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Autore: Lodd Fantasy Factory    29/04/2021    0 recensioni
Non ho tempo per le introduzioni. Devo raccontare questa storia, e voglio farlo il prima possibile. Prima che qualcosa mi possa fermare... prima che loro... sono dietro ogni angolo. Sono nella mia casa... cancelleranno tutto. Persino me...
Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Un viaggio nell’oscurità,

 

 

A fare determinate citazioni mi sento un po’ come i veri scrittori, devo confessarvelo. Pochi riusciranno a coglierla: storie perdute, e ritrovate.

Ma, come lo direbbe uno speaker radiofonico che legge la quarta di copertina del mio pessimo libro: “è un po’ la descrizione di tutto quello che mi è accaduto in questa mirabolante avventura. Vorrei ricapitolare tutto per quei pochi che sono arrivati solo ora, ma vi rendete conto quale follia sarebbe? È troppo tardi anche per questo, amico; puoi sempre tornare all’inizio, come nel gioco dell’oca, e partire da quando tutto ha cominciato ad andare in vacca.

Un capitolo al giorno, per favore.

Non esagerare, perché il rischio è sempre che la tua mente possa rimanere danneggiata dalla squisita quantità di svolte di trama e viaggi mentali, perennemente in bilico tra follia e fantasia. Un po’ come accade per le droghe, insomma.

Non è la stessa cosa, dici?

No, non proprio.

Si riparte dal via, dove tutto è cominciato.

D’ora in poi questa tratta va giù dritta nell’oscurità, senza troppe fermate. Reggetevi forte ai dispositivi, perché sarà un viaggio sgradevole!”

 

M’immagino davvero che la gente riesca a leggere tutto questo con la voce di uno speaker radiofonico?

Quanti torneranno indietro per provarne l’effetto?

Sto prendendo tempo?

Può darsi! Sapete quanto è difficile riempire la prima pagina, specie quando devi cercare di rimettere insieme i pezzi di qualcosa che hai vissuto in modo differente dall’effettivo svolgimento dei fatti e, per giunta, con una sola mano? Provateci voi!

Ora che le vostre proteste si sono quietate (schiva la bottiglia lanciata da quel brutto ceffo, proprio quello che ha saltato due capitoli perché non li riteneva importarti. Gesto sgradevole, specie verso il gentil sesso!), possiamo tornare alla mia narrazione.

Per inciso, sarà in terza persona, giusto per cambiare un po’ la prospettiva; sono certa che i più furbi tra di voi ci sono già arrivati. Vi adoro!

 

 

Philipp Lloyd e quel birichino dello Sciamano Zhùt decisero che sarebbe stata un gran bella idea tornare sul viale dei ricordi, e quel motorino scassato, rubato alla cara zia Anna, di per certo era già finito sotto l’attenzione delle forze dell’ordine. Ma il nostro eroe – se così possiamo definire chi abbandona donzelle in difficoltà – questa volta diede l’idea di aver messo un po’ di sale in zucca. Abbandonò il veicolo in un luogo direttamente opposto alla sua direzione effettiva; poi, all’alba, i due salirono su diversi autobus e un treno che li avrebbe condotti dritti alla loro meta: il palazzo che era stato acceso come un cero per commemorare i caduti alla follia dilagante di un mentecatto, a detta dei giornali.

Sul treno avevano avuto modo di chiacchierare come due vecchi amici che si ritrovano a distanza di anni, e tutto pareva essere tornato come negli anni trenta. Battute di spirito, fraintendimenti e piani per liberare questo piano di esistenza da un entità intenzionata a farne il suo kebab per merenda. Detto così riesce a dare proprio l’impressione di un film di Boldi e De Sica. So cosa state pensando, la storia appare ridicola con questo tono… ma c’è troppa oscurità da queste parti: lasciatemi portare un po’ di luce!

Ve la faccio breve: il vecchio, pur sembrando ancora giovane, spiegò al falso Philipp Lloyd che avrebbero ritrovato i dadi all’interno di quei cunicoli:

“Hai intenzione di vagare al buio, nel loro territorio?” protestò Lloyd, ma senza riuscire a guardarlo in faccia; gli era ancora difficile crederlo reale.

