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Autore: Urban BlackWolf    08/05/2021    3 recensioni
Possono i desideri personali, l’ambizione insita in ognuno di noi, la latente frustrazione che comporta il ritrovarsi a tirare parzialmente le somme della propria vita vedendo quanto si è dovuto rinunciare per aver fatto scelte diverse, oscurare l’amore che fino a pochi istanti prima si considerava il punto di forza di tutta la propria esistenza?
Questo Michiru non lo sa, ma lo scoprirà presto.
Sequel dei racconti:
”l'Atto più grande”
“Il viaggio di una sirena”
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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La vita che ho scelto

 

Sequel dei racconti:

l'Atto più grande”

Il viaggio di una sirena”

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

Una strana richiesta

 

 

Guardando per l’ennesima volta l’ora sul quadrante del suo orologio, si ritrovò a sbuffare sonoramente mentre il cameriere le si avvicinava alle spalle chiedendole se volesse un altro caffè.

“O no grazie. - Disse sorridendo dolcemente. - Se non le dispiace aspetterò ancora qualche minuto.”

“Non ci sono problemi dottoressa. Faccia un cenno se dovesse servire.” Servizievole ed alquanto professionale, il ragazzo che durante i giorni infrasettimanali era solito servire lei ed i suoi colleghi per il solito break post pranzo, contraccambiò il sorriso tornando all’interno del bar.

Altri cinque minuti e Michiru avrebbe raggiunto il punto di non ritorno, si sarebbe alzata abbandonando il giardinetto interno al locale saldando il conto e imboccando la via di casa, avrebbe riflettuto sul come farsi perdonare da Haruka quell’improvvisa uscita. Domenica mattina e lei la stava passando riempiendo il tempo del suo riposo in attesa dei comodi altrui? Giammai!

Non ho mai sopportato i ritardatari! Ma stiamo scherzando! Pensò furente cercando di mantenere il controllo conscia che tutta quell’assurda circostanza, dipendesse solo dall’interesse che il messaggio arrivatole all’alba le aveva messo addosso.

La curiosità uccise il gatto. E mai detto l’era sembrato più vero.

Michiru era agitata, sia per il tono perentorio con il quale era stato composto, “vediamoci al bar davanti al castello verso le dieci di domani mattina, sia per una certa premura conclusiva, “è importante”.

Contrariata rivolse il blu profondo delle sue iridi alle vette ammantate di rigoglioso verde che si estendevano tutto intorno alla città. E neanche l’ha firmato, continuò a cogitare sapendo che anche se presente in rubrica, quando non c’era tutto questo gran rapporto, era pur sempre buona educazione lasciare almeno l’iniziale di un nome. Questa volta Ruka non me la perdonerà tanto facilmente, ammise ricordando con desolata lucidità l’avvio dell’ennesima baruffa famigliare.

“Devi uscire? Ma è domenica!” Aveva evidenziato la bionda dimenticando la tazzina di caffè a mezz’aria.

“Lo so, ma cercherò di far presto, amore. Devo capire cosa sia successo. Intanto perché non inviti Giovanna per pranzo? Sono giorni che non state un po’ insieme.”

“Fai una telefonata al Direttore!”

“La curatrice della mostra sono io e solo io posso porre rimedio a qualche ipotetico danno.” E buttandola quasi sul dramma, Kaiou aveva completamente sorvolato sul fatto che il messaggio arrivatole non proveniva da qualcuno degli uffici, ma dall’artista in persona.

Perché non le ho detto che è stata Kristen a scrivermi? Si chiese chiudendo gli occhi alla luce che stava filtrando dalle ombreggiature orizzontali di canapone bianco poste a protezione del piccolo spazio verde del retro del bar. Eppure non c’è niente di male nel vedersi.

