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Autore: Louis Agreste    03/05/2021    2 recensioni
Come compito, Adrien deve fare un tema sul lavoro dei suoi sogni, però è bloccato: lui non sa cosa vuole fare da adulto. Al posto di soffermarsi sul suo compito, continua a pensare a tutti i suoi compagni, che sembravano già avere un'idea bella chiara del loro futuro. Tutti, tranne lui.
Ha bisogno di una mano, che sicuramente non possono dargli Nathalie o la sua guardia del corpo, tantomeno suo padre. Per questo chiamerà la persona con cui, dopo Nino, riesce a parlare con più tranquillità: Marinette.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nathalie Sancoeur
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'One-shot Compilation'
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Adrien fissava il foglio bianco del suo quaderno e batteva la penna su quest'ultimo, nel vano tentativo di concentrarsi e riflettere su quello che era il compito assegnato. Al sentire la consegna, a differenza dei suoi compagni, non aveva reagito in maniera entusiasta, e qualcuno in particolare si era accorto di questo piccolo dettaglio. Se c'era una cosa a cui non aveva mai pensato seriamente, era proprio il suo futuro, il lavoro che avrebbe tanto sognato di fare una volta finiti gli studi. Di tempo per riflettere sulla propria vita non ne aveva così tanto, però, ritrovarsi a guardare al futuro per la prima volta non lo tirava su di morale, considerato il fatto che sembrava essere l'unico della sua classe a non avere un vero e proprio lavoro dei sogni. Amava essere un supereroe, ma quello non era esattamente un lavoro e, a lungo andare, forse non ci sarebbe più stato bisogno di lui, come di Ladybug, quindi, presto o tardi, avrebbe comunque dovuto riflettere su questo.
Era proprio bloccato in un vicolo cieco, con nessun sogno che riguardasse un qualsiasi lavoro.

«Ahhh... Eccomi, scusami se ci messo tanto a salire.»

Udita la voce i suoi occhi si sgranarono, ma, una volta diretta la testa verso l'origine, sorrise, girando sulla sedia da ufficio per guardare in viso la ragazza che era appena entrata nella sua stanza. L'aveva chiamata senza alcun preavviso e in così poco tempo era arrivata a casa sua, non aveva nulla di cui scusarsi, lei.

«No, scusami tu per averti chiamata all'improvviso... sicuramente ti ho disturbata» le rispose mentre la guardava appoggiare lo zaino poco lontano dalla sua scrivania.

«Ma cosa dici? Se si tratta di aiutare un mio amico non è un disturbo, sai che non mi tiro mai indietro quando si tratta di questo.»
«Sì, lo so bene» le rispose con un piccolo sorriso, completamente dedicato a lei, che aveva appena recuperato l'astuccio e il quaderno dalla cartella.

Adrien aveva già preparato accanto a sé un'altra sedia girevole, richiesta a suo padre tempo prima, dal colore rosa tenue. Sapeva quanto Marinette amava il rosa e, per farla sentire maggiormente a suo agio in quella che era la villa mastodontica di suo padre, aveva scelto un qualcosa di semplice e giusto per lei.

«Allora, mi dica, signorino Agreste...» lo chiamò per cognome lei una volta seduta al suo fianco, con già il quaderno sulla scrivania: «Come mai, uno studente in gamba come lei, ha chiesto aiuto a una sua umile compagna di classe?»

Adrien rise a quel teatrino: apprezzava il suo senso dell'umorismo.
Da quell'ormai lontano giorno al museo, aveva creduto di aver perso l'amicizia che c'era tra lui e Marinette, però, alla fine, quella sua impressione, tanto difficile anche solo da mandare giù, non si era rivelata veritiera. Il rapporto che aveva con Marinette migliorava ogni giorno di più, ed era grato di avere accanto a sé una ragazza fantastica come lei.
Girò sulla sedia verso destra e si bloccò sui suoi occhi azzurri, così da dirle in modo diretto e sincero la questione.

«Beh... puoi crederci o meno, però... io non ho un lavoro dei sogni.»

Lui abbassò lo sguardo rimanendo serio in volto, con i gomiti appoggiati alle gambe e le mani unite. Marinette, invece, spalancò gli occhi un istante dopo, sbattendo più volte le palpebre e socchiudendo la bocca dalla confusione.

«Aspetta... cosa?» chiese una volta analizzata per filo e per segno l'affermazione del ragazzo.

«Io non so cosa voglio fare da grande, meglio così?» ripeté come avrebbe fatto un bambino, ritrovandosi lei a guardarlo dispiaciuta una volta alzato lo sguardo.

Lui reagì con una smorfia: conosceva abbastanza Marinette e sapeva che, molto spesso, venire a sapere di certe cose le influenzava di parecchio l'umore.

«Tu non hai... mai pensato a cosa volevi fare da grande? Non avevi un sogno da bambino?» gli chiese una volta fatta girare anche la sua di sedia, così da guardarlo dritto in volto.

«No.» le rispose quasi subito, notando il suo sguardo incupirsi ancor di più: «Sai com'è... Ho passato la mia vita sotto gli ordini di mio padre e le attenzioni di mia madre, non ho sempre avuto i permessi che ho adesso e, quasi sicuramente, anche se avessi mai avuto dei sogni che mi avrebbero portato lontano da casa, non sarebbe piaciuto a mio padre. Dentro di me sapevo già che lui non mi avrebbe permesso tante cose...»

