Ryo
era coricato nel futon per terra, mani incrociate dietro alla testa,
quando
Kaori, i loro ospiti profondamente addormentati, lo raggiuse nella
camera da
letto. Finse di dormire, ma come un gatto aprì leggermente
un occhio, rubando
un’occhiata allo slanciato corpo femminile, e quasi rimase
secco nel momento in
cui la vide sedersi sul letto per mettersi due gocce di profumo sui
polsi.
Sì, il pigiama era a pois, come tanti
altri
suoi.
Sì, aveva i pantaloni lunghi, come la
maggioranza dei capi da notte di Kaori, e non era certamente scollato;
era una
casacca, con le maniche corte, eppure…
Ryo digrignò i denti, trattenendosi
dall’emettere un grugnito di disperazione mista ad un
accecante desiderio, che
diede la carica alle sue parti bassi con cui l’uomo prese ad
avere una strenua
battaglia mentale. Perché non poteva essere un pigiamone di
pile o altro, cosa
le era passato per la testa di indossare un delicato e sensuale capo di
satin
lucido, che, leggero come seta, le accarezzava l’epidermide,
il rosa scuro che
sembrava risonare con la pelle lattea della fanciulla, accarezzando
ogni
singola curva?
Il pomo di Adamo di Ryo prese a ballare
nell’oscurità: aveva la netta impressione che
sotto a quella sottile casacca
Kaori non indossasse il reggiseno, e le sue mani ardevano dal bisogno
urgente
di scoprire se fosse davvero stato così, ma soprattutto di
capire il perché:
che avesse deciso di sedurlo, di compiere lei quel primo passo verso
cui lui si
stava rivelando ancora una volta riluttante ed impaurito? Voleva
semplicemente
stuzzicarlo, attizzare il suo desiderio per lei? Oppure, aveva scelto
quel capo
semplicemente perché temeva di incontrare la sorella od il
futuro cognato
magari in corridoio, e voleva sembrare la smaliziata fidanzatina
innamorata col
costante desiderio di far piacere, e piacere, al suo uomo?
Dio, aveva sempre saputo di non capire davvero a
fondo le donne, che i loro animi erano un mistero per lui, ma con Kaori
era
sempre stato ancora più difficile, forse perché
lui stesso era profondamente
compromesso nei sentimenti che nutriva per lei.
“Starai mica guardando, eh?”
Lei gli domandò,
con tono di accusa, e Ryo fece cenno di no col capo, talmente
velocemente che
temeva avrebbe subito un colpo di frusta. “Meglio per te!
Buonanotte!”
E così dicendo, la donna si
coricò; ma la notte
non fu semplice da passare per nessuno dei due…
Kaori,
che aveva indossato quel capo regalatole da Eriko con la speranza di
smuovere
qualcosa in Ryo, desiderava che lui trovasse il coraggio di abbattere
quella
barriera che si erano costruiti da soli, e la raggiungesse nel letto,
facendola
sua, ma al contempo si chiedeva cosa avrebbe significato, nel loro
rapporto, se
finalmente avessero avuto il coraggio di essere davvero sinceri
l’uno con
l’altra e avessero fatto l’amore in quel letto.
Ryo intanto lottava contro il desiderio di
raggiungerla e sfiorarla, svegliarla con un sapiente tocco delle sue
dita nei
punti più erogeni del corpo di una donna, baciarla fino a
che le loro bocche
non si fossero consumate, e finalmente fare l’amore con lei,
e capire che cosa
fosse meglio, se il sogno o la realtà. Eppure, temeva la
reazione della
partner, che Kaori potesse sentirsi usata, che potesse credere che lo
facesse
per dare più credibilità a quella relazione o
semplicemente per togliersi uno
sfizio. La voleva, il desiderio di compiere una delle sue visite
notturne era
forte, quasi impellente, ma sapeva che con lei non si sarebbe potuto
comportare
come aveva fatto in passato con le altre. Doveva attenersi al suo piano
-
conquistarla, sedurla, mostrarle che poteva fidarsi di lui. E
soprattutto,
doveva trattenersi, almeno fino alla loro prima notte di nozze, poi le
avrebbe
detto la verità, le avrebbe aperto fino in fondo il suo
cuore e solo allora, se
lei avesse deciso di fargli dono della sua purezza, della sua
castità, si
sarebbe arreso all’istinto e al desiderio, e avrebbe
accettato di consumare il
loro rapporto.