O si? Michiru ed Haruka stavano uscendo da un periodo massacrante dove per assurdo che fosse, la più grande non aveva mai manifestato alcuna gelosia per Kristen Kocc. Ora però, che durante lo svolgimento del vernissage la compagnia e l’artista si erano conosciute, le cose sarebbero sicuramente cambiate. Diversissime, ma estremamente possessive, quelle due non avrebbero mai potuto andare d’accordo, soprattutto con lei di mezzo. Michiru sapeva già come sarebbero andate a finire le cose se lei e la Kocc avessero continuato a sentirsi anche una volta terminata la temporanea; Haruka avrebbe iniziato ad essere sempre più smaniosa e la loro vita di coppia ne avrebbe orrendamente risentito.

“Finalmente quando il genio tornerà in Svezia finirà di spremerti come un limone.” Se n’era uscita Haruka la sera precedente mentre con Michiru al fianco aspettavano il taxi che le avrebbe riportate a casa dopo il vernissage.

“Ruka… ho fatto solo il mio dovere. Non ha senso che tu dica una cosa del genere.”

“Allora diciamo che finalmente ti prenderai qualche giorno di riposo.”

“Quelli si, ne ho bisogno. - Aveva concordato guardandola stranirsi un po’. - Cosa c’è?”

“Certo che, a parte l’arroganza…, quella donna ha del fascino.”

“Hei Tenou! Bada…”

Haruka le aveva allora sfiorato il viso con una carezza dicendole di stare tranquilla. “Io ho occhi solo per te. E’ solo per quel suo lato hipster che ti piace tanto, che mi preoccupo.”

Lato hipster, ricordò Michiru sentendosi chiamata alle spalle.

“Kaiou-san…” Ed eccola qui l’artista fascinosa dai modi accattivanti che stava iniziando a far drizzare le antenne ad Haruka.

Stirando le labbra Michiru gonfiò il petto contraccambiando il saluto con un leggero movimento del capo. In effetti quella donna aveva tutto di alternativo, dalla cravatta non tirata, al gilè nero lasciato aperto su una delle sue solite camicie stile figlia dei fiori dalle immancabili maniche arrotolate. Sedendosi Kristen si tolse il borsalino in feltro grigio chiaro appoggiandolo sul piano del tavolo. “Scusami per il ritardo. - E non ritenendo di dover aggiungere altro, chiamò il cameriere con un cenno del braccio. - Prendi niente?”

“No, sto bene così grazie. Dunque? Problemi in mostra?”

“Non direi.” Rispose lasciando che il ragazzo le prendesse l’ordinazione.

Allora corrugando la fronte Kaiou si perse. “Mi mandi un messaggio alle cinque di mattina chiedendomi di vederci l’indomani, perciò credevo…”

“Se ci fossero stati, ti avrei detto di vederci al castello e non al bar di fronte.” Disse serafica.

Era un discorso coerente che stranamente la mente logica di Kaiou non aveva colto.

“Hai avuto modo di leggere le recensioni della stampa?” Continuò l’artista.

“In verità no.”

“Non t’importa di sapere cosa la tua città pensi del nostro lavoro?”

Nostro? Si disse Michiru ingenuamente. “L’artista che ha prodotto le opere sei tu.”

“Ma l’illuminazione, la disposizione e la cura nei dettagli sono i tuoi.”

“Miei e dell’Architetto Aulis.” Sottolineò con una punta di rimprovero tanto che Kristen se ne ebbe quasi a male e con un gesto di stizza attese che il cameriere le lasciasse il bicchiere di spremuta di pompelmo che aveva ordinato prima di proseguire con il discorso.

“Comunque sono tutte annotazioni positive. Spero che la cosa ti faccia piacere.”

“Certo, ma non avevo dubbi. Le tue opere sono molto belle.”

“Ma possono non piacere a tutti, o meglio, non tutti sono in grado di capirle.”

A Michiru non sfuggì la sottile allusione ad Haruka e ringraziò il suo intuito per averla spinta la sera prima ad allontanare la compagna da una cena che l’arroganza di Kristen non avrebbe reso per nulla piacevole.

