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Autore: Lady I H V E Byron    26/04/2021    0 recensioni
(Crossover Kingdom Hearts X Descendants X Once Upon A Time
Si dice che gli Heartless seguano solo i cuori più forti e con una forte prominenza all'Oscurità.
Ma sarà davvero così?
E se invece fosse il piccolo, innocente cuore infranto di un bambino a controllarli?
Genere: Dark, Malinconico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Xehanort, Xigbar
Note: AU, Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Altro contesto
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Note dell'autrice: qui si noteranno altri collegamenti con "Once Upon A Time" e citazioni da questa storia (https://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3973488)

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Erano passati sei anni dalla misteriosa sparizione dei membri di una casa-famiglia.

Erano spariti senza lasciare traccia.

L'unico sopravvissuto aveva cambiato venti case-famiglia nel giro di pochi anni.

In ognuna di esse, la sua storia si ripeteva: tutti parlavano alle sue spalle, tutti lo allontanavano, tutti lo schernivano. Di conseguenza, sparivano nel nulla.

Le uniche persone cui Neal poteva fidarsi erano i suoi Heartless.

Più di una volta richiedeva il loro aiuto: per rubare qualcosa senza farsi scoprire, per vendicarsi di un torto subito, che finiva sempre con la sparizione di questa persona, o per scatenare zizzania tra i “fratelli”.

Per quest'ultimo caso, ordinava ad uno Shadow di rubare un oggetto di valore ad un ragazzo e portarlo nella stanza di un altro. Il caso avrebbe fatto il resto.

Doveva punirli per la loro cattiveria, soleva dirsi, con un sorriso malefico sulle labbra.

Era orgoglioso del suo dono.

Non era più da solo, da quando lo aveva scoperto, ma il mondo, intorno a lui, si stava svuotando.

Tutti lo tenevano a distanza.

Si diceva, infatti, che i guai seguissero Neal.

In effetti, era così.

Se qualcuno veniva scovato a rubare, lui era presente. Se una persona veniva trovata, ferita, per strada, lui era presente. Se due persone stavano litigando, non necessariamente verbalmente, lui era presente.

A volte li attirava, i guai. Altri, li causava lui.

Nessuno voleva entrare in quel circolo maledetto. Per questo, Neal non strinse altre amicizie, nel corso di quegli anni.

Per colpa del suo potere oscuro.

Ma lui non provava colpe. O malinconia.

Anzi, sorrideva.

Un giorno, sperava, tutti si sarebbero inchinati al suo potere. Tutti avrebbero avuto paura di lui.

Ma presto scoprì di poter usare gli Heartless anche per altri scopi.

Era iniziato con l'aggiunta di un nuovo membro della famiglia.

Una ragazza dai lunghi e fluenti capelli biondi. Volto puro e sguardo sincero.

Si chiamava Emma, ed aveva quattordici anni.

Anche lei, come Neal, aveva più volte cambiato casa-famiglia.

A differenza di lui, lei sorrideva a tutti, cordialmente.

Attirò subito l'attenzione di Neal.

A prima vista, sembrava una ragazza come tutte le altre: gentile, cordiale, maniere raffinate, educata.

Non riusciva a capire il motivo per cui anche lei avesse cambiato case-famiglia. Anzi, una volta era stata persino adottata, aveva rivelato. Ma, ciononostante, era tornata in una casa-famiglia.

Era una ragazza solitaria, come Neal. Almeno, non era una di quelle persone solari che voleva a tutti i costi delle amicizie.

Sorrideva e si mostrava gentile con tutti. Ma non tutti apprezzavano i suoi modi raffinati.

I ragazzi le lanciavano delle occhiate strane, reprimendo delle risate maliziose. Le ragazze, invece, non la sopportavano.

Forse per invidia, o solo per inutile senso di inferiorità nei suoi confronti.

Ma anche Emma veniva allontanata. O peggio, bullizzata.

