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Autore: Little Firestar84    29/04/2021    10 recensioni
“Ryo, io non so cosa tu abbia fatto al Professore per farlo arrabbiare così, ma quel vecchio babbeo ti ha messo alle calcagna l’immigrazione, e se non ti inventi qualcosa subito…” La donna gli sbraitò contro a bassa voce, afferrandolo per il collo e dandogli una bella scrollata perché capisse la gravità della situazione.
Alla vigilia delle nozze di Sayuri, Ryo si scopre in difficoltà: qualcuno gli ha tirato un tiro mancino, dandogli un nome, una data di nasciata, ed un passaporto... non Giapponese. Con un piccolo burocrate alle calcagne, deciso a caricarlo sul primo aereo con destinazione Colombia, Ryo si vede costretto ad improvvisare un fidanzamento con una certa Giapponesina dai capelli rossi e gli occhi castani per evitare guai... Peccato che questa piccola bugia scateni guai ancora più grossi!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Erano tornati a casa camminando a braccetto, su insistenza di lui che aveva ribadito come quell’ometto perverso e malevolo potesse avere spie ovunque; la cosa aveva sconvolto e non poco Kaori,  che, le gote arrossate, aveva alternativamente guardato, rigida, davanti a sé oppure i suoi piedi, mentre invece Ryo si era goduto nascostamente ogni secondo di quel contatto, e aveva più volte lasciato cadere lo sguardo allupato nella scollatura della semplice camicetta bianca che Kaori indossava quel giorno. Appena rientrati, lei aveva telefonato alla sorella in albergo, dicendole che avrebbe voluto che lei e Peter andassero da lei e Ryo, che dovevano parlare, e che anzi, prendessero armi e bagagli che avrebbero passato i giorni seguenti insieme.

Sayuri non aveva protestato, ma aveva guardato la cornetta del telefono quasi fosse stata una creatura indemoniata, meravigliandosi di quell’improvvisa richiesta di Kaori- anzi, imposizione, a dirla tutta- ma si era limitata a sospirare, lasciandosi cadere sul letto abbracciata al suo uomo. Da quello che ricordava la camera degli ospiti era quella di Kaori; quindi, dove avrebbe dormito Peter? L’immagine del fidanzato spaparanzato sul letto di Ryo, dei due uomini in mutande avvinghiati nelle coperte di prima mattina, abbracciati al cuscini, la fece scoppiare a ridere, e Peter si limitò a guardarla come fosse una mezza pazza, chiedendosi per la prima volta se facesse bene a sposarla; poi però, contagiato da quel suono argentino, era scoppiato a ridere anche lui, e aveva finito col baciarla e fare l’amore, e a nessuno dei due era interessato più il perché dell’improvvisa scelta di Kaori. 

La rossa, da parte sua, si era messa subito a lavorare di buona lena; aveva imposto a Ryo la “sanificazione” della camera da letto di lui, intendendo con questo termine la rimozione di poster erotici, di riviste e film pornografici e di tutto ciò che non era consono ad un uomo felicemente fidanzato; poi aveva spostato un po’ della sua roba, mettendo l’eccedenza nella stanza davanti a quella di lui, che nel corso degli anni era rimasta perennemente vuota. 

Le cose più importanti, però, Kaori le aveva prese, e portate con sé in quella che, Dio solo sapeva per quanto tempo, sarebbe stata la sua –loro- camera da letto, e tra questi effetti personali c’erano due fotografie, una di lei col fratello e una di lei e Ryo. Si era guardata intorno, una volta entrata nella ripulita stanza del compagno, cercando un posto adatto dove metterle, stringendole al petto come il tesoro a lei più caro, e leggendo la sua esitazione, forse il suo imbarazzo, lui le aveva strappate dalle mani della giovane, alzando gli occhi al cielo, e sistemate nel luogo più adatto- la piccola libreria che faceva da testiera al suo letto, accanto alla foto di Ryo e di Maki. 

Kaori gli sorrise, emozionata. 

La loro famiglia, unita. I loro passati, ed il loro presente. Era, in un certo senso, poetico, e mentre la rossa metteva a posto i suoi capi di abbigliamento, mescolando la sua esistenza a quella di Ryo in un modo ancora più intimo di quanto già non fossero legati, l’uomo si chiese per l’ennesima volta cosa diavolo fosse passato per la testa del migliore amico quando gli aveva affidato Kaori. 

