Nairobi
e Bogotá hanno intenzione di riunire
la loro grande famiglia allargata, ben coscienti dei rischi. Non hanno,
però,
altre scelte. È la soluzione al problema più
grande d’affrontare, quello
riguardo il segreto da mantenere sulle loro reali identità.
Ottenuta
anche la conferma di Axel, possono
ritenersi soddisfatti. Rivedere il suo primogenito, probabilmente,
sarà la
boccata l’aria di cui Agata ha bisogno.
Il
piano prevede la collaborazione degli otto
ragazzi, sconosciuti alle autorità mondiali, in quanto
nessuno più di loro può
agire di nascosto e indagare la scomparsa di Ginny senza destare
sospetti.
“Sei
felice che Axel venga qui?” – chiede
Bogotà
alla moglie, una volta sistemata casa.
“Felice
non lo sarò mai, se non avrò i miei
figli qui… tutti!” – precisa mantenendo
un tono molto distaccato. Lasciando il
marito sul pianerottolo, si avvia verso l’automobile.
Costretto
dalle circostanze ad ingoiare l’ennesimo
boccone amaro, il saldatore dei Dalì accetta
l’ennesima sconfitta. Quella
che sembrava una pace, un
riavvicinamento, non lo è affatto.
Segue
la donna fino al mezzo, sul quale sale
qualche secondo dopo. Entrambi si dirigono, così, verso la
villetta dei Cortés-Oliveira.
Quando
Tokyo apre loro la porta d’ingresso,
resta piacevolmente sorpresa di vederli assieme. E così,
approfittando di una
distrazione di Nairobi, sussurra all’orecchio di
Bogotá - “Avete chiarito,
allora?”
L’uomo
sospira profondamente, non
approfondendo la questione. Le dice solo - “La situazione
è stabile!”
Una
volta pronti a rincasare, con i propri
bambini, il saldatore annuncia agli amici la decisione presa, quella di
convocare qualcuno di speciale per le ricerche di Ginevra.
“Volevamo
dirvi che il Professore sarà qui
domani e lo stesso vale per un team d’eccezione che spero
siate felici di
conoscere”
“Chi
sarebbero?” – domanda Selene, confusa.
“I
nostri figli!” – sono queste le parole
chiarificatrici di Bogotá. Poche ma incisive, che colpiscono
tutti, inclusi i
figli che si guardano tra di loro confusi.
“Non
capisco, papà!” – prende parola Alba.
“I
vostri fratelli e le vostre sorelle
verranno a Perth per aiutarci a riportare Ginny a casa!”
– spiega il genitore,
abbassandosi all’altezza dei bambini, guardandoli negli
occhi.
Con
tenerezza, li avvicina a sé e li
abbraccia. Il loro profumo e la loro sola presenza sono ossigeno
puro…e pensare
che non si comportò mai da padre con gli altri sette figli,
senza sapere quanto
di bello avesse perduto! E sono stati proprio i suoi ultimi tre bambini
ad
insegnargli a diventare un papà e a godere delle gioie
nell’esserlo.
Dopo
quella scena tanto dolce e commovente,
la famigliola si congeda.
Salgono
a bordo della loro auto percorrendo
quei pochi kilometri che li separano dalla loro villa.
C’è
silenzio, fin troppo, durante quei minuti
di tragitto, allora Bogotá, non sopportando
quell’assenza di caos che, da
sempre, invece, era solito udire e rimproverare ai suoi figli, accende
la
radio.
La
musica a medio volume sembra riempire
degli spazi in cui una voce mancante pesa sul cuore di tutti.
Casualmente
viene tramessa una canzone in
particolare. Una canzone che fa accapponare la pelle dei due adulti.
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E
quando Nairobi non sopporta più i tanti
ricordi ad essa collegati, spegne l’apparecchio.
“La
canzone preferita di Ginevra!” – commenta
Alba, trattenendo il pianto, volgendo lo sguardo al finestrino per
distrarsi da
pensieri troppo forti da tollerare e sopportare alla sua giovane
età.
Sebastìan,
al contrario, è paralizzato dal
suo dolore. Non ha aperto più bocca dalla sera precedente, e
non manifesta
reazioni di alcun tipo, neppure udendo la musica che la sua gemella era
solita
canticchiare con la sua voce angelica.
Bogotá
con la coda dell’occhio scorge lo
stato emotivo della consorte: le mani le tremano e lei cerca di
controllarle,
invano.
