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Autore: L_White_S    10/05/2021    0 recensioni
" Non sempre gli angeli nascono con le ali "
Quando i nazisti portano gli ebrei nel campo di concentramento di Auschwitz, il loro scopo non è solo quello di ucciderli…
Quando il re inglese attacca la Francia per riprendersi il trono, la guerra “dei cent’anni” diverrà il pretesto per celare le vere motivazioni del conflitto. Ma cosa hanno in comune questi avvenimenti storici?
Ice – il protagonista – è un ragazzo che si sveglia in un laboratorio ultratecnologico senza memoria. Gli esperimenti condotti lo hanno privato dei ricordi e solo dopo un accurato incidente, studiato – se vogliamo – inizia finalmente a trovare nel buio della sua mente quei flashback che faranno riaffiorare la verità, oltre che la luce.
La saga inizia con la ricerca delle origini di uno “dei dieci”, con un debutto fenomenale.
Si introdurranno domande che sorgeranno spontanee al lettore, quali la nascita del conflitto delle parti, sia di esseri
sovrannaturali che non, e di quanto possa un amore condizionare la vita…
Ice, durante il viaggio dettato dai ricordi, scoprirà una visione demoniaca che lo perseguiterà per tutto il tempo, manovrandolo come un burattino. Ma perché accade questo?
L’amore potrà riportarlo sulla retta via, perché la strada del male, è solo un bivio…
Genere: Fantasy, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO      3.6
 
 
 
 
 
   La notte stava per lasciare spazio al caldo sole ma la luna e le stelle erano ancora alte nel cielo.
   Angeline aveva passato la vita studiando la storia, i miti, ma non si era mai lasciata abbindolare dalla fantasia, dalla religione, o dai demoni; per lei le sette erano congreghe di pazzoidi che godevano degli atteggiamenti sadici e masochisti degli aderenti. Pazzoidi appunto. Persone malate e affette da ignoranza cronica.
   La superstizione non faceva per lei.
   Ma allora… quella visione? Di certo non era stata frutto della sua immaginazione, l’aveva distrutta psicologicamente.  
   Presto sarebbe morta e l’uomo innamorato di lei avrebbe dimenticato tutto; ma chi poteva essere? Perché quel demone si augurava la sua morte? Chi era innamorato di lei?
   Lei era pazza di Philip, così come lui lo era nei suoi confronti, e Ice non era nemmeno il vertice che lei si aspettava in grado di chiudere il triangolo amoroso; anche se era comunque misterioso e affascinante: in ogni caso, non ci stava capendo più nulla.
   Quante ore erano trascorse da quell’orrenda apparizione, una o due?
   Eppure continuava a piangere senza sosta, a tremare come una foglia secca scossa dal vento prima di lasciarsi cadere dal ramo e a lei quello stava accadendo.
   Si stava lasciando andare.
   In terra, tra la paglia e la cenere, aveva ben poco di femminile, né profumata né pulita, sembrava avesse perso la voglia di vivere, come se quel demone gli avesse strappato la ragione, la sua integrità.
   Il fumo continuava a levarsi dai rimasugli, l’aria era satura di fuliggine e aveva la completa sensazione di esser caduta all’inferno; strisciando come un verme, sporca fino all’anima, si avvicinò all’unico battente presente: era semiaperto e un lievissimo fascio di luce la stava avvertendo che presto sarebbe sbocciato un nuovo giorno.
   Strisciò e si dimenò fintanto da riuscire a vedere il fittissimo bosco e ad assaporare l’aria umida e la rugiada mattutina. Stava soffocando e da come respirava se non si fosse abbandonata al bosco sarebbe morta in quel marciume.
   Provò a urlare, a chiedere aiuto, ma quando cercò di far vibrare le corde vocali la voce si strozzò in gola; sentiva le pesanti ceneri fin dentro i polmoni e la bocca era troppo asciutta per permettergli di parlare.
   Voleva rifugiarsi nella foresta, tra i giganti pini e le bianche betulle, ma non ne aveva la forza; mosse ancora qualche passo, cercando di alzarsi, ma stramazzò in terra, come se la sua anima fosse stata avvelenata: il corpo era integro ma il dolore lancinante veniva dall’interno.
   Il viso, sporco e nero, era tagliato proprio sotto gli occhi da due rigagnoli rosati, le lacrime la stavano lavando.
   Quando fu abbastanza lontana, tra l’erba alta e bagnata, si sentì rinascere. Soddisfatta ed esausta si voltò su un fianco dando le spalle a quella vecchia casaccia.
   D’innanzi a lei il sole spuntava dietro centinaia di tronchi, illuminandola, riscaldandola e poco prima di abbandonarsi a un sonno rilassante, riuscì a intravedere oltre la collina una roccaforte: i corvi erano aguzzini e la pietra sembrava in ottimo stato.
   Doveva essere un castello che lei non conosceva, perché tutti quelli del suo regno erano in rovina e quelli della Loira non erano di certo come quello…
   Non appena fosse stata in grado di alzarsi lo avrebbe raggiunto, doveva raggiungerlo.
 