Se l’avesse sfiorata adesso, se
l’avesse tenuta
tra le braccia nel suo letto, permettendo alla bella Kaori di
accoccolarsi
contro il torace nudo, non
avrebbero mai
potuto dormire, e lui avrebbe finito col prenderla selvaggiamente e lei
glielo
avrebbe permesso… forse c’erano ancora
profondità del cuore di quella donna che
faticava a comprendere – o forse accettare – ma Ryo
sapeva che erano entrambi
ancora profondamente turbati da quel bacio che avevano immaginato casto e leggero, ma che aveva
spalancato loro le
porte dell’inferno con quel calore passionale che aveva
sprigionato,
avvolgendoli nelle fiamme della lussuria che avevano sfiorato i loro
esseri.
L’ardente desiderio che bruciava loro
dentro,
unito alle voci divertite provenienti dalla strada sottostante e dalle
luci al
neon che filtravano dalle veneziane, ed i rispettivi respiri, di cui
erano
entrambi molto, troppo consapevoli, non permisero loro di trovare
riposo quella
notte. Appena suonata la sveglia, Kaori saltò giù
dal letto come una molla,
praticamente correndo fuori dalla stanza a gambe levate, e Ryo
sospirò, quasi
sollevato: finalmente poteva rilassarsi un attimo. Sorrise mentre prese
a
tamburellare con le dita sullo stomaco, permettendo al suo amichetto
di,
finalmente, palesare la propria prorompente presenza, mentre con faccia
da
ebete pervertito il proprietario di tanta virilità si
cullava in piccanti
fantasie in cui ricreava la notte precedente in versione decisamente
erotica ed
a luci rosse.
Solo
una
buona mezz’ora dopo si palesò in cucina, e
nonostante quelle fantasticherie
faticava a rimanere sveglio, disabituato a quegli orari. Sia lui che
Kaori si
trascinavano per
casa quasi come
cadaveri, occhi gonfi, occhiaie profonde, quasi affogando nel
caffè nella
speranza di placare quella molesta sonnolenza, incapaci di trattenere a
lungo
lo sguardo dell’altro, le gote arrossate e gli occhi
sfuggenti, i cuori
palpitanti mentre passavano il tempo a rubarsi occhiate furtive per
saggiare
l’uno la reazione dell’altra, chiedendosi come
sarebbe stato baciarsi di nuovo,
ma provare a farlo per davvero, da soli, solo perché andava
loro di farlo, e
non perché amici impiccioni fischiavano loro alle spalle.
Ma nessuno dei due aveva il coraggio di
allungare la mano a sfiorare quella dell’altro, né
erano tanto arditi da
lanciarsi in ardenti abbracci che funzionassero da preludio a ben
più
peccaminose e gustose situazioni, entrambi titubanti e temendo lei il
rifiuto o
una reazione sfrontata, lui la sua capacità di trattenere il
suo ardente
desiderio. Due ragazzini innamorati alla prima cotta: ecco come si
comportavano, entrambi incerti riguardo a quelle sensazioni, nuove per
entrambi, nonostante Ryo fosse ben più grande di lei.
“Oh eccola qui la mia sorellina ed il
mio futuro
cognato!” Sayuri cinguetto, bella sveglia e pimpante di prima
mattina,
nonostante non avesse ancora toccato una sola goccia di
caffè; dietro di lei il
fidanzato si trascinava, sguardo cadaverico, occhiaie talmente profonde
da
toccare terra, sbadigliando malamente senza coprirsi la bocca,
bellamente
mostrando le sue tonsille ai presenti. “Peter, vergognati!
Cosa penserà la mia
famiglia di te!” la donna lo redarguì, in un modo
così simile a quello che
aveva usato anni prima quando aveva incontrato Ryo che lo sweeper fu
mosso a
pietà verso quel povero Cristo che stava compiendo
l’estremo sacrificio di
sposare quella donna dal carattere così forte e deciso e dai
modi di comandante
di brigata.
