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Autore: Eevaa    09/05/2021    8 recensioni
L'aura di Kakaroth si era dissolta lentamente nel nulla. Non da un momento all'altro - il che avrebbe potuto farne presagire la morte - ma lentamente. Sempre più flebile, sempre più lontana, fino a che Vegeta non l'aveva più percepita. Mai più.
«Cosa hai capito di tutto quello che ti ho detto?» urlò Vegeta. Poi il prigioniero sbuffò, annoiato.
«Che in cinquant'anni hai stipulato un'alleanza bizzarra con gli abitanti di questo pianeta, che avete sconfitto nemici dai nomi improbabili, che non solo esiste il leggendario Super Saiyan, ma ne esistono con diverse tinte per capelli; che ti sei riprodotto e, per tutte le galassie, se ce l'ha fatta uno come te persino Dodoria avrebbe avuto delle speranze; che siete invecchiati terribilmente mentre io sono un fiore, e che ora dobbiamo salire su quel catorcio di astronave per andare in giro per dodici universi alla ricerca dello squinternato che se l'è data a gambe dieci anni fa e che, con tutta la probabilità, ora è solo un mucchio d'ossa o polvere interstellare ma oh, guai a dirlo, perché mi pare che siate molto amici».
Inaccurato, ma tutto vero.

[Post-Dragon Ball Super] [Slowburn]
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Across the universe - La serie'
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 
AVVERTIMENTI: Turpiloquio, volgarità, scene leggermente violente.



- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 5
Il presentimento



«FERMI DOVE SIETE, MANI BENE IN VISTA. SIETE IN ARRESTO!»
A parlare era stato un grosso alieno dalla pelle violacea e bitorzoluta, con un doppio blaster ultimo modello in mano e un'uniforme troppo stretta per il suo addome prominente.
Vegeta e Radish non si scomposero, ma nemmeno azzardarono a muoversi.
Erano circondati da armi puntate contro di loro ma, ammesso e non concesso che quella folta schiera di personaggi possedessero un livello combattivo mediamente alto, a Vegeta sarebbe bastato uno schiocco di dita per far saltare in aria quel luogo, blaster, uomini e piattaforme comprese.
Quel che gli interessava, però, era che l'astronave rimanesse in condizioni utili per viaggiare. Proprio per quel motivo, quando avvertì l'aura di Radish iniziare a ribollire, gli lanciò una dura occhiata giusto per fargli intendere che non fosse il caso di radere al suolo tutto con così tanta fretta.
E nel corso degli anni aveva imparato che una buona trattativa portava a risultati migliori che una piazza pulita.
Vegeta apri i palmi delle mani in segno di resa e li rivolse verso l'alieno viola.
«Quale sarebbe il problema?» domandò, calmo.
Un borbottio cinico si levò tra la folla.
«Il problema, feccia, dovrebbe esservi chiaro» grugnì l'alieno, quasi schifato. «Voi non siete i benvenuti qui. Non a Vortax, non nel sistema di Eldereen, non in questa galassia».
Vegeta, il quale faticava a comprendere il perché di cotanto astio, si accigliò. Anni addietro non avrebbe perso un attimo a far saltare in aria il cervello di quel pezzo di merda - e forse l'istinto da qualche parte lottava ancora per venire fuori, causandogli un grave prurito sotto i guanti bianchi.
«Stavamo giusto per andarcene» si limitò a dire.
«E non che la cosa ci addolori particolarmente» aggiunse Radish. Ma, per quanto avesse ragione, Vegeta gli lanciò un'occhiataccia, di nuovo.
«Oh, certo che ve ne andrete. All'Inferno! Il posto giusto per quelli come voi!» berciò un altro alieno tra la folla, caricando il blaster.
«Quelli come noi?» chiese Vegeta.
«Saiyan, la peggior feccia dell'intero Universo Sette» sibilò il soldato dalla pelle viola. Si avvicinò di un passo e sputò fin troppo vicino agli stivali di Vegeta. «Pensavamo foste stati sterminati, per la gioia di tutto questo sistema».
Il Principe dovette ricorrere a tutta la sua buona volontà per afferrare il braccio di Radish e impedirgli di compiere giustificabili efferatezze. Con tutta probabilità avevano sospettato di loro a causa della coda di quell'idiota, e non avrebbero potuto nemmeno dire niente a loro discolpa o fare i finti tonti: sul documento consegnato era menzionata l'alta carica di Vegeta, Principe della specie Saiyan.
«Non siamo qui per conquistare o distruggere. Non operiamo più per conto di Freezer da decenni» tentò Vegeta.
Qualcuno ridacchiò, qualcuno si esibì nei più coloriti degli insulti in lingua intergalattica.
«Lo credo bene, avete già distrutto tutto ciò che c'era da distruggere, qui intorno!» gridò un tizio.
«Non siamo qui per trattare, siamo qui per distruggervi una volta per tutte» soffiò l'alieno dalla pelle viola, dopo aver imbracciato meglio l'artiglieria.
Vegeta inspirò forte con il naso e alzò gli occhi al cielo. Era passato più di mezzo secolo da che non si trovava a ricorrere a un certo tipo di discorsi. Solo che un tempo il discorso sarebbe stato “arrendetevi o vi facciamo fuori”, per poi far fuori tutti ugualmente. Mentre in quel momento sentiva di essere diventato molto più diplomatico.
«Se vogliamo metterla su questo piano, allora, vi sconsiglio caldamente di provarci. Con il livello combattivo che possiedo sarei in grado di far saltare in aria questo cesso di pianeta prima che qualcuno possa sparare anche solo un raggio di blaster. Il mio collega qui, che è di gran lunga molto meno forte di me, potrebbe frantumare il cranio di ognuno di voi in meno di cinque minuti, seppur disarmato. Questa non vuole affatto essere una minaccia, non faremo nulla di tutto ciò a meno che costretti. Quindi, per la vostra sopravvivenza, il mio spassionato consiglio è quello di mettere le armi a posto e lasciarci partire senza fare storie. Non ci vedrete più da queste parti, e questa è una promessa».
Un silenzio tombale calò sullo spiazzo buio di quella piattaforma, l'attimo prima di una grande risata collettiva. L'attimo prima che, a blaster spiegati, gli alieni della Galassia del Sud iniziassero ad attaccarli.
Quello era senz'altro il risultato di essere stati per secoli una delle razze più temute dell'universo.