Specialmente dalle ragazze: le tagliavano i vestiti di proposito, definendoli “stracci per spolverare”, o le rubavano degli oggetti.

Un giorno, però, Neal era presente ad uno di questi scherzi.

-Lascialo andare.- aveva detto, con voce fredda -È di Emma.-

Quello sguardo avrebbe incusso timore anche ad un leone.

L'oggetto fu restituito alla proprietaria, ma l'atto di bullismo non era finito.

-Non ci sarà sempre lui a proteggerti.- avevano minacciato le ragazze, ad Emma, una volta che Neal era uscito dalla stanza -Ma non è finita qui. Ti renderemo la vita un inferno, principessina.-

La chiamavano “principessina” per i suoi modi di fare. Ma non era un complimento.

Neal non si era allontanato dalla stanza, quando udì quelle minacce. Provò pietà per Emma, una ragazza così simile, ma anche così differente da lui.

Ed altrettanto indifesa contro quel mondo crudele.

Doveva proteggerla.

Quella ragazza che l'aveva minacciata, infatti, nel cuore della notte, si era svegliata urlando, svegliando il resto.

Diceva di aver sognato un mostro che voleva mangiarle il cuore, se avesse continuato a bullizzare Emma.

Tutti si misero a ridere. In fondo, era solo un sogno, le avevano detto.

Ma lei sapeva che era reale: in realtà, lei era sveglia.

Sogno o no, nessuna ragazza, da quella notte, osò più bullizzare Emma.

Ovviamente, sospettarono tutti che ci fosse lo zampino di Neal, dietro a quel misterioso “incubo”. E lui, come al solito, l'avrebbe avuta vinta, in mancanza di prove.

Emma, per un po', venne lasciata in pace.

Fino ad una sera, in cui venne superato il limite.

Emma stava tornando nella casa-famiglia più tardi del previsto: nella via del ritorno dalla sua passeggiata, aveva preso un'altra strada, più lunga della solita. Era già buio, quando scorse il cancello.

Ad attenderla, vi erano quattro ragazzi. Uno di loro aveva già una telecamera in mano, accesa.

Lei indietreggiò, allarmata. Aveva intuito le intenzioni dei ragazzi.

-Le altre ci hanno stufato con i loro capricci.- aveva detto uno di loro -Ma tu farai la brava, non è così?-

-No, vi prego. Non ho soldi con me.- implorò lei, indietreggiando ancora.

-Chi se ne frega dei soldi? Non sono quelli che vogliamo da te.-

Impallidendo, Emma scappò.

Sentì dei passi in corsa alle sue spalle. La stavano inseguendo.

Erano in troppi e lei non sapeva come difendersi.

Doveva trovare un nascondiglio.

Per fortuna, era più veloce.

Trovò un vicolo e si nascose dietro un cassonetto.

-Principessina...?- sentì le loro voci; erano entrati proprio in quel vicolo -Dove sei...? Ah... vuoi giocare a nascondino, eh? Guarda, che se vinciamo noi, tu non devi più opporti, sai?-

-Io dico che dovreste rinunciare.-

Una quinta voce: Neal.

Aveva lo sguardo serio e le braccia incrociate.

-Smamma, recluso.- minacciò il più grande -La principessina è nostra. Se la volevi per te, dovevi pensarci prima.-

-E io dico che dovreste lasciarla in pace, prima che sia troppo tardi per voi.-

Emma era ancora rannicchiata dietro il cassonetto, con le orecchie tappate e gli occhi chiusi.

Continuava a pensare: “È solo un incubo. È solo un incubo. Ora mi sveglio nella mia stanza, ora mi sveglio nella mia stanza...”

Ma non era un incubo. Era la cruda realtà.

Il ragazzo più grande tentò di spintonare Neal, senza successo.

-Ehi, credi che abbia paura di te?-

-No... ma dovresti...-

Lo sguardo di ghiaccio che gli rivolse avrebbe fatto rabbrividire anche un mafioso.