“Dopo le imprese che hai compiuto, hai ancora paura del buio?”, chiese lo Sciamano, masticando il terzo panino, più probabilmente il quarto, nell’arco di pochi minuti; aveva ritrovato la loquacità e la fame.

“Non ingozzarti, rischi di soffocare!” lo rimproverò Philipp, sforzandosi di contenersi nei toni per non attirare su di sé l’attenzione degli altri passeggeri. La sua voce gli diede l’aspetto di uno su una crisi di nervi. “Sì, ho una fottuta paura di quelle cose striscianti, dei matti che vogliono la mia testa e di una creatura venuta dall’America con il solo scopo di sacrificarmi in onore della sua parte mancante, così potrà continuare a divorare anime in eterno!”

“Devo nutrirmi. È molto che non trascorro così tanto tempo nella mia forma umana. Non è semplice. Il mio organismo consuma molte energie”, si limitò a dire l’indiano.

“Che fai: mi prendi anche per il culo, adesso? Dove hai imparato queste cose?”

“La lingua e la conoscenza sono una mia virtù. Ho assimilato il linguaggio dei nativi, le loro abitudini, i loro interessi. Essere un gatto ti permette di arrivare ovunque.”

“Forse non abbastanza per raggiungere il posto in cui vorrei farti arrivare… ti preferivo nella forma di gatto”, borbottò Philipp; tirò poi un lungo sospiro. “Perché solo adesso? Avresti potuto rivelarti la prima volta che ci siamo visti. Tu mi hai fatto avere quei dadi, il diario? Sei sempre stato tu sin dal principio?”

“Ti ho protetto da Màlk-ar-Sùm e il Widjigò ogni volta che ne ho avuto possibilità. Sono riuscito a tenerlo distante, il più possibile. Si, sono stato in casa tua altre volte. Per quanto concerne la tempistica, invece, non eri pronto per la verità. Saresti stato schiacciato sotto il peso delle mie scelte. Doveva essere una tua idea confrontarti con questo male. Se avessi parlato prima del tempo, tutto sarebbe stato vano. Anche il sacrificio.”

“Perché cancellare i miei appunti? Entrare nel mio computer? Quale sacrificio?” Le luci della città erano vicine.

“Scongiurare un altro Philipp Lloyd” e si soffermò a fissarlo coi suoi occhi vuoti, scuotendo il capo con dissenso. “Ma hai fatto di testa tua, ragazzo; mi arresi all’idea che potesse essere la strada giusta. Malgrado il mio impegno, non ho potuto seguirti ovunque, e il Widjigò ne ha approfittato per dominarti. Entrare in possesso del Diario non è stato facile, e ancora meno lo è stato proteggerlo; anche se hai svolto un ruolo chiave in tutto ciò. Dovresti ricordarlo…”

Philipp distolse gli occhi dai suoi. Sentì un capogiro, di quelli che aveva provato ogni volta che tentava di tornare indietro coi ricordi oppure nel leggere le storie del vero Lloyd.

“Hai bisogno di sapere come va a finire, ragazzo”, disse Zhùt nel frattempo che si sfregava le mani per liberarsi dalla farina del pane. Poi, gli porse il Diario di Philipp Lloyd dalla borsa del suo proprietario. “E, una volta trovati i dadi, ti sarà possibile tornare a quell’episodio della caverna. Io ero lì... con te.”

Philipp si torse le mani per resistere al dolore che gli tormentava le tempie. Ancora una volta ripeté quella domanda: “Come fai ad essere sicuro che sia nei sotterranei?”

“I Dadi sono stati tirati.”

Il treno si fermò.

 

Ok, ok! Non è stato così breve quanto avevo promesso, ma saltare alcuni paragrafi avrebbe creato dei buchi di trama, e per voi sarebbe stato impossibile comprendere alcune scelte fatte da questi ragazzoni.

