NOTA DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti/e. Spero che la fanfiction vi stia piacendo. Ringrazio chi di voi la segue e l'apprezza. Ammetto che una recensione per rendermi cosciente che la storia piace o meno, mi farebbe molto piacere. Però sono contenta comunque che c'è gente che la legge ugualmente. Quindi non mi resta che augurarvi buona lettura con questo nuovo capitolo.
xoxo Ivy
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E’
mattino e il cinguettio degli uccellini
risveglia Nairobi, la quale non solo apre gli occhi a un nuovo giorno,
ma è
chiamata ad affrontare, da lì in poi, l’assenza di
sua figlia minore.
Stiracchiandosi,
una volta in piedi, appura
di trovarsi nella camera degli ospiti: ciò è la
prova lampante che quanto
accaduto la sera prima è reale e non frutto di un brutto
sogno.
Nessuno
correrà a salutarla per darle il
buongiorno come di rito. Nessuno si getterà sul lettone per
farsi spazio tra
mamma e papà. Nessuno supplicherà Nairobi per un
pezzo di pane e marmellata in
più… nulla di tutto ciò
accadrà, e Agata questo lo sa bene.
Alquanto
stanca, viste le poche ore di
sonno, si dirige verso la cameretta di Alba.
Nota
che il letto è in perfette condizioni.
Si reca allora da Sebastìan e la situazione è
analoga.
Il
panico non tarda a farsi sentire.
“Bambini
dove siete?” – grida, mentre gira dentro
casa con fare nervoso.
Raggiunge
la cucina, accorgendosi che anche
lì tutto è pulito e lucido come uno specchio.
“Che
cazzo succede?” – esclama, incredula.
Terrorizzata,
inizia a chiamare il marito.
“Bogotà!”
– insiste più volte ed è allora
che, finalmente, riceve risposta.
L’uomo
è in veranda, con un sigaro tra le
dita, mentre invia e-mail con il PC di Alba.
“Che
cosa stai facendo qui fuori? I
bambini dove sono?”
“Buongiorno
anche a te” – commenta lui,
fissando lo schermo del computer con estrema serietà
– “Sono da Tokyo. Lei ha
voluto che andassero a fare colazione e ho acconsentito”
“Ah
beh certo…io non conto nulla adesso? Non
potevi informarmi prima?”
“E
quando avrei dovuto? Mi hai praticamente
sbattuto la porta in faccia e ti sei chiusa in camera senza voler
vedere
nessuno. Se fossi entrato per informarti, mi avresti rimproverato di
non
rispettare la tua privacy…” – replica il
saldatore.
Nairobi
non risponde a quello che è un vero
e proprio attacco, cosciente che forse Bogotà non ha tutti i
torti.
Così
lascia stare la questione e torna
dentro casa, intenta a fare una doccia veloce e uscire.
“Dove
pensi di andare?” – domanda lui, mezz’ora
dopo, guardandola indossare un giubbotto di pelle rossa.
“A
cercare mia figlia! Non me ne sto sulla
veranda a smanettare con il PC… io!” -
precisa lei.
“Adesso
basta!” – a quel punto l’uomo non
sopporta più di essere un oggetto contro cui scagliare
frustrazioni – “Odiami quanto
vuoi, trattami come se fossi uno straccio… ho capito che ti
fa stare meglio
agire in questo modo…ma non permetterti di insinuare che io
non cerchi
Ginevra!! Questo no, cazzo!”
“A
me sembra che tu sia talmente rilassato
da fumare un sigaro in piena
tranquillità…”
Bogotà
sa che da lì a pochi secondi la
discussione sarebbe diventata una lite molto forte.
Si
contiene, di nuovo. Poi decide di
informare la donna di quanto sta per accadere.
“I
Dalì verranno qui!”
“Cosa?”
– quella confessione spiazza
Nairobi che, pietrificata, ricorda i momenti vissuti
all’interno della Banca di
Spagna, durante i quali ha rischiato di morire –
“Non possiamo permettere che si
espongano l’ennesima volta , mandando a puttane la loro
libertà!”
“Lo
so, è stata Tokyo a contattare il Professore!”
“Adesso
mi sentirà!” – arrabbiata, la
Jimenez afferra le chiavi dell’auto e si dirige verso la
porta d’uscita
secondaria, che la collega direttamente al garage, dove è
parcheggiato il
mezzo.
Prima
che la donna sale a bordo, Bogotà la
segue e le dice – “Io ho voluto che partecipassero
i miei sette figli”
E’
tale rivelazione a paralizzare
totalmente Nairobi. La gitana fissa il marito, incredula. Comprende
solo allora
di avergli gettato addosso tanto fango e sputato veleno ingiustamente.