Una strana aura oscura lo stava circondando.

Pur essendo notte, era ben visibile.

I quattro ragazzi indietreggiarono, allarmati.

Delle pozze si erano formate sulla strada, espandendosi dall'interno: delle creature oscure emersero.

Non erano le solite formiche giganti cui Neal amava passare il tempo, ma avevano una forma più snella, più umana. Sul corpo nero si potevano intravedere delle striature blu.

Bastò un gesto del ragazzo, che esse si avventarono sui quattro bulli.

Emma non udì le loro urla. E neppure si era affacciata dal suo nascondiglio.

Sobbalzò ed urlò, non appena una mano si posò sulla sua spalla.

-Emma...-

Non si era accorta che la voce era di Neal. Gentile e rassicurante. Non fredda e distaccata come suo solito.

Raramente si erano parlati, nella casa-famiglia. Principalmente, quando venivano trascinati all'interno di una discussione.

Ma mai si erano ritrovati soli.

-Ehi, ehi, tranquilla... Va tutto bene. Se ne sono andati.-

Definitivamente. Dissolti nel nulla. Come se non fossero mai esistiti.

Emma si tranquillizzò al tocco del ragazzo. Lo fissò negli occhi scuri.

Sembravano l'uno l'opposto dell'altra, anche nell'aspetto, oltre che nell'atteggiamento.

Lei singhiozzò istericamente, prima di abbracciare, senza volerlo, il suo “salvatore”.

-Non ce la faccio più...- disse, affondando il suo volto nel cappotto -Voglio andarmene da qui.-

Sentì la mano di Neal carezzarle la testa, sotto il berretto di lana.

-Shh... va tutto bene... va tutto bene...- sussurrò, per rassicurarla.

I singhiozzi svanirono dopo qualche minuto. Persino il battito cardiaco riprese il suo solito movimento.

E la sua presa su Neal cominciò a calare.

Lui si alzò, porgendole una mano per fare la stessa cosa.

-Su, ora andiamo.- decise lui, voltandosi verso la strada, senza lasciare la mano della ragazza.

Lei diede un lieve strattone.

-No! Io là dentro non ci torno!-

Lui le rivolse un sorriso strano, furbo, come se stesse complottando qualcosa.

-E chi ti dice che stiamo tornando in quella casa?-

Emma assunse uno sguardo confuso.

Neal ancora stringeva la sua mano.

Non sapeva dove andare. La neve stava già coprendo la strada. Ed aveva dichiarato di non voler tornare in quella casa-famiglia. E lui era della sua stessa opinione.

Decise, dunque, di seguirlo.

Camminarono per un tempo compreso tra mezz'ora ed un'ora.

Erano giunti sotto ad un ponte.

C'era un cancello di filo di ferro a bloccarli. Neal lo sollevò, lasciando libero il passaggio per Emma.

Lei entrò, curiosa, ma anche inquieta.

Superato il cancello, i due ragazzi si trovarono di fronte ad una tenda.

Bastò scostarla, per scoprire che non c'era un cupo spazio vuoto e freddo ad attenderli.

Ma un ambiente caldo e, a modo suo, accogliente.

Era comunque povero e spoglio, ma dei mobili sparsi qua e là gli davano a malapena l'aspetto di un appartamento.

Un tavolo lì, dei cerchioni là, un tappeto, una scrivania, dei materassi smessi, ma ancora buoni, ed un bidone per attizzare il fuoco.

-Non sarà come nei dormitori...- spiegò Neal, entrando e togliendosi il berretto di lana, scoprendo i fluenti capelli neri -Ma almeno saremo al sicuro.-

Emma era stupita.

-Ma come...?- mormorò, guardandosi intorno -Neal, questo posto è tuo? O lo abbiamo occupato?-

-Tranquilla. Nessuno viene qui. Approfittavo delle ore che ci davano a disposizione per passeggiare fuori per arrangiare questo posto. Non è ancora ultimato, ma sempre meglio di quell'inferno. Cielo, stai congelando. Vieni, accendo un fuoco.-

Da quel giorno, nacque la convivenza tra i due solitari Neal ed Emma.