“Penseranno che io se dormo in un letto
diverso dal mio passo la notte in bianco, ecco cosa pensano! Noi uomini
siamo
creature abitudinarie e ci piace il comfort!”
L’uomo borbottò mentre si versò
una tazza di caffè nero fumante, bello amaro. “E
scommetto che Ryo la pensa
come me, non è vero amico mio?”
Il giornalista terminò la farse dando
una sonora pacca sulla spalla a Ryo, a cui andò di traverso
il biscotto che
stava spiluccando, causandogli un colpo di tosse ed un leggero senso di
soffocamento.
Guardò l’americano ridere sguaiatamente,
sospirando. Lo invidiava. Stanco
morto, eppure aveva voglia di ridere e scherzare. Lui non ne aveva la
benché
minima voglia, e a malapena si trattenne dal dargli una piccata
rispostaccia del
tipo Quando dormi con un occhio aperto
nel bel mezzo di una guerra, anche una pietra ti è comoda
per dormire, quindi
Ryo finse di sorridere- anche se la sua espressione parve
più un ringhio – e
mugugnò un “Già” a denti
stretti.
La coppietta di innamorati non afferrò
il suo sarcasmo.
“Oh, come siete carini
insieme…
scommetto che avete passato la nottata a farvi le coccole….
Oh, com’è bello
essere giovani ed innamorati ed in quella fase dell’amore in
cui non si riesce
a tenere le mani a posto! Ti ricordi com’eravamo noi i primi
tempi,
tesoruccio?” Sayuri continuò, con sguardo
sognante, mentre Ryo e Kaori la
guardavano scettici: potevano capire aver ingannato il tipo
dell’immigrazione,
ma Sayuri, premio Pulitzer per il giornalismo investigativo…
com’era possibile
che una donna così intelligente si fosse lasciata incantare
da due paroline
dolci ed un bacio? Davvero non lo capivano. “L’ho
sempre saputo che prima o poi
Ryo avrebbe messo la testa a posto e avrebbe fatto di te una donna
onesta e
anzi, a questo proposito, avrei pensato che…”
Qualsiasi cosa volesse dire, la donna
non poté finire la frase che il campanello suonò;
Ryo grugnì, prevedendo rogne:
negli ultimi giorni era giunto alla conclusione che tutte le volte che
qualcuno
bussava o suonava alla sua porta, arrivavano i guai.
Ed infatti, quando andò ad aprire la
porta, Kaori si trovò davanti l’agente Shinsato,
tutto pimpante e con un ghigno
malefico, neanche fosse stato certo di averli colti in castagna.
“Signorina Makimura,
buongiorno!”
esclamò lui, accarezzando sensuale e malevolo la sua
ventiquattro ore che
pareva di pelle di serpente, un connubio, con quelli occhietti da ratto
malevolo delle fogne, che lo rendevano non dissimile da una creatura
diabolica
il cui primo compito e scopo ultimo nella vita era la distruzione della
vita
umana.
Kaori ingoiò, rabbrividendo leggermente
alla vista del burocrate. Quell’uomo, la cui arma era la
penna ed un timbro
ufficiale, in qualche modo la terrorizzava più dei
decerebrati armati di
bazooka e armi automatiche con cui negli anni si erano trovati ad avere
a che
fare.
“Si-signor Shinsato!” la donna
balbettò, quasi fosse incapace di dire altro. Senza
attendere oltre, l’uomo si
accomodò nell’ampio appartamento, sistemandosi
tronfio la cravatta, pregustando
lo scatto di carriera che sgamare quei due gli avrebbe garantito.
Vedendo
Sayuri ed il compagno, si mise davanti a loro, impettito, squadrandoli
dall’alto
in basso con sinistra curiosità.
“Sayuri, la famosa sorella, e lei
invece deve essere il signore… Day, giusto? “
sorrise crudele, come la strega
cattiva delle favole, sistemandosi i polsini inamidati della camicia
immacolata. “Permettetemi di presentarmi: sono Abe Shinsato,
sono l’ufficiale
dell’immigrazione a cui il caso del Signor Saeba è
stato affidato.”
“Immigrazione?” Sayuri
domandò,
sbattendo le lunghe ciglia di quegli occhioni color nocciola identici a
quelli
della sorella minore. “Ryo non è
Giapponese?”