 

Il palazzo dove risiedevano tutti i ricordi di Philipp era di nuovo davanti a lui. Un lato era crollato sul fianco, danneggiando anche la palazzina accanto. Vi erano nastri di protezione e reti per impedire l’accesso ai non autorizzati ai lavori, che chissà quando sarebbero stati avviati. Intere famiglie erano state spezzate in quell’incendio, e negli occhi di Lloyd bruciava un dolore che si tramutò in un liquido salato, che sgorgo sulle sue guance barbute e si tuffò sull’asfalto lavato di recente dalle forti piogge.

“Posso sentire il loro dolore… Sono vittime di una ragione più grande, anche se essa non le giustifica”, mormorò Zhùt, affrettandosi subito a recitare una bassa litania nella lingua dei Pokanoket.

Philipp ripensò alle ultime parole di Anna. Anche nella certezza del suo operato, dopo l’apparizione di Zhùt, il dubbio che fosse tutto frutto della sua mente continuava ad insinuarsi tra le sue riflessioni.

“Il rimorso: questo distingue chi persegue la via dei giusti dal criminale. La riuscita del nostro piano salverà molti, anche se non tutti. Ma sarà un inizio”, lo confortò lo Sciamano, posandogli una mano sulla spalla; era una cosa nuova per Philipp. Poi, l’indiano si addentrò tra le macerie, avviandosi per la rampa di scale che era sopravvissuta miracolosamente al disastro. I muri erano anneriti, sgretolati, a tal punto da far pensare che l’intera struttura sarebbe potuta venir giù da un momento all’altro.

Philipp seguì lo Sciamano nel suo pellegrinaggio; entrò in quella che era stata casa sua: il salone e la cucina erano svaniti, e proseguì verso la camera, la cui porta era stata consumata dal fuoco. Nel bagno, i sanitari erano stati devastati dalla caduta dei piani superiori. Philipp ricordò dove aveva nascosto il Diario sin dal principio, e vide che proprio lì era atteso.

“Avanti, siamo qui per questo” lo invitò Zhùt con una spintarella, fungendogli poi d’appoggio per slanciarsi verso il condotto di aerazione.

Lloyd eseguì senza porsi troppe domande.

Trovò un oggetto ruvido al tatto, avvolto in una pelle delicata. Era di forma oblunga, più stretto in una delle estremità, come se fungesse da impugnatura. Le luci dei pochi lampioni esterni consentivano a malapena di vedere, eppure riuscì a distinguere perfettamente quell’arnese. Si convisse che fosse l’oggetto stesso a profondere un quasi impercettibile bagliore vermiglio, giacché una parte di esso avesse quel colore; il resto era scuro come le tenebre.

“Da dove salta fuori?”, chiese sbalordito. Sapeva già di aver impugno qualcosa che era stato tramandato, ma diede l’impressione di non esserne conscio.

“La minaccia di questo oggetto è la verità dietro le fughe del tuo inseguitore. Lo ha creduto sempre in mio possesso. Mi conosceva, e si è ben guardato dall’affrontarmi direttamente.”

Philipp guardò Zhùt con aria stupita. “La stai donando a me?”

“Il signor Lloyd voleva che finisse nelle mani di qualcuno più degno di lui. Hai dimostrato di essere disposto a tutto per la causa. Questa è la tua ultima scelta, ragazzo: andare avanti o mollare tutto, dipende solo da te.”

“Sai mentire bene, vecchio Zhùt”, il tono di Philipp suonò struggente, frattanto che si lasciava scivolare lungo il pilastro impolverato. “Avevi previsto tutto sin dall’inizio. L’idea di far nascere questa idea in me era un tuo piano studiato per farla maturare a poco a poco, come un’infezione. Io, ora, sono convinto di fare quello farò, ma solo perché tu mi hai trascinato in questa faccenda”, sollevò poi lo sguardo al soffitto mancante. “Non continuare a ripetermi che è una mia decisione. Così come il Signor Lloyd, neanche io ho avuto scelta.”