Senza cadere in trappola, Michiru cercò di capire cosa diamine rappresentasse quell’incontro. “Se in mostra va tutto bene…, perché il messaggio?”

“Devo supporre di averti allontanata dalle tue incombenze famigliari?”

Ritrovandosi a serrare le labbra, l’altra si accorse di quanto quella conversazione stesse puntando sul personale, perciò si limitò a farle notare che fosse domenica mattina.

L’ilarità della Kocc la prese del tutto in contropiede. “Scusami Kaiou-san! Non credevo che una stacanovista come te avesse il culto del giorno di riposo.”

Giorno di riposo? Con tutte le cose arretrate che devo fare per casa?

“Forse ho creato attrito con la tua compagna?” Continuò l’artista pizzicandole il nervo giusto.

“E’ per farmi discutere con Haruka che ti sei permessa d’inviarmi un messaggio all’alba che scopro solo ora essere totalmente inutile?”

“Michiru… - disse sporgendosi in avanti sicura del fatto suo. - …, non tutto ruota attorno ad una coppia di novelle innamorate. Fidati.”

Innamorate. In effetti lo erano, lo erano ancora e questa consapevolezza smorzò il nervosismo che le stava salendo dentro.

“Ti ringrazio, ma non siamo affatto novelle. Ora ti prego di dirmi perché volevi vedermi.”

Questa volta fu Kristen a rimanere colpita. Il magnetismo che Michiru e la sua compagna avevano emanato la sera precedente l’aveva portata all’errore. Sorvolò, perché intimamente non aveva mai creduto nell’anima gemella, nell’amore con la A maiuscola e concentrandosi finalmente sul vero motivo che l’aveva spinta a mandare quel messaggio, pose a Michiru una domanda.

“Vorrei che mi mostrassi il portfolio delle tue opere. Quelle giovanili, perché il paesaggismo che adotti da qualche anno non mi interessa.”

“Cosa?”

“Ne avrai uno, spero.”

“Non…, non a portata di mano. Anzi, con molta probabilità quello che avevo sarà andato perduto in qualche trasloco.”

“Domani rientrerò a Stoccolma per qualche giorno per poi ritornare nel prossimo fine settimana. Saresti in grado di farmi avere qualcosa di concreto per allora?”

“Non lo so, forse, ma perché?”

Iniziando a bere la sua spremura, Kristen non rispose subito. Aveva visto alcune immagini dei paesaggi dipinti da Michiru in età matura, ma mai nulla di quando era ragazza. La corrente di Kandinsky, propria di una Kaiou poco più che adolescente, la stuzzicava e la spingeva a saperne di più.

“Conosci Gustav Marinof?” Chiese posando lentamente il bicchiere imperlato di condensa.

“Certo. Uno dei massimi esponenti del neoespressionismo bulgaro.”

“E’ stato il mio maestro.”

A quella rivelazione Michiru rimase di sasso. Era come dire di essere stata un’allieva di Keith Haring o Picasso, de Chirico o Fontana. Un gigante dell’arte insomma.

“Dici sul serio?” Ed in effetti ora che conosceva l’arte di Kristen un senso quella scoperta ce l’aveva.

“E ti dirò di più; questa notte sono riuscita a sentirlo. Attualmente è in Sud America.”

Con i pensieri completamente azzerati, l’altra continuò a guardarla fino a quando tutto d’un tratto Kristen non la fissò con le sue grandi iridi grigie facendo una proposta che colse Kaiou totalmente alla sprovvista.

 

 

Haruka si piegò in avanti cercando di non versarsi la birra addosso. Coprendosi il viso con la mano libera dal bicchiere tentò di asciugarsi le lacrime che l’ilarità della sorella le stava tirando fuori dagli occhi.

“Oddio Giovanna … Basta! Ti prego…” Disse tornando a guardare l’altra provare a trattenersi dallo sputarsi sulla felpa il sorso di chiara che stava tentando d’ingoiare.