«Ok, amico, questi sono duri di comprendonio» ringhiò Radish, deviando un paio di colpi rivolti al proprio cranio.
«Lo credo anche io. Mettiamoli al tappeto. Magari cerca di non ucciderli» si raccomandò Vegeta. Sì, negli anni era decisamente diventato un bravo ragazzo: ne aveva avuto abbastanza di sterminare popolazioni di innocenti per niente. Anche se quei tizi si stavano rivelando tutt'altro che innocenti.
Radish sbuffò annoiato e iniziò a balzare per aria per poter schiacciare i nemici al suolo, Vegeta si fece largo tra la folla incenerendo i blaster.
Tra le urla di battaglia e i fasci di luce, il primo pensiero di Vegeta fu soprattutto quello di preservare l'integrità dell'astronave. Un vero problema che alcuni dei nemici si rivelarono molto più forti di quanto pronosticato, almeno per Radish.
«Posso ucciderli, ora?!» ringhiò questi, dopo perseveranti schiere di pugni da parte di una cerchia di alieni.
«Permesso accordato» grugnì Vegeta, accorrendo in suo aiuto.
Non avrebbe mai immaginato di doversi persino trasformare in Super Saiyan di secondo livello per poter fronteggiare quelle che sembravano mezze calzette.
Radish, trasformato nel primo livello, emanò un doppio potente raggio dalle mani e mise così al tappeto due dei nemici.
«Del resto tu li avevi anche avvertiti. Questo non è...» Radish colpì in testa un nemico con una ginocchiata «...sterminio». Poi prese altri due alieni bluastri e li fece saltare in aria senza troppi complimenti. «Questa è selezione naturale!»
Vegeta roteò gli occhi e deviò un colpo senza troppa fatica. Il cretino non aveva nemmeno così tanto torto, e quella cosa ridicola stava durando anche troppo.
«Forza, mettiamo la parola fine a questa pagliacciata» si spazientì Vegeta e, solo con il contraccolpo della trasformazione in Super Saiyan God, ridusse in polvere i tre nemici che gli si erano messi alle calcagna.
Alcuni di loro, spaventati, gettarono a terra armi e bagagli e scapparono a gambe levate.
Un vero peccato che Radish - forse troppo entusiasta - lasciò partire un colpo a tradimento verso due di loro.
Vegeta gli ringhiò contro. «Smettila di fare casino, idiota! Vai sulla navicella e inizia ad accendere i motori».
Il Principe si occupò dei pochi perseveranti rimasti e lo seguì di corsa nel giro di mezzo minuto e, una volta chiusa la rampa di atterraggio, lo raggiunse nella cabina di pilotaggio a passi concitati.
«Si parte!» annunciò Radish, gioviale. Con un grosso rombo di motori l'astronave si sollevò dalla piattaforma e partì verso l'orbita. E tanti cari saluti a quella fogna di pianeta.
«Quell'ultimo colpo avresti anche potuto risparmiartelo» lo redarguì Vegeta, con disappunto. Un disappunto che virò presto verso se stesso: quello era un discorso decisamente troppo tipico di Kakaroth, del suo buon cuore leale. Troppo leale, troppo buono.
«Mi è scappato!» si giustificò Radish, innocente, con tanto di spallucce.
«Sì, come il tuo cervello».

