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Autore: Ivy001    07/05/2021    1 recensioni
Quando la felicità di una famiglia viene distrutta da un evento inaspettato e inspiegabile...qualcuno scompare, la Banda si riunisce
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Nairobi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ tarda ora e di Nairobi nessuna traccia. Ad attendere il suo rientro a casa c’è Tokyo, in preda all’ansia, che cammina avanti e indietro, parlando a se stessa pur di calmarsi.

Alba, addormentatasi a fatica, è sdraiata sul divano. La dolce zia le ha adagiato sul corpo una coperta e nel mentre ha preparato una camomilla.

Peccato che quella bevanda non riesca a placare l’agitazione, ormai alle stelle.

Il pianto improvviso di un bambino allerta la donna, che sa benissimo a chi appartiene quel vagito.

“Santiago, mi amor! Eccomi, sono qui” – il piccoletto di circa tre anni è l’unico figlio avuto dalla Oliveira e il suo compagno. Dopo aver congedato la babysitter, Tokyo l’ha portato nella villa degli amici, tenendolo con sé nell’attesa del rientro degli altri.

Anche lei, ormai mamma, avverte quanto il legame con il proprio sangue sia un vincolo infrangibile e quanto possa far male saperlo lontano da se.

In quei minuti, durante i  quali la donna culla Santiago,  il chiavistello della porta la pone in allerta.

Speranzosa, avanza rapida verso l’ingresso, con il bebè in braccio.

Di fronte a se ci sono Rio e Bogotá. Quest’ultimo è visibilmente abbattuto; il suo volto porta i segni di una disperazione e di un dolore difficili da spiegare.

“Allora? Avete trovato Nairobi?” – chiede Tokyo.

Cortés scuote il capo, amareggiato.

“E vi siete arresi così? Siete impazziti? Non vorrete mica che sparisca anche lei?” – li rimprovera la donna, fortemente in pena per la migliore amica.

La sua reazione infastidisce Bogotá, che, però, si contiene per l’ennesima volta. Ignora la predica di Selene e raggiunge Alba in salotto.

Osserva l’undicenne dormire e, di fronte agli amici che l’hanno seguito, prende tra le sue braccia la figlia maggiore e la stringe al suo petto. In quel preciso istante, avrebbe voluto sfogare la sofferenza in un pianto liberatorio. Eppure le lacrime faticano a scivolargli sul viso, sono paralizzate anch’esse come lo stesso cuore di quel povero padre di famiglia.

Pentita per il poco tatto utilizzato poco prima, Tokyo cerca di confortarlo in merito alla faccenda di Ginevra.

“La troveremo, ho già contattato chi di dovere” – prende parola la Oliveira.

Quell’affermazione spiazza i due uomini che, confusi, la guardano. Poi è Rio a domandare, ipotizzando qualcosa – “Non dirmi che hai intenzione di riunire la Banda…per la terza volta?”

Tokyo, decisa che quella è la soluzione migliore, annuisce e spiega le sue ragioni – “Sapete come sono fatta e nessuno meglio del Professore può aiutarci. Qui siamo bloccati, sotto copertura, con false identità…non possiamo neppure contattare la Polizia senza destare sospetti, abbiamo bisogno di lui e del suo genio! ”

“Si , amore, però avresti prima potuto consultarci, non ti pare? Non puoi sempre fare di testa tua e …” – il tono di rimprovero da parte di Rio, spiazza Tokyo stessa convinta, invece, di aver agito coscienziosamente, probabilmente per la prima volta nella vita.

Determinata sulle proprie idee, comincia a discutere con il compagno.

E dopo averli ascoltati litigare fin troppo, Bogotà prende parola - “Hai ragione, qui da soli siamo impotenti. Spero di non causare problemi ai Dalì, invitandoli tutti in casa mia. Può essere un grandissimo rischio per tutti, e per questo motivo ho intenzione di convocare una squadra speciale ”

“Cioè?” – chiede, confuso Rio.

“Nessuno sa chi sono, hanno la fedina pulita… sono gli aiuti di cui abbiamo bisogno” – sostiene senza precisare nulla a riguardo.

Così dicendo, congeda gli amici ringraziandoli. Seppure a fatica, data la resistenza della Oliveira risoluta a rimanere lì fino al rientro di Nairobi, la coppia lascia la villa.

Quella sarà una notte lunga e complicata, nessuno dormirà sogni tranquilli, ne sono certi.