Voleva che si prendesse cura di lei? Desiderava che la proteggesse… o che la amasse? Possibile che in quei pochi giorni in cui avevano condiviso tutti e tre la loro esistenza, Maki avesse visto, nei loro battibecchi, nelle sue punzecchiature verso Kaori, qualcosa di profondo, che stava timidamente sbocciando? Che, con le sue battute acide sulla cucina della giovane, fosse sembrato come quei bambini che tiravano le trecce alle compagne di cui erano infatuati?

Chissà. Forse.

Non aveva mai avuto risposta a quell’interrogativo, e dubitava che ne avrebbe mai avuta una- anche se il fatto che l’amico non lo avesse ancora fulminato nonostante i tanti pensieri impuri che faceva  sulla sua adorata sorellina era un semplice miracolo. 

“Ah, senti, prima che me ne dimentichi…” le disse lui, mentre guardava con la coda dell’occhio Kaori che infilava nell’armadio, accanto ad una sua camicia, un grazioso vestitino, un gesto così semplice, ma che eppure lo emozionò come se lei gli avesse fatto un dono meraviglioso e grande, forse perché, dentro di lui, aveva sempre creduto che nulla del genere sarebbe mai potuto realmente accadere, e di non meritarla. O peggio, che un giorno Kaori si sarebbe stancata del loro eterno gioco dell’oca e avrebbe fatto le valige. 

“Sì?” 

Ryo la guardò, dimenticando per un attimo cosa le stesse per dire, poi però lei continuò a fisarlo con insistenza, e lui, grattandosi il capo, rammentò. 

“Ah, sì, mi sono procurato un paio di questionari standard dell’immigrazione,” un po’ imbarazzato, le porse i plichi azzurrini. “E Saeko mi ha dato una copia del mio file che hanno creato lei ed il professore. Ho pensato che potremmo darci un’occhiata magari stanotte, mentre tua sorella ed il fidanzatino non sono tra i piedi…”

Alzando un sopracciglio, Kaori fece velocemente scorrere le pagine del questionario. “Allora, vediamo, la buona notizia è che dubito che ci sia qualcosa che non so di te, perciò dovrebbe essere abbastanza semplice, devo solo studiarmi le cavolate che Saeko si è inventata, tipo tutti quei tuoi fantomatici viaggi all’estero come contractor... Nessuna allergia, niente tatuaggi, uhm, cicatrici, chissà se hanno abbastanza tempo da sentire l’elenco completo, relazioni passate, questo lo so, quest’altro lo so, questo pure…” chiuse il volumetto, e lo porse nuovamente a Ryo. “Sinceramente, fossi in te io mi preoccuperei più per te. Hai solo quattro giorni per imparare tutto di me.”

“Io so già tutto di te! Che credi, che non porga attenzione ad una persona con cui vivo da otto anni!?” le sibilò contro mentre le prendeva dalle mani il fascicolo con il questionario standard e leggeva le domande, guardando di tanto in tanto Kaori trionfante. “Le tue misure sono 86-58-88, sei alta uno e settantadue, non hai allergie, hai le mestruazioni ogni ventotto giorni esatti, la tua biancheria è suddivisa per un buon cinquanta-cinquanta in lingerie sexy e mutandine di cotone, hai la cicatrice dell’operazione all’appendicite come la mia,  tatuaggi, sì, ne devi avere almeno uno… uhm… fatto nell’ultimo anno se non mi sbaglio perché tutte le volte che ti ho vista in costume da bagno non l’ho notato… un fiore, credo, conoscendoti… sulla schiena?”

“Co…. Come sai del tatuaggio?” gli domandò, balbettante, rossa come un pomodoro maturo pronto da cogliere; nonostante lei non gli avesse mai rivelato la presenza di quel piccolo fiore di loto sulla schiena, all’altezza della spalla sinistra, Ryo era riuscito da solo a giungere alle sue conclusione, e solo perché la conosceva bene. Lui si limitò a guardarla come se la sue parole fossero dei semplici dati di fatto, deduzioni logiche a cui qualunque persona sarebbe giunta. 