Marinette era rimasta ad ascoltarlo in religioso silenzio, con già le mani strette tra loro per tenere a bada la rabbia, scaturita dal modo in cui il signor Agreste faceva la parte del genitore autoritario. Esistevano gli iperprotettivi, ma arrivare addirittura a proibire al proprio figlio di sognare era qualcosa che lei non sarebbe mai riuscita a mandare giù, e non perché si trattava di Adrien, ma perché era proprio sbagliata l'idea dal principio.

«Quindi... questo. Anche dopo tutte le concessioni che sono riuscito ad ottenere, io non mi sono mai fermato due secondi a riflettere su questo fantomatico "lavoro dei sogni"...» concluse mimando le virgolette con le dita: «... Però è bello vedere che tutti i miei amici sanno già cosa vogliono fare, almeno riesco ad immaginarli bene alle prese con la loro vita da adulti.»

Marinette istintivamente avvicinò la mano a lui e la appoggiò sulla sua spalla, catturando la sua attenzione insieme ai suoi occhi verdi smeraldo, nei quali era tranquillamente visibile quella leggera nota di tristezza. Sapeva ormai da un po' che la vita di Adrien non era esattamente perfetta, però lei desiderava il meglio per lui, per questo motivo avrebbe aiutato il suo caro amico a ritrovare la voglia di sognare tipica dei bambini.

«C'è una prima volta per tutto Adrien. Se vuoi davvero una mano, io ti aiuterò a tornare bambino e capire cosa vorresti tanto fare da grande, ci stai?» gli propose rivolgendogli un caloroso sorriso, che lui ricambiò quasi all'istante.

Lei era stata la prima persona che gli era venuta in mente, aveva rimuginato abbastanza su questa sua scelta repentina, ma adesso che vedeva nei suoi occhi la voglia di aiutarlo, si sentiva più che lusingato da quelle attenzioni, oltre che rassicurato.

«Grazie Marinette, sei davvero fantastica» le rispose dopo diversi secondi di silenzio, rimanendo incantato a guardarla per un po'.

Fu lei però a rompere quel contatto, allontanando prima la mano dalla sua spalla e poi girando di nuovo sulla sedia per tornare con le braccia sulla scrivania, cosa che fece anche lui.

«Quindi... da dove si comincia?» le domandò dopo diversi secondi di silenzio, voltando lo sguardo nella sua direzione e incrociando ancora i suoi occhi.

«Ecco... forse dovresti prima compilare un elenco delle cose che ti piacciono, così possiamo restringere il campo.»
«Quindi dovrei tipo... scrivere quello che mi piace?»
«Sì, per esempio... praticare scherma, ti piace?» sparò lei dopo averci riflettuto su un attimo.

Adrien ridusse la bocca a una linea retta e annuì leggermente, guardando lei sorridergli e poi spostare lo sguardo sul quaderno per appuntare ciò che avevano detto.

«Va bene, qualcos'altro... studiare cinese?»
«Sì, ma più che altro perché può servire, ricordi con lo zio di tua madre? Mi sono divertito a parlare con lui, anche se poi si è scoperto che parlava anche francese…» le rispose spostando poi lo sguardo altrove, sorridendo al sentire la leggera risata di lei.

«Sì, mi ricordo. Io che sono di origine cinese non so nemmeno una parola, servirebbero a me quelle lezioni.»
«Potrei anche fartele io...» propose con il tono di voce basso, ma lei aveva comunque sentito: «… le lezioni di cinese intendo» specificò lui leggermente imbarazzato.

Al sentire le sue parole, Marinette ebbe come un lampo di genio: Adrien era uno studente ottimo. Ricordava che, addirittura, a San Valentino era riuscito a seguire la lezione anche da occupato a scrivere una poesia, che lei aveva recuperato una volta finite le lezioni.

«Fare l'insegnante potrebbe piacerti?» gli domandò a bruciapelo, dopo essere rimasta in silenzio per un po', notando la leggera confusione nel suo sguardo: «Non dico per forza di cinese, ma di qualche materia che ti piace.»
«… Tipo fisica?» propose lui ancora leggermente confuso, guardando Marinette annuire mentre appuntava tutto sul quaderno.

Quella ragazza lo stava aiutando tantissimo. Prima gli era sembrato di vederla immobile a fissare il vuoto, ma in realtà la sua mente era occupata nei ragionamenti contorti alla Marinette. Aveva davvero una mente brillante, era brava anche lei a scuola e lui rimasto impressionato al sentire dalla stessa prof che, in un compito, non aveva sbagliato nemmeno una risposta.

«Ok, l'insegnante è un opzione... poi?»
«… Non basta quella?»
«Non sembravi molto convinto della cosa, quindi è meglio cercare più alternative» gli spiegò con il solito sorriso premuroso.

Adrien sorrise grato, reprimendo dentro di sé l'impulso di abbracciarla in quell'istante, forse per il momento non proprio adatto. Dopotutto erano occupati con altro al momento, dopo nessuno glielo avrebbe impedito.

«… Non ti vengono altre idee in mente?»
«Eh? No, scusami… riflettevo sul fatto che, essere un modello, non mi renderà la vita tanto facile. Qualsiasi lavoro sceglierò, ci sarà sempre qualche mio fan in giro che mi chiederà l'autografo, e a me non-»
«Non ti piace fare gli autografi, lo so» lo interruppe lei ancora occupata ad annotare il tutto.