Bogotà, cosciente di mettere a rischio altre vite, oltre quelle dei Dalì, sente di non aver altre possibilità: la sua Ginevra deve tornare, sana e salva… ed è necessario arruolare gente!

Giunto nella stanza di Alba, adagia la bambina sul letto, rimboccandole le coperte.

Le prende il pc, utilizzato dalla undicenne per svolgere dei compiti per la scuola, e dirigendosi nella camera matrimoniale, accende il computer e scrive una serie di e-mail.

**************************

Sono le due di notte quando Nairobi rincasa. Il silenzio che si avverte tra quelle mura è per lei un rumore assordante… il buio che riempie l’ingresso, contrasta con la fioca luce della sua stanza.

A passo lento, la donna percorre pochi metri, barcollando proprio com’è solita camminare una persona ubriaca, priva di lucidità. Ed è così che Agata si sente…svuotata di ogni emozione, privata della sua vitalità, dominata dal rimorso e dai sensi di colpa.

Non le è servito a nulla correre lungo l’intero viale, percorrere chilometri a piedi, attraversare zone della città mai viste, al solo scopo di metabolizzare l’accaduto. In cuor suo non ammette che Ginevra, la sua dolce e piccola Gin, sia sparita nel nulla.

E così, mentre in quelle dannate ore convinceva se stessa di vivere un brutto sogno, che a breve si risveglierà circondata dalle braccia di suo marito e dalle coccole dei suoi figli, la realtà dei fatti si mostra violenta ai suoi occhi.

La cameretta dei gemelli ne è la prova: c’è Sebastìan che dorme, però il lettino con la trapunta di Frozen, quella tanto voluta da Ginevra per Natale, è perfettamente in ordine. Le foto della piccola diventano, in un battibaleno, delle coltellate al cuore e il suono della sua dolce voce riecheggia nelle pareti.

Mammina, mi leggi la favola della buona notte” – Agata sobbalza e, senza esitare, si guarda attorno , come a voler cercare la bambina.

Corre in tutta casa, continuando a chiamarla, ormai preda di una vera e propria follia.

Si immobilizza, nel corridoio, di fronte alla fotografia del suo matrimonio.

Tutta la sua serenità cominciò quel giorno.

E ogni cosa sembra essere finita oggi!

La voce di Bogotà, alle sue spalle, la distoglie dai suoi pensieri.

“Sei tornata, grazie a Dio!”

Nairobi non sembra intenzionata a voltarsi ed incrociare lo sguardo di lui, e ciò spinge l’armeno ad avanzare nella sua direzione..

“Parliamo, per favore?” – la prega lui, sfiorandole un braccio.

Quel gesto manifesta premura e attenzione. Bogotá sente l’esigenza di averla con sé, di sentirla vicino, in un momento tanto difficile.  E vederla ritrarsi, è l’ennesima batosta.

“Quanto vuoi farmi pesare questo fatto? Pensi che io non mi senta in colpa? Per me è uno strazio, ti prego non allontanarti. Non fa bene al nostro rapporto tutta questa tensione! Andiamo a letto, per favore!”

I secondi che passano sembrano un’eternità, durante i quali la Jimenez non mostra un segnale di compassione verso il marito. Addirittura lo fredda, comunicandogli - “Io dormo nella stanza degli ospiti stanotte!”- riprende il passo ,diretta verso la stanza in questione; chiude la porta con forza e si isola, schiava di un dolore sempre più asfissiante ed invasivo, che le ha schiavizzato la mente.

All’ex saldatore, rimasto impassibile davanti alla freddezza della gitana, non rimane che costatare quanto il suo matrimonio possa rischiare lo sfracello dopo la vicenda di Ginevra.

Così, dopo dodici anni di condivisione di un letto nel quale ha vissuto tante notti di puro amore, si corica, amareggiato. Ed è allora che il PC, rimasto acceso, segnala l’arrivo di un’e-mail.

Caro papà, ho contattato alcuni dei miei fratelli, conta pure su di noi” – legge ad alta voce l’uomo, appurando che Julian, il suo primogenito ha confermato la sua presenza.

Non riuscendo più a chiudere occhio, Bogotá trascorre le ore seguenti di fronte allo schermo del computer, intrattenendosi con i suoi figli. E sono proprio loro, i sette eredi del saldatore, la soluzione giusta:  la famiglia è l’unica medicina per quel dolore. E riabbracciarli, a distanza di tanto tempo, non può che alleviare le ferite che hanno marchiato il suo debole cuore.

   
 
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