 
 
 
 
   La resistenza aveva potuto riposare prima dell’attacco, tutti erano rincasati dopo la riunione, tutti tranne Philip.
   Il biondo era duro con i fratelli, freddo e opprimente.   
   Aveva steso un rapporto completo al suo maestro sul piano d’attacco, sulla struttura del castello, su come uccidere facilmente gli immortali, una preparazione perfetta; ma non tanto. Non era così sicuro.
   « Ice è un immortale e qualunque cosa faccia, prima o poi mi ci troverò davanti e non sarò in grado di ucciderlo perché… perché è come me », disse ad alta voce guardando i tronchi semidistrutti dal suo “psudonemico”.
   Anche Philip aveva subito la transizione, lo ricordava bene e sapeva che poco prima e subito dopo, la psiche degli immortali era assai manipolabile, il risultato perciò parve semplice, un buono poteva divenire malvagio e uno come lui poteva trasformarsi in un eroe.
   « Grazie a te Angeline ».
   Era stata la sua amata a renderlo il giovane bello e prestante che ora era: un uomo di corte invidiato e venerato; la tenacia e la sicurezza che aveva mostrato al banchetto d’innanzi al fuoco però avevano destato non pochi sospetti tra i fratelli.
   « E hanno ragione », constatò sconsolato flettendo le gambe per raccogliere un ramoscello e disegnare un cerchio nel terriccio umido.
   Non sapeva più chi era e non faceva di certo parte dell’Hide, così goffamente ribattezzata da Ice; non era nemmeno sicuro della vera ragione che continuava a spingerlo verso il castello.  
   Voleva davvero salvare Angeline? O fronteggiare i suoi ex compagni, compreso Ice?
   Fece tre, quattro giri e anche più attorno al campo studiando minuziosamente la natura, la fauna e i colpi violenti del discepolo “incapace”; che a quanto sembrava non lo era più.
   Aveva paura.
   Forse quella era la prima volta in assoluto.
   In passato aveva rischiato innumerevoli volte di soccombere, ma non gliene era mai importato perché non aveva mai avuto nulla da perdere invece, buffo, ora iniziava a temere il tempo, a perdere il controllo ogni secondo che passava, perché… perchè semplicemente sapeva di non comandare il suo destino. Non più almeno.
   Era in balia di forze molto più potenti e oscure.
   Si era sempre mostrato insensibile e distaccato nella sua vita, senza mai lasciar trasparire un’emozione ma quella notte, quella prima della battaglia, gli venne spontaneo piangere, lasciar per una volta liberi gli occhi e sfogarsi, perché a quello servivano le lacrime.
   Quando tutti, svegliati da Alexandre, uscirono e si armarono.
   « Tutto bene Philip? », chiese timidamente il maestro vedendolo; il biondo fortunatamente aveva avuto il tempo necessario per voltarsi e asciugarsi il viso.
   « Sì, perché? ».
   « Siete rosso in volto ».
   « N... no, sto bene, grazie. Arrivo subito ».
   Abboccando volontariamente alla balla, Leroy lasciò indietro il giovane incamminandosi con il resto della truppa verso il castello maledetto.
   Il biondo tornò allora al suo alloggio e brandì spada, elmo e armatura; montò a cavallo e raggiunse il gruppo.
   L’alba si stava levando ed erano già parecchi minuti che la resistenza trottava silenziosa nell’angusto sentiero del bosco.
   Philip si era tenuto dietro, chiudendo la formazione, ma da quando avevano sorvolato su sette o otto fienili incendiati, aveva affrettato il passo raggiungendo i primi.
   Non era normale che il legname, così come la paglia messa dentro ad essiccare, fosse stata bruciata a quel modo e soprattutto volontariamente; tutti sapevano che ogni castello possedesse una quindicina di casacce per i taglialegna nella propria tenuta e quelle facevano proprio parte di quello degli immortali.
