Storie originali > Soprannaturale > Licantropi
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Autore: BabaYagaIsBack    23/04/2021    0 recensioni
● Book II ●
In una notte Aralyn ha compiuto nuovamente l'impossibile, mettendo in ginocchio l'intero clan Menalcan. Ha visto ogni cosa intorno a sé macchiarsi del colore del sangue e andare distrutto - forse per sempre. Così, in fuga dai sensi di colpa e dal dolore che le schiaccia il petto, si ritrova a essere ancora una volta l'eroina del suo branco e il mastino al servizio del Duca, ma anche il nemico più odiato dai lupi del vecchio Douglas e l'oggetto di maggior interesse per il Concilio che, conscio di quale pericolo possano ora rappresentare i seguaci di Arwen, è intenzionato a fargliela pagare.
Ma qualcuno, tra i Purosangue, è disposto a tutto pur d'impedire che la giovane Aralyn Calhum venga punita; anche mettere a punto un "Colpo di Stato".
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
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Closer

Aralyn guardò con rammarico il capannello di licantropi riuniti davanti al casolare che in quelle poche settimane l'aveva accolta come una figlia prodiga e, nel passare per la centesima volta gli occhi sui loro visi mogi, aveva sentito il nodo in gola farsi sempre più fastidioso. Seppur riluttante si era soffermata su ognuno dei presenti nella speranza di incrociare lo sguardo di Marion, ma lei, quasi come un guanto di sfida, non si era presentata. Esattamente come aveva supposto, la sua migliore amica aveva preferito non assistere a quell'ultima partenza, eppure, pur comprendendone le motivazioni, la ragazza non riuscì a perdonarla.
Sapeva bene di essere stata lei la prima a colpire alle spalle; la prima ad aver pugnalato la fiducia reciproca senza alcun preavviso, ma nonostante ciò si sentì più vittima che carnefice - dopotutto era lei quella che stava andando incontro al patibolo, no? Era lei quella che doveva essere consolata, capita, amata... eppure sembrava la sola, tra di loro, a pensarla così.

Fino alla fine Aralyn aveva creduto che la donna si sarebbe avveduta, che avrebbe compreso la ragione per cui, tra tutti, aveva scelto di escludere proprio lei da quel viaggio, ma purtroppo non era successo e, ora, si ritrovava a salire in auto senza averla potuta vedere, abbracciare o salutare propriamente. Un peccato, certo, avrebbe preferito saperla emotivamente al suo fianco, piuttosto che il contrario, ma non per questo si pentì delle decisioni prese: avvertendola le aveva dato modo di metabolizzare la sua dipartita - ben diversa dalla dolorosa, lacerante sorpresa data da Fernando, Luke, Layla, Frejya e molti altri confratelli prima di loro - e respingendo la sua richiesta di partecipare al processo le aveva evitato di mettersi in mezzo e rendere quella disgrazia peggiore di quanto già fosse. Lo aveva fatto per entrambe, a essere sinceri, ma comprendeva bene che quello potesse apparire come il più egoista dei comportamenti - eppure Marion avrebbe dovuto conoscerla, avrebbe dovuto capire: non era forse la sua migliore amica?
In quel momento dubitò di poterla ancora definire tale.
Così, rinunciando a malincuore all'idea di vederla spuntare da qualche porta o finestra del casolare, la giovane Calhum si lasciò cadere sul sedile posteriore della vettura e, senza rendersene conto, nell'abbandonarsi sulla seduta imbottita andò a sbattere contro la spalla di Hugo.
Voltandosi, pronta a chiedergli scusa per avergli forse fatto perdere ai videogiochi, fu sorpresa, invece, nello scoprire sul suo viso un sorriso dolce, caldo e ben lontano da qualsiasi cosa si sarebbe aspettata di incontrare. Fu come scorgere una luce in mezzo alla coltre di tenebre che la stava circondando, perché da quando aveva aperto gli occhi quella mattina, tutto ciò che aveva visto erano stati sguardi cupi ed espressioni forzate. Per i corridoi del cascinale si erano sentite poche frasi bisbigliate e ogni volta che lei, o Arwen, o qualsiasi altra persona che sarebbe partita con loro aveva oltrepassato la soglia di una stanza, il silenzio era calato grave sulle loro spalle. Tutti, nel Clan, avevano capito che quel viaggio sarebbe stato diverso dal solito, ma nessuno aveva osato chiedere approfondimenti sulla questione, temendo la risposta. Sotto un certo punto di vista, Aralyn dovette ammetterlo, i confratelli avevano conservato per lei una specie di rispetto, eppure dubitava che tra di loro non fossero sorte supposizioni riguardo alla natura di quella convocazione - non erano stupidi, anche se la maggior parte non si poteva dire avvezza alle leggi del Concilio.
Per qualche istante quindi, rimase ferma a fissare l'amico. Anelava conforto più di molte altre cose e lui, in quel momento, anche se in minima parte glielo stava dando.

«Mi prometti che se ti abbraccio non mi aggredisci come l'ultima volta?» Le chiese sporgendosi un poco - e forse la tensione, oppure la reale tenerezza di quelle parole, le strapparono una risata.
Il braccio di lui allora le cinse le spalle e in un battibaleno, quasi senza rendersene conto, si ritrovò ad appoggiargli la testa al petto come un gatto in cerca di coccole.
Oltre il maglioncino leggero il cuore di Hugo batteva piano, calmo e profondo esattamente come si ricordava essere quello di Fernando e, per un attimo, Aralyn credette di averlo di nuovamente accanto, esattamente come nella doccia la notte in cui era tornata alla Tana.