Glielo aveva detto? Non ricordava di averlo fatto.

«Come fai a saperlo?»
«… Ti ho sentito quando l'hai ricordato a Chloé, ero ancora in classe.»
«Aaah... Non ricordavo» le rispose sorpreso di essere stato tanto distratto quel giorno.

Forse, l'aver scritto una poesia per Ladybug mai consegnata e la risposta che si era ritrovato tra le tante lettere, avevano catturato tutta la sua attenzione, oltre al suo teatrino da super cattivo e spalla di Dark Cupido.

«Aveva spacciato quel poster per una petizione per fermare la violenza contro i criceti. Chloé conosce la mia passione per i criceti e, a quanto pare, sa anche come sfruttarla.»
«… A te piacciono i criceti?» domandò Marinette, quasi sconvolta da quella scoperta.

«Certo, sono così piccoli e adorabili. A te non piacciono?»
«Piacermi? Io adoro i criceti!» esclamò la ragazza con due occhi accesi quanto due stelle, facendo sorridere ancora di più il ragazzo.

Se lo ricordava, merito della colazione che aveva fatto a casa sua, dopo essere stato invitato dal padre di lei, successivamente akumizzato in Weredad per la sua irrefrenabile voglia di proteggere la figlia. Si era chiesto un paio di volte se Marinette avesse superato quei sentimenti per il suo alter-ego, e vederla in buoni rapporti con Luka avrebbe dovuto sollevarlo da quel peso, eppure, quando non c'era nessuno a distrarlo, al solo pensiero sentiva un forte nodo allo stomaco.

«Adrien, tutto bene? Sei diventato cupo all'improvviso…»
«Eh? No tranquilla, sto bene. Stavo solo… pensando a una cosa, nulla di che.»
«… Stavi pensando a tua madre?»

Non era esattamente lei la protagonista dei suoi pensieri, però era incredibile come Marinette si accorgeva così facilmente dei suoi stati d'animo, addirittura si era preoccupata per un singolo secondo di tristezza nel suo sguardo.

«Non proprio, però grazie per essere sempre così premurosa.»
«Sono fatta così, mi preoccupo se da raggio di sole passi ad eclissi solare…»

Adrien rimase a fissarla interdetto per un paio di secondi, prima di scoppiare a ridere di gusto, sconvolgendo non poco la ragazza.

«… Ti ha fatto ridere così tanto? Era una battuta da niente.»
«Per te forse, a me è piaciuta… e tanto…» le rispose mentre cercava di tornare a respirare, ancora scosso da lievi risate.

Marinette sorrise imbarazzata a quella risposta, ancora sorpresa di averlo fatto ridere con una battuta come quella.
Fu un improvviso pensiero ad allargare il suo sorriso, quello di poter addirittura fare una gara con quel comico felino che tanto si vantava della sua bravura, al quale, però, non voleva certo rubare il titolo di "comico" tra loro due. Una volta riuscito a regolare di nuovo il respiro, Adrien tornò a guardare la ragazza al suo fianco, della quale notò il sorriso leggermente diverso da quello che aveva intravisto lui poco prima.

«Ehm… andiamo avanti?» le chiese gentilmente senza approfondire quel suo sospetto, seppur fremeva dalla curiosità.

«Certo, ti è tornato qualcosa in mente, oppure hai ancora bisogno di me?»
«Non credo di aver… trovato ancora il mio "lavoro dei sogni".»
«Dobbiamo rimanere sulle cose che ti piacciono, dopotutto il lavoro deve seguire le tue preferenze.»
«Ma in generale?»
«Esatto, come lo studio di un'altra lingua o gli sport che pratichi. Tutto può esserti d'aiuto per arrivare a capire qual è il tuo lavoro dei sogni.»
«Mh…» mugugnò lui poco convinto.

Lei decise di non metterci ulteriormente zampino, gli consegnò la penna e lo spinse ad appuntare ogni cosa che gli venisse in mente. Adrien a quel punto ritrovò abbastanza fiducia e prese a scrivere, finendo per fissare quelle tre cose che aveva scritto assieme a Marinette.

«"Prendermi cura delle persone bisognose di aiuto, aiutare i poveri animali che non sempre riescono a farcela da soli... passare del tempo con la mia famiglia"…» lesse lei ad alta voce, bloccandosi un attimo quando cominciò a leggere l'ultima cosa da lui scritta.

«Non… non vanno bene?» chiese lui chiudendo la penna, guardando lei negare più volte con la testa.

«No no no, vanno benissimo! Sei una persona molto altruista e sei pronto a farti in quattro per qualcuno a cui tieni, non c'è nulla di brutto in questo.»
«… Dici davvero?» chiese lui ancora leggermente insicuro, ricambiando il sorriso di lei quando annuì.

«A leggere queste cose i lavori che mi vengono in mente sono medico, veterinario…»
«… E per questo?» domandò indicando l'ultimo appunto, guardandola appoggiare la testa alla mano aperta.

Adrien non aveva più chissà quale rapporto con suo padre, però, se il suo più grande sogno era quello di non diventare come lui, ma di voler essere un padre presente e amorevole, non aveva chissà quali idee in mente, visto che, in un modo o nell'altro, dei momenti i padri li trovavano sempre.