“Non l’abbiamo neppure alla nascita, ma questo non ci impedisce di scegliere chi diverremo o cosa faremo della nostra vita.” La risposta dello Sciamano fu stranamente limpida, come se si fosse appena liberato di un peso. “Finisci il Diario.”

 

Agirono quella notte stessa.

Zhùt aveva trovato il modo di procurarsi tutto l’occorrente prima di salire sul treno.

Philipp, dopo aver concluso la sua lettura, senza accusarne più il tipico fastidio, si decise a seguirlo. Ora molte cose era decisamente più chiare. Ogni parola di Zhùt era stata soppesata bene.

Prima che possiate lamentarvi, ho intenzione di condividere con voi gli ultimi momenti del Diario di Philipp Lloyd. Le sue ultime pagine.

Non oggi, però.

 

Come vi ha anticipato lo speaker radiofonico, questa storia è un viaggio nell’oscurità.

Zhùt, da buon seguipiste, aveva lasciato che Philipp lo guidasse sino all’ingresso dei sotterranei. Non avevano atteso la notte fonda per farlo, rispettando a tutti gli effetti il coprifuoco. Considerate le molte viuzze medievali, era quasi impossibile essere notati da qualcuno nell’isolamento della città.

Non appena furono all’interno, lo Sciamano si prodigò nel mostrare a Philipp come realizzare una fiaccola in pochi semplici passi. Imbevuto il tessuto, poi, ne accese una.

“Il fuoco… questo è un elemento che non sopportano”, mormorò il ragazzo.

“Ah! Il nostro mondo ha scordato il potere degli elementi contro entità che vengono dall’esterno del creato. L’elettricità ha reso le nostre genti schiave dell’illusione della comodità”, denunciò l’indiano, molto contrariato. “Il fuoco di Tabaldak. Ci proteggerà.”

“Ora capisco quel sogno… Tabaldak è un Dio?”

“Egli è ciò che siamo. Niente più, niente meno.”

Philipp rimase molto colpito da quella concezione di entità superiore, che d’altra parte non era troppo differente dall’espressione utilizzata dalla stessa Ombra. Una parziale condivisione della stessa dottrina, ma applicata in modi alquanto differenti.

“Fammi strada.”

Zhùt lo invitò ad impugnare la pietra: era certo ne avrebbero avuto bisogno. Si avventurò poi nell’oscurità rischiarata solo dal bagliore delle fiaccole. A vederlo sotto quell’aspetto, non appariva poi cosi lugubre come la prima volta. La luce conferiva dettagli a sufficienza per riconoscere che molti ragazzini dovevano essersi avventurati in quelle strettoie ben prima di lui, anche solo per lasciare un graffito; poi, a giudicare dalle molte opere incomplete, o i fumi della vernice avevano finito per stordirli, oppure qualcosa doveva averli spaventati a morte!

Dentro le pareti cominciarono ad un udire un perpetuo zampettare, come se in un altra realtà, ma nello stesso luogo, colonie di insetti o ratti famelici li attendessero per fare scempio delle loro carni. Ma la preghiera che Zhùt aveva iniziato pareva sortire l’effetto di allontanarli almeno un po’.

Nonostante la rinnovata fiducia in lui, Philipp cercò di tenersi sempre qualche passo dietro l’indiano, tenendo ben salda la presa sulla pietra. Qualora si fosse rivelato solo un mero piano delle ombre, era convinto di poter avere il tempo d’intervenire, quantomeno per prendersi la vita dello Sciamano; ad aver accentuato il suo sospetto vi erano anche le insindacabili decisioni di Zhùt sui bivi da prendere. Philipp, invece era certo che non fossero passati in quella zona con Anduin.

La loro intrusione si rivelò tuttavia più complicata del previsto.

 

Dalle pareti improvvisamente pulsanti e tinte di quei colori tipici dello Ziggurat, sul verde e viola, cominciarono a dibattersi tentacoli dentati, o sarebbe forse più corretto definirle radici. Li frustarono, arrecandolo loro numerose ferite. Il sangue aveva il potere di scatenarle.