   Erano gli indizi necessari per giungere alla roccaforte.
   Si sviluppavano in cerchi concentrici, quindi sarebbe stato semplice giungere a destinazione con i fumi che convergevano tutti verso un unico punto all’orizzonte ma… perché fare una cosa del genere? Volevano lo scontro? Li attendevano?
   Era una trappola? Chi aveva appiccato gli incendi?
   « Shh. Fermi tutti ». Li apostrofò Philip bloccandosi e smontando da cavallo.
   Sguainò la spada avviandosi lentamente tra i folti arbusti ai margini del sentiero; attese.
   Poi si affrettò a raggiungere cavallo e scudo.
   « Cosa sta succedendo? », chiese qualcuno.
   I lunghi fili d’erba furono aperti in men che non si dica e un lupo di dimensioni enormi sbucò dalla foresta, ringhiando e divedendo il gruppo.
   I cavalli imbizzarriti saltarono sul posto mentre tutta la fratellanza si ritrovò col sedere in terra.
   Solo Philip era armato e pronto per un combattimento.
   Nel momento stesso che la bestia con il folto pelo nero e i denti più lunghi degli artigli cercò di afferrarlo, con un balzo di due metri e una capriola il biondo raggiunse lo scudo mandando la bestia poco più giù, dove nel frattempo un’altra ancora stava sopraggiungendo.
   Le due s’incrociarono, si scontrarono, dando il via a una piccola zuffa per primeggiare e decidere chi delle due avesse la precedenza.
   L’ultima arrivata parve imporsi, tanto che a Philip venne un colpo allo stomaco: era grossa almeno il doppio della prima, forse era tre metri e la bava, copiosa, gli lambiva le zanne: rivoltante.
   “Non posso fronteggiarle normalmente con la fratellanza qui dietro!”
   « Andatevene! Le tengo io a bada, salvate Angeline! » si rivolse urlando ai presenti.
   Quasi avessero percepito l’ordine al volo, i fratelli si alzarono all’unisono, impugnarono spade e scudi, pronti a proteggersi a vicenda.
   “Che stanno facendo?”
   « Non vi lasciamo da solo Philip! », lo riprese uno al centro del gruppo facendo annuire tutti quanti, compreso il dubbioso Alexandre.
   Con un impeto di rabbia una bestia corse alla sua sinistra, mentre l’altra prese la direzione opposta, accerchiandolo; le loro possenti zampe scavavano il fondo bosco ad ogni passo mentre il fogliame era mosso dalle loro prestanti code e pesanti fetori.
   Una delle due lo guardava fisso, con gli occhi marrone corteccia, profondi quanto l’oceano: sembrava volerlo avvertire di stare alla larga da quel posto.
   Philip si specchiava dentro quei due iridi percependo in maniera distinta l’avvertimento ma non avrebbe mai cambiato idea.
   Entrambe le creature saltarono cercando di agguantarlo, pronte a divorarlo, ma con una schivata il giovane le aggirò.
   I fratelli erano terrorizzati, una cosa era combattere e fronteggiare dei demoni in forma umana, una cosa era vedersela con delle bestie assetate di sangue come quelle.
   Quando i due animali iniziarono a girargli attorno, Philip lasciò andare la spada mostrando gli artigli e i taglienti canini, ringhiando a più non posso, cercando di incutere alle bestie la stessa paura che gli avevano infuso nelle ossa.
   « È uno di loro! » esclamò qualcuno, ma a quel commento lo sbigottimento generale fu sovrastato dalle pesanti urla dei lupi e dai loro ringhi tenebrosi.
   “Non tornerò a essere quello di una volta, salverò Angeline, glielo devo”.
   Gettandosi contro il più grande senza timore, la creatura più piccola lo seguì a sua volta e non appena giunsero sull’enorme lupo, il biondo si smaterializzò sorprendendo tutti.