“Il signor Saeba,” Shinsato
continuò,
sistemandosi stavolta gli occhialini, che brillarono colpiti dalla luce
del
sole di tarda estate. “Tecnicamente è colombiano,
e nonostante sia di padre
Giapponese, risultando nato all’estero, non avendo mai
richiesto la
naturalizzazione, è un cittadino straniero, quindi di
competenza del mio
dipartimento.”
Peter alzò un sopracciglio, stranamente
interessato, il suo istinto di segugio dedito agli scoop sentiva che
nell’aria
c’era qualcosa di appetitoso; Sayuri invece sbatté
di nuovo quelle ciglia
lunghe, anche se stavolta stava fissando Ryo. Shinsato invece guardava
Kaori,
quasi a ricordarle che era ancora in tempo a dire la verità,
tutta la verità,
nient’altro che la verità, ed ammettere che quel
matrimonio non era null’altro
che una messa in scena.
“Sì, e ho pensato che potrei
passare la
giornata con i signori, capire come vivono, approfondire la
mia…” fece
schioccare la lingua contro il palato, osservando, viscido, la giovane
dai
capelli rossi. “conoscenza
di questa
deliziosa coppietta di innamorati.”
“Sì, ha ragione, Ryo e mia
sorella sono
davvero adorabili insieme… e glielo dice una persona che li
conosce da anni!
Sapere che finalmente sono stati capaci di vincere la loro timidezza e
ammettere il loro amore reciproco mi riempie il cuore di
gioia!” Sayuri eruppe,
mani incrociate davanti al cuore, occhi socchiusi che piangevano
lacrime di
gioia.
Kaori
la guardò, il cuore che le si spezzava
nel petto: per quanto il suo amore per Ryo fosse reale, e sapesse
quanto lui
anche fosse affezionato a lei, le basi su cui stavano costruendo le
imminenti
nozze erano fasulle, forse, non fosse successo quel patatrac, non
avrebbero mai
e poi mai preso in considerazione l’idea di ufficializzare
quel loro peculiare
rapporto, trovare quel punto di partenza di cui Miki aveva parlato alle
sue
nozze.
Sayuri era convinta che ci fosse
l’amore alla base di quel matrimonio, ed era felice ed
eccitata per la sua
sorellina… ma
loro le stavano mentendo.
Si sentì orribile, ed per un attimo la folle e malsana idea
di dire la verità
le balenò per la mente, ma
poi incontrò
lo sguardo di Ryo, enigmatico ed indecifrabile come sempre.
Se avesse detto la verità, forse
sarebbe stata perdonata, forse non sarebbe finita in galera…
ma lo avrebbe
perso. Lei, come tutte le persone che si fidavano di lui, che si
affidavano
allo sweeper per trovare sicurezza e giustizia.
Semplicemente, non poteva farlo.
“Beh, non so Ryo cosa abbia intenzione
di fare, ma io ho promesso a mia sorella di accompagnarla al tempio di
Hanazono
a parlare col sacerdote, per mettere a punto gli ultimi dettagli della
cerimonia di domani!.” Disse,
e a
sentire questo, Sayuri prese
per mano la
sorella, e le sorrise.
“In realtà, Peter ed io
saremmo felici
se anche Ryo venisse con noi. Stanotte ne abbiamo parlato, e, ecco,
noi…” la
donna arrossì, timida, così simile a Kaori che
allo sweeper scappò un sorriso
dolce-amaro. “Avevamo pensato di chiedere al sacerdote
se…. Se per lui fosse un
problema sposare due coppie invece di una!”
“CO-COSA?” fu ciò che
uscì da tre bocche- quella di Kaori, di Ryo e di Shinsato.
Non c’era alcun
bisogno di chiedere chi fosse l’altra coppia: era chiaro a
tutti che Sayuri
voleva condividere le nozze con la sua dolce sorellina minore ed il suo
innamorato…
“Ma… ma domani è
così presto!” Lo
sweeper provò a dire, sudando freddo, occhi sgranati fissi
su Kaori le cui
gambe stavano per cedere per la tensione. “E poi, tua sorella
è così romantica,
Sayuri, vorrà scegliere il vestito perfetto, organizzare
tutto per bene, con le
amiche e…”
“E sua sorella maggiore!”