Per fortuna, sotto quel ponte, c'era spazio a sufficienza per entrambi. C'era persino un piccolo angolo per lavarsi, ovviamente diviso da una tenda. Bastava solo raccogliere un po' di neve in un secchio, scioglierla sul fuoco ed avevano l'acqua.

Era solo Neal, solitamente, ad uscire dal rifugio; diceva di aver trovato un lavoretto che, tuttavia, lo impiegava fino a fine giornata.

Ad Emma raccomandava di non uscire, per evitare che episodi come la sera precedente si ripetessero.

Per ulteriore sicurezza, aveva posto due Heartless Neoshadow di guardia, e per proteggere la ragazza. Nessuno si accorgeva di essi: restavano nell'ombra.

Ma Emma non poteva stare con le mani in mano tutto il giorno, a parte riordinare il rifugio.

In attesa di un'opportunità lavorativa, si metteva a mendicare sul marciapiede.

Alcuni la ignoravano, altri le davano solo pochi spiccioli.

Ma riusciva sempre a tornare prima di Neal. Lui, però, sapeva delle sue “fughe” dai due Heartless.

Finché non scappava da lui, andava tutto bene. Ma decise di restare al gioco e fare finta di nulla.

Quella sera aveva portato la pizza. Calda, fumante, praticamente appena sfornata. Con due bibite.

-Ehi, piano, quella fetta non scappa mica.- aveva raccomandato Neal, notando la voracità di Emma, nel mangiare la cena.

Lei inghiottì il boccone, trattenendo una risata.

-Scusami. È che sono abituata a mangiare velocemente. Sai, nelle case-famiglia in cui sono stata, dovevo essere veloce nel mangiare quello che mi davano, prima che gli altri ragazzi si divorassero il resto.-

-Ti capisco. Capitava anche a me. Ma... poi ho adottato un altro sistema.-

Non poteva certo dirle che sfruttava gli Heartless per rubare gli avanzi.

Emma, per fortuna, non fece domande. Si goderono la loro cena. Da soli. In silenzio.

-Neal, perché hai fatto questo?-

Il ragazzo le rivolse uno sguardo serio.

-Perché mi hai difesa da quei ragazzi? Perché mi hai portata qui? Non mi conosci neanche...-

“Perché?” Anche Neal se lo chiedeva. Ma la risposta era quasi scontata.

-Perché tu sei come me.- rivelò, riprendendo a mangiare -Noi siamo simili, Emma. Ci piace stare da soli, siamo diversi dagli altri, ce la caviamo da soli. E poi, tu sei diversa dalle altre ragazze che ho conosciuto, e io ne ho conosciute molte. Tutte uguali, ochette acide che urlano per qualsiasi capriccio. Ma tu no.- le toccò il mento, con leggerezza, ma incitandola a guardarlo -Ciò che per gli altri era motivo di bullismo nei tuoi confronti, per me era ammirazione.-

Emma sorrise, lusingata da quelle parole.

-Ho sentito delle storie cupe su di te, Neal. E se davvero siamo simili, anche tu, praticamente, sei cresciuto da solo...-

Lui fece spallucce, accennando ad una risata.

-Beh, non proprio...- si stirò, cercando di non perdere l'equilibrio sul pallet cui erano seduti -In effetti, ho degli amici. Conosci la favola del calzolaio e dei folletti? Ecco anche io ho dei folletti che mi aiutano nei momenti del bisogno. Mi hanno aiutato dall'infanzia fino ad ora. Hanno fatto per me ciò che i miei coetanei o quelli che mi hanno adottato non sono riusciti a fare. Grazie a loro, non mi sento più solo.-

Una persona comune sarebbe rimasta sgomenta, a quella storia. Oltre ad aver preso Neal per pazzo. Se avesse rivelato che si chiamassero Heartless, sarebbe scappato urlando.