Avrebbero dovuto lavorare ancora un po' sulla sua integrità morale. Avevano avuto due mesi di dibattiti e battibecchi, spiegazioni, confronti nei quali Vegeta aveva impiegato tutta la pazienza di cui disponeva – pochissima – per educare quello scimmione troppo cresciuto. E, accorgendosi che dopo cinque minuti i loro discorsi viravano sempre su una lotta all'ultimo sangue in cui Vegeta picchiava Radish fino a sentirsi dire “sì, ok, forse hai ragione”, si era reso conto di quanta diamine di forza di spirito avessero avuto Bulma e Kakaroth per sopportarlo in tutti quegli anni, quando ancora era il borioso Principe dei Saiyan. La pazienza di attendere un suo cambiamento, la forza di perdonarlo, di dargli una, due, tre quattro possibilità.
E lui era stato di gran lunga un figlio di puttana peggiore di Radish, ai tempi d'oro. Ci aveva messo due decadi, due resurrezioni e due figli per poter diventare una persona migliore, per redimersi anche in minima parte.
Pretendere che Radish cambiasse in soli due mesi o poco più era davvero utopico ma, a parte qualche piccolo colpo di testa, era sulla buona strada. Era più portato di lui? O forse il suo metodo educativo - picchiarlo molto forte ogni volta che la sua parte malvagia veniva fuori – era efficiente?


Uscirono dall'orbita di Vortax in pochi secondi, con un grande sollievo nel petto e una gran voglia di mettere qualcosa nello stomaco che non fosse sbobba di colori improbabili e della dubbia provenienza.
«Ok, devo impostare la rotta. Dove si va?» domandò Radish, armeggiando con i comandi.
Vegeta si accigliò. Quella era una domanda interessante. Non aveva una meta precisa - non in quel momento - ma il presentimento che aveva avvertito era di andare verso Ovest. Non sapeva quanto lontano, forse giorni, forse settimane, ma avvertiva chiaramente di dover seguire quella sensazione. Quell'Aura non-Aura si trovava là, da qualche parte.
«Ovest».
Radish lo fissò perplesso.
«Ovest» ripeté. «Tutto qui?»
«Per cosa mi hai preso, per un radar?!» ringhiò Vegeta, punto sul vivo.
«Non so, avrei immaginato di sentirmi dire qualche informazione più precisa. Ma Ovest sia!» alzò le mani Radish, esterrefatto. Iniziò a impostare la direzione sulla mappa interstellare, la navicella virò e, con uno scatto violento, partì a velocità aumentata.
«Credo di poter... capire quando ci troveremo più vicini» borbottò Sua Maestà, con un broncio imbarazzato.
«Beh, questa è esattamente la mia definizione di “radar”» fece presente Radish, il quale nel frattempo non stava smettendo di armeggiare con alcuni comandi di partenza, aggeggi davvero complessi che Vegeta conosceva solo in parte. Avrebbe saputo manovrare quell'affare, ovviamente, ma non senza poche difficoltà. Lui aveva viaggiato nello spazio con pochi tipi di tecnologia.
«Senti, non so spiegartelo in modo razionale. Neanche quella vecchia megera su Dagrabàh ha saputo farlo, ma io e Kakaroth avevamo una sorta di “collegamento mentale” post-Fusione, quella tecnica orribile e stupida della quale ti ho spiegato. Quindi ho una sorta di connessione che mi permette di avvertirlo. Ora ho capito come attivarla e, secondo la mia supposizione, devo seguire questa... traccia» spiegò Vegeta, a braccia conserte. Radish gli lanciò un'occhiata sul confine tra il divertito, l'incredulo e il compassionevole. «Oh, non mi guardare così, so che sembra assurdo!»
«Lo è».
«Ma è la nostra pista migliore. E questo la dice lunga, ma... non ci resta che provare. Quando saremo vicini a lui lo sentirò» concluse Vegeta, rosso in volto.
Era già abbastanza un discorso imbarazzante da fare a se stesso, figurarsi parlarne con un deficiente di prima categoria.
Radish lo fissò ancora un poco, poi fece spallucce, divertito.
«Ok! Non mi resta che attendere che tu emetta degli strani segnali acustici. Oppure semplicemente capirò che saremo abbastanza vicini a Kakaroth quando inizierà a tirarti l'uccello a intermittenza nella sua direzione».
Vegeta quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
«RADISH!» urlò, alzandosi in piedi di scatto nella cabina di pilotaggio.
«Ah, non funziona così?» ridacchiò questi.
Ed ecco che la conversazione virava dall'imbarazzante al grottesco.
«RADISH, COSA CAZZO STAI INSINUANDO?!» urlò Vegeta, livido.
«Non sto insinuando!» strascicò lui, poi si portò una mano sotto al mento. «Sto insinuando? Oh, forse sto insinuando».
Ok, quello era troppo. Radish era decisamente troppo, troppo grosso e troppo stupido per poter condividere il suo stesso ossigeno in uno spazio così ristretto. E per spazio ristretto Vegeta intendeva l'intero universo.
«STO PER AMMAZZARTI!»
Ma la verità era che fosse bloccato di fronte a quella insinuazione.
«Ok, ok, calmati, era solo uno scherzo» ghignò Radish, riprendendo ad armeggiare con i comandi con nonchalance. «Fammi uscire da questo sistema infelice, adesso».
«Ti farò passare la voglia di scherzare» soffiò Vegeta e, con le ultime forze delle quali disponeva, si allontanò dalla cabina di pilotaggio, rosso come un pomodoro e con le mani tremanti dalla rabbia.
Sentì ridere Radish fin dal ponte superiore.
Prima o poi l'avrebbe ammazzato sul serio.