“Ah, beh, nell’armadietto del bagno ho visto un tubetto di crema da mette dopo aver fatto un tatuaggio, usato… mio non era di certo, quindi, se due più due fa sempre quattro, deve essere tuo per forza….” Scrollò le spalle con nonchalance, mostrando uno dei suoi soliti sorrisi sornioni misti ad un po’ di arroganza, che alle donne tanto piacevano- a tutte, tranne forse che a Kaori; Ryo stava infatti per aggiungere qualcosa, ma nulla uscì però dalla sua bocca, perché l’uomo, avvertendo l’ombra in un martello avvicinarsi, si zittì, ma non servì a nulla: Kaori lo aveva spiaccicato nell’armadio che era ancora aperto. 

“Brutto porco, lo sapevo che mi spii! Ah, e così io non sarei abbastanza attraente per te, eh?” Il campanello suonò, e lei, alzando gli occhi al cielo, denti stretti, si ripulì le mani, battendole leggermente tra di loro. “Arrivo subito!” Cinguettò, mentre saltellò verso l’ingresso al piano inferiore, emozionata, sapendo già chi ci fosse, lasciando Ryo piantato nel mobile. 

E infatti, appena aprì la porta, Sayuri le si lanciò addosso, abbracciandola con foga, gli occhi, uguali a quelli di Kaori, colmi di lacrime. Ryo, ripresosi dal colpo, aveva sceso le scale, e guardava con un’espressione dolce e felice- quasi contenta – la scena davanti a lui, le due sorelle che dopo tanto tempo si ritrovavano. Non riusciva a comprendere come avesse potuto avere dubbi sul fatto che Sayuri fosse davvero imparentata con Kaori: non era solo il loro bel caratterino, ma anche le loro aure erano simili, come pure i lineamenti, che sembravano confondersi.

“Lei deve essere Peter Day, vero?” Quieto, si avvicinò, e schiarendosi la gola offrì la mano all’uomo. “Sono Ryo Saeba, il…”

“Oh, il partner di Kaori!” L’uomo, esuberante e pieno di vita, prese la mano di Ryo, e la strinse con entrambe le sue, felice come una pasqua. Sebbene non fosse un belloccio, doveva essere un bel tipo, e soprattutto, aveva dalla sua un carattere che sembrava amichevole e gioviale. E, cosa non da poco, faceva sorridere Sayuri. “Peter va benissimo, e possiamo darci del tu? Ho sentito così tanto parlare di te che mi sembra di conoscerti da sempre, e poi a occhio e croce avrai una quarantina d’anni anche tu!”

“Ah, se lo dici tu…” Ryo lanciò un’occhiataccia a Kaori, che lo guardò colpevole. Dopo un attimo però la rossa tornò a prestare attenzione alla sorella, decidendo che il fidanzamento le aveva fatto bene; Sayuri era divenuta molto più espansiva ed aperta, solare. Sembrava ringiovanita, ed emanava una nuova luce. 

“Allora, metto i bagagli nella stanza in cui ho dormito la volta scorsa?” Sayuri saltellò, felice. “Oh, che bello, un pigiama party con mia sorella…. ti sembrerà stupido, ma sono così emozionata! Ma… Peter dove dormirà? Avevo scordato di chiedertelo!”

“Beh, ecco, vedi…” Kaori iniziò, leggermente imbarazzata. Stava cercando di trovare le parole giuste, quando Ryo la afferrò per la spalla e la trascinò contro di sé, la schiena contro il suo solido petto. Attraverso strati di vestiti,  Ryo poté avvertire quanto la giovane stesse avvampando per quel semplice contatto.

“Tu e Peter dormirete nella stanza degli ospiti, Sayuri,” le spiegò, stringendo sempre con maggior determinazione e forza Kaori a sé. “Mentre invece Kaori dormirà con me. Perché… perché… perché noi ci amiamo e stiamo per sposarci!”

“Co… cosa?” Sayuri guardò la sorella; incredula, si sentiva leggermente ferita perché Kaori non aveva condiviso quelle confidenze, i palpitanti segreti del suo cuore innamorato; poi però si fermò a riflettere un attimo, e rammentò come nelle ultime settimane le loro chiamate fossero state tutte incentrate su sé stessa e le prossime nozze, su Peter… raramente Kaori aveva interferito, o l’aveva fermata. Forse non aveva potuto dirglielo, ma, più facilmente, non aveva voluto farlo, desiderando che Sayuri fosse la protagonista assoluta in quei tiepidi giorni di fine estate. 