Sayuri
sbottò, battendo i piedi per terra, bambina petulante, le
guance gonfie mentre
con sguardo truce sfidava Ryo a darle torto. Si voltò verso
la sorella, le mani
ancora nelle sue, guadandola con gli occhi lucidi di lacrime che non si
faceva
troppi problemi a versare. “Kaori, io oggi sono qui, ma
chissà cosa accadrà nel
futuro! Potrei dover partire per un lungo viaggio, oppure potrei
rimanere
incinta e non poter raggiungerti nel giorno più bello della
tua vita. Ti
scongiuro sorella cara, tentare non costa nulla… e poi, la
tua amica Eriko ieri
sera mi ha detto che sono anni che tiene da parte per te due vestiti da
sposa,
uno occidentale ed un bellissimo Shiromoku*
ricamato con fili di seta!”
[*Lo
Shiromoku è l’abito tradizionale da sposa del rito
Shintoista nella cultura
Giapponese. Si tratta di un kimono bianco, ricamato con motivi
(floreali o
rondini) anch’essi bianchi, accompagnato da un capellino di
carta di riso
oppure da un cappuccio rigido di seta. Il bianco rappresenta la purezza
della
sposa, la verginità, ma secondo le tradizioni più
antiche, rappresentava anche
l’idea che la sposa prendesse, nel matrimonio, i
“colori” della famiglia del
consorte, i suoi usi e costumi.]
Kaori guardò Ryo, chiedendogli cosa
dovesse fare.
Ryo guardò Shinsato, chiedendosi cosa
passasse per la testa di quel burocrate bacucco.
Shinsato guardava tutti loro, pensando
a dove avrebbe trascorso le prossime ferie ora che stava per avere la
beneamata
promozione grazie a quella banda di imbecilli. Giappone o estero? I
Caraibi,
magari? O forse l’Europa: aveva sempre desiderato prendere il
sole spaparanzato
sulle spiagge di quella continente, e la Spagna non era male, specie le
isole…
o magari avrebbe atteso il Carnevale e se la sarebbe spassata a Rio de
Janeiro,
dividendosi tra spiagge, strade, locali e fascinose donnine coperte da
poco o
nulla.
Ryo guardò Kaori, e nel medesimo
istante fecero entrambi un flebile cenno col capo, mantenendo, fermi e
decisi,
il cuore in gola, l’uno lo sguardo dell’altra,
mente Shinsato stava per
scoppiare a ridere dalla soddisfazione.
Non lo avrebbero mai fatto. Non
avrebbero osato tanto!
Si stavano per tradire, lui li avrebbe
scoperti e la sua vita sarebbe finalmente cambiata in meglio!
“Bene,” borbottò
l’uomo. “Allora, sarò
clemente, dato che c’era
l’intento
della truffa ma la truffa vera e propria non è avvenuta
penso proprio che
potrei...”
“Noi… ne saremmo molto
onorati,
Sayuri.” Kaori disse, parlando sopra il burocrate da quattro
soldi, a cui Ryo
mandò un’occhiataccia tronfia, gongolante e
trionfante. “Sì, accettiamo!”
“CO-CO-COSA????”
Il
burocrate urlò, piagnucolando mentre cadeva a terra, in
ginocchio, ed alzava le
mani verso il cielo, come a supplicare un miracolo.
“Beh, signor Shinsato, se proprio vuole
passare la giornata con noi…” Con sguardo
soddisfatto, Ryo si avvicinò a Kaori,
e mise una mano
intorno alle spalle di
quella che ora era, a tutti gli effetti, la sua fidanzata e futura
moglie. Una
mano in tasca, si voltò verso il piccolo burocrate dagli
occhi di topo. “Credo
proprio che dovrà sopportarci mentre organizziamo il nostro
matrimonio! Spero
che le piaccia il tempio, perché è lì
che siamo diretti!”
“Non saprei, è
alquanto curiosa come cosa…” il sacerdote,
inginocchiato a terra sul parquet,
si portò una mano sotto al mento, e prese a pensare mentre
Sayuri lo guardava
con occhi luccicanti pieni di speranza- era una manipolatrice nata
quella
donna, Ryo e Peter lo dovevano ammettere - e Shinsato se ne stava
leggermente
in disparte, anche lui inginocchiato, ma digrignando i denti come un
cane
rabbioso a cui era appena sfuggita la sua beneamata preda - trovava
quello
sviluppo alquanto deprecabile, soprattutto al fine del suo avanzamento
di
carriera.