«Beh… se vuoi diventare un super papà, allora fare il casalingo non è una cattiva idea.»
«Il casalingo?»
«Così sei sempre a casa e non devi preoccuparti di impegni o incontri di lavoro, puoi passare tutto il tempo che vuoi con la tua famiglia…» gli spiegò con un tono abbastanza strano, cosa che gli fece storcere il naso.

Sì, forse come idea non era tanto male, ma anche solo sentire il modo in cui Marinette aveva risposto, non gli aveva fatto fare i salti di gioia.

«… Tu credi che non potrai passare tanto tempo con la tua famiglia?»
«Io spesso potrei anche lavorare a casa, ma non è detto… e poi, restando sola assieme ai miei, non vedo come potrebbe nuocere un lavoro stressante.»

A quella risposta Adrien spalancò gli occhi. Marinette? Da sola? Ma che cosa le era saltato in mente?!

«Non ti sembra un po' troppo… brutta, come ipotesi?»
«Brutta lo è, ma purtroppo non sempre la vita va come vorresti. Lo sai, no?»
«Sì, ma… stare da sola? Perché?» le chiese ormai troppo coinvolto da quella cosa, oltre che preoccupato per lei.

«Adrien, perché ti preoccupi? Anche se sarà così che male c'è?» domandò lei leggermente confusa dalla sua reazione.

«Eh… nulla. Non dico che tu non possa essere una donna indipendente, perché potresti benissimo conoscendoti, ma semplicemente non mi piace immaginarla così…» cercò di spiegare lui cominciando addirittura a gesticolare, come se in quel momento i loro ruoli si fossero invertiti: «… Non lo so, mi dispiace» concluse poi, essendosi accorto di come aveva dato voce ai suoi pensieri, ma in modo fin troppo contorto e senza né capo né coda.

Marinette lo guardò appoggiare i gomiti sulla scrivania e poi coprirsi la faccia con entrambe le mani, come per tentare di sparire per aver detto quelle cose. Forse il suo modo di guardare al futuro in modo così pessimista lo aveva fatto preoccupare e sicuramente non poco, a giudicare da come aveva reagito. Era meglio fermarsi e chiudere quell'argomento, così da potergli risollevare il morale.

«Ehi, ti va di fare una pausa?» gli chiese con un leggero sorriso, sporgendosi appena per cercare il suo sguardo.

«… Una pausa..?» mugugnò lui contro i palmi, aprendo leggermente le dita per guardarla.

«Pausa merenda, così ci rilassiamo un attimo. Che ne dici?» gli chiese con entrambe le mani appoggiate sulle gambe.

Adrien si decise ad abbassare entrambe le mani e fece per alzarsi dalla sedia, ma fu Marinette a fermarlo, per poi alzarsi al suo posto, in direzione della porta.

«Guarda che posso andare io a chiedere a Nathalie di portarci qualcosa.»
«Non ho bisogno di chiedere, ho portato qualche macarons e un paio di croissant da casa» gli spiegò piegandosi sulle ginocchia.

Aprì la zip dello zaino e da quest'ultimo tirò fuori il sacchetto con sopra stampato il logo della boulangerie, che mostrò con un leggero sorriso ad Adrien, il quale non distolse più lo sguardo da quello. Marinette si rialzò in piedi e tornò seduta accanto al ragazzo, aprì il sacchetto e, per prima cosa, prese uno dei croissant e lo porse all’amico, al quale si illuminarono subito gli occhi.

«… Ma puoi essere più fantastica di così?» le domandò una volta preso il dolce tra le mani, il quale addentò quasi subito, con addosso l’espressione leggermente confusa di lei.

Marinette sorrise grata per quelle parole, poi imitò il ragazzo, recuperando però un semplice macaron rosa acceso dal sacchetto, che poi appoggiò sulla scrivania. Il silenzio che seguì non fu imbarazzante, i due ragazzi di tanto in tanto distoglievano lo sguardo dalla loro merenda per guardare l’altro e il tutto si concludeva con una leggera risata da parte di entrambi, che cercavano di non scoppiare a ridere. Adrien, una volta finito il suo croissant, si avvicinò al sacchetto e sbirciò all’interno, con l'amica accanto che lo guardava divertita.

«Li hai preparati tu?» chiese una volta preso in mano un macaron di un rosa carne tra i tanti, il quale si portò vicino al naso per tentare di riconoscere il gusto.

«Sì, assieme a mio padre… e lui ha preparato il sacchetto» si ricordò Marinette una volta riconosciuto il macaron appena preso da Adrien, prima di distogliere lo sguardo con una smorfia al posto del sorriso.

Adrien lo osservò con occhio critico e poi se lo portò alla bocca tutto intero, sgranando gli occhi subito dopo averlo morso e aver riconosciuto il gusto.

«Ma… è nocciola e frutto della passione?» si chiese il ragazzo, voltando lo sguardo verso la ragazza e aggrottando lo sguardo quando lei non gli rispose: «… Squisito, comunque. Quali altri gusti ci sono?» domandò ancora lui, in attesa di una risposta da parte di Marinette, prendendo nel frattempo a frugare nel sacchetto.

La ragazza non rispose, ma rimase ancora in silenzio, occupata a maledire mentalmente il padre per aver aggiunto anche quel tipo di macarons. Una volta tornata a casa lo avrebbe sicuramente tartassato di domande a riguardo, non avrebbe mollato la presa tanto facilmente.