E comunque, lei lo aveva sempre saputo: Kaori e Ryo si amavano, di un amore profondo  e puro, nato lentamente, e cresciuto ed accudito dalle delicate mani della fanciulla. Che quello fosse il degno epilogo di tanti anni di patimenti era un sogno che la giornalista sperava si sarebbe avverato.

Guardò la mano sinistra di Kaori, e la prese nella sua: entrambe, come anello di fidanzamento, indossavano il dono della loro madre. 

“Sono felice per voi, era ora che Ryo mettesse la testa a posto e facesse di te una donna onesta! Sei stata fin troppo paziente con lui, sai!” Sayuri le sorrise, e la lasciò, andando ad abbracciare Ryo, che arrossì, faccia allupata per un attimo, mentre il seno sodo premeva contro il suo torace d’acciaio. “Benvenuto in famiglia, cognato caro!”

“Ma, ma, cognato, addirittura, Sayuri, adesso non esageriamo, siamo solo fidanzati, eh, eh, eh…”

“E con questo cosa vorresti dire, che dato che siamo solo fidanzati hai ancora tempo di cambiare idea  e di mollarmi?” Kaori gli sibilò contro, mano ai fianchi, incombendo su di lui con la furia di una tempesta perfetta, e lo sguardo di Sayuri non era meno letale; l’unico che pareva divertirsi era Peter, che trovava tutta quella situazione a dir poco esilarante. Aveva pensato che Sayuri avesse scherzato quando gli aveva parlato del complicato rapporto tra Kaori e Ryo, e di quanto lui fosse strambo, ma adesso capiva che era stata onesta- anzi, poteva pure essere che avesse sminuito un po’ le cose per non farlo correre via a gambe levate!

“Ma, ma no cara, cosa dici, lo sai che io ora amo solo te, che finalmente ho messo la testa a posto, e anche prima, faceva tanto lo scemo ma andavo sempre in bianco perché io volevo solo te, eh, eh, eh…”

“Sarà meglio per te!”  sbottò Kaori, stizzita, prendendo una della valigie della sorella. “Venite, vi accompagno in camera! Il letto è un po’ stretto ma se volete potete benissimo aprire il divano!”

“Anche stretti staremo benissimo, grazie mille Kaori!” Peter rispose col sorriso sulle labbra, posando una delicata mano sulla spalla di Sayuri, che lo guardò con gli occhi colmi d’amore. A Kaori il cuore rallentò i battiti, mentre avvertì una stretta di gelosia e senso di colpa, non solo per la menzogna, me perché si chiese se stesse sprecando la sua vita con Ryo. Dopo la radura non era accaduto nulla, ed adesso, questo, un falso fidanzamento che sarebbe facilmente potuto trasformarsi in un falso matrimonio… cosa avrebbe significato per loro?

Sospirò, lanciando un’occhiata micidiale a Ryo. “Ryo, tesoruccio, potresti prendere le valigie di Sayuri e Peter e portarle nella loro stanza?” gli chiese con una voce leggermente velenosa. “Su, dai, mica vorrai far faticare i nostri ospiti… a pochi giorni dal loro matrimonio, poi!”

“Ma….” Iniziò lui, ma Kaori, fiera e severa, alzò lo sguardo, decisa, e con finta nonchalance prese a picchiettare con un dito sull’anello di fidanzamento: che si ricordasse del favore che lei gli stava facendo, e che quindi, per cortesia, si comportasse di conseguenza. L’uomo sbuffò, si passò una mano nei capelli ma alla fine, seppure recalcitrante, acconsentì alla richiesta, e carico come un mulo si diresse verso la stanzina che fino a poche ore prima era stata di Kaori. Appena posò le borse a terra e la vide vuota gli venne un mezzo collasso, perché solo in quel momento capì pienamente cosa sarebbe successo da lì a poche ore. 

Lui e Kaori, nella stessa stanza da letto. Da soli, insieme ad un letto matrimoniale.

Quella camera ed il poligono erano stati a lungo i suoi unici rifugi, adesso cosa avrebbe fatto? Come avrebbe potuto sfuggirle? Non si era reso conto che, nel tentativo di rendere la loro falsa relazione più plausibile e veritiera agli occhi dei loro amici, conoscenti e famigliari, avrebbe dovuto smettere di sfuggire alla bella rossa del suo cuore. 