Michiru ci aveva visto giusto; stare un po’ insieme aveva stemperato il nervoso per essere stata lasciata sola tanto repentinamente e farlo grazie alle continue perculate della maggiore ai danni della Kocc, si stava rivelando ancora più soddisfacente.

“Guarda Ruka…, quella donna sta tutta fuori! Passi per i vestiti e il modo di fare, è un’artista e ci sta, ma l’essere talmente ossessionata dalla cabala dei numeri da evitare come la peste il povero sette, lo trovo da schizzati.”

“Il sette?!”

“Si, lo ha voluto togliere dalla numerazione delle opere, la pagina sette nel catalogo non c’è, mai sette operai presenti simultaneamente nella stessa sala o Dio ci scampi e liberi dai suoi urli e pensa che in fase di cablaggio luci, si è perfino messa a contare i corrugati dentro le canaline.”

“Ma scherzi?”

“Parola d’onore… Senti questa; un pomeriggio della scorsa settimana, lei e Michiru avevano appuntamento con il sindaco e visto che la targa della macchina della tua donna non porta uno, ma ben due sette, la Kocc si è categoricamente rifiutata di salirci sopra optando così per un taxi, ma quando questo è arrivato al solo leggere il nome scritto sulla portiera, ovvero Tango 07, la grande artista ha pensato bene di rimandarlo indietro. Naturalmente questo ha portato ad un ritardo colossale e sai meglio di me quanto Kaiou non lo sopporti. - Avvicinando pollice ed indice si sporse in avanti. - C’è mancato tanto così che Michiru non le mettesse le mani addosso.”

Poggiando la schiena alla stoffa bicroma della sdraio la bionda sorrise tronfia. “Mi aveva accennato del ritardo, ma non ne sapevo il motivo.”

“Lo credo. Per me si è vergognata per la Kocc.”

“E del coso viola che mi dici?”

“Ah, quella è un’altra storia! Anche tu lavori con gli uomini e perciò puoi immaginarti da te i commenti sputati fuori dalle bocce degli operai quando hanno tirato quel quadro fuori dalla cassa … Il meno greve, quello più delicato, è stato, ma che cazzo è? E un altro ha subito risposto, appunto. “

“Dio, quanto avrei voluto esserci.”

“Santa la tua donna che è riuscita a tenerla a bada per tutto questo tempo. Non sai le volte che la Kocc ce lo ha fatto spostare per poi infine piazzarlo sai dove?”

“La seconda sala.”

“Esatto, ovvero quella che era la camera da letto del signore del castello.”

“Ma dici sul serio?”

“Yes…”

“Questa sì che si chiama rimembranza storica.”

Rimembranza… di letto.” E nuovamente a ridere sbragate sulle sdraio.

Quando Michiru aprì la porta a vetri della terrazza le trovò così; spiaggiate come due narvali al sole, avvolte dal fumo odoroso del barbecue e leggermente alticce per una birra trangugiata a stomaco vuoto.

“A siete qui? Ho bussato.”

“Scusa Michi, non ti abbiamo sentita. Abbiamo chiuso per non mandare fumo in casa. - Alzandosi Haruka le andò incontro stampandole un bacio sulle labbra. - Tutto a posto?”

Vedendola rossa e sorridente, la compagna si limitò ad annuire alzando poi le sopraciglia alla carne con annesse verdure che intanto stava sfrigolando sulla griglia in mattoni posta al lato del terrazzo. Ci sarebbe stato tempo per parlarle della proposta di Kristen.

“Un barbecue? Che fantastica idea.”

“E’ stata di Giò.”

“Per festeggiare la fine di un calvario durato tre settimane.” Disse l’amica alzando al cielo il bicchiere di birra.

“Allora vado a sciacquarmi ed apparecchio.”

“No. - La bloccò la bionda arpionandola per i fianchi. - Oggi ti lasci servire. Facciamo tutto noi.”

“Perché, scusa?”

“Perché si.”