«Questo blu a che gusto è?»

Quella domanda la riscosse dal suo lungo filo di pensieri. Ingoiò il boccone e si voltò in direzione del ragazzo, che ancora non distoglieva lo sguardo da ciò che teneva con il pollice e l’indice.

«Quello? Dovrebbe essere al mirtillo»
«Al mirtillo? Come il tuo gelato?»
«... Il gelato?»
«Quello di André. Il tuo era al mirtillo, no?» le ricordò con un leggero sorriso, che si allargò quando lei aprì la bocca una volta comprese le sue parole.

«Beh sì, uno dei gusti era il mirtillo.»
«Ehehe, sono proprio curioso di assaggiarti allora» ridacchiò il ragazzo prima di dare un morso al macaron, senza accorgersi delle guance di Marinette, che si erano colorate di una leggera sfumatura di rosa.

Lei sorrise e lui sgranò gli occhi ancora una volta, rivolgendo subito lo sguardo verso la sua direzione, con anche lui un grosso sorriso, che a Marinette provocò una leggera risata. A giudicare da quella sua espressione, il macaron non gli era semplicemente piaciuto, e la conferma la ebbe non appena lui si portò il resto in bocca, masticandolo lentamente per goderselo appieno.

«Tu non ne prendi un altro?» le chiese Adrien subito dopo aver ingoiato, infilando ancora una volta la mano nel sacchetto.

La tirò fuori una volta presi due macarons, uno di colore azzurro e l’altro verde, i quali rimase ad osservare un attimo prima di avvicinare la mano aperta a Marinette.

«... Non hai fame?» le chiese chinando leggermente la testa di lato, senza distogliere minimamente lo sguardo da lei.

Marinette rimase ad guardarli per un po’, poi allungò la mano e prese quello verde, guardando il ragazzo prendere quello che aveva lasciato tra due dita e portarselo alla bocca, come fece anche lei.

«Mmm! Sei davvero buona, sai?» confessò Adrien una volta dato il primo morso, ridacchiando quando la ritrovò bloccata con il macaron tra i denti.

Marinette arrossì ancora sulle guance e cominciò a masticare velocemente, così da tenere la bocca occupata mentre Adrien si leccava i baffi. Non aveva mai passato così tanto tempo da sola con lui, in tranquillità soprattutto, e ricevere tutti quei complimenti non smetteva di farla sciogliere. Era un ragazzo dolce e gentile, oltre che sincero, e lei era contenta di poter essere sua amica, oltre ad avere quel rapporto speciale con lui.
Finì velocemente il suo macaron e, una volta ingoiato l'ultimo boccone, recuperò il sacchetto per richiuderlo e metterlo da parte, ancora determinata ad aiutarlo in quel compito.

«Allora, torniamo ad occuparci del tuo futuro?» propose voltandosi a guardarlo, ritrovandosi però uno sguardo dispiaciuto al posto di quello spensierato di poco prima.

Adrien infatti non aveva così tanta voglia di tornare subito ai compiti, voleva finirli il più presto possibile, però… non voleva passare tutto il pomeriggio sui libri, soprattutto quel pomeriggio. Poi gli venne in mente un idea. Evitando di sorridere, per non farsi scoprire in tempo zero da Marinette, girò leggermente il viso nella direzione opposta e chiuse gli occhi, focalizzandosi su un unico pensiero.

«Adrien… va tutto bene?» gli domandò Marinette appoggiando ancora una volta la mano sulla sua spalla.

Non ottenne una risposta, ma si ritrovò il polso bloccato dalla mano destra di lui, che ancora non si decideva a riaprire gli occhi o voltarsi.

«A-Adrien..?» balbettò lei stringendo i denti, bloccandosi come una statua quando lui girò finalmente il viso nella sua direzione: «… Adrien?»
«Io non sono Adrien…» rispose finalmente lui a bassa voce, ancora ad occhi chiusi e la bocca ridotta a una linea retta: «… Io sono Kobra, e voglio divertirmi un po’ con te!» esclamò lui spalancando all’improvviso gli occhi e sorridendo a trentadue denti, facendola rabbrividire da capo a piedi.

«Aaah!» urlò dallo spavento Marinette, perdendo l’equilibrio sulla sedia e cadendo a terra di schiena, arretrando velocemente con braccia e le gambe subito dopo.

Lì per lì, vedere Adrien ridotto in quel modo, le aveva davvero fatto prendere un colpo, però, una volta caduta, per un attimo aveva visto la preoccupazione in quegli occhi che, il ragazzo, aveva manipolato per farli sembrare da pazzo. Le era bastato un secondo per capire l’intento dell’amico, e in quel momento sorrise, tornando subito a recitare la parte della ragazza terrorizzata l’attimo dopo, ritrovando il ragazzo in piedi e con entrambe le mani alzate. In un certo senso, sembrava imitare l’Adrien-incubo in cui lei si era imbattuta per colpa di Sandboy, però le cose non sarebbero andate allo stesso modo, dopotutto non sentiva alcun bisogno di fuggire da quell’Adrien.

«Aaah! Ti prego, lasciami in pace!» urlò ancora a voce alta, subito dopo essersi rialzata in piedi per scappare.