Condividere la camera con lei… addio momenti di solitario sollazzamento, di proibite fantasticherie, avrebbe perfino smesso di dormire, preoccupato com’era di tradirsi nel sonno, di ammettere troppo apertamente cose per cui non era ancora pienamente pronto… o peggio! E se da addormentato le fosse saltato addosso nel tentativo di… di farla sua? Kaori era una tenera vergine, meritava di meglio dei perversi approcci di un maniaco addormentato come prima volta!

Solo con Kaori. Non poteva farlo. Non ancora. Più a lungo avesse rimandato quell’istante, meglio sarebbe stato. 

Lasciando cadere le borse a terra, si girò verso la coppia, afferrando saldamente quelle di Peter nelle sue mani. “Peter, vecchio mio, ho un’idea… perché stasera non usciamo tutti insieme? Anzi, sai che ti dico? Vi porto al Cat’s Eye, il locale dei nostri amici, così potrete conoscere tutta la nostra cricca e potremo presentare Sayuri ufficialmente come sorella di Kaori!” Si mise a ridacchiare, di una risata sciocca e falsa. “Su, su, andiamo, mica vorrete far cucinare Kaori dopo che ha lavorato tutto il giorno a mettere a posto casa, vero? Su, andiamo, offro io!”

    

    Varcata la soglia del Cat’s Eye, dove amici e colleghi li attendevano dopo la telefonata improvvisata dell’ultimo minuto, le dita di Ryo presero a pizzicare, le gambe sembravano volersi muovere di vita propria. Tutto lo attirava verso la bella Miki, sposina novella, il suo primo istinto era quello di gettarsi tra le sue dolci grazie, ma l’uomo sapeva che ormai questo non gli era più permesso. 

Agli occhi del mondo, lui sarebbe dovuto essere il fidanzato di Kaori, il dongiovanni che aveva lasciato le nottate bollenti alle spalle abbracciando con gioia la monogamia che una relazione con la focosa rossa gli offriva.

Il desiderio di essere sé stesso, dimenticare i problemi era forte, ma avrebbe resistito. 

Quella era la sua casa, quella era la sua famiglia: avrebbe fatto di tutto per non perdere niente e nessuno. Anche reprimere i suoi bassi istinti primordiali. 

“Dì un po’, com’è che lasci in pace mia moglie?” Falcon gli domando, sbattendo un pugno sul bancone, minaccioso. “Stai forse tramando qualcosa, Saeba?”

Ryo mise le mani avanti, cercando di giustificarsi, mentre, seduta al suo solito sgabello, con Sayuri al suo fianco, Kaori alzava gli occhi al cielo e presentava la famiglia a Miki; la rossa stava gesticolando, spiegando qualcosa alla mercenaria, quando lo sguardo della sposina novella si congelò all’istante, non appena vide cosa Kaori stesse indossando alla mano sinistra: era sì il suo anello, ma era alla mano sbagliata, quella dove non lo metteva mai…. Miki guardò Ryo, poi Kaori, che arrossì,  ed infine Sayuri, che le fece un’espressione inequivocabile, come a dire che finalmente i due piccioncini erano giunti al punto: non erano solo voci o pettegolezzi come aveva creduto, era successo davvero, finalmente.

Saeko non aveva mentito quando aveva detto che Ryo stesso le aveva raccontato di averle fatto la proposta!

“Oh mio Dio, ma è bellissimo!” esclamò, battendo le mani e saltellando sul posto. “Oh mio Dio, tesoro, hai visto? Ryo ha finalmente chiesto a Kaori di sposarlo! Oh, sono così felice per voi! E io che credevo che Saeko stesse mentendo!”

Piattini e tazzine caddero a terra, lacrime furono versate, mentre i presenti assorbivano la notizia e capivano che non era uno scherzo o un piano elaborato per chissà che motivo, ma era tutto vero: Ryo e Kaori si stavano davvero per sposare. 

“No, Kaori, perché hai preferito lui a me! Sei ancora in tempo!” Appena accorso nel locale, l’ex sweeper americano si attaccò alla gamba della rossa, piagnucolando, stringendola forte, come se quasi non avesse più voluto lasciarla andare. Kaori si imbarazzò, tentennando nei suoi tentativi di liberarsi dell’americano, e fu solo perché Ryo lo afferrò per il bavero della giacca, e Kazue gli dava una martellata sulla testa, che la giovane si liberò della morsa di quel dongiovanni da strapazzo. 