Ma Emma, invece, si era messa a ridere.

-Perché ridi? Non mi credi?-

-No, non è per questo! È che... eheh... anche io ho un amico più o meno di quel genere che mi segue dall'infanzia. Beh, in realtà, potresti prendermi per pazza, ma io ho un amico di sogno.-

Neal pensava che Emma sarebbe rimasta stranita dalla sua storia degli Heartless. Ma fu lui ad essere stranito dalla storia di questo “amico di sogno”.

-Amico di sogno?- domandò, infatti -Vuoi dire un amico immaginario.-

-No, no! Proprio amico di sogno. Perché... beh... noi due ci incontriamo solo nei sogni. Non so perché. Ma come te con i tuoi cosiddetti amici “folletti”, grazie a lui non mi sono mai sentita sola. Non so proprio come avrei fatto, senza di lui. Pensa che festeggiamo persino i nostri compleanni, nei sogni!-

L'amico di sogno era persino più inverosimile degli Heartless. Ma Neal le credeva. In fondo, lei sembrava credere alla storia dei “folletti”.

-Beh, abbiamo un'altra cosa in comune.- constatò lui, sorridendo -Entrambi, nelle nostre solitudini, abbiamo avuto amici invisibili che ci hanno sostenuto.-

Anche Emma sorrise.

Vissero bene, insieme.

Ogni sera, Neal tornava con un pasto caldo d'asporto e con un sacchetto della spesa con altri beni di prima necessità. Ed un regalo nuovo per Emma, specialmente vestiti nuovi e puliti.

-Neal, scusami...- aveva ammesso, un giorno, Emma, mordendosi il labbro inferiore -Ma sono uscita, in questi giorni. Mi sento sempre in colpa farti lavorare da solo, quindi ho pensato di trovare lavoro anche io. Mi hanno assunta per fare le pulizie in un bar, così potrò aiutarti.-

Neal avrebbe dovuto essere infuriato con lei, per aver disobbedito. Ma non lo fece. Anzi, sorrise.

-Emma, è una notizia meravigliosa. Così potremo dividerci le spese per la casa.-

Le aveva porto un volantino di mercato immobiliare: c'era disegnato un cerchio intorno ad un'abitazione in affitto. Un appartamento semplice per due persone.

Sarebbero scappati da quell'angusto rifugio. Era sicuro, ma le notti invernali erano insopportabili.

Emma e Neal avevano iniziato a dormire sullo stesso materasso, per stare più caldi.

Stavano instaurando un buon rapporto.

Da gratitudine si era trasformato in amicizia. E l'amicizia stava per trasformarsi in qualcosa di più grande e potente.

Infatti, quando Neal era tornato con quel volantino e la promessa di una nuova casa e di una nuova vita, Emma lo baciò.

Non fu il loro primo bacio.

Quello se lo erano scambiato la sera in cui si erano scambiati i segreti. Era accaduto per caso. Ma ad entrambi era piaciuto.

L'appartamento che Neal aveva scelto era piccolo, ma adatto per due persone.

Ed era già arredato; avevano persino un televisore.

E per la prima volta, Emma aveva visto Neal senza berretto.

Nella casa-famiglia lo aveva solo intravisto; ma ora, che abitavano sotto lo stesso tetto, da soli, notò il ciuffo grigio tra i folti capelli neri.

-E quello?- domandò, infatti, curiosa, ma anche affascinata.

-Oh, ci sono nato, in effetti. Prima mi prendevano in giro a causa sua. Mi chiamavano “zebra”.-

-Che stupidi. A me piace, invece.-

L'affitto non era caro, ma Neal, aveva sempre i soldi per pagarlo.

Emma non aveva mai compreso in cosa consistesse quel suo “lavoro”. Ogni volta che chiedeva, lui deviava la domanda.

Lei, intanto, ce la metteva tutta nel suo, di lavoro.