Fu difficile per lei trattenere le risate. Dentro di sé sentiva quell’adrenalina e quelle emozioni che ricordava di aver provato da bambina, quando scappava da suo padre o sua madre e si divertiva con entrambi. Adrien forse non aveva passato la stessa infanzia, ma, se anche con questo l'avrebbe aiutato, non sarebbe sicuramente stata lei la guastafeste.

«Kobra non ascolta le prede… Kobra attacca solamente!» rispose lui, come lei occupato a correre per raggiungerla.

Marinette corse per le scale a chiocciola e raggiunse la libreria di Adrien, con sempre il ragazzo alle spalle, che non sembrava essere deciso ad arrendersi, ma determinato a catturarla. Lei rifletté un momento su come muoversi, ma le bastarono pochi secondi per ideare un piano niente male, il cui obiettivo era quello di permettere al topolino di catturare il serpente.

«Kobra ha tanta fame… Frena topolino!»
«Mai!» ribatté lei a gran voce, scorgendo con la coda dell’occhio il sorriso di Adrien, che di pazzo ormai non aveva più niente.

Marinette poi scorse la carrucola e sorrise, si avvicinò alla ringhiera e, appoggiata la schiena a questa, si aggrappò con le mani.

«Prova a prendermi!» lo sfidò prima di arrampicarsi e poi saltare verso la carrucola.

Adrien rimase a fissarla attonito, finché non la vide raggiungere il punto opposto della libreria e poi scivolare giù con il palo dei pompieri. Non ricordava di aver mai visto Marinette dimostrare tutta quella agilità, però dire che lui era rimasto sconvolto era poco. 

«Wow...» sussurrò ancora a bocca aperta, scuotendo poi la testa per tornare nel personaggio: «Topolino… dove sei?» la chiamò lui, sempre cercando di mantenere quel tono da pazzo che gli era capitato di sentire in molti film e serie TV.

Con passo veloce raggiunse anche lui le scale, ma, una volta scesi tutti i gradini, cominciò a girare tutta la camera alla cieca per trovare Marinette, che ovviamente non era rimasta ad aspettarlo.

«Topolina..? Kobra vuole giocare con te… non vuole farti del male…» cercò di attirarla lui mentre continuava a girare per la stanza, senza però riuscire nel suo intento.

Fece il giro per un paio di volte, ma niente, Marinette sembrava essere svanita nel nulla. Doveva ammetterlo, era proprio brava a nascondino.

«… Topolina..?» la chiamò un'ultima volta dopo essere tornato nei pressi della scala.

«Preso!» esclamò lei una volta sbucata da sotto il biliardino ed essergli saltata addosso.

Adrien si ritrovò schiena a terra, con Marinette sopra di lui, che era riuscita addirittura a bloccargli entrambi i polsi. Come posizione non era esattamente comoda, e lui non poté fare altro se non arrossire e poi deglutire.

«Per la prima volta nella storia un serpente è stato battuto da un topo, ammetti la sconfitta e ti libero.»
«… Ehehe, lo ammetto, mi hai battuto» confessò lui aprendo entrambe le mani, ritrovandosi subito dopo con i polsi liberi e lei inginocchiata di fronte a lui: «Non… ti avevo mai vista fare acrobazie come quella, sei davvero brava!» si congratulò Adrien, mettendosi nella sua stessa posizione e sorridendo al vederla arrossire leggermente e poi portarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Non era nulla di che. Piuttosto, tutto bene?»
«Io sto benone, tu invece? Ti sei fatta male prima?»
«No, ma che dici, sono solo caduta da una sedia, come cosa mi capita anche spesso.»
«Ehehe, però sei stata più brava di me, sei riuscita a sfruttare al meglio la mia stessa camera.»
«È bastato ragionare un po', tutto qui» spiegò frettolosamente lei, ritrovandosi gli occhi verdi di lui fissi su di sé.

Adrien sembrava essere finito in trance: aveva gli occhi socchiusi e le sopracciglia leggermente all'ingiù, oltre ad un sincero sorriso sulle labbra.

«… Adrien? Tutto bene?» gli chiese dopo diversi secondi, ritrovandosi poi tra le sue braccia: «A-Adrien...»
«… Grazie Marinette» disse lui a bassa voce.

«Niente, figurati» rispose lei subito dopo aver ricambiato il suo abbraccio.

Lui sembrò rilassarsi completamente tra le sue braccia, ma Marinette, a malincuore, si allontanò piano piano, ritrovandosi faccia a faccia con lui e la sua espressione confusa.

«Dobbiamo finire i compiti Adrien, mi hai chiamata per questo, no?» gli ricordò con un sorriso tutt'altro che felice.

Lui non voleva ancora tornare sui libri, voleva divertirsi con lei ancora un po'. Guardò Marinette alzarsi in piedi e si decise ad imitarla, ma, una volta notato l'avvicinarsi alla scrivania, qualcosa in lui scattò assieme alle sue gambe. Raggiunse Marinette in tempo zero e la prese in braccio, trattenendosi dal ridere quando la sentì urlare.

«Adrien! Che fai?! Mettimi giù!»
«Va bene!»

Lui la lasciò cadere sul letto di schiena e poi si lanciò su di lei.

«Arriva il mostro del solletico!»
«No! Ahaha! Adrien, ti prego no! Ahahaha!!» cercò di fermarlo lei anche con le mani, ma non riuscendoci neanche lontanamente.