Haruka si era calmata e sapere di come Kaiou avesse a più riprese tenuto testa alla Kocc, l’aveva messa ancor più sui binari del buonumore. L’altra invece rimuginò per tutto il pranzo sulla conversazione avuta con Kristen, indecisa o meno sul da farsi. Certo Michiru avrebbe dovuto parlarne prima con la sua donna, ma perché mettere il carro davanti ai buoi? Perché andare a rompere l’equilibrio di coppia che stavano ritrovando se lei per prima ancora non aveva deciso se e come affrontare le richieste dell’artista?

Vigliaccamente decise di temporeggiare, di godersi quella domenica pomeriggio nella tranquillità della sua famiglia, con Haruka, Giovanna ed il piccolo Tigre, crogiolandosi nel tepore dei raggi solari che con il passare delle ore andavano smorzandosi dietro le vette, finalmente padrona di un tempo ritrovato, servita e riverita come una dea dalla donna che amava.

Questo naturalmente fino alla sera, quando dopo aver salutato l’amica, lei e la bionda iniziarono a rassettare la cucina e il tavolo da pranzo disseminato di carte francesi. “Certe volte Giovanna ha più culo che anima.”

“Mi sembra sia finita in parità.” Puntualizzò Michiru dando una botta di straccio alle superfici.

“Oggi s’è moderata, ma solo perché giocavamo in tre. - Disse la bionda riponendo le carte nel cassetto della credenza. - Michi…, che c’è? Davvero tutto bene al castello?”

Spegnendo i faretti della penisola, l’altra le andò vicino increspando leggermente la fronte. Nel corso di quegli otto anni Haruka era diventata molto più empatica ed ora era difficilissimo per lei nasconderle qualcosa. O forse era lei stessa a non avere più la capacità di farlo. Michiru stava per aprire bocca quando il suo cellulare iniziò a suonare e riconoscendo a quale persona era stata assegnata quella melodia, sussulto' coprendosi la bocca con una mano.

“Oddio…, mia madre. Le avevo promesso che l’avrei chiamata per raccontarle della mostra.”

“Povera te.” Canzonò la bionda posandole un bacio sulla spalla per poi dileguarsi in terrazza a pulire la griglia del barbecue.

“Spiritosa. - Replicò di malavoglia rispondendo. - Pronto, mamma?! Ciao. Come stai?”

Appoggiandosi ad uno dei braccioli del divano Michiru guardò apaticamente un punto indistinto del soggiorno. “Si, scusa. Ti avrei chiamata a breve.”

“No, no. Tutto bene, anzi, a detta delle critiche…, un successo.”

Iniziando a raccontare a Flora alcuni dettagli della mostra che sapeva le avrebbero fatto piacere, la donna si trattenne con lei più del solito e questo sorprese anche Haruka, che andando e venendo dalla cucina alla terrazza, non mancò di sfotterla con boccacce e facce buffe.

“Venti minuti! Un record!” Dichiarò la bionda una volta terminata la telefonata.

Un parto, come al solito, ma questa volta Kaiou si astenne dal lamentarsi, anzi, se ne uscì con una delle domande più assurde mai sentite dalla compagna. “Ti dispiacerebbe se andassi a Berna per un paio di giorni?”

“A che fare!?”

“A trovarla.” Rigettò tutto d’un fiato mentre si staccava dal divano per andare a riposizionare il runner di stoffa colorata al centro del tavolo.

“Ma vi siete viste per il tuo compleanno!”

“E allora? Tu sei impegnata con i test per la Superbike e visto che hai chattato con Stefano per gran parte del pomeriggio, immagino tu non veda l"ora di tornare a mettere le mani sulla vostra Winchester. Vorrei approfittarne del break di questi giorni per rivedere la città e stare qualche ora con lei. - E vista l’espressione tra il contrariato e lo stupito messa su dall’altra, Michiru cercò di essere ancora più convincente. - Perché quella faccia? La trovi una cosa tanto assurda?”

“In verità…, si Kaiou.”

