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Autore: Napee    06/05/2021    1 recensioni
[BkDk] [sort of caffe shop!AU]
***
Un rigido inverno sembra aver preso in ostaggio l’intera città. Fa freddo. Fuori si gela e la neve copre tutto con il suo bianco candore, ma gli basta guardare verso il terzo tavolo dalla porta, proprio al centro della vetrina, per avvertire un tenue tepore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 25 - 774 parole 

Sempre martedì

 
“E questo è quanto.” Concluse Midoriya asciugandosi frettoloso una lacrima. Una delle tante che aveva versato raccontandogli la storia più dolorosa della sua vita. Anzi, della loro vita.
Katsuki rimase impassibile, i pugni stretti dalla rabbia e la voglia di far esplodere qualcosa. Era incazzato, sì, ma non poteva esserlo con lui. Non del tutto per lo meno. Gli aveva salvato la vita in fondo, avrebbe dovuto essergli grato, anche se in realtà si sentiva derubato. Alla fine, Izuku aveva acconsentito affinché il team di psicologi usassero un quirk cancella memoria su di lui che non aveva rimosso solo il necessario, ma per sicurezza, aveva rimosso una parte intera della sua vita.
E per quanto raffazzonata gliel’avesse raccontata, sembrava una vita bella, felice e piena di quel qualcosa che negli anni Katsuki aveva sempre cercato e mai aveva trovato.
“Se vuoi chiedermi qualcosa, fai pure… non ti negherò alcuna risposta.” Disse Midoriya interrompendo il suo fiume di pensieri silenziosi. Katsuki lo squadrò male sentendo l’impulso impellente di fargli esplodere qualcosa addosso. Il tavolo magari.
Invece si riaccomodò sulla sedia cercando le parole migliori per esprimere quello che aveva in testa.
“Sei una merda.” Ecco, questo rendeva bene l’idea.
Midoriya sobbalzò sul posto, ma incassò annuendo come se un po’ se lo aspettasse e un po’ se lo meritasse. Non replicò e lasciò all’altro spazio per continuare.
“Hai cancellato i miei ricordi, non avevi alcun diritto di autorizzare una cosa del genere. Erano i miei ricordi… miei, cazzo. Era la mia stracazzo di vita.”
“La nostra vita, Kacchan!” Replicò Midoriya punto sul vivo.
“Ho sacrificato tutto quello che avevamo per te e lo rifarei mille altre volte perché ti amavo… e ti amo ancora.”
Stavolta il tavolo sembrò semplicemente troppo invitante e Katsuki lo fece esplodere creando il panico fra gli altri clienti.
Midoriya però rimase impassibile e mentre gli altri scappavano spaventati. Rimase seduto immobile a guardarlo negli occhi con un cipiglio combattivo che sapeva tanto di autodistruzione.
“Mi hai derubato e te ne sei andato senza preoccuparti di un cazzo!” Berciò in risposta Katsuki, accusandolo e sentendo quella rabbia che aveva cercato di lasciare latente, montare nel suo petto.
“Ho dovuto farlo! I medici avevano detto che rivederci dopo poco tempo avrebbe annullato gli effetti del quirk cancella memoria!”
“Per questo sei andato via per anni lasciandomi solo con mille domande delle quali solo tu avevi le risposte?!” Urlò Katsuki graffiandosi la gola. Ormai il locale era stato sgomberato divenendo il loro personalissimo palcoscenico.
“Non avevo altra scelta!”
“Sì invece! Avresti potuto cercarmi in qualche modo e dirmi che i primi sei anni dopo il diploma li avevo passati costruendomi una cazzo di famiglia con te!” Stavolta le parole di Katsuki sembrarono andare a fondo e ferirlo davvero. Midoriya rimase immobile a guardarlo con le lacrime che gli rigavano gli occhi ma senza più quella luce battagliera ad illuminarli. Era spento. Spezzato. Distrutto. E Katsuki odiò con tutto sé stesso quella sensazione di familiarità che provava nel vederlo in quello stato.
Deglutì, Midoriya, abbassando poi lo sguardo sulle schegge di legno che restavano del tavolo.
“Hai ragione.” Pigolò piano, quasi come se temesse di essere udito.
“Ho sbagliato a scappare per quasi cinque anni. Non so perché l’ho fatto, ma gettarmi a capofitto nel lavoro è stata l’unica cosa che mi ha dato conforto.”
“Perché sei tornato adesso?” Non si risparmiò di chiedere. Stavolta i toni più calmi e pacati suggerivano una resa stremata di entrambi. Vittime e carnefici inconsapevoli l’uno dell’altro.
Midoriya alzò le spalle rassegnato, poi estrasse dalla tasca una lettera spiegazzata e gliela porse.
Katsuki la prese come se si trattasse di una reliquia sacra. Non aveva idea del contenuto, ma qualcosa dentro di lui lo spingeva a riporre in quel pezzo di carta un mare di sogni e aspettative.
L’aprì e al suo interno trovò la foto di una bambina dai ricci corvini e la pelle color ebano. I suoi occhi erano scuri, la stessa tonalità del cioccolato fondente. Doveva avere circa tre anni o poco più e sorrideva entusiasta all’obbiettivo mostrando fieramente l’ultimo pupazzo di Deku in commercio.
Alzò lo sguardo verso Midoriya in cerca di risposte. Il suo cervello ne aveva elaborate un paio, ma non era certo che corrispondessero alla verità.
“A New York non sono riuscito a salvare tutti gli ostaggi nello scontro contro Sisma.” Esalò sconfitto. Katsuki vide chiaramente il peso della sua colpa gravargli sulle spalle.
“I suoi genitori sono morti schiacciati sotto alle macerie e lei è rimasta orfana finché il governo non ha acconsentito all’adozione.”
“Che-… che cazzo stai dicendo?”
“Lei è Ethel, mia figlia. Nostra figlia per il governo.”
  
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