Il ragazzo si stava divertendo troppo con lei, soprattutto perché riusciva a farla ridere e sorridere con poco; vederla così felice gli colmava il cuore. Aveva sempre cercato di proteggerla in qualche modo, ma, quello stesso giorno, aveva compreso che Marinette non aveva alcun bisogno di protezione, era una ragazza in gamba e incredibile, non indifesa e debole. Forse, la sua unica debolezza, oltre ai film horror, era proprio il solletico.

«Ahahaha! Adrien… per favore… Ahahahaha!!»
«Ehehe!» rise anche lui, togliendosi le scarpe con i piedi per mettersi inginocchiato sul letto.

Marinette stava rischiando di soffocare con tutto quel solletico, per questo, anche da occupata a ridere a crepapelle, cercava ugualmente di trovare una via di fuga. Con Adrien sopra, determinato a non mollare la presa, era quasi impossibile riuscire a liberarsi, o almeno così credeva.

«Smettila… per favore!»
«Eh no, non funziona così!» esclamò lui fermandosi per un attimo, attimo che Marinette sfruttò senza esitazione per afferrargli il polso e strattonarlo: «Oooh!» urlò Adrien prima di cadere di schiena sul suo stesso letto, con i suoi capelli leggermente disordinati che sfioravano quelli di Marinette.

Entrambi alzarono gli occhi verso l’altro e poi scoppiarono a ridere, ancora una volta. Avevano passato più tempo a ridere che a fare altro, ma come cosa ormai sembrava non importare più a nessuno dei due.

«Ahhh… Non ricordo di aver mai riso così tanto in vita mia…» confessò il ragazzo all’improvviso.

«Beh… c’è sempre una prima volta per tutto» gli ricordò Marinette alzando ancora una volta gli occhi verso di lui.

«Già, hai proprio ragione… super Marinette» rispose Adrien con un sorriso divertito prima di mettersi seduto sul materasso, ritrovandosi ancora una volta la ragazza addosso: «Dai, Marinette!»
«Eh no, così non vale. Tu puoi farmi il solletico e io non posso scombinarti i capelli?»
«Ma io non li ho toccati tuoi capelli!»
«Ahhh… che guastafeste…» sbuffò lei allontanando le mani dalla testa del ragazzo.

Marinette rimase qualche attimo a fissare Adrien con i capelli in disordine, poi avvicinò ancora una mano alla sua testa, ma solamente per spostargli un ciuffo da davanti agli occhi.

«… Non stai male così, sai?»
«Ehehe… secondo te, per mio padre una cosa simile sarebbe da scandalo.»
«Tuo padre ha bisogno di una vacanza, passa più tempo nel suo studio che con te. È consapevole di avere un figlio oppure no?» gli chiese chinando di lato la testa, guardandolo alzare semplicemente le spalle assieme alle mani.

«Mi vuole bene a modo suo» rispose Adrien con un piccolo sorriso, che tutto trasmetteva, tranne felicità.

Marinette fece per sospirare, ma a malapena riuscì ad inspirare: il ragazzo si era avvicinato a lei e le aveva lasciato un bacio sulla guancia.

«Non preoccuparti, ok?» aggiunse con un sorriso completamente diverso dal precedente, prima di gattonare sul letto per sedersi ai piedi e rimettersi le scarpe.

Lei invece rimase per parecchi secondi bloccata come una statua, con la bocca leggermente aperta e gli occhi sgranati. Decisamente era rimasta sconvolta da quel gesto.

«Non volevi finire i compiti tu?» le chiese Adrien dopo non averla vista nemmeno muoversi.

«A-Ah sì, arrivo…» balbettò lei alzandosi velocemente dal letto, subito seguita da lui.

Entrambi tornarono seduti alla scrivania e Adrien recuperò subito la penna, voltandosi verso Marinette una volta appoggiata la punta sul quaderno.

«… Ch-Che c’è?»
«Niente, stai bene?»
«Sì! Perché non dovrei?»
«Non parlavi più… Ho detto qualcosa di male?» le domandò leggermente preoccupato, sgranando gli occhi quando Marinette cominciò a gesticolare.

«No no no! Non hai detto nulla di brutto. Davvero, va tutto bene!» 
«Va bene, se lo dici tu» rispose lui con un sorriso accennato, che allargò quando la vide sospirare di sollievo.

«… Hai ancora bisogno di aiuto?»
«In realtà credo di avere già in mente cosa voglio scrivere… Tu vuoi tornare a casa?»
«No, tranquillo, posso restare.»
«… A guardarmi mentre scrivo? Non ti annoi?» chiese lui confuso alzando un sopracciglio.

«Figurati. Forza, finisci questo compito.»
«Mh» annuì lui, mettendosi sotto a scrivere con gli occhi di Marinette addosso.

-   -   -   -   -   -   -

1 ora dopo…

Nathalie aveva appena finito di salire la rampa di scale e si stava dirigendo verso la camera di Adrien. Il signor Agreste le aveva da poco chiesto di andare a chiamare la signorina Dupain-Cheng, visto che i genitori erano passati a prenderla. Dall’arrivo della compagna di classe di Adrien, lei era rimasta sempre sull’attenti, soprattutto dopo la volta che, quella stessa ragazza, aveva riportato il grimorio sui Miraculous a Gabriel.
Arrivata di fronte alla porta abbassò la maniglia e spinse, aspettandosi di trovare i due ragazzi ancora occupati a fare i compiti, e fu così… più o meno. Adrien era sì seduto alla sua scrivania, così come la sua amica, ma lei sembrava star dormendo con la testa appoggiata alla spalla del ragazzo.