“Ahia … Accidenti, certo che la mia bella ci è andata giù più pesante del solito….” Mick si lamentò, massaggiandosi l’enorme bernoccolo che gli stava spuntando in testa. “Dì un po’, fratello caro, com’è che ho dovuto scoprilo così che ti sposi, eh? Cos’è, avevi paura della concorrenza?” Lo prese in giro, avvicinandosi all’ex socio. Gli uomini si erano seduti ad un tavolino appartato, e Ryo aveva già tirato fuori le sue amate sigarette mentre guardava altrove, pensieroso, alla ricerca della risposta giusta. 

Poteva mentire a tutti, ma non a Mick: lui non ci sarebbe mai cascato, conosceva troppo bene sia lui che Kaori e avrebbe capito che qualcosa non quadrava.

“Beh, immagino che tu l’abbia scoperto da Saeko che mi sposo… e forse ha anche accennato al fatto che lei ed il professore mi hanno creato un’identità…” sbuffò, leggermente seccato, mentre strapazzava la sigaretta che aveva in mano. “Peccato che per quelle dannate carte io non sia giapponese, quindi adesso mi trovo l’immigrazione che mi tiene il fiato sul collo e l’unica cosa che mi è venuta in mente è stata quella di, sai…un matrimonio di interesse, diciamo.”

Mick alzò gli occhi al cielo, mentre rubava occhiate furtive alla coppia di amici. Kaori era emozionata, anche se sembrava provare sentimenti contrastanti, mentre Ryo era imbarazzato, e questo voleva dire una cosa soltanto: col cavolo che quello era solo un matrimonio di interesse, specie per lui. 

“Ma non è che usi la scusa del matrimonio di interesse per poterla legare a te, vero? Nella speranza di poterlo trasformare in un vero matrimonio d’amore, con tanto di luna di miele, nottate di fuoco e pargoletti quando finalmente riuscirai ad aprire quella tua maldetta bocca e dirle la verità?” Mick continuò, alzando un sopracciglio mentre parlava con tono soddisfatto, e Ryo appariva sempre più colpevole e piccolo: aveva fatto centro su tutta la linea. “Porca miseria Ryo, ma quanto sei complicato! Non potevi dirle subito la verità? Kaori ti amo… sono tre parole, cosa c’è di così complicato nel dirle dopo tutto questo tempo che ci girate intorno?”

“E secondo te lei ci avrebbe creduto? Dopo che le ho raccontato balle, dopo che non mi sono più fatto avanti dopo il matrimonio di Umi…” Ryo sbuffò, occhi bassi, passandosi una mano fra i capelli; sul tavolino, la sigaretta era a pezzi. “No, serve una strategia, ecco, graduale. Devo sedurla. Conquistarla. Ma come cavolo facevo se mi sbattevano fuori dal paese, eh?”

Mick scosse il capo, ormai consapevole che per Ryo non ci fosse più speranza: era un vero dilettante quando si trattava di questioni di cuore. Proprio come quando Kaori lo aveva sfidato per difendere la vita del partner, Ryo era incapace di finire quella frase. Tre parole, semplici, io, ti e amo, ma che allo sweeper erano così estranee che era ancora lontano dal comprenderne  pienamente il significato profondo- e soprattutto di ripeterle ad alta voce.

“Allora ragazzi, volete raccontarci come sono andate le cose? Come ti ha fatto la proposta?” Miki domandò, eccitata come una bambina. 

Nonostante fosse stata una festa improvvisata per Sayuri, l’attenzione era tutta su Ryo e Kaori.

“Sì, sai, dicono che come un uomo fa la dichiarazione alla sua donna dica molto di lui!” Kazue continuò; nonostante avesse Mick, una parte di lei era seccata di non essere stata la donna che aveva impalmato lo sweeper, ma ormai, su Saeba, lei aveva messo una pietra sopra da tempo- sapere però che anche Kaori non sarebbe più stata disponibile le toglieva un peso dal petto, rendendola pienamente consapevole che il biondo americano non avrebbe più potuto né voluto fare il galletto, ora che i sentimenti degli amici si erano palesati in un tale modo. 

“Ma, ma no, cosa dite…” Kaori si imbarazzò, ed il cuore prese a batterle pazzamente nel petto, messa di fronte  a quella richiesta, un dettaglio che avevano scordato di concordare. “Ehm, andiamo, mia sorella si deve sposare, mica vorrete che le rubi la scena, eh, eh, eh!”