Era proprio mentre era intenta a pulire il pavimento che notò il suo ragazzo, all'esterno del bar.

Stava guardando indietro, ansimando. Poi aveva ripreso a correre.

Aveva qualcosa in mano. Un sacco.

E di certo non vuoto.

Avrebbe voluto che fosse solo frutto della sua immaginazione.

Ma, verso sera, quando aveva finito il turno diede uno sguardo al televisore, trasmesso sul telegiornale.

Stavano parlando di una rapina in banca dall'altra parte della città.

Un caso particolare, in cui mancavano i rapinatori.

Semplicemente, i soldi all'interno del caveau erano spariti nel nulla.

Dei rapinatori nessuna traccia.

E non era stato il primo caso.

Furono elencate le città e le banche in cui erano avvenute queste “rapine fantasma”.

C'erano un paio di elementi in comune: l'improvviso malfunzionamento delle telecamere e la scomparsa dei custodi.

Anche questi, come i soldi, erano scomparsi nel nulla, come se non fossero mai esistiti.

Solo in un caso era stato rivelato qualcosa di sospetto, dalle telecamere esterne: una formica gigante che entrava in un vicolo.

Nell'ultima rapina, invece, non dalla polizia, ma da Emma stessa era stato rivelato qualcosa: un ragazzo dall'altra parte della strada. Sapeva che si trattava di Neal, dal cappotto che indossava.

Lui era lì durante la “rapina”. Non poteva essere stata una coincidenza.

Forse era per quel motivo che Neal era sempre così evasivo, quando parlava del suo “lavoro”: era un ladro. Ecco come era riuscito a guadagnare i soldi per l'appartamento e per il cibo da asporto.

Sul come ci fosse riuscito, Emma lo scoprì non appena era tornata a casa.

-Neal... ti ho visto al telegiornale. Sui casi di rapina alle banche della città.- disse, non appena lo vide.

Lui era impallidito a quelle parole.

-Che cosa hai fatto...?-

Emma sentì il mondo caderle addosso. Sperava che le voci su Neal fossero false, che lui attirasse o, addirittura, creasse i guai.

Ma dopo ciò a cui aveva assistito e ciò che udì poco dopo le dimostrarono che erano fondate.

-Emma, lascia che ti spieghi...- iniziò il ragazzo, sedendosi sul divano.

Anche lei fece lo stesso.

-Sei un ladro.- disse lei, iniziando a piangere.

-Sì, lo sono. Lo ammetto. Ma rubo soldi solo a quelli che possono benissimo farne a meno, da quanto sono ricchi sfondati!-

-È comunque un furto, Neal!-

-E arricchirsi con il lavoro degli altri non è comunque un furto? Perché quella gente era così. Gli ho solo dato la lezione che meritano!-

-Non è comunque una cosa da fare! Così ti abbassi al loro livello!-

-Ma guarda cosa abbiamo, con i loro soldi! Abbiamo una vita! Non siamo costretti ad essere dipendenti da stupidi tutori! Non lo apprezzi solo perché lo abbiamo comprato con soldi rubati?-

-Non hai paura di essere beccato dalla polizia? Perché stavi scappando, oggi?-

-Nessuno ha mai scoperto che c'ero io dietro a quei colpi. I miei amici “folletti”, ricordi?-

Era giunto il momento di mostrarle la verità.

A Neal era bastato allungare una mano in avanti, per creare delle pozze oscure sul pavimento.

Da esse, erano comparsi gli Heartless Shadows.

Emma arretrò, pallida, abbracciandosi le ginocchia, come scudo.

-Tranquilla, non ti faranno del male.- la rassicurò il ragazzo -Se gli ordino di attaccare, loro lo fanno. Ma ora gli ho ordinato di stare fermi e di non toccarti. Seguono ogni mio ordine da quando sono piccolo. E da allora non mi hanno mai abbandonato.-

Rivelò che c'erano essi, in realtà, dietro le rapine nelle banche e la sparizione dei custodi che proteggevano i caveau. Come apparivano, così sparivano. Nessuno aveva mai notato la loro presenza e non lasciavano tracce. Ecco perché la polizia non aveva una pista chiara.

