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Autore: All_I_Need    03/05/2021    8 recensioni
John ha un incidente nel laboratorio della struttura militare di Baskerville. Mentre aspettano che gli scienziati trovino una soluzione, lui e Sherlock devono riesaminare la natura della loro amicizia mentre si destreggiano nella vita quotidiana e nel Lavoro, il tutto cercando di rispondere alle domande veramente importanti: va bene accarezzare il tuo coinquilino se al momento è un cane? E come chiedi esattamente le coccole a un autoproclamato sociopatico?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Capitolo 3 


Visto che John era appena riuscito a saltare da un'auto da solo, salire i diciassette gradini fino al 221b non fu affatto un problema e lui raggiunse la porta prima di Sherlock, solo per rendersi conto che avrebbe dovuto aspettarlo perché gliel’aprisse.

A meno che...

Usando la porta per puntellarsi, John saltò verso l'alto e premette le zampe sulla maniglia, usando tutto il proprio peso per tirarla giù. Ci fu un clic e l’uscio cedette sotto la sua spinta, aprendosi e permettendogli di tornare sulle quattro zampe ed entrare in casa.

"Ben fatto, John,” disse Sherlock dietro di lui, con inequivocabile approvazione nel tono. "Aprire le porte sarà molto utile in futuro, dovremo sperimentare quanto in fretta puoi farlo e quali maniglie funzioneranno meglio.”

John gli sbuffò contro: esperimenti, esperimenti! Non c'era qualcos'altro a cui poteva pensare quel pazzo del suo coinquilino? Forse come riportarlo alla sua forma umana il più rapidamente possibile? La cosa era assurda e scomoda e lui era pronto a farla finita con l'intera faccenda, ora che lo shock iniziale era svanito. Almeno non si sentiva più sull'orlo di un attacco di panico.

Decise di ignorare Sherlock per il momento e di concentrarsi sul percepire la loro casa con tutti i sensi che aveva, prima di tutto con il naso.

L'odore delle sostanze chimiche era pungente, così come il disinfettante che lui e la signora Hudson usavano regolarmente in cucina, ma l'appartamento odorava più che altro di vecchi mobili, legno e polvere, il tutto ricoperto da strati e strati dell’essenza sua e di Sherlock combinata. Fu piuttosto sorprendente, in realtà. Non si era mai reso conto di quanto spazio condividevano lui e Sherlock.

Gli unici mobili che sembravano avere attaccato principalmente il profumo suo o di Sherlock erano le rispettive poltrone. Il divano, che se gli fosse stato chiesto lui avrebbe affermato fosse lo spazio di Sherlock, in realtà odorava fortemente di entrambi, a testimonianza del fatto che John ci passava più tempo di quanto non fosse consapevole.

C'erano chiare tracce di odore che portavano dappertutto, evidenti per lui come lunghi fili di spago che segnavano la strada. Con il naso premuto a terra, John seguì uno di essi attraverso il soggiorno, in cucina, intorno al tavolo della cucina, lungo il corridoio e fino alla camera da letto di Sherlock, dove era interrotto dalla porta. Sentendo che non sarebbe stato giusto intromettersi in quel modo nel territorio di Sherlock, John si voltò e seguì la traccia nel soggiorno, così concentrato sull'odore che quasi andò a sbattere contro Sherlock dove si stava in piedi al centro della stanza.

"Se hai finito?” disse Sherlock, con tono impaziente.

John borbottò, lo superò e saltò sulla sua poltrona senza pensarci due volte. Solo quando sentì il soffice cuscino sotto le zampe si rese conto di aver fatto accidentalmente ciò che era sembrato impossibile ore prima mentre cercava di salire in macchina.

Sherlock sembrò deliziato. "Vedi! Le tue capacità motorie stanno già migliorando man mano che il tuo cervello si adatta ai suoi nuovi compiti. Vorrei poterlo provare anch'io; potremmo cronometrare le nostre reazioni e vedere se mi ci vorrebbe lo stesso lasso di tempo per adattarmi o se io lo gestirei più in fretta a causa della mia mente superiore."

Ormai, John era abituato a esclamazioni sconsiderate del genere, quindi si limitò ad alzare gli occhi al cielo e si lasciò cadere sulla poltrona, appoggiando la testa sul bracciolo e guardando mentre Sherlock si toglieva finalmente il cappotto e la sciarpa e li appendeva vicino alla porta.