 


Un giorno e un paio di salti iperspaziali più tardi, Vegeta percepì la netta sensazione di dover cambiare rotta, di nuovo verso Sud. E ad ogni salto iperspaziale e ogni ora avvertiva il presentimento farsi più preponderante, più incessante.
Ora che aveva capito come far caso a ciò, ora che aveva trovato il tassello era di gran lunga più facile. Nînyssi aveva avuto ragione. Ed era tanto uno smacco per il proprio orgoglio quanto un fastidioso senso di illusione e speranza che non avvertiva da troppi anni.
Il tempo di pensare era tanto – forse anche troppo - durante le giornate e nottate di silenzio con un ronzio di un'astronave di sottofondo. E quasi – QUASI – trovava rifocillante per la propria sanità mentale i momenti in cui il deficiente del suo compagno di viaggio teneva occupata la sua mente con le sue esternazioni di cretinaggine, qualche allenamento in simultanea e qualche momento trascorso a ricordare il passato.
Tanto per rimarcare quanto fosse uno dei figli di puttana più scaltri della galassia, Radish era riuscito tramite un vecchio contatto a hackerare il sistema di identificazione e procurarsi una modifica del chip di riconoscimento.
Secondo la sua opinione – condivisa da Sua Maestà – non sarebbe stato saggio viaggiare in quel quadrante della galassia con la loro identità di Saiyan, non dopo ciò che era accaduto su Vortax. Quindi, dopo ore trascorse ad armeggiare con i palmari di identificazione, aveva creato loro dei documenti falsi.
La scelta del nome era stata piuttosto immediata e così, da un giorno con l'altro, Sua Maestà il principe Vegeta IV era diventato Trunks 98p8, un politico estero proveniente da Hyndor – un pianeta ai confini della Galassia del Nord con abitanti dalle sembianze umanoidi. Mentre Radish, dopo una grande indecisione nella scelta del nome in codice, aveva ben pensato di chiamarsi come uno dei parenti più stretti che possedeva ancora in vita. Così era diventato Gohan 33g9, la guardia del corpo del politico estero. E, con non poca sofferenza, si era visto costretto alla recisione della coda.
Vegeta aveva apportato delle piccole modifiche alle loro battle-suit – specialmente nel corpetto – giusto per fare in modo che non ricordassero quelle dell'esercito di Freezer o dei Saiyan.
Quella missione era già lunga e difficoltosa di per sé, non avevano tempo da perdere contro popolazioni rancorose.