“No, Kaori, ti prego!” Sayuri, reporter, quindi curiosa di natura, afferrò al volo l’occasione. Si voltò verso Kaori e strinse le mani della sorella saldamente, guardandola negli occhi con una luce di amore, affetto e speranza e gioia. “Voglio saperlo anch’io! Dopo che me ne sono andata ho capito il perché tu sia voluta rimanere qui, ma tu e Ryo non eravate ancora una coppia, e adesso voglio sapere tutti i particolari!”

“Sayuri ha ragione, Ryo, perché non ci raccontate come sono andare le cose, eh?”  Mick lo prese in giro, sogghignando malevolo, godendo di come stava mettendo l’ex socio in imbarazzo… ed in crisi. Decisamente, i piccioncini non avevano ancora fatto i compiti!

“Ehm…. Ecco….. Kaori la racconta meglio di me! Sì, sì, lei è molto più brava di me in queste cose!” Ryo ridacchiò, grattandosi il collo. “Cucciolotta, perché non la racconti tu?”  Continuò, mentre Falcon alzava un sopracciglio al sentire quel ridicolo nomignolo, facendogli presagire guai e capire che quei due non la stavano raccontando giusta.

“Ma… ma….” Kaori prese a balbettare e pensare. Immaginava che Ryo avesse preferito lasciare a lei la storia onde evitare di dire cavolate, cose assurde o maialate – lui sarebbe stato capace di dire che le aveva chiesto la mano durante un focoso amplesso o perché quel focoso amplesso lo voleva tanto - ma cosa inventarsi? Gli occhi dei presenti erano puntati su di lei, che stava seduta con le mani in grembo, arrossendo.

“Beh, ecco, lo sapete che Ryo ed io ci siamo avvinati piano, piano… ma, ma dopo il tuo matrimonio, Miki, Ryo ha iniziato a pensare che forse anche noi avremmo potuto avere una cosa così… cioè, una vera relazione e… e anche io, e ci siamo avvinanti sempre più, e abbiamo deciso, di, insomma, provarci, solo che non volevamo vedervi delusi nel caso le cose non avessero funzionato e allora abbiamo deciso di tenerlo ancora un po’ per noi… ma poi, era il nostro primo mese insieme, e…” la giovane avvertì un nodo in gola; le guance arrossate, si stava torturando le dita con le unghie alla ricerca di una plausibile storia che fosse sì romantica, perché lei il romanticismo se lo meritava eccome, ma al contempo si sposasse col peculiare carattere di Ryo.

“E Kaori ha capito che stavo nascondendo qualcosa, e abbiamo avuto una bruttissima litigata perché pensava stessi tornado a fare lo scapolo impenitente.” Ryo continuò, arrivandole in soccorso quando avvertì che Kaori stesse avendo le prime difficoltà, non sapendo bene cosa inventarsi. Cercando di apparire sofferente, amplificava la sua performance all’inverosimile, come avesse desiderato attirare la pena altrui. Intanto, era tornato accanto a Kaori, e aveva sfiorato le dita della donna con le sue. 

Teneva gli occhi bassi, però, incapace di guardare in faccia i suoi amici. Tutti stavano congratulandosi con loro, erano felici, emozionati, e lui e Kaori stavano portando avanti una farsa: si vergognava, e non aveva il coraggio di dire a nessuno dei presenti che, nonostante desiderasse passare il resto della vita accanto a lei, quel matrimonio sarebbe partito sulle basi sbagliate; in più lo sguardo di Kaori sembrava quasi gridare timidezza, sconforto… 

Neanche a farlo apposta, stavano rendendo più credibile quella farsa.

 “E allora ho… eh, pensato di fare una piccola caccia al tesoro… le ho lasciato tutta una serie di indizi e cose da fare, e alla sera ci siamo trovati tutti agghindati in un bel localino dove una band stava suonando musica jazz soffusa…” 

Guardando altrove, arrossendo, Ryo cercò le dita di Kaori,  strinse la mano della donna  nella sua. La ragazza si morse le labbra, e rimase in silenzio, poi gli sguardi curiosi di alcuni, truci di altri, la spronarono ad andare avanti con la loro messa in scena. Socchiuse gli occhi, e sulle sue labbra apparve un piccolo, delicato sorriso, mentre immaginava, sognava- e osava ingannare tutti, anche se stessa, che quello che desiderava da anni era effettivamente accaduto, e che stava finalmente per sposare il suo primo amore.