"Davvero, John, era necessario?" si lamentò Sherlock, chinandosi in avanti per esaminare il suo cappotto più da vicino. "Hai ladciato peli su tutto il cappotto! Guarda quello! È quasi impossibile non vedere i peli rossi sui vestiti neri. Stai più attento."

John avrebbe voluto sorridere... sembrava che avesse appena scoperto un modo delizioso per punire Sherlock se avesse esagerato con gli esperimenti o qualsiasi altra cosa. C'era davvero un lato positivo in ogni situazione se guardavi abbastanza a lungo e attentamente. E a quanto pare, aveva appena trovato questo.

"A pensarci bene, non farlo." Sherlock attraversò a grandi passi la stanza e si lasciò cadere sulla sua poltrona, osservando John sopra le dita appuntite, gli occhi che brillavano. " Possiamo condurre un esperimento per scoprire quali tessuti sono particolarmente vulnerabili ai peli dei cani e quali sono più resistenti ai peli aderenti."

E così se ne andava l’idea della punizione. John decise che avrebbe dovuto davvero saperlo.

"Ora dimmi, stai provando qualche disagio?” chiese Sherlock. "Nausea, vertigini, disorientamento, confusione, stanchezza, febbre?"

John gli lanciò una lunga occhiata vuota.

"Oh giusto, non puoi parlare. Continuo a cancellarlo,” disse Sherlock, agitando una mano sprezzante. "Annuisci solo se stai sperimentando uno dei sintomi citati."

Lui non si mosse di un centimetro.

"Bene. Che ne dici di battito cardiaco elevato? Difficoltà a respirare?"

John sbuffò, lanciandogli un’occhiataccia. Come se in qualche modo lui non avrebbe trovato una maniera per rendere evidente se fosse stato in difficoltà medica!

"Sembra che tu ti sia calmato da quando siamo arrivati," osservò Sherlock. "Stavi tremando davvero molto quando siamo partiti da Baskerville, e anche la macchina sembrava essere stata un'esperienza piuttosto spiacevole. Il rumore, presumo?"

John emise un debole uggiolio di assenso. Un tale fracasso non avrebbe dovuto essere permesso. Era contento di essere fuori da quella cosa, anche se ovviamente poteva ancora sentire le macchine fuori Baker Street e fino a Marylebone Road. Diavolo, ora che si stava concentrando su di esse, poteva sentire ancora più lontano. Selezionò il motore rumoroso di un autobus dalla cacofonia all'esterno e ne seguì i progressi lungo Marylebone Road finché non fu impossibile distinguerlo dal traffico generale. Al di sotto di quel suono c'era il brontolio della metropolitana quando un treno si fermava alla stazione di Baker Street.

Completamente strabiliato, John si alzò e saltò dalla poltrona, inclinando la testa mentre cercava di decidere un altro suono su cui concentrarsi. C'era un gocciolio umido proveniente da qualche parte di sotto che sembrava interessante, quindi seguì il suono verso la porta.

"John? Dove stai andando?"

Oh, giusto, Sherlock era ancora lì. E santo cielo, la sua voce avrebbe dovuto essere illegale. John si voltò a guardarlo, poi fece un cenno con la testa verso la porta e continuò per la sua strada, le orecchie dritte in avanti mentre riportava l’attenzione al gocciolio.

Scendere le scale era un po’ più complicato del contrario, ma ci riuscì una volta capito che non si sarebbe ribaltato in avanti all'improvviso. Dietro di sé, poteva sentire Sherlock che lo seguiva al piano di sotto, il suo respiro era calmo ma qualcosa in lui diceva a John che il suo coinquilino era curioso. Be’, doveva solo aspettare e vedere.

Senza darsi la briga di aspettare che il suo coinquilino lo raggiungesse, John balzò lungo il corridoio verso la porta della signora Hudson, scoprendo che si apriva abbastanza facilmente sotto le sue zampe.

"Ma che... John!" gridò la padrona di casa, sporgendo la testa dalla cucina per vedere chi era entrato. "Cosa sta succedendo? Sherlock?"

"Credo che abbia sentito qualcosa, signora Hudson, anche se non posso dire cosa," spiegò Sherlock, varcando la porta e osservando John che si fermava nel corridoio e inclinava la testa, cercando di determinare da quale direzione provenisse il rumore. Ah, sì, il bagno. Seguì il rumore del gocciolio all’interno e verso la lavatrice. Il suono veniva da dietro, ne era assolutamente certo.