«So che è l'ultima cosa che vuoi sentirti dire» la voce di lui la riscosse dall'illusione, ricordandole con una certa amarezza dove si trovasse e perché: «però... cerca di non pensare al peggio, okay?» Con la mano libera prese ad accarezzarle il polso. Le sue dita percorsero più volte, avanti e indietro, la pelle di lei. Le parve quasi che vi stesse disegnando sopra qualcosa, forse un arabesco o un concetto, ma presto comprese che i suoi erano semplici gesti di sollievo.

«La fai facile, tu.»
«Beh...» il licantropo si interruppe, soppesando i pensieri. Nella sua esitazione si poteva chiaramente udire lo sforzo che stava impiegando per riuscire a mettere insieme parole ed emozioni, poi, bagnandosi le labbra, riprese: «Non lo è, Ara, fidati» anche il movimento dei suoi polpastrelli sembrò rallentare: «Tu sei speciale per noi, lo sai, vero?» Nuovamente i loro sguardi si incontrarono: «E' grazie a te se siamo qui, vivi e circondati da una famiglia. Tu ed Arwen ci avete salvati, avete impedito che la bestia divorasse l'uomo» si lasciò sfuggire, ora con il sorriso meno tirato. Ed Eike, che fino a quel momento era rimasto appoggiato alla carrozzeria esterna in attesa dei due passeggeri mancanti, d'improvviso si sporse all'interno dell'abitacolo, avvicinandosi pericolosamente. Il suo udito doveva avergli impedito di ignorare la conversazione e, quasi giungendo in soccorso del gemello, aggiunse: «E sapere di non poter far nulla per ricambiare, per proteggerti da questo male, stanne certa, Aralyn, ci sta logorando.»
La fermezza di quelle parole, così come dei loro sguardi, le fece tremare le viscere. Si sentì sopraffare dall'affetto e dalla lealtà che le stavano dimostrando e, in un gesto del tutto inaspettato, si sottrasse dalla presa di uno per gettarsi al collo dell'altro, soffocando un singulto - stava davvero lasciando un pezzo di cuore nelle mani di ognuno di loro.

***

Joseph per qualche minuto rimase immobile, curvo davanti a una cassetta delle lettere tanto vecchia da fargli dubitare fosse ancora in uso. Sentiva i capelli appiccicarsi sempre più al viso, le gocce di pioggia che vi si infilavano in mezzo per corrergli poi lungo la nuca e il coppino, minacciandogli la pelle e inzuppando il colletto della camicia, eppure non riuscì a decidersi. Con le lunghe dita strette su una busta estremamente piccola e gonfia, se ne stette fermo sotto al temporale in attesa di... a dire il vero non lo sapeva nemmeno lui.

Era consapevole della ragione per cui fosse lì, del viscerale motivo per cui aveva scritto la lettera che nascondeva nella tasca del trench, ma nonostante questo temeva di tirarla fuori e imbucarla.
Era ridicolo, se ne rendeva conto, eppure una parte di lui, la stessa che un mese prima, in una camera d'hotel a Novigrad aveva sperato di poter restare per sempre accanto ad Aralyn Calhum, stava cercando in tutti i modi di frenarlo, di farlo desistere dal compiere quel gesto. Già una volta aveva ingenuamente creduto alle favole, sognando un lieto fine che, purtroppo, si era rivelato essere sin da principio una tragedia; e chi gli assicurava che stavolta sarebbe andata diversamente? Chi gli avrebbe dato la certezza che il destinatario di quella busta l'avrebbe ricevuta e letta in tempo per salvare colei che lui stesso aveva condannato? Nessuno, per questo le sue braccia si stavano ribellando e la sua fiducia vacillando

Però...

Con la mano libera si prese il viso, si tolse di dosso le gocce rimaste impigliate tra le ciglia e la curva delle narici e poi, con uno sbuffo, piegò indietro la testa, aprendo gli occhi sulle enormi nuvole grigie che da giorni fluttuavano placide sul cielo di Glasgow.
Però che alternative aveva, oltre a quelle che avrebbe comunque messo in atto? Non poteva affidarsi solamente alla speranza che Arwen lo avrebbe ascoltato, sarebbe stata una follia! Inoltre, c'erano anche ostacoli ben più fastidiosi di cui doversi preoccupare: Gabe per primo, poi tutti gli altri membri del Concilio e i loro seguiti.

Aveva fatto tutta quella strada per avere un piano b, per essere certo di aver fatto tutto il possibile per proteggere la sua amata; aveva rivoltato casa e rovinato i ricordi di Elisabeth che custodiva gelosamente da anni - non poteva tirarsi indietro ora.
Sì, nel peggiore dei casi non avrebbe ricevuto alcuna risposta e si sarebbe ritrovato a combattere quella battaglia da solo come già aveva previsto di fare, ma se invece Arianrhod avesse deciso di graziarlo... beh, lui sarebbe giunto in suo aiuto e a quel punto Arwen avrebbe dovuto ascoltare la sua proposta.

O almeno così credeva.

Scrutando l'orizzonte, si concesse un nuovo sospiro. Sulla sua testa aleggiavano i sensi di colpa, la paura, la frustrazione e una fitta coltre di nuvole, una coperta soffocante che avrebbe preferito scrollarsi di dosso per poter riprendere a respirare a pieni polmoni - ma sapeva bene che l'unica persona che avrebbe potuto liberarlo da quel fardello, probabilmente, in quel momento avrebbe preferito strozzarlo.

Mordendosi il labbro, Joseph strinse le dita intorno alla busta.

Se lo desiderava, pensò, glielo avrebbe lasciato fare - qualsiasi cosa, pur di dimostrarle il suo amore.

 
   
 
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