“Sono entrata nel locale e tolta la band non sembrava esserci nessuno, poi Ryo mi ha chiamata per nome. Mi sono voltata e me lo sono trovata lì, in smoking, con in mano una singola rosa rossa. Me l’ha offerta, e poi, mettendosi in ginocchio, mi ha detto come non potesse più fingere con nessuno che io fossi solo una delle tante, una ragazza comune, e che desiderava sposarmi e…”

“E lei ha accettato, basta, fine della storia!” Ryo quasi sbraitò; ingoiò a vuoto mentre guardava Umi, che lo squadrava da cima a piedi facendogli comprendere come lui avesse capito tutto, che quel racconto era troppo sdolcinato per essere davvero accaduto a Ryo Saeba; era lampante che quella era stata una fantasia di Kaori: lo sweeper era più tipo da dire ad una donna che l’amava tra un bacio e l’altro, o durante dei normali momenti di pace, senza fronzoli e abbellimenti vari- dopotutto, lui era l’antitesi del Principe Azzurro delle favole.

(Mentre erano seduti a tavola insieme, o anzi: mentre prendevano il caffè. Lui glielo avrebbe detto così, se solo avesse avuto il coraggio.)

“Oh, che storia dolce! Sapevo che non potevi essere il buzzurro che apparivi, Ryo!” Sayuri singhiozzò, asciugarsi le lacrime col pungo chiuso. “Adesso ci vorrebbe un bacio!”

“Un… un bacio?” Kaori impallidì, poi arrossì, poi impallidì di nuovo mentre sudava freddo e diventava dura come una roccia, non dissimile da quello che stava accadendo a Ryo al suo fianco. 

Aveva fatto fatica ad accettare che lui avesse potuto desiderare baciarla nei panni di Cenerentola, e di quello che era successo sulla nave di Kaibara, di come le loro bocche si fossero cercate disperatamente attraverso il vetro: lei non gli aveva mai detto di aver ricordato tutto, e Ryo non aveva mai ammesso di sapere che la memoria le era tornata dopo pochi giorni. 

E adesso… adesso, dopo ciò che le aveva detto nella radura, dopo i piccoli passi, avrebbero dovuto baciarsi così, davanti a tutti, prima che entrambi fossero emotivamente pronti a compiere quel passo? 

“Ma, ma no, Sayuri, ai giapponesi baciarsi in pubblico non piace, siamo timidi noi!” tentò di convincerla, ma non servì a nulla: nel giro di un attimo tutti gli avventori del locale, sia quelli che li conoscevano che quelli che non avevano la più pallida idea di chi fossero, stavano battendo le mani incitandoli a scambiarsi quel tanto agognato gesto d’amore. 

Si voltarono l’uno verso l’altra, timidi come ragazzini, imbarazzati e rigidi; senza nemmeno sfiorarla con un dito, le labbra di Ryo si poggiarono con un tocco delicato e veloce sulle sue, ma nel momento in cui lei si stava ritraendo, qualcosa scattò in lui: mani alle spalle della donna, si riappropriò di quella succulenta bocca appena truccata, e la divorò letteralmente, sfiorando le labbra con la punta della lingua per chiedere alla bella Kaori di approfondire il bacio. Lei, occhi socchiusi, sospirò, e gettandogli le mani nei capelli, facendolo mugolare contro la bocca di piacere e serenità, prese a dargli quanto chiedeva, restituirgli tutto ciò che lui le stava dando. Per interi minuti, sotto gli occhi stupiti dei loro amici, increduli davanti a tanta audacia, la coppia continuò quello scambio d’aria, stringendosi l’uno all’altra, fino a che qualcuno non si schiarì la gola riportandoli alla realtà, e Ryo e Kaori si separarono, volgendo, timidi e stupiti e sconvolti nel loro intimo, gli occhi altrove.

Fu solo l’abbraccio di Miki prima e quello di Sayuri poi a convincerli a guardarsi di nuovo negli occhi ed avvicinarsi nuovamente, le loro mani che sembravano cercarsi di loro spontanea volontà: e mentre Ryo guardava Kaori emozionato come un ragazzino che aveva finalmente ammesso con la fidanzatina il suo amore, Saeko li guardava ridacchiando e scuotendo il capo, sollevata che le cose si stessero mettendo meglio del previsto.

 
   
 
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