Uggiolando e girando la testa per controllare se Sherlock fosse ancora lì, zampettò lo spazio tra l’elettrodomestico e il muro.

"Buon Dio, non hai nascosto niente di morto lì dietro, vero Sherlock?” chiese la signora Hudson, saltando subito alla conclusione più probabile.

"Sono sicuro che me lo ricorderei,” disse Sherlock, avvicinandosi. "Andiamo, John, spostati, non posso vedere se tu stai in mezzo.”

John indietreggiò, guardando il suo amico sbirciare nella fessura.

"Il pavimento è bagnato," notò lui in tono blando, infilando il braccio il più possibile dietro la macchina. "Sembra che ci sia una piccola perdita in uno dei tubi. Le consiglio di chiamare un idraulico e di farlo riparare prima che il tubo scoppi e allaghi l'intero bagno."

Ritirando il braccio, si alzò e si voltò verso John. "Hai sentito l'acqua gocciolare dal nostro soggiorno?"

John annuì.

"Impressionante,” disse Sherlock, suonando come se lo intendesse davvero. "E davvero molto interessante. I tuoi sensi molto probabilmente miglioreranno ancora di più man mano che continuerai ad adattarti ad essi. Dovremo sperimentare su questo, vedere fino a che punto si estende il tuo raggio uditivo." All'improvviso, sogghignò. "È fantastico! Puoi spiare Mycroft dall'altra parte della strada!”

"Be’, immagino che avrei dovuto aspettarmelo," pensò John mentre guardava Sherlock prendere appunti sul suo piccolo taccuino. "Posso sembrare un cane, ma in verità sono stato trasformato in una cavia."


*****


Poco tempo dopo, erano tornati di sopra e Sherlock era impegnato a condurre un altro esperimento, che consisteva nel posizionare diversi oggetti sul tavolino da caffè, dicendo a John di rimanere lì e poi andarsene lui stesso, solo per poi nominare uno degli oggetti. Entrò nella sua camera da letto e, a giudicare dai suoni, si coprì la testa prima di parlare. Entrò in bagno e aprì la doccia prima di mormorare una parola. John rimase in soggiorno, le orecchie dritte mentre aspettava che Sherlock parlasse, e poi spinse giù dal tavolo l'oggetto che aveva menzionato.

Un cuscino, la sciarpa di Sherlock, una palla di gomma, il teschio, uno straccio da cucina.

Dopo ogni parola, Sherlock tornava indietro da dove era andato, correva su per le scale dalla porta principale o scendeva dalla stanza di John, guardava l'oggetto sul pavimento ed esclamava "Eccellente, John!" come se John avesse appena vinto l'oro alle Olimpiadi o qualcosa di altrettanto monumentale.

Il loro giochino fu interrotto dall'arrivo di una macchina. A dire il vero, fu interrotto prima dell'arrivo della macchina, perché John riconobbe abbastanza chiaramente il rumore di quel motore: dopo tutto ne era sfuggito solo circa due ore prima. Proprio mentre Sherlock stava per andare a nascondersi nel 221c o in un posto altrettanto ridicolo, John uggiolò e girò la testa verso la finestra.

"Oh, e adesso?” chiese Sherlock.

John saltò sulla sua solita poltrona e volse gli occhi verso la porta con aria d’aspettativa. Fuori, l'elegante macchina nera rallentò fino a fermarsi.

Guardò Sherlock che scostava le tende e guardava fuori, mormorando un'imprecazione. "Mycroft."

Era davvero Mycroft, e ora che si era sistemato nel loro appartamento, circondato dal loro profumo familiare e ragionevolmente al sicuro da un attacco di panico, John fu finalmente in grado di prestare attenzione a ciò che il suo naso gli diceva dell'altro uomo.

Mycroft odorava... be’, aveva l’esatto odore di come appariva: come qualcuno che trascorreva la maggior parte del suo tempo in un ufficio arredato in modo costoso facendo cose molto importanti. Quello, e un forte odore d’autorità e pasticcini. Quest'ultimo fece nascondere a John il viso nel bracciolo della poltrona nel caso in cui la sua espressione in qualche modo lo tradisse.

"Non c'è una sorta di legge che ti proibisca di perseguitarmi due volte in un giorno?" chiese Sherlock dalla sua poltrona dove era seduto, prima che Mycroft potesse persino aprire la bocca per dire "Ciao.”

