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Autore: GIOGIX 01    24/04/2021    5 recensioni
Due mugiwara si rincontrano dopo dieci anni e decidono di dirsi finalmente la verità.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Sanji | Coppie: Sanji/Nami
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dieci anni.

Sono passati dieci anni da quando Rufy è diventato re dei pirati, da quando i membri della ciurma si sono separati. Da quando sono riusciti a raggiungere i propri sogni. Il passato sembra un’altra vita, le loro avventure sembrano favole che sia raccontano ai bambini per farli addormentare.

Sembra incredibile che sia passato così tanto tempo.
Sono questi i pensieri che occupano la mente di Nami mentre aspetta che traghetto la porti sull’isola al centro di quell’immenso mare che è l’All Blue.

Il paesaggio è magnifico e il tempo è splendido, cielo e mare si confondono all’orizzonte e tutto il mondo sembra tinto di una lieve sfumatura azzurrina. È bellissimo, talmente bello che la navigatrice si stupisce che qualcuno possa vivere da un’altra parte.

Il traghetto e pieno di viaggiatori, vecchi marinai, famiglie, nobili di vario genere e marines, tutti diretti verso un unico posto: il Baratie, il ristorante galleggiante più rinomato del mondo, famoso per la sua straordinaria cucina, il suo servizio impeccabile e per il suo capo cuoco, una figura quasi leggendaria.

La navigatrice guarda davanti a sé, ha lo sguardo perso di chi sta aspettando da una vita che qualcosa appaia all’orizzonte, i pensieri sciamano confusi nella sua testa, non riesce proprio a farli tacere, le altre persone le sembrano lontane chilometri, neanche si preoccupa più che riescano a riconoscerla. Poi una voce la richiama alla realtà.

«Meraviglioso, vero?»

È stato un simpatico nonnino a rivolgerle la parola.

«Sì…è davvero stupendo»

«È la prima volta che viene nell’All Blue?»

«Si vede così tanto?»

«L’ho intuito dai suoi occhi. Tutti quelli che vengono per la prima volta rimangono incantati senza riuscire a dire una parola, ma è normale: la vera bellezza lascia sempre senza parole»

«Ha ragione. A volte mi chiedo perché ho aspettato tanto prima di venirci»

«Immagino sia venuta per andare al famoso Baratie?»

«Già, devo incontrare un vecchio amico»

«Ha scelto davvero un ottimo posto, ed è anche stata fortunata, non è facile riuscire a trovare un posto il giovedì sera»

«Come mai?»

«Per lo spettacolo: ogni giovedì sera il ristorante fa terminare prima il servizio per far esibire cantanti e musicisti da tutto il mondo. Pensi che l’anno scorso venne a esibirsi persino il Re del Soul»

«Ma davvero? Deve essere un evento molto atteso»

«Attesissimo, io non me lo perdo mai. Vedrà lei e il suo amico ne sarete entusiasti»

«Ne sono certa»

«Ma guardi un po’! A furia di stare qui a chiacchierare siamo già arrivati»
Il vecchio aveva ragione. Finalmente l’isola apparve all’orizzonte e con
essa tornarono anche i pensieri di Nami.

La navigatrice è tra prime persone a scendere dal traghetto e, dato che manca ancora qualche ora al calar della sera, decide di fare un giro per la piccola città che, da quanto aveva capito, era stata costruita appena dopo la scoperta dell’All Blue. La cosa che la colpisce più di tutto è l’incredibile quantità di gente che si avvia per il viale principale alla volta della grande piazza centrale, il centro vitale di tutta la città: ci sono pirati, marines, uomini pesce, abitanti della Grand Line e del Nuovo Mondo. Un caleidoscopio di etnie che per la priva volta convivono pacificamente nello stesso posto.

Nami è colpita e meravigliata, non aveva mai visto un posto in grado di fare una cosa del genere.
 
Alla fine del suo giro la navigatrice si accorge di essere arrivata davanti al ristornate, non sa neanche lei come ci è arrivata, è come se i suoi piedi sapessero già dove andare. La ragazza ammira il ristorante: è cambiato moltissimo dall’ultima volta che l’ha visto, non è più la piccola zattera galleggiante, ma un edificio di tre piani con una dépendance sulla terra ferma, collegata al resto tramite un ponte levatoio. Dalle finestre esce una luce morbida e accogliente.

Nami si avvia verso l’entrata principale, dove un elegante giovanotto le conferma la sua prenotazione e l’accompagna al suo tavolo per poi porgerle il menù, ma la ragazza non lo apre nemmeno, si limita ad ordinare il piatto del giorno. Il ragazzo annuisce, un po’ sorpreso, e si allontana discretamente per comunicare al cameriere il suo ordine.