   Le bestie si azzannarono involontariamente per il collo: fiotti di sangue bagnarono i peli di entrambi mentre la più minuta, con il collo spezzato, cadde a terra morente.
   “Avanti, fatti sotto”.
   Il lupo nero prese la rincorsa e quando fu a pochi metri da Philip, il biondo si volatilizzò nel nulla.
   Il silenzio cadde nella foresta, accompagnato solo dal profondo respiro dell’animale che con l’olfatto cercava di individuare la preda.
   Fu in quel frangente che Alex strinse i pugni, afferrò la spada poco distante e si avventò contro la bestia nel momento stesso che questa lo squadrò da cima a fondo; era stato troppo lento e il gigante lo stava già attendendo con la bocca aperta.
   Non era riuscito nemmeno ad alzare la pesante lama.
   Ritto su due zampe il lupo squarciò entrambe le scapole del maestro e quando fu sul punto di addentare il fragile collo, Philip si materializzò proprio tra i due, subendo il profondissimo morso.
   Gli affilati denti penetrarono a forza fin quasi a strappargli la vita.
   Con un braccio teso il giovane richiamò a sé la spada gettata poco prima; ignorò il lancinante dolore e con un fendente diretto al petto della bestia, la squartò dal basso verso l’alto, spuntando con l’acciaio proprio dietro la nuca dell’animale.
   I due si accasciarono a terra trascinati dal peso del lupo mentre Leroy, bianco come un morto, aveva iniziato a tremare e sputare sangue.
   « Ragazzo ».
   Barcollante, Philip strisciò verso di lui tenendogli la testa alta per guardarlo dritto negli occhi; era come assistere alla morte di un padre e per il maestro era l’addio da dare ad un figlio.
   Le lacrime del discepolo bagnarono le labbra insanguinate di Leroy.
   Poi… prima di esalare l’ultimo respiro disse qualcosa.
   « Siete il mio orgoglio, mio figlio. Salvateli ».
   La testa divenne un improvviso macigno tra le mani del giovane per poi cadere a forza contro i ciottoli rossi del sentiero. C’era sangue dappertutto.
   “Lo farò”.
   Alzandosi, con le lacrime copiose, Philip fu circondato dalla resistenza e preso a calci per farlo inginocchiare a forza.
   « Siete uno di loro, morirete qui, subito! ».
   Con voce sommessa, quasi venisse dall’altro mondo, tutti si voltarono verso il corpo senza vita di Alex udendo chiaramente il suo solito tono.
   « No. È uno di noi ».
   La resistenza si sbloccò.
   Con un’espressione di vittoria Philip, con gli occhi ancora lucidi e arrossati per la pesante perdita, era riuscito a mantenere la calma e a manipolare circa venti persone, calmandole momentaneamente.
   Fortuna che avesse anche lui il potere degli immortali…
   I cavalli però erano fuggiti assieme ai viveri, al contrario delle armi, sparse qui e là sul sentiero.
   Il biondo, zoppicante, s’incamminò: tutti lo seguirono, compresi i più scettici.
   Non ce l’avrebbe fatta a combattere ma oramai non aveva altre possibilità: rimpiangeva la morte del maestro e doveva  esaudire il suo ultimo desiderio; tutti avrebbero provato a esaudirlo.
   La notte prima, infatti, Alexandre aveva rivelato il legame di parentela con Angeline e poiché lei era l’ultima nipote, la principessa, aveva usato quella scusa per promuovere definitivamente la campagna.
   Anche se non si fidavano, chi ora avrebbe girato i tacchi per fuggire? Angy era l’ultima erede al trono, dovevano salvarla.
   Improvvisamente Philip cadde esausto, la mano sul dolorante collo: aveva un prurito spaventoso attorno la ferita.
   Ogni vena bruciava come l’inferno.
   « State bene? ».
   « Me la caverò, andiamo ».
 