"E buon pomeriggio anche a te, fratello caro,” disse Mycroft, inoltrandosi nella stanza. Uno dei suoi innumerevoli lacchè lo seguì con una grande scatola, che Mycroft gli fece cenno di appoggiare sul tavolino. L’uomo eseguì e si ritirò di sotto per aspettare davanti alla porta. "Ho preso le disposizioni necessarie, preparato i documenti pertinenti e informato i nostri genitori della situazione.”

John osò alzare di nuovo la testa per osservare ogni sua mossa, sentendosi sospettoso. C'era un'aria di divertimento nel portamento di Mycroft. Non riusciva a spiegare come l'avesse capito, perché il fratello maggiore di Holmes aveva lo stesso aspetto di sempre. Quindi Mycroft aprì la scatola e ne tirò fuori uno degli oggetti assortiti. "E, naturalmente, ho portato tutta l'attrezzatura necessaria."

Teneva sollevato un collare di cuoio marrone, dall'aspetto robusto e adeguatamente consumato, come se avesse già visto la sua giusta dose di utilizzo. Una targhetta rotonda luccicava su un anello che vi era attaccato.

"Questo contiene il nome che avevamo concordato e sul retro c'è il tuo numero di telefono, quindi se John si perde per qualsiasi motivo, tutto ciò che deve fare è trovare qualcuno con un cellulare e un po’ di compassione,” spiegò Mycroft. "Confido che non dovrebbe essere troppo difficile."

John sbatté le palpebre. Avevano concordato un nome per lui? Quando era successo?

Sherlock si alzò e prese il collare da suo fratello, esaminandolo da ogni angolazione. "Suppongo che andrà bene,” ammise. "John?"

John fissò il cuoio con un misto di disprezzo e apprensione. Non gli piaceva l’idea di qualcosa al collo, ma a livello intellettuale sapeva che un collare era necessario. Emise un sospiro e si rassegnò al proprio destino. Almeno sarebbe stato solo per un po’.

Sedendosi dritto, permise a Sherlock di chiudergli il collare intorno al collo e di allacciare la fibbia.

"Dimmi se ti sembra troppo stretto," mormorò Sherlock, facendogli scorrere una mano confortante lungo il collo e sopra la spalla in un gesto che era chiaramente inconscio.

John non aveva modo di dirgli che qualsiasi tipo di restrizione intorno al suo collo sarebbe stata troppo stretta, quindi si limitò a concentrarsi sul respiro e lottò per adattarsi al peso intorno alla gola.

Non andava poi così male come aveva temuto, il che era un vantaggio decisivo, ma la sensazione non gli piaceva molto lo stesso. Non era troppo stretto, però, e non si sentiva in alcun modo limitato nella capacità di respirare. Un po’ più fiducioso grazie a quel fatto, rivolse a Sherlock un secco cenno del capo.

"È tutto?” chiese Sherlock, riportando la sua attenzione su Mycroft. "Sentiti libero di andartene in qualsiasi momento. Sono sicuro che ti stiamo impedendo d’iniziare un'altra guerra da qualche parte."

"Affascinante,” disse suo fratello, non sembrando affatto affascinato. "C'è, in effetti, un'altra questione. Nel caso in cui John dovesse perdere il collare, per qualsiasi circostanza, avremo bisogno di un altro metodo d’identificazione. L'opzione più semplice sarebbe un chip sotto la pelle..."

A questo punto, John snudò le zanne e ringhiò con successo.

Mycroft inarcò un sopracciglio e continuò imperturbabile: ”... e l'altra opzione sarebbe un numero d’identificazione tatuato all'interno dell'orecchio."

Accaddero diverse cose contemporaneamente: John imparò a ringhiare più forte, ad appiattire le orecchie e far rizzare i peli sulla nuca, e Sherlock si inserì tra Mycroft e John con un movimento fluido, i denti scoperti come se fosse lui stesso un cane. "No."

Passarono diversi secondi in cui l'unico suono fu il ringhio continuo di John.

“... o forse possiamo accontentarci del collare e confidare che John troverà la strada per tornare a casa nell'improbabile caso che lo perda,” offrì Mycroft, chiaramente rendendosi conto di essere in grave pericolo di essere azzannato da uno degli abitanti dell'appartamento, quale dei due era ancora in discussione.