La sala, situata nella dépendance, è elegante e spaziosa, i tavoli sono tutti occupati e c’è un’atmosfera allegra, i camerieri girano senza sosta portando i piatti e prendendo le ordinazioni e, infondo, si vede grande palco dove si terrà lo spettacolo. Nami nota che, fortunatamente, il suo tavolo è situato in una posizione abbastanza defilata rispetto al palco.

Dopo qualche minuto di attesa arriva finalmente il suo piatto.

La ragazza lo gusta con calma: è davvero squisito, raramente ha mangiato qualcosa di così buono, eppure qualcosa non le torna. Non sembra il cibo cucinato da Sanji, è delizioso, ma gli manca quel qualcosa che solo il cuoco riusciva a dare.

«Il cibo è di suo gradimento?» le chiede il cameriere prendendo il piatto ormai vuoto.

«Sì, è tutto squisito. Mi dica è stato lo chef in persona a prepararlo?»

«Di solito è sempre lui a preparare il piatto del giorno, ma oggi è giovedì e lo chef non sta in cucina perché deve organizzare lo spettacolo»

«Capisco. Deve essere molto impegnato»

«Già. Però lei deve essere una persona davvero speciale, infatti, lo chef mi ha chiesto di portarle questo dolce, dice che è una ricetta su cui lavora da anni e vorrebbe il suo parere. Lo ha cucinato personalmente»

Il cameriere le porge un piatto con sopra una torta al mandarino.
L’aspetto è semplicemente superlativo.

«Lo assaggerò con molto piacere»

Se l’aspetto è invitante, il sapore è qualcosa dell’altro mondo e, finalmente, Nami riesce a cogliere il tocco di Sanji, quella nota agrodolce la riporta ai bei vecchi tempi sulla Sunny, quando la navigatrice e il cuoco si ritrovavano da soli a fare colazione perché erano gli unici ad essere già svegli.

Nami in quel dolce sente tutto ciò che le era mancato in quei dieci anni. Un tutto che potrebbe essere riassunto con un solo nome.
 
Le luci si abbassano e un uomo sale sul palco. Ha l’aria sicura di chi ormai è abituato ad avere a che fare con le persone e un fascino che non si sa se è dato dall’elegante smoking blu, dagli occhi azzurri come l’oceano, dalla voce calda e profonda o da tutte e tre le cose insieme. È cambiato, ma Nami lo riconosce subito: è Sanji.

«Signore e signori, vi ringrazio di essere venuti qui stasera, so che non vedete l’ora di iniziare, ma vi devo avvertire che ci sarà una piccola variazione nello spettacolo…».

I clienti bisbigliano tra di loro incuriositi.

«…Infatti, sarò io ad eseguire il numero di apertura di questa sera: una vecchia canzone che vorrei dedicare ad una mia cara amica»

Sanji sposta lo sguardo dal pubblico fino ad incrociare quello di Nami, la quale rimane immobile, incapace di distogliere lo sguardo.

Poi solo la musica.  
 
“Che vuole questa musica stasera,
Che mi riporta un poco del passato.
La luna ci teneva compagnia,
Io ti sentivo mia, soltanto mia.
Soltanto mia!
 
Vorrei tenerti qui vicino a me
Adesso che fra noi non c'è più nulla.
Vorrei sentire ancor le tue parole,
Quelle parole che non sento più.
 
Il mondo intorno a noi non esisteva
Per la felicità che tu mi davi.
Che me ne faccio ormai di tutti i giorni miei
Se nei miei giorni non ci sei più tu.

Che vuole questa musica stasera,
Che mi riporta un poco del passato.
Che mi riporta un poco del tuo amore,
Che mi riporta un poco di te.
 
Che me ne faccio ormai di tutti i giorni miei
Se nei miei giorni non ci sei più tu.
 
Che vuole questa musica stasera,
Che mi riporta un poco del passato.
Che mi riporta un poco del tuo amore,
Che mi riporta un poco di te.
Un poco di te!”
 
Uno scrosciare di applausi accompagna Nami mentre corre via dalla sala. Tutto si sarebbe aspettata da quel deficiente tranne che si mettesse a cantarle una serenata, davanti a un sacco di gente, guardandola con quegli occhioni dolci. No, era decisamente troppo.

La navigatrice si accorge di essere arrivata al porto, il quale è deserto, si avvia verso la biglietteria per vedere a che ora parte il prossimo traghetto, ma una mano la ferma. Nami si volta sapendo già chi si troverà davanti.

 «Mi fa piacere rivederti, Nami-san»

«Da quanto sapevi che ero qui?»

«Da quando sei arrivata, Zeff ti ha visto mentre scendevi dal traghetto ed è venuto ad avvertirmi»

Nami sorride, poteva aspettarselo.