Quella sera, dopo l'ennesimo lieve spostamento di rotta, il silenzio nella cabina di pilotaggio venne infranto da una chiamata dalla Terra.
«NONNINOOO!»
La vocetta della piccola Bulma Jr risuonò squillante tramite gli altoparlanti, e dal monitor al centro della cabina apparve il sorriso a due denti della bambina. Vegeta alzò un sopracciglio, divertito.
«Bulma, non appiccicarti alla videocamera, così la appanni» disse Trunks, poi se la tirò in braccio per tenerla ferma. Una vera missione impossibile, dato che quella mocciosa era peggio che un tornado. «Ehi, papà!» salutò poi Trunks, con un largo sorriso.
Dietro di lui Mai, Bra e Goten, schiacciati tra loro per poter entrare nell'inquadratura, salutarono altrettanto calorosamente.
«Ciao. Come va, lì?» domandò Vegeta, serio. In realtà era piuttosto sollevato di vederli tutti lì, insieme, sereni.
«Ciao, gente!» salutò poi Radish, ma nessuno parve particolarmente entusiasta della cosa. Erano ancora tutti piuttosto diffidenti.
«Non c'è male, tutto nella norma» rispose Trunks, nel tentativo di frenare la figlioletta dal saltellargli tra le braccia.
«E lì come vanno le cose? Qualche novità?» domandò poi Bra, avvicinandosi di più alla telecamera.
«Niente di così degno di nota» rispose Sua Maestà. Non voleva illudere nessuno, non quando la loro unica pista sembrava provenire solo da presentimenti e sensazioni.
Gli occhi di tutti parvero perdere un poco di giovialità, esattamente come l'ultima volta che li aveva sentiti. Nessuno di loro era stato entusiasta di vederlo partire alla volta dell'universo con un compagno di viaggio non del tutto raccomandabile, anche se tutti loro possedevano nel cuore la speranza di poter rivedere il loro amato Goku.
Era stata un'ardua impresa convincerli che quella di partire fosse la decisione giusta e, ogni volta che si sentivano e Vegeta non portava loro le notizie sperate, non era difficile immaginare la delusione che arrecava loro. Era invece difficile continuare a portare avanti la sua idea e le sue convinzioni.
Tuttavia lui si era ripromesso che non sarebbe tornato sulla Terra se non in compagnia di Kakaroth, e non avrebbe voluto fallire per nulla al mondo. Sentiva che era vivo. Sentiva che doveva trovarlo.
«Papà... sono passati due mesi e mezzo. Non... non credi sia ora di fare una piccola pausa? Hai l'aria stanca» suggerì suo figlio. Erano preoccupati per lui, si vedeva a occhio nudo.
Erano anni che non lasciava la Terra per così tanto tempo. Lui e Kakaroth si erano spesso allontanati per recarsi sul pianeta di Lord Beerus ad allenarsi, ma era un periodo oramai lontano. Gli Dei non avevano più avuto nulla da insegnar loro, dopo che entrambi erano riusciti a ottenere l'Ultra Istinto.
Erano rimasti in buoni rapporti con Whis e Beerus ma negli ultimi anni le due divinità si erano prese un periodo sabbatico sul pianeta di Zeno. Sarebbe stato molto più semplice chiedere a Whis una ricerca su dove si trovasse Kakaroth ma, naturalmente, era impossibile tentare di comunicarci.
«Non ti preoccupare, Trunks. Sto bene, ho trascorso periodi peggiori e più lunghi nello spazio».
«Lo sappiamo. E sappiamo anche che non ti arrenderai fino a che non avrai trovato Goku. Solo... ci manchi un po', sai?» mormorò Bra, sincera. Lei era sempre sincera, emotiva come sua madre, sebbene forte e determinata.
Vegeta arrossì un po' sulle gote, mentre Radish iniziò a ghignare di gusto.
«... tsk, sì» mormorò Sua Maestà, in imbarazzo. Anche voi, avrebbe voluto dire, ma era troppo emotivamente incapace per esternare sentimenti di quel tipo. «Ma tornerò il prima possibile, è una promessa».
«Nonnino, quando torniii? Quando torni quando torni quando torni? Eh?» trillò la piccola, insistente. Tanto irriverente che le ricordava Bra da piccola. “Tutta la zia!” diceva sempre quest'ultima, con fierezza.
«Abbi pazienza, signorina» la redarguì Vegeta, ostentando la consueta severità insita nel suo personaggio. La realtà era che era totalmente perso per quella mocciosa.
Diventare nonno era stata un'esperienza traumatica ma entusiasmante allo stesso tempo, soprattutto perché era accaduto in un periodo vuoto della propria vita. La mocciosa aveva saputo riempire per un po' il vuoto cosmico lasciato dalla perdita – dalle due perdite importanti.
La verità era che i pomeriggi passati insieme a quella turbolenta poppante gli mancavano più di quanto avesse osato immaginare.
«Forza, è ora di salutare il nonno e lasciarlo alla sua missione» la frenò Trunks. «Papà, mi raccomando, stai attento».
«Sono sempre attento» ghignò Sua Maestà.
«E fatti sentire! E cerca di stare bene!» aggiunse Bra, in una raccomandazione forse troppo asfissiante. Era il Principe dei Saiyan, non un ragazzetto sprovveduto in gita scolastica.
«Sì. Anche voi».
«Anche io cercherò di stare bene, grazie per l'interesse!» si intromise Radish, impertinente.
«Mh, fantastico» sbuffarono i ragazzi a casa, i quali iniziarono poi a congedarsi con più entusiasmo. «Ciao ciao!»
«Ciao nonninoooo!»

