondergli
addolcendo il tono. Non avrebbe voluto mandarlo via in quel modo, in
realtà, ma non era sicuro di poter proseguire a lungo nel
discorso
senza dimostrargli di essere il primo a soffrire per le molte vite
distrutte e quella fitta era arrivata proprio nel momento peggiore.
Sperò solo che quelle poche parole che si erano scambiati
fossero
sufficienti a permettergli di dormire per qualche ora in modo
decente, visto che il suo corpo aveva di certo bisogno di riposo. Se
non altro la luce nei suoi occhi e il sorriso che gli aveva
stranamente rivolto prima di uscire, sia pure ben diversi dai soliti,
erano già un ottimo risultato se ripensava a com'era quando
l'aveva
invitato a entrare.
Non
aggiunsero altro e Levi, rimasto solo ad ascoltare il rumore dei suoi
passi che si allontanavano nel corridoio, si lasciò sfuggire
un
sonoro sospiro. Non era stato facile consolarlo, in realtà,
ma era
il minimo che potesse fare dopo averlo lasciato solo a gestire un
simile peso per tante ore. Purtroppo, di ritorno da una delle
missioni più disastrose a cui avesse avuto la sfortuna di
partecipare, doveva incontrare gli altri responsabili per le
decisioni da prendere in vista della convocazione di Erwin nella
capitale e sulle prime non aveva neanche fatto caso a quanto il
ragazzo stesse male. Probabilmente non era stata una gran fortuna per
Eren dover parlare proprio con lui in un momento simile, ma
immaginava che non ci fossero molte altre persone ancora in giro per
il castello a quell'ora della notte.
Riprese
poi in mano il suo boccale, ormai quasi vuoto, e bevve qualche altro
sorso ripensando a ciò che gli aveva detto. Quelle parole le
aveva
già ripetute fin troppe volte anche a se stesso ma ancora
non era
riuscito a mettere del tutto a tacere quella vocina insidiosa che gli
sussurrava maligna i suoi errori, impedendogli di dimenticare i
moltissimi volti senza nome che di notte in particolare, quando la
stanchezza gli faceva abbassare le difese, lo guardavano con aria di
rimprovero e i corpi insanguinati. Ora ad essi si erano aggiunti
quelli fin troppo noti della sua squadra, che non era stato in grado
di proteggere, e le parole del padre di Petra quella sera non
smettevano di risuonargli crudelmente nella testa. Era andata meglio
di quel che si aspettava, in realtà, ma le lacrime che
l'uomo aveva
giustamente versato erano state comunque un duro colpo mentre lui
stesso rivedeva per qualche minuto quella dolce e vivace ragazzina di
cui, per colpa sua, non sarebbe rimasto altro che il ricordo, e il
suo cuore da allora non gli dava pace. Non avrebbe permesso a nessuno
di vederlo debole, però, e alle prime luci dell'alba avrebbe
indossato di nuovo quella maschera di freddezza che caratterizzava il
glorioso capitano del Corpo di Ricerca, ma fino ad allora, nel buio e
nel silenzio della notte, sarebbe stato solo Levi, un uomo
segretamente tormentato da
fantasmi che niente e nessuno, con ogni probabilità, sarebbe
mai
riuscito a scacciare del tutto.
Angolo
autrice:
Ciao
a tutti e grazie per essere arrivati fin qui! È la prima
volta che
scrivo in questo fandom ma la storia mi frullava in testa da quando
ho visto l'episodio 1.22 e finalmente sono riuscita a metterla
giù.
Non è stato facile ma spero di aver reso bene la scena e i
caratteri
dei personaggi. Ammetto che il finale non doveva essere così
cupo ma
ho da poco scoperto un po' di cose sul passato di Levi (sono alla
terza stagione) e non ho resistito alla tentazione di esplorare un
minimo anche il suo stato d'animo. Fatemi sapere che ne pensate, se
vi va, e grazie a tutti per il tempo che mi avete dedicato anche solo
leggendo. <3
Se
a qualcuno interessa, ho
fondato tempo fa un gruppo facebook principalmente su Fairy Tail ed
Edens Zero, ma anche sugli anime e manga in generale. Se volete
conoscere altri fan di queste bellissime opere, saremo ben felici di
accogliervi qui
(attenzione ai possibili spoiler se non seguite le scan online
però,
anche se cerco di stare attenta). Vi aspettiamo numerosi! :)
Penso
di non avere altro da aggiungere, quindi per ora vi saluto
augurandovi una buona notte e buona giornata per domani.
Bacioni
e alla prossima!
Ellygattina