Un’affermazione talmente convinta e soprattutto sincera, che la stizzì mettendola immediatamente sulla difensiva. “Senti, non c’è affatto bisogno di fare dello spirito.”

“Ei…, scusa, ma visto che per settimane ci siamo praticamente soltanto incrociate per discutere o dormire, pensavo che almeno avremmo passato questi giorni insieme.”

“Insieme? Ma tu devi lavorare e non credo che il Capo Smaitter ti permetterà di assentarti proprio ora che da Bologna stanno con il fucile puntato.”

“Ho capito, ma almeno la sera…”

“Allora secondo te dovrei passare i miei giorni di riposo a casa per poi farti trovare la cena pronta ed il letto caldo?”

“Ma che stronzata!” Replicò facendola irrigidire ancora di più.

“Haruka! Per favore, parla pulito!”

“D'accordo! Vai, vai, così almeno per un po’ potrò smadonnare in santa pace, mangiare sul divano tutte le porcate che voglio e ruttare come se non ci fosse un domani, senza che il grillo Kaiou mi si metta sulla spalla a non farmene passare una!” Ed inforcando nuovamente la portafinestra della terrazza, Tenou si dileguò fino a crepuscolo inoltrato.

 

 

 

La crisi si spense velocemente così come si era accesa. Due coccole e Michiru tornò a far ragionare la sua bionda che ammise, abbastanza pudicamente, che in effetti l’idea di trovarla dietro ai fornelli vestita solamente di un grembiule le aveva formicolato la libido più di una volta. Del tipo cameriera sexy.

“Hai ragione Michi. Hai bisogno di svagarti un po’, ma pensavo che un buon libro e tante ore di sonno arretrato ti sarebbero bastati per recuperare.” Alzando le lenzuola ci si infilò vestita del solito binomio boxer e canottiera.

Iniziando a passarsi la crema sul dorso delle mani, l’altra sorrise al ricordo del sogno peccaminoso della compagna. “Ma realmente ti sconfinfera l’idea di tornare una sera e trovarmi mezza nuda a cucinarti la cena?”

Un movimento velocissimo di assenso con la testa e il viso di Haruka s’illuminò di una luce perversamente franca. “Tu non sai quanto e da quanto tempo.”

Mantenendo su il cipiglio da donna di classe che l’avrebbe sempre contraddistinta, Michiru alzò allora le sopracciglia continuando a passarsi la crema da una mano all’altra. “Allora potevi dirlo prima.”

“Non conosci ancora di cosa è capace la mia perversione?” Chiese distendendosi su un fianco con la testa sotto l’avambraccio destro.

“Certo, ma iniziamo ad avere una certa, Tenou. - Punzecchiò di rimando guardandola finalmente negli occhi. - Chi si lamenta spesso e volentieri di tornare esausta dal lavoro per poi morirmi sul divano appena finito d’ingerire l’ultimo boccone di cibo?”

“Sciocchezze. Posso ancora soddisfarti tutte le notti, mio dolcissimo amore.” Alzandosi lentamente si avvicinò iniziando a lasciarle una serie d’invitantissimi baci sul collo lasciato parzialmente scoperto dai capelli legati.

“Allora vedi che ho ragione quando m’impunto a non volere la televisione in camera?” E le lasciò più spazio.

“Per te equivale ad una cintura di castità… Lo so, Michi mia."

“Allora ricordatelo al prossimo mondiale in notturna.”

“Vogliamo parlare proprio di questo?”

“Tu che dici?” Rispose con un’altrettanto languida domanda.

“Dico proprio di no.”

 

 

Michiru partì alle nove della mattina successiva. Dopo aver salutato la sua compagna e carica solo di un paio di cambi, voltò il volante della sua auto in direzione dell’autostrada. Sarebbe arrivata a Berna in meno di due ore. E per tutto il viaggio avvertì la coscienza schiacciata per aver così scientemente mentito alla sua Haruka.

 

 

 

 

   
 
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