Vegeta chiuse la chiamata con un sospiro.
Nonostante fossero una banda di personaggi fin troppo allegri ed esuberanti, gli mancavano per davvero. Chissà quanto ancora ci sarebbe voluto, chissà quando sarebbe riuscito a tenere fede alla promessa di tornare.
Fu Radish, come al solito, a distrarlo dall'entità deprimente dei suoi pensieri.
«Di tutto mi sarei immaginato nella vita, ma non di vederti come premuroso e sentimentale padre di famiglia» ghignò questi. «Oh, a proposito... tua figlia è single?»
E a fargli tornare l'istinto omicida di un tempo.
«NON TI AZZARDARE!» urlò Vegeta, con un minaccioso dito puntato verso di lui.
«Chiedevo solo!» si giustificò Radish, alzando le mani in segno di resa. «Molto carina, comunque, i miei complimenti. Deve avere preso dalla mamma» continuò, irriverente.
«Divertente» sbuffò Vegeta, livido. «Non ci pensare neanche, Radish. Tieni gli occhi lontani da lei. Ed è sposata con tuo nipote Goten, peraltro».
Senza contare che non avrebbe dato la sua progenie in pasto a Radish nemmeno se fosse stato l'ultimo uomo sulla faccia dei dodici universi.
«Uh, questo ci rende parenti, allora?! Oh, un momento, questo rende anche te e Kakaroth parenti!» realizzò Radish. «Consuoceri! La cosa si fa piccante!» ammiccò.
La rabbia di Sua Maestà crebbe a dismisura, insieme a quella sensazione di imbarazzo che gli provocava un rossore pericoloso dalle dita dei piedi alla punta delle orecchie.
«Radish. Chiudi. Il. Becco» sibilò a denti stretti.
Il deficiente ridacchiò di nuovo, spaparanzandosi meglio sul sedile di pilotaggio.
«Interessante il tuo concetto di famiglia allargata. Sulla Terra sono consentite le unioni tra parenti acquisi-»
«RADISH!» abbaiò Vegeta, livido. «Ho ucciso per molto meno!»
Ed era vero.
«In effetti...» ridacchiò questi.
«E smettila di insinuare cose che non stanno né in cielo né in Terra. Io e quel coglione di tuo fratello non avevamo affatto quel tipo di rapporto» grugnì Vegeta, adirato.
«Lo credo bene, sei diventato troppo leale per avere relazioni extraconiugali. Ma adesso siete entrambi soli, no?»
«RADISH, NON UNA PAROLA DI PIÙ».
Che diavolo di problemi aveva, quello?! La risposta era inverosimilmente semplice, a dirla tutta: tanti.
Ma era già la seconda volta in quei giorni che quel deficiente insinuava strane cose sui sentimenti che incorrevano tra lui e Kakaroth. Non era stata la prima volta che gliel'aveva fatto intendere. A Sua Maestà non erano sfuggiti alcuni sguardi maliziosi, alcune frasi ambigue durante i loro racconti. Non c'era mai stata cattiveria nelle parole di Radish, solo un gran quantitativo di malizia o, talvolta, anche compiacimento.
Evidente che avesse frainteso.
Aveva davvero frainteso?