Lui non
solo si era messo al lavoro per reclutare aiuti, ma ha scelto tra
questi i suoi
eredi… il sangue del suo sangue , consapevole che
è certamente pericoloso per
dei giovani alle prime armi.
“Come
pensi che possano cavarsela? Sono dei
ragazzini”
“Non
più. Lo erano dodici anni fa, quando
raccontai a te e Denver della loro identità! Hanno coraggio
da vendere, tutti!
E saranno qui in serata”
“Di
già?”
“Sì,
hanno preso i biglietti aerei per
raggiungere Perth il prima possibile. Non hanno esitato quando gli ho
raccontato l’accaduto…sono l’aiuto di
cui necessitiamo!”
Il capofamiglia conclude così il suo discorso, tornando in
casa pronto ad
allestire le camere per i suoi figlioli.
Spiazzata
e al contempo preoccupata per
quello che potrebbe accadere, Nairobi scende dal mezzo e abbandona
l’idea di
ricercare Ginevra senza alcun piano o tracce importanti su cui indagare.
A
passo lento raggiunge il consorte,
notandolo alle prese con un letto e delle lenzuola pulite.
“Cazzo!”
– esclama poi, dopo essersi
accorto di averle sistemate al contrario.
L’armeno
sta per cedere al pianto…Nairobi
ne è certa… e quando lo vede accasciarsi a terra,
con le mani sul volto,
capisce la sua sofferenza e se ne colpevolizza.
Lo
raggiunge, creando imbarazzo in lui.
“Non
eri andata…?”
“Ho cambiato idea! Ti aiuto qui” –
così dicendo, mantenendo sempre e comunque
un tono distaccato, la Jimenez prepara la camera in un battibaleno.
La
mattinata trascorre tra silenzi e
assensi.
Dopo
aver informato la scuola di una brutta
influenza di Ginevra, unica scusa plausibile per giustificarne la non
presenza,
Bogotà si pone davanti alla tv.
Il
notiziario è diventato qualcosa d’inguardabile,
viste le tante notizie di cronaca.
Stanco
di quel bombardamento emotivo, opta
per cambiare canale. Però è Nairobi a ordinargli
di non farlo, perché qualcosa ha
attirato la sua attenzione.
“Alza
il volume” – dice e l’uomo non esita
a farlo.
“La
piccola Beth è sparita nel nulla da una settimana. I
genitori sono
terrorizzati. Non sanno cosa pensare. La madre teme che sia un
rapimento per
chiedere un riscatto. Intanto, altre sparizioni pongono in allerta
l’area di Perth.
Che ci sia un maniaco in giro? La polizia indaga. Vi terremo aggiornati”
L’idea
di Ginevra tra le mani di un folle esaltato,
rapitore di bambini, terrorizza i due coniugi che guardandosi ,
turbati, si
convincono che l’idea di Tokyo sia stata quella giusta.
“Ti
prego devi venire qui assolutamente!” –
scrive Agata a Sergio, poco dopo.
E
la risposta del Professore non tarda ad
arrivare – “Saremo lì domani! I
Dalì stanno tornando…vedrai che andrà
tutto
bene, non temere e non perdere la lucidità. Sarebbe solo
peggio…anzi! Non devi
permettere che il tuo matrimonio risenta di questa faccenda.
Chiaro?”
Le
parole di Marquina toccano Nairobi nel
profondo. Con l’aria alquanto amareggiata, la gitana posa lo
sguardo sul marito,
alle prese con il suo sigaro.
“Non
avevi smesso di fumare?” – chiede.
“In
momenti di grande tensione non posso
non farlo! mi sfogo così” – commenta il
saldatore.
In
quel momento la Jimenez percepisce in
lui la stessa sua fragilità.
“Avrei
dovuto rimanere a casa ieri!”
- dice, cambiando discorso all’improvviso.
“Che
dici?” – domanda l’uomo, confuso.
“Sì,
ho dato la colpa a te sapendo che
sarebbe potuto accadere anche se a casa ci fossi stata solo
io!”
“No,
tu sei più attenta. Con te non
sarebbero scappati in giardino per nascondersi…”
“Adesso
che Ginevra è chissà dove e chissà
con chi, e adesso che la tua idea di riunire la famiglia è
ciò che serve, penso
che possa essere utile anche a me chiamare qualcuno
d’importante”
“Sei
sicura? Ti senti pronta a questo?” –
Bogotá
ha inteso immediatamente le intenzioni di lei.
La
gitana annuisce.
Afferra
il cellulare regalatole dai
complici del professore, divenuti ormai amici, i loro protettori.
Compone
un numero e attende qualche
secondo.
Il
telefonino squilla quattro volte…attimi
paragonabili a un’eterna attesa.
Poi
una voce risponde.
“Pronto?”
“Axel,
sono la mamma! Ho
bisogno di un favore”