Se avessero scrutato bene le telecamere esterne, una pista l'avrebbero notata: il ragazzo dal ciuffo grigio.

E solo Emma lo sapeva.

Era sconvolta da quelle rivelazioni. Ebbe la dimostrazione che le voci su Neal erano reali, fondate.

Si alzò dal divano, ancora con le lacrime agli occhi.

-Tu sei un pazzo...- sibilò, delusa, con il cuore spezzato -Queste creature hanno distrutto la mia casa! E tu... tu le controlli?!-

Emma non aveva mai raccontato a Neal della sua casa. Quella rivelazione fu una sorpresa, per lui.

-Loro... cosa?! Emma, non lo sapevo! Io volevo solo proteggerti!-

-Stammi lontano!-

Neal si era alzato per prendere la ragazza per un polso, ma lei era scattata all'indietro, verso la porta.

-Non fatela scappare.- ordinò agli Shadows.

Essi si mossero, verso la ragazza.

Ma, improvvisamente, si fermarono. Anzi, arretravano di fronte a lei.

-Che aspettate?! Obbedite!-

Emma era sempre più sgomenta.

Quelle creature la terrorizzavano. Era stato il suo “amico di sogno” ad avergliene parlato e cosa avevano fatto ad entrambi.

Non immaginava di averle di fronte.

Il ragazzo, furioso, si avvicinò di nuovo verso di lei.

-Bene, allora, ti costringerò io a restare!-

-No!-

Emma aveva allungato le mani in avanti. Anche Neal urlò.

Era un urlo di dolore.

Persino gli Heartless iniziarono ad indietreggiare.

Era partita una luce, dalle mani di Emma. Una di esse toccò il polso del ragazzo.

Lui aveva ritratto la mano, come si suol fare con una scottatura.

Quella luce, per lui, aveva avuto lo stesso effetto di una scottatura, infatti.

Emma aveva ancora quello sguardo, sul suo volto: paura.

Lo stesso che i bambini avevano rivolto a lui, quel giorno di tredici anni prima. La prima volta in cui aveva invocato gli Heartless.

Si era sempre sentito potente, con essi, da allora.

Ma aveva intuito qualcosa, quando notò il loro strano atteggiamento verso Emma. Sembravano spaventati.

-Quella ragazza ha una grande quantità di Luce nel suo cuore, mio signore.- aveva rivelato uno di essi -Non riusciamo ad avvicinarci.-

Lo aveva sempre preso sul ridere. Secondo lui, era solo diffidenza verso un'estranea.

Ma da come si erano comportati quella sera, e dalla cicatrice che riportò sul suo polso, constatò che non era così.

Emma aveva approfittato di quella distrazione per fuggire.

Neal la seguì.

-Emma! Emma!- urlava.

Ma lei non si voltava.

Sparì nella notte.

Lui si fermò, in mezzo alla strada, cadendo sulle sue ginocchia, con le lacrime agli occhi.

-Ti prego... non abbandonarmi...-

Lei non tornava.

Il vuoto nel suo cuore tornò. Emma lo aveva riempito con un sentimento che temeva di non poter provare.

Ma con la sua fuga, si era portata via quel sentimento.

-Anche lei mi ha abbandonato per quello che sono...- mormorò Neal, fissando il vuoto -Non posso fidarmi di nessuno...-

Gli Shadow apparsi nel soggiorno dell'appartamento comparvero accanto a lui.

Carezzò le loro teste, come fossero dei cani.

-Posso solo fidarmi di voi. Non ho bisogno di altri.-

Non tornò nell'appartamento.

Temeva che Emma lo avrebbe denunciato alla polizia e, di conseguenza, il primo posto in cui lo avrebbero trovato sarebbe stato proprio il loro appartamento.