«Non lo trovi rasserenante un matrimonio, in tempi come questi?»
Kakaroth si stiracchiò sulla panchina del parco dei ciliegi in fiore, e Vegeta fece lo stesso. Erano entrambi pieni dal banchetto e troppo stanchi della confusione di balli, discorsi e canti degli ospiti al lieto evento.
Bra e Goten si erano sposati una calda mattina di fine aprile, appena un mese dopo della morte del caro Genio delle Tartarughe. La sua presenza era mancata parecchio, quel giorno, ma l'avevano ricordato a dovere con una lunga serie di brindisi e conseguente karaoke.

«Si può considerare un momento felice. Ne avevamo tutti bisogno» convenne Sua Maestà. «Anche se questo ci rende ufficialmente parenti, che Zeno mi uccida».
Kakaroth si voltò di scatto verso di lui, gli occhi scuri che brillavano al tramonto e i capelli pieni di quei ridicoli petali bianchi e rosa che continuavano a cadere dagli alberi.

«Caspita, sai che non ci avevo pensato?!»
«E chissà perché la cosa non mi sorprende!» lo prese in giro Vegeta.
Il cretino gli fece una smorfia e tornò a sedersi scomposto, rilassato. «Forse perché in fin dei conti per me eri già parte della mia famiglia, da tempo» convenne, con un sorriso meno largo e meno idiota del solito, forse più timido.
Vegeta si strinse nelle spalle e arrossì.

«Uhmpf... Kakaroth... che razza di sentimentalismi» borbottò.
«Ma è la verità! In fin dei conti i miei figli ti chiamano "zio", i tuoi figli fanno lo stesso con me. Per me sei sempre stato come un... fratello?» si interrogò Kakaroth, divenendo più serio.
Il Principe si irrigidì ancora un poco sulla panchina, oramai livido in volto.
Ciò che gli aveva detto Kakaroth era una gran bella cosa, ma Vegeta non era affatto abituato a quel tipo di discorsi, non con lui. Non avevano mai avuto bisogno di parlare di ciò che avevano, di ciò che provavano, e di questo Vegeta ne era sempre stato grato.
Aveva odiato quello squinternato, l'aveva invidiato, poi l'aveva rispettato e aveva imparato in tutti quegli anni a... volergli bene? Sì, si poteva definire così, anche se non gliel'aveva mai detto.

E, nonostante lo facesse incazzare oltre l'inverosimile, era bello averlo intorno. Era bello condividere quella nuova quotidianità di pace, con le loro famiglie, con i loro figli ma anche nei momenti solo per loro.
Erano amici. Ma, chissà come, “fratello” era un termine con il quale l'avrebbe definito solo molto tempo prima. Prima della confidenza che avevano in quel momento.

In qualche modo sembrava che perfino Kakaroth ci stesse riflettendo, più serio del solito, con lo sguardo corrucciato verso il tramonto.
«Tsk... che ti prende, adesso?» domandò Vegeta, in imbarazzo a causa di quel lungo silenzio. E dire che di solito il silenzio era il momento che prediligeva!
«Uhm, se da un lato “fratello” mi sembra un termine gentile per definirti, per certi versi mi suona un po' strano. Quasi inappropriato» convenne Kakaroth.
Vegeta deglutì, in imbarazzo. Forse perché stava pensando anche lui la stessa cosa. Il perché, però, era un vero mistero.
«Ma è solo una sciocchezza!» continuò di tutta fretta Kakaroth, tornando gioviale come di consueto. Si rivolse a lui con un sorriso molto più largo, molto più innocente. «Mi piace quello che abbiamo così com'è!» concluse, sereno.
Vegeta distolse lo sguardo e incrociò le braccia al petto. In fin dei conti, nonostante fosse di gran lunga un discorso imbarazzante, l'idiota non era nel torto. E gli era grato per aver messo una parola fine a quella riflessione.

«S-sì... come vuoi, Kakaroth».