«Bello lo spettacolo, non mi ricordavo che cantassi così bene»

«Peccato che tu te ne sia andata via subito»

Non c’è del sarcasmo nel suo tono.

«Vedo che ti stai facendo crescere i capelli»

«Già, Reiju ha detto che così somiglio a nostra madre. Tu, invece, non sei cambiata affatto»

Cala il silenzio, nessuno dei due sa cosa dire. D’altronde cosa si può dire per colmare dieci anni di vuoto.

«Nami-san»

«Sì?»

«Perché sei venuta?»

Se l’aspettava questa domanda, eppure non riesce a rispondere, non ha abbastanza coraggio per tramutare in parole i suoi pensieri.

«Ho cercato di dimenticarti, Nami-san, credimi. Ho cercato di distrarmi con altre ragazze, con il lavoro, mi sono imposto di non scriverti, ma nulla di tutto questo è servito. Mi informavo sulle tue avventure appena potevo e ogni volta che c’era un articolo che parlava di te lo ritagliavo e lo conservavo, hai davvero fatto faville in giro per il mondo. Peccato solo per quel tipo che hai mollato all’ultimo sull’altare»

«Anche tu non hai avuto molta fortuna in amore. Quanto è durato il tuo matrimonio?»

«Due anni» risponde il cuoco con un sorrisetto, come se fosse una battuta. Non riesce proprio a farlo arrabbiare, non ci è mai riuscita.

«Anche io vorrei chiederti una cosa»

«Non si risponde a una domanda con un’altra domanda»

«Lo so. Ma io ho bisogno di sapere»

«Sapere cosa?»

«Perché non mi hai detto che mi amavi quando ci siamo separati? Perché mi hai lasciato andare senza dirmi niente? Hai passato dieci anni ad aspettarmi sapendo che, probabilmente, non sarei mai venuta, perché?»

«Tu volevi essere libera Nami-san, lo desideravi più di qualunque altra cosa. Volevi vedere il mondo, esplorarlo in ogni suo angolo e volevi farlo a modo tuo, senza costrizioni. Io l’avevo capito subito e mi faceva male ammettere che non c’era posto per me, che probabilmente mi avresti respinto. Volevo dirti che ti amavo, volevo farlo ma poi…»

«Poi?»

«Poi ti ho guardato negli occhi e ho capito che non sarebbe servito a niente, che avevi già deciso cosa fare e che nessuno poteva fermarti. In quel momento ho capito che l’unico modo che avevo per dirti che ti amavo era di lasciarti andare»

Nami non sa cosa dire, abbassa la testa, non ha il coraggio di guardare Sanji negli occhi. Perché deve essere sempre così buono con lei, che non l’ha mai ricambiato o considerato?

«Che idioti»

La voce è un sussurro.

«Cosa hai detto?»

«Vuoi sapere perché sono venuta? Perché mi mancavi, mi mancavi da morire. Anche io non sono riuscita a dimenticarti, ti cercavo in ogni isola in cui andavo sperando d’incontrarti, ho provato ad abituarmi a non averti sempre accanto, ma non ci sono riuscita. Quando ho letto la notizia che ti eri sposato mi si è spezzato il cuore e così ho deciso fare la stessa cosa, l’ho fatto per ripicca, per farti sapere che anche io non ero sola, ma quando sono arrivata davanti alla chiesa ho realizzato che tu non saresti venuto a salvarmi, proprio come io non ero venuta a salvare te. Sono scappata, come al solito, perché sono una codarda e un imbecille che non riesce ad ammettere i propri sentimenti»

La navigatrice non alza lo sguardo, non vuole vedere la faccia del cuoco.

«Allora perché non sei venuta prima? Perché aspettare così tanto tempo?»

«Non lo so, per tanti futili motivi che mi sembravano importanti. Quando ci siamo salutati l’ultima volta ero convinta che tu ti dichiarassi, quella volta probabilmente ti avrei detto di sì, ma tu non l’hai fatto e io ci ho messo troppo tempo per capire i miei sentimenti, siamo proprio…»

Nami non riesce a finire la frase, Sanji l’abbraccia prima che lei possa aggiungere altro.

«Siamo proprio due cretini, ci siamo amati per più dieci anni senza mai riuscire a dircelo, ma io ti amo Nami, ti amo come il primo giorno che ti ho conosciuta e non voglio mai più separarmi da te»

La navigatrice alza lentamente lei braccia fino ricambiare l’abbraccio e inspira a pieni polmoni quel profumo che tanto le era mancato.

«Ti amo anch’io Sanji-kun»

Angolo dell'autrice:
Sono tornata con un'altra folle SaNami, spero vi sia piaciuta. La canzone cantata dal cuoco è "Che vuole questa musica stasera" di Peppino Gagliardi.
Qualunque recensione è ben accetta.
   
 
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