Con
tenerezza, adagia la sua, staccandola dal
cambio marcia, su quella di lei. Però quel gesto viene del
tutto evitato.
Nairobi
respinge la premura del marito,
alimentando la tensione tra loro.
Accortasi
di essere giunti a destinazione, è proprio
la gitana la prima a scendere dal veicolo.
Aspetta
i bambini e, prendendoli entrambi
sotto la sua ala protettrice, entra in casa…non prima di
aver osservato Bogotá,
rimasto in automobile, solo con se stesso.
“Cazzo!”
– esclama l’uomo, sfogando la sua rabbia,
con dei colpi al volante.
Stanco
di una situazione che gli appare
surreale, riaccende il mezzo e sfreccia via.
Non
ha una meta, non uno scopo preciso…sente
che allontanarsi di casa è la cosa migliore per non
esplodere.
“Papà
dove è andato?” – domanda Alba, notando
dalla finestra la fuga del genitore.
Nairobi
non sembra dar peso al fatto e si
limita solo a dire - “Avrà dimenticato qualcosa da
zia Tokyo!”
Raggiunta
la cucina, per distrarre la propria
mente e quella dei figli, la Jimenez chiede loro di aiutarla a
preparare dei biscotti.
Sa che è difficile, visto lo stato d’animo che la
attanaglia da ormai
ventiquattro ore. Eppure
non vuole che
tali circostanze complicate siano assorbite dai bambini, i quali, a
loro volta,
inevitabilmente, ne risentono.
Specialmente
Sebastìan, chiusosi in se
stesso, non si pronuncia in merito alla proposta della mamma: infatti,
si siede
al tavolo e guarda, impassibile, la donna cucinare assieme ad Alba.
E
molti flashback gli balzano alla mente. Quante
volte, assieme a Ginevra, si sono divertiti a impasticciare. Nairobi
accendeva la
radio e ballavano come matti e cantavano a squarciagola.
Agata
è consapevole di non poter replicare
quei momenti di allegria. L’allegria ha lasciato quelle mura
quando Ginny è
sparita. Non è giusto né normale ci sia gioia
laddove si respira solo tanto
dolore.
“Amore
mio, assaggiane uno!” – dice la
Jimenez al piccolo, porgendogli il vassoio, una volta sfornati i
biscotti.
Il
bambino, tanto simile a Bogotá nelle
espressioni e nei colori della pelle e dei capelli, scuote il capo.
“Dai,
sono buoni. Li abbiamo preparati come
piacciono a te” – insiste la gitana.
Se
c’è una cosa che Sebastìan non sopporta
è
la costrizione. Alla sua adorata mammina ha sempre ceduto, stavolta non
lo fa.
Si
arrabbia e lo mostra colpendo con forza il
vassoio, lasciando che tutto cada a terra.
Proprio
come la sera precedente, il gemello
di Ginevra perde il controllo, scaraventando qualcosa sul pavimento.
Dispiaciuto
e arrabbiato allo stesso tempo,
corre nella sua camera, ignorando la madre e la sorella che,
seguendolo, si
preoccupano.
Bussano
alla porta, tentano di farlo
ragionare…eppure Sebastìan non risponde.
Sono
i suoi singhiozzi, la prova di un pianto
liberatorio.
“Sorellina
mia, mi manchi dove sei?” –
piange, strofinandosi gli occhi. Accucciato a terra, con le spalle alla
parete,
sfoga in solitudine la sua tristezza.
Prende
un pezzo di carta e scrive una frase,
per rassicurare le due persone che da almeno dieci minuti sono di
fronte alla
sua cameretta e gli parlano insistentemente. Dopo aver piegato il
biglietto, lo
infila sotto la porta, permettendo ad Alba di afferrarlo.
“Voglio
stare da solo. Mammina, non ti
arrabbiare, ti prego” -
legge
l’undicenne, mostrando il foglio alla madre.
E
così, accettando il volere del bambino, le
due tornano in cucina. Nairobi sente le sue certezze frantumarsi ogni
ora che
passa… tra queste certezze, teme che perfino
l’arrivo dei Dalì o dei ragazzi di
Bogotà e di Axel, non possano cambiare le cose.
Vivere
un trauma tanto forte e intenso, muta
le persone… e tale mutamento può causare la fine
di molte cose… soprattutto delle
relazioni umane!