 
 
 
    Ry ammirava soddisfatto e un po’ dubbioso il paesaggio d’innanzi al castello: era immenso e sconfinato, gli alberi erano svegliati delicatamente dal vento mentre il sole sorgeva dal lato opposto delle mura; presto avrebbe dovuto rifugiarsi...
   Le nuvole erano lana nel cielo eppure di tanto in tanto sbuffi di fumo si alzavano dalla foresta oscurandolo.
   Qualcosa non quadrava.
   Si era affacciato di sfuggita da ogni finestra della fortezza e aveva notato chiaramente che le vecchie casette dei taglialegna erano state incendiate di proposito.
   Ora, trasportati dal vento, la cenere e il fumo giungevano con violenza nelle sobrie stanze dorate rendendo l’aria pesante e irrespirabile.
   Non era lo stratagemma perfetto per confondere il nemico: cosa diavolo stava facendo la resistenza?
   E perché il vento faceva convergere i fumi tutti nel forte?
   Che magia era?
   Bè, almeno i suoi uomini erano già a guardia su tutto il perimetro e attendevano l’imminente attacco; il problema era appunto respirare.
   L’ossigeno sembrava avvelenato.
   Ice dormiva beatamente nella sua stanza rassicurando il sovrano: qualora si fosse alzato, sarebbe stato un suo discepolo a tutti gli effetti e avrebbe combattuto al suo fianco per primeggiare sulla terra; quello che stava accadendo con la resistenza era solo una scocciatura, era un altro il vero problema.
   Erano quei lupi il loro obiettivo.
   Quando i raggi solari avevano ormai iniziato a illuminare le mura, l’unica soluzione per ovviare al problema sarebbe stata quella di nascondersi nei sotterranei attendendo con impazienza i nemici, magari sorprendendoli con un’imboscata; era infatti troppo pericoloso fronteggiarli nei lunghi corridoi o nelle gigantesche sale da ballo, tutto era tappezzato di finestre a mosaico e la luce non gli faceva bene, certo non li uccideva ma li rendeva deboli.
   Ry odiava dormire con qualsiasi abito e dato che quella teoricamente sarebbe stata l’ora del riposo giornaliero, era nudo: si alzò definitivamente rivestendosi, indossando persino il lungo mantello nero, impugnò la spada per riporla al sicuro nel fodero e la appese alla cintola.
   Si avvicinò al maestoso specchio a muro e rimase poco più di qualche secondo a rimuginare qualcosa, poi uscì recandosi nella sala principale.
   C’erano le dominazioni in gran completo, tranne quelle di guardia che girovagavano per la tenuta.
   « Quest’oggi dormiremo nei sotterranei, date l’ordine di lasciare aperte tutte le porte, sarà una giornata epica ».
   
 
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