Sherlock non rispose, ma John smise di ringhiare, anche se tenne i denti scoperti per indicare che era felice di riprendere a farlo in qualsiasi momento.

"Molto bene,” disse Mycroft. "Vi lascerò per conto vostro, ora. E Sherlock, cerca di ricordare che non essere in grado di parlare non significa che puoi presumere che ti sia stato dato il consenso a fare tutto quello che vuoi. Buona giornata."

In risposta, Sherlock prese un posacenere dalla scrivania con la chiara intenzione di lanciarlo. Per fortunata, Mycroft in realtà non era un suicida e quindi uscì senza pronunciare un'altra parola.


*****


La loro prima sera a casa trascorse in modo piuttosto tranquillo. Sherlock passò un po’ di tempo a esaminare la scatola delle cose che Mycroft aveva lasciato, tirando fuori vari oggetti come una ciotola per cibo e acqua, un grande sacchetto di crocchette per cane che John decise avessero un odore sorprendentemente attraente, diverse palline da tennis, una sorta di aggeggio di plastica chiamato lanciatore di palline, apparentemente usato per lanciarle il più lontano possibile senza slogarsi il braccio durante il processo, e una grande cuccia per cani che Sherlock mise davanti al caminetto tra le loro poltrone per amore delle apparenze.

Infine c'era un guinzaglio, fatto di pelle marrone che si adattava al collare di John e la cui lunghezza poteva essere regolata. John non ne fu molto contento, ma ovviamente sapeva che un guinzaglio era inevitabile se voleva uscire dall'appartamento.

Ora che il caso Baskerville era stato risolto e l'eccitazione dopo l'inaspettata trasformazione di John si era calmata, Sherlock era chiaramente stanco, anche se aveva cercato di nasconderlo. In qualsiasi altro momento, John avrebbe potuto non saperne nulla, ma ora poteva letteralmente annusare la stanchezza che s’irradiava dal suo amico e si chiese quale fosse il modo migliore per ordinargli di andare a letto.

Alla fine, decise che sarebbe dovuta bastare la pantomima, così saltò giù dalla sedia e andò a ispezionare la cuccia grigia incastrata tra la poltrona di Sherlock e il caminetto. L’annusò, ma non riuscì a rilevare nient'altro che il profumo di stoffa nuova e del lacchè di Mycroft che aveva preparato la scatola. John lanciò un gemito sommesso per attirare l'attenzione di Sherlock, poi si lasciò cadere sulla cuccia.

"Sai di avere un vero letto perfettamente adeguato al piano di sopra, vero?” chiese Sherlock.

John scosse la testa, si alzò, si avvicinò al punto in cui Sherlock era ancora in piedi vicino al tavolino da caffè e gli spinse la gamba con la testa in direzione della cuccia.

Al massimo, Sherlock sembrò perplesso, qualcosa che non accadeva spesso. "È un po’ piccola per me, John. Certo, tu ci saresti stato anche nel tuo corpo umano, ma davvero non vedo cosa abbia a che fare con me."

Buon Dio, in quel momento l'uomo si stava comportando in modo straordinariamente ottuso. John decise di incolpare l'esaurimento, naturalmente Sherlock non aveva dormito per niente negli ultimi quattro o cinque giorni. Borbottando per la frustrazione per la sua incapacità di comunicare quel che intendeva, diede di nuovo un colpetto a Sherlock, poi si diresse verso la cucina, dove si voltò e gli lanciò uno sguardo d’attesa. Sherlock inclinò la testa di lato, guardandolo pensieroso. "Quindi non si tratta della cuccia, vero?"

John annuì, poi fece un altro paio di passi in cucina. Quando Sherlock non si mosse, uggiolò di nuovo.

"Dovresti davvero abbaiare in codice Morse," mormorò Sherlock, seguendolo infine. "Questo sarà davvero molto noioso."

John alzò gli occhi al cielo, poi proseguì attraverso la cucina e nell'ingresso, fermandosi davanti alla porta della camera da letto di Sherlock.

Il suo coinquilino lo seguì, aprendo la porta e guardandolo con uno sguardo curioso "Sei già stato qui dentro prima, John, è sempre la stessa stanza."

"Oh, per l'amor di Dio!" pensò John, muovendosi finché non fu dietro Sherlock e premendo la testa contro le sue gambe per spingerlo in avanti e dentro la stanza.

Il detective si bloccò a metà strada verso il letto. "È questo il tuo modo di spedirmi a letto?"