“Vai avanti!” protestò Philipp, agitando il fuoco e al contempo la pietra. Se la prima ardeva con una certa difficoltà quelle protuberanze d’ombra, la seconda era in grado di tagliarle come fossero burro. Getti di quel liquido putrescente li investirono, rendendo i nostri eroi più lenti e scoordinati.

Più Philipp recideva quegli arti, più questi continuavano a sdoppiarsi e triplicarsi. Gli riuscì però di liberare Zhùt e consentirgli così di prendere la prossima svolta; gli esseri gli andarono dietro.

Lloyd si ritrovò solo.

Udì quel suono di zoccoli echeggiare nel cunicolo, sempre più forte, sempre più rapido. Questa volta, però, non udì alcuna accelerazione nel suo passo. Era costante, e forse ciò lo rendeva ancora più snervante!

La stessa identica scena della sua precedente incursione.

Andarsene o continuare?

Sarebbe da sadici concludere in questo modo, non è vero?

 

 

Philipp si appellò a tutto se stesso per tornare a quanto discusso con Zhùt. Riponeva fiducia in lui, e non lo avrebbe mai abbandonato senza un valido motivo; inoltre, era stato proprio lui ad invitarlo ad andare avanti. Comprese proprio in quel momento il senso della frase che aveva a che fare con la nascita e la libertà di agire. Aveva una scelta: prese quella che l’avrebbe condotto all’origine di quel suono, imboccando il percorso opposto a quello scelto da Zhùt.

“Affrontare le proprie paure… è di questo che parlava Philipp Lloyd. Il coraggio di dominarle.” Questo si disse a denti stretti. Fu costretto ad avanzare rannicchiato, ma non si diede per vinto, neanche quando quelle pareti pulsarono, quasi volessero intimargli di tornare indietro.

Il rumore di zoccoli si placò.

 

Philipp sgusciò fuori dal cunicolo con il cuore in gola. Schivò per pura fortuna una spranga di ferro che andò a sbattere su un tubo, liberando un getto di vapore che ustionò il suo aggressore. Il suo corpo reagì d’istinto, affondando più volte nelle carni, che la fiamma della fiaccola gli avrebbe rivelato umane, la pietra dotato di un’affilatura unica. Riconobbe i vestiti, fintanto che il fuoco non li avviluppò interamente, così come era accaduto ad altri prima di lui: erano gli stessi indossati dal fanatico che aveva provato ad ucciderlo!

Non portava ai piedi nessuno zoccolo, dunque lo escluse dalla lista. Con il terrore negli occhi, l’adrenalina lo spinse poi a seguire il corridoio, mentre i lamenti agonizzanti del suo aggressore finivano per spegnersi insieme alle fiamme.

Le pareti si fecero improvvisamente impalpabili.

Sentì che l’Ombra era vicina.

Spuntò in una sala pentagonale, alla quale erano collegati altrettanti cunicoli. Pareva una di quelle descritte da Philipp Lloyd nell’esplorazione del tempio. Tre individui incappucciati lo attendevano, delle luci portatili agganciate alla vita, probabilmente terrorizzati tanto quanto lui. Proteggevano qualcosa inchiodato a terra.

Philipp sentì di nuovo rumore di zoccoli. Questa volta, però, individuò la fonte tra i suoi nemici. Non erano esattamente degli zoccoli a provocarlo, bensì dei dadi – quei tre dadi! - stretti tra le falangi di una mano inguantata di radici, i quali impattavano ritmicamente sul pavimento. Erano d’ossa, così come aveva raccontato il vero Lloyd.

Seguì con lo sguardo l’avambraccio, il gomito scomposto e la spalla dislocata che erano vittime di quella chiara estensione dell’Ombra, analoga alla stessa descritta nella Ziggurat. Da un bozzolo emergeva un volto femminile, livido.

Philipp spalancò la bocca in un grido furioso, scagliandosi contro i suoi avversari:

“Anduin!”

 

 

Ho scritto troppo per oggi...

 

 

Aggiornerò,

 

 

Philipp Lloyd

 

   
 
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