Il gruppo fissò il sacerdote - vestito
in abiti civili, che lo facevano sembrare più giovane della
sua età, e
trasmettevano un senso di spensieratezza e vicinanza - con una certa
insistenza
ed apprensione. Ryo e Kaori, seduti l’uno accanto
all’altra, si stringevano la
mano con forza, e sembrava quasi che la giovane donna avesse paura a
lasciare
andare quella dell’uomo; certo, se anche il sacerdote non
avesse accettato
quella curiosa richiesta avrebbero potuto benissimo andare la settimana
dopo in
comune e sposarsi, ma avevano la netta sensazione che anche solo il
più piccolo
ritardo avrebbe messo sul chi va là quel piccolo burocrate.
“E gli invitati non cambierebbero?
Sarebbero gli stessi? Non sarebbe consono accomodare troppe persone,
sapete, la
tradizione del amtrimonio Shintoista richiede pochi invitati, e
normalmente si
tratterebbe della famiglia…” Il religioso, serio
ma affabile, domandò, braccia
incrociate, fissando le future spose. Sayuri gli aveva brevemente
esposto la
questione, spiegato che temeva che le sarebbe stato complicato
raggiungere la
sorella quando fosse giunto il momento. Inoltre, lei aveva solo Kaori
al mondo,
e quel matrimonio era stata l’occasione per far incontrare le
due famiglie di
Kaori, quella biologica e quella putativa. Un’unica cerimonia
sarebbe solo
servita a consolidare maggiormente il legame tra sorelle.
“Naturalmente, ricevereste offerte
anche da parte nostra,” Ryo si premurò di dire,
facendo un leggero inchino
verso l’uomo. Non moriva dalla voglia di sposarsi con un rito
pseudo-religioso,
lui non era mai stato esattamente credente; non giurava che non ci
potesse
essere nulla dopo la morte, ma a lui cambiava comunque poco: il nulla o
l’inferno, c’era qualche differenza? Ne dubitava.
Ma, conosceva Kaori - la
conosceva davvero. Cresciuta in un
ambiente cinico, tra criminalità e violenza e morte, aveva
saputo mantenere un
cuore puro e romantico.
Desiderava arrivare pura alle nozze. E
desiderava che quelle nozze avvenissero nel tempio che aveva
frequentato fin da
ragazzina, mentre lei indossava l’abito bianco tradizionale.
Lei, in virtù dell’amore e
dell’affetto
che nutriva per lui, si stava sacrificando, velocizzando quelle nozze
che forse
sarebbero comunque arrivate, o forse no. Fatto stava che Ryo sapeva che
stava
stravolgendo i piani della giovane, e che quindi, darle quello che
desiderava
era il minimo. Avrebbe svuotato il suo conto in banca, dato fondo alle
risorse
che teneva per i tempi bui, nascoste nel materasso, ma le avrebbe dato quel matrimonio, costasse quel che
costasse.
“Siete sicuri di riuscire ad
organizzare tutto in tempo per domani, figliolo?”
l’uomo chiese, guardando
serio Ryo, che col sorriso sulle labbra fece segno di sì col
capo, eccitato,
mentre gli occhi di Kaori e Sayuri, la cui somiglianza diventava giorno
dopo
giorno più evidente, erano velati di lacrime di gioia a
quella romantica
prospettiva. “E così sia! Ci vediamo domani
mattina qui, tutti insieme, per le
vostre nozze! Ditemi, sapete già cosa fare?”
Sayuri coprì la mano della sorella con
la sua, sorridente. “Non si preoccupi, ci penseremo Peter ed
io ad istruire a
dovere questi due piccioncini!”
Dietro di loro, quel piccolo burocrate
da strapazzo si stava rodendo il fegato per la rabbia: se non avesse
fatto
qualcosa, quelle galline dalle uova d’oro gli sarebbero
scappate… e lui non
aveva la benché minima intenzione di fallire per la terza
volta!