John abbaiò felicemente. Finalmente! C'erano voluti secoli per trasmetterlo. Davvero, cosa stava succedendo nella testa di Sherlock? Doveva essere davvero molto stanco se non poteva fare una semplice deduzione come questa.

Sherlock sbuffò. "I tuoi tentativi di mimica sono nel migliore dei casi pietosi, John. Anche se è bello sapere che hai conservato abbastanza della tua personalità e dei tuoi schemi di pensiero per sentire ancora l'inclinazione a farmi da balia. Non vedo davvero il punto, comunque. Non mi sento molto stanco... per niente."

Quest'ultima affermazione avrebbe potuto suonare più sincera se non fosse stata interrotta da uno sbadiglio. John gli sbuffò contro e lo spinse verso il letto.

"Va bene, va bene, ma solo perché non c'è più niente da fare," borbottò Sherlock. "Sempre così prepotente."

John si limitò ad ansimare allegramente, sperando che ciò trasmettesse in modo adeguato il suo accordo, poi si voltò e lasciò l'amico a se stesso. Se non fosse andato a letto, l'avrebbe sentito e sarebbe semplicemente tornato per rafforzare il punto.

Per fortuna, Sherlock non richiese ulteriori spintarelle. Una volta chiusa la porta alle spalle di John, si udì il fruscio degli abiti mentre si toglieva il completo e lo cambiava con il pigiama (almeno così suonava) e poi ci fu il rumore di un corpo che colpiva il materasso e dopo di che, silenzio. John sospirò tra sé. Quel pazzo segaiolo era chiaramente sul punto di svenire ormai da ore. Se non fosse stato per quello stupido incidente in laboratorio, si sarebbe spento come una lampadina ore prima, questo era certo.

Sbuffando tra sé, John uscì dall'appartamento principale e salì le scale fino alla propria camera da letto. Riuscì ad aprire la porta da solo, saltò sul letto senza preoccuparsi di accendere la luce e scoprì un grande vantaggio di essere un cane: non c'era bisogno di cambiarsi o lavarsi i denti prima di andare a letto. Invece, poteva semplicemente intrufolarsi sotto le coperte e raggomitolarsi in una calda palla di pelo.

Chiuse gli occhi, sperando di addormentarsi alla svelta, ma ovviamente ora che non c'erano distrazioni sotto forma di movimenti di Sherlock, il suo cervello iniziò a concentrarsi su tutti gli altri suoni che le sue orecchie potevano percepire.

C'erano le macchine fuori, meno numerose ora che la maggior parte delle persone era già a casa e nei loro letti, intervallate dagli autobus e dalla metropolitana. C'erano alcuni pedoni che camminavano lungo Baker Street e le voci alzate di una coppia a metà litigio dall'altra parte della strada. E, cosa più fastidiosa di tutte, c'erano quelli sposati della signora Turner della porta accanto, che usavano il loro letto in un modo che aveva poco a che fare con il sonno.

John provò a gemere, ma venne fuori come un misto tra un uggiolio e un ringhio, il che non fu molto sorprendente, davvero. Il suono dei loro vicini che ci davano dentro e se la godevano immensamente, a giudicare dal suono, serviva solo a ricordargli che di certo non si sarebbe fatto una scopata fino a quando l'intera catastrofe non fosse stata sistemata e lui non fosse tornato nel proprio corpo. Non poteva nemmeno farsi una sega, per l'amor del cielo, perché anche se avesse trovato qualcosa di comodo contro cui strofinarsi come aveva visto fare ad alcuni cani, semplicemente non c'era modo in cui sarebbe riuscito a ripulire il casino dopo e Sherlock non l’avrebbe più lasciato vivere, se l’avesse scoperto.

Il pensiero della masturbazione e di Sherlock guidò i suoi pensieri lungo un percorso prevedibile e si chiese se il suo udito nuovo e migliorato gli avrebbe permesso di scoprire se mai il suo coinquilino... 'Oh, fanculo. Non ci penserò!'

Si rannicchiò un po’ più stretto sotto la coperta e cercò di pensare a qualcosa, qualsiasi cosa, che non fosse Sherlock che si dava piacere. Alla porta accanto, i lavori raggiunsero un crescendo. John decise che il mondo era ingiusto sotto ogni punto di vista.

 

 


NdT: Allora, cosa ne pensate del rientro a Baker Street? 😊
   
 
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