Vegeta fissò l'orizzonte di stelle luminose di fronte a lui, lo spazio che scorreva veloce davanti ai propri occhi.
Ricordava quel giorno come se fosse ieri, così come ne ricordava molti altri, ma non si era mai impegnato troppo a comprendere il perché di certe cose, certe dinamiche.
Era davvero Radish ad aver frainteso tutto? Era stata Nînyssi ad aver frainteso? O era il loro tipo di rapporto, i sentimenti che li legavano a essere ben fraintendibili?
Non c'era mai stato niente tra lui e Kakaroth, niente di fisico. Ma dopo dieci anni, una lettura mentale da aneurisma e una presa di consapevolezza di quanto fosse forte quel legame, Vegeta in quel momento poteva assumere con più facilità le implicazioni di certi discorsi.
“Fraterno” non era il termine migliore per definire il loro rapporto, semplicemente perché non si dovrebbero fare certi tipi di pensieri – per lo più innocenti – su un fratello.
Considerare una persona molto attraente, ad esempio, provare certe sensazioni nel combattere, nel stare vicini l'uno all'altro. Un'attrazione che, con evidenza, avevano sempre percepito entrambi, ma con tutto il rispetto per l'altro e per le loro famiglie.
Non avevano mai, mai osato nulla di troppo e non ne avevano mai parlato. Quei tipi di pensieri erano rimasti lì, sepolti nel semi-conscio dove avrebbero dovuto albergare. Inopportuni, forse, ma totalmente innocenti.
Erano amici. Erano stati tanto, tanto amici.
E Kakaroth era importante per lui, gli mancava e sentiva il suo bisogno esattamente per come stavano le cose prima che se ne andasse, non di più, non di meno. Non avrebbe voluto altro, non avrebbe voluto nient'altro se non riportarlo indietro.

Rimarremo solo noi... solo noi”.

Anche se effettivamente, come aveva detto Radish... erano entrambi soli.


 
Continua...

Riferimenti:
-Hyndor: nome ispirato a Endor, sempre di Star Wars. L'ho già detto che ho preso parecchia ispirazione da Star Wars? XD
-Per le false identità di Vegeta e Radish mi è piaciuto un sacco dare loro nomi già conosciuti, Trunks e Gohan, appunto. Spero vi piaccia, perché verranno utilizzate spesso nei prossimi capitoli.
-Il fatto che Whis e Beerus siano assenti in questa storia è un'assoluta comodità ai fini di trama, altrimenti sarebbe stato tutto troppo semplice. Spero che la scusante di essersi presi degli impegni con Zeno-sama non sia troppo forzata, ma in qualche modo dovevo levarmeli dalle balle!
-Le coppie BraxGoten e MaixTrunks non sono segnalate semplicemente perché sono uno sfondo davvero poco importante, non appariranno quasi mai.


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno gente di mare! O meglio, gente dello spazio :)
Questo è stato senza alcun dubbio un capitolo di passaggio, ma è un passaggio comunque abbastanza fondamentale. Abbiamo capito che i saiyan non sono tutt'ora ben visti da qualche parte nell'Universo Sette, nonostante siano passati anni e anni. La cosa costerà qualche difficoltà ai nostri eroi nel proseguimento del loro viaggio.
Finalmente ho risposto alle domande di molti: Goku e Vegeta si amavano già da prima? C'è stato qualcosa tra loro? No e no. Credo fortemente nell'amore di Bulma e Vegeta, quindi ho voluto sottolineare che il rapporto tra Goku e Vegeta non fosse mai andato oltre proprio per rispetto a una coppia che amo particolarmente :D
Sicuramente tra Goku e Vegeta c'è stato un legame importante, fondamentale e intenso. Non si può dire che fosse amore nel senso romantico nel termine, ma sicuramente c'era già del profondo affetto e anche un bel pizzico di attrazione fisica.
Anche se mi sono divertita parecchio a scrivere le insinuazioni di Radish xD ha l'occhio lungo, il nostro caro amico, e non ha per niente torto.
Che dire... se questo capitolo è stato di passaggio, nel prossimo si evolveranno le cose. Il tassello, la traccia, la consapevolezza, il presentimento... insomma, siamo sempre più vicini. Quanto vicini? Shhh. Io non parlo più.
Grazie di nuovo a tutti per il vostro entusiasmo e grazie di cuore a Nemesis01 per la traduzione <3 e Teo5Astor per avermi ispirata con Radish, nella speranza che questo mentecatto sia mentecatto almeno quanto il suo xD
Un abbraccio,
Eevaa

 
Ps: per chi volesse, pochi giorni fa ho pubblicato una OS per il mese della Salute Mentale: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3976890&i=1


Nel prossimo capitolo!
No, non poteva demordere in quel momento che era così vicino.
«Posso resistere. Abbiamo affrontato periodi di privazione di sonno peggiori quando eravamo nell'Esercito di Freezer» disse Vegeta.
Radish si prese i capelli con le mani, esasperato.
«Ed eri altrettanto intrattabile. Tant'è che Nappa una volta ti ha messo un calmante nella zuppa,
pur di farti smettere di inveire contro qualsiasi cosa respirasse e uccidere chiunque ti rivolgesse la parola».
«Nappa ha fatto cosa?!»
  
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