«… Adrien?» lo chiamò lei con un tono di voce normale.

«Nathalie? Che succede?» chiese lui senza muoversi troppo, ovviamente per evitare di svegliare Marinette.

«Ehm… I coniugi Dupain-Cheng sono arrivati.»
«Ma come, di già?» domandò lui tutt’altro che felice di quella notizia, ricevendo un cenno di assenso da parte della donna: «Ahhh, va bene… Marinette? Svegliati Marinette…» sussurrò lui vicino al suo orecchio: «Sono arrivati i tuoi genitori, devi tornare a casa…»
«Mmm…» mugugnò lei senza aprire gli occhi.

«… Marinette?»
«… Mh?» mugugnò ancora una volta, socchiudendo gli occhi e puntandoli subito sul ragazzo: «… Che c’è?» chiese lei alzando la testa e stropicciandosi un occhio.

«Sono venuti a prenderti i tuoi genitori…» le rispose lui con un’espressione per niente felice.

Lei, una volta allontanata la mano dall’occhio e sbattute entrambe le palpebre, sorrise, avvicinandosi a lui per abbracciarlo, così come lui aveva fatto prima.

«Non buttarti giù, ci vediamo domani a scuola, ricordi?»
«… Sì, lo so… però mi sono divertito con te»
«Magari la prossima volta, umore di tuo padre permettendo, torni tu a casa mia. Cosa ne pensi?»
«Ehehe… va bene» acconsentì lui sciogliendo poi l’abbraccio, rimanendo però qualche secondo a guardarla negli occhi senza dire niente, finché lei non si alzò dalla sedia: «A domani allora» la salutò mentre lei si rimetteva in spalla lo zaino, sgranando però gli occhi quando si accorse del sacchetto ancora sulla scrivania: «Ehi, ti stavi dimenticando questo» esclamò una volta recuperato l’oggetto ed essersi alzato in piedi anche lui.

Marinette lo fissò per qualche secondo, ma poi negò con la testa, ridacchiando al vedere la sua espressione confusa.

«Era per te, offre la casa»
«Ma…»
«Niente ma. Davvero Adrien, non preoccuparti. Ciao!» lo salutò lei prima di uscire dalla stanza con Nathalie al seguito.

Lui rimase impalato con il sacchetto in mano per un paio di secondi, poi Plagg sbucò fuori dal suo nascondiglio e si infilò dentro al sacchetto, il quale Adrien aprì velocemente, solamente per riprendere il kwami e tirarlo fuori.

«Ma che ti prende Plagg?»
«Volevo guardare! Però non c’è nemmeno una fetta di formaggio là in mezzo, solo dolci. Bleah!»
«Non dire “bleah”, la boulangerie dei genitori di Marinette fa i dolci più buoni di tutta Parigi. Ma dopotutto tu ami solo il formaggio…» lo riprese il ragazzo, recuperando un macaron dal sacchetto per poi metterselo in bocca.

«E poi sarei io il pozzo senza fondo…» borbottò il kwami a zampe incrociate, ricevendo un’occhiataccia dal portatore: «Ahhh… Almeno finalmente ti sei deciso a preferire i macarons ai biscotti.»
«… Eh?» domandò lui confuso e con la bocca piena, rimanendo poi ad osservare l’esserino nero borbottare a voce bassa mentre svolazzava verso il suo nascondiglio.

Non era la prima volta che Plagg usava simili frasi fatte, ma era solito farle con il formaggio, come mai quel giorno aveva cambiato con i dolci era un mistero. Forse l’odore di quelle piccole meraviglie era arrivato anche al naso di quel gatto tanto schizzinoso?
Adrien prese un ultimo macaron dal sacchetto e poi lo appoggiò ancora sulla scrivania, fermandosi due secondi a guardare il suo quaderno e la penna abbandonata lì accanto. Si mise il pasticcino tra i denti e riprese la penna, così da aggiungere l’ultima cosa al suo tema, rimettendola poi nell'astuccio e riprendendo il macaron una volta aggiunto l’ultimo ritocco.

«E… fatto.»
«Che dovevi fare ancora?» domandò il kwami tornato accanto a lui, con un triangolo di formaggio tra le zampette.

«Non ho certo fatto tutto da solo…» gli ricordò il ragazzo prima mordere il macaron di colore rosa acceso.

Plagg raggiunse volando la scrivania e lesse distrattamente il tema, arrivando velocemente a fine pagina, dove trovò poche parole, ma bastarono a fargli salire ancora il disgusto.

«“Fatto insieme a Marinette”? Sul serio?»
«Che c’è? È la verità.»
«Hai disegnato un cuore sulla “i”!»
«… Lei stessa lo disegna quando scrive il suo nome.»
«Ahhh! Basta, è tutto troppo sdolcinato! Me ne vado!» sbottò il kwami, schizzando via peggio di un razzo e fuggendo nel bagno.

Adrien alzò un sopracciglio confuso e poi alzò le spalle, finendo di mangiare il suo macaron e con ancora in mente tutti i momenti passati con Marinette quel pomeriggio.

   
 
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