Camminò verso il parco. Si sedette su una panchina.

E scoppiò a piangere.

Il vuoto che Emma gli aveva lasciato nel cuore era insopportabile. Pur essendo cresciuto da solo, si era abituato a lei, si era fidato di lei. Si era innamorato di lei.

Tornare come prima gli creò un dolore più insopportabile della scottatura che aveva al polso. Aveva preso una forma che ricordava una mezzaluna. Sarebbe stato il suo marchio.

-Un'altra persona ti ha abbandonato per quello che sei?-

Neal sobbalzò: non si era accorto che un altro si era seduto accanto a lui.

Indossava una tunica marrone ed aveva il cappuccio alzato. Era impossibile vedergli il volto.

Ma dalla voce, sembrava un uomo anziano.

-Oh, non devi avere paura, ragazzo. Io sono dalla tua parte.-

-Sì, dite tutti così, ma poi mi pugnalate alle spalle.-

-Io so del tuo cosiddetto “talento”. Di come riesci ad invocare gli Heartless.-

Neal sentì il suo cuore fermarsi a quella rivelazione. Come era venuto a conoscenza del suo legame con gli Heartless? E come faceva a sapere degli Heartless?

-Solo perché la gente ti chiama “mostro”, non significa che tu lo sia, ragazzo.- spiegò quell'uomo; per quanto il ragazzo si chinasse, non riusciva proprio a vedere il suo volto -Sono tutti così legati alle regole imposte da altra gente superficiale, che hanno paura delle punizioni, se osano trasgredirle. Visto che l'Oscurità è un male, controllarla è un crimine. Ma il mondo ha bisogno dell'Oscurità, quanto ha bisogno della Luce.-

-D'accordo, maestro Obi-Wan.- tagliò corto Neal, sarcastico; la tunica che indossava quell'uomo, infatti, ricordava molto la tenuta di un jedi -Hai catturato la mia attenzione. Dove vuoi arrivare con il tuo discorso?-

Vi fu un lieve momento di pausa.

-Hai sempre usato gli Heartless per motivi futili, ragazzo. Per semplici marachelle. Loro possono fare molto di più, se sai controllarli bene. Devi concentrarti sull'Oscurità che hai nel tuo cuore, e potrai fare molto altro che ordinare loro di rapinare una banca o vendicarti di un torto.-

-Non sono sicuro di volerli più controllare.- ammise il ragazzo, sospirando -Gli Heartless sono stati la mia salvezza, ma anche la mia rovina. Per causa loro, ho perso la prima ragazza che ho amato.-

-Se non è stata in grado di accettare questo tuo lato, vuol dire che non ti meritava! Fidati di me, cosa te ne fai di una semplice ragazzina, quando hai tutto questo potere, tra le mani. L'amore è una debolezza, ragazzo. Col tempo sarebbe svanito. Ma il potere... quello non finisce mai. E puoi plasmarlo a tuo piacimento. Puoi essere libero. Devi solo fidarti del tuo istinto.-

Da come Emma lo aveva guardato, quello sguardo carico di paura e disprezzo, non poteva illudersi che volesse rivederlo o incrociare di nuovo la sua strada con la sua.

Nonostante avesse eliminato le sue bulle ed i suoi assalitori. Non era lui ad essere sbagliato, si disse, era lei ad essere stata un'ingrata.

Seppur grata con lui, all'inizio, lei non aveva approvato i suoi metodi. Per questo era scappata.

“L'ho liberata da quella prigione e le ho permesso di stare in una casa, senza regole o restrizioni...” pensò, colmo di rabbia e stringendo i pugni “Che importa se ho infranto la legge?”

Rivolse uno sguardo al suo misterioso interlocutore.

-Dimmi cosa devo fare...-

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Note finali: sì, lo ammetto, ho stravolto la parte che Neal ha in OUAT e gli ho quasi fatto fare la parte di Lily.
   
 
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