Capitolo
5
Le
candele di sego poste sugli enormi candelabri a soffitto, assieme alle
lampade
ad olio, illuminano sufficientemente l’ampio salone. Sono
circondata da molte
persone, ai cui volti non riesco ad associare ancora un nome;
è la prima festa
a cui partecipo, da quando mi sono trasferita a Bari, dopo il mio terzo
matrimonio lampo. Sono stata fortunata a “trovare”
un uomo come Fabrizio, mi
tratta molto bene, mi rispetta, non mi fa mancare nulla;
però temo che ami più
il suo lavoro, la sua musica, i suoi madrigali, che me. Siamo sposati
da più di
tre anni e posso definirmi soddisfatta della nostra relazione
combinata, ad
alcune mie amiche è andata molto peggio, ma non riesco ad
essere felice. Mi
direbbero che sono pazza a lamentarmi di un uomo del genere. Quasi
subito dopo
la fine del mio secondo matrimonio sfortunato, fallito a causa di un
cinghiale
o per meglio dire, per colpa dell’idiozia del mio defunto
marito, il quale non
sapeva neanche tenere una spada in mano. Voleva praticare
l’arte venatoria,
lui. Risultato? Ferito a morte da quella bestia! Così impara
ad andare a
caccia, per puro divertimento e non per qualcosa di effettivamente
utile.
Gli
unici momenti che condividiamo, ormai, sono quelli che ci vedono in
viaggio per
raggiungere la corte del Re a Napoli; quando siamo a Bari riusciamo a
malapena
a incontrarci, a stento condividiamo il letto coniugale una volta a
settimana,
con difficoltà saluta nostro figlio. Ma non era tutto
così all’inizio: eravamo
così passionali, così pieni di vita ed interessi
comuni, passavamo ore intere a
discutere di musica, che invece, ora, è diventata la causa
della nostra
separazione. E dire che lo aiutavo nella stesura delle partiture! Ho
scritto
interi spartiti per lui che, tra l’altro, apprezzava ed erano
elogiati da
molti. Non ho mai preteso la maternità o la
paternità di quei brani, mi andava
benissimo che si prendesse lodi dovute al mio genio ed al mio lavoro.
Cosa è
successo tra di noi? Non me lo so spiegare ancora. Ho rinunciato a
tutti gli
eventi mondani di Bari per aiutarlo nel suo lavoro, per cosa? Per
vederlo
allontanarsi da me.
Cerco
con lo sguardo la mia accompagnatrice, la contessa Giovanna Di
Malaspina; la
vedo intenta ad intrattenere diversi uomini, vorrei essere come lei!
Vorrei
sentirmi anch’io a mio agio tra queste persone che non
conosco, invece i miei
problemi personali mi impediscono di godere appieno di questa bella
serata. La
sua risata argentina giunge chiara e melodiosa alle mie orecchie, a
provocargliela è l’uomo che mi dà le
spalle. Riesco a vedere solo i suoi
riccioli biondi, ma i lineamenti del suo volto mi sono negati. Deve
essere un
tipo molto divertente, considerato il modo in cui sta facendo sorridere
la mia
amica. Evento alquanto inusuale, considerato che di solito si esprime
per
mugugni. Giungo nelle loro vicinanze, vedo quel misterioso viso e non
posso che
rimanere ammaliata da quello sguardo. Quei boccoli incorniciano
perfettamente
il suo volto volitivo. Mi sento nuda di fronte a quegli occhi azzurri,
che
sembrano scrutare la mia anima. Non riesco a non arrossire e mille
pensieri
poco casti affollano la mia mente. Bello da togliere il fiato. Un
angelo. Prima
d’ora mai nessun uomo mi aveva provocato tale sensazione, ed
è molto strano.
Penso che se restassi ancora un po’ vicino a lui rischierei
di prendere fuoco.
«Maria!»
Dice contenta la mia amica «Ti stavo per chiamare, mi hai
anticipata!»
Come
sempre l’etichetta non è mai stato il suo forte,
ma ciò che mi piace di lei è
proprio questo: l’essere costantemente fuori dagli schemi,
che questa società
ha imposto a noi donne. Non ha paura di parlare alla pari con gli
uomini; non
si è mai fatta piegare dalla volontà dei suoi
genitori, nel dover sposare un
determinato uomo per esigenze familiari. Uno spirito libero, una
persona
determinata, che non ha mai avuto paura nel mostrare chi è
veramente. Un po’ la
invidio, vorrei essere tanto come lei, ma non ne ho la forza. Se
l’avessi avuta
non mi ritroverei incatenata nuovamente in un matrimonio senza amore.
«Non
vi volevo disturbare, stavate così amabilmente
discutendo...»
«Duchessa
Maria, lei non disturberebbe neanche se ci mettesse tutto
l’impegno di questo
mondo.»
Sono
sicura di essere andata a fuoco; non tanto per il complimento che mi ha
rivolto, quanto per il suono melodioso della sua voce. Bellezza,
galanteria e
musicalità, tutte caratteristiche riunite in una sola persona.
È
un
angelo, ora ne sono del tutto sicura. Non posso non rimanere ammaliata
da
quest’uomo affascinante e, per ora, misterioso.
«Conosce
il mio nome, ma io non il suo...»
«Che
imperdonabile mancanza di rispetto ho commesso nei suoi confronti,
duchessa.
Sono il marchese Carlo d’Avalos. Spero possiate perdonare la
mia
maleducazione.»
«Non
si preoccupi marchese, stavo scherzando! Come potrei prendermela con un
uomo
che è stato così galante nei miei confronti! E
poi, per una cosa di così poco
conto!»
«Lei
è troppo buona, contessa. Mi farebbe l’onore di
essere la mia compagna, alla
rappresentazione dello spettacolo, che avrà luogo a
breve?»
«Ci
sarei anche io qui!»
«Mi
scusi contessa Di Malaspina, non volevo mancarle di rispetto.»
«Non
si preoccupi Carlo. In realtà, non ho la minima voglia di
assistere alla
rappresentazione teatrale, che vede protagonista il principe De Bellis;
è un
pessimo attore, anzi, un cane.»
Non
posso fare a meno di ridere. Quella donna è fin troppo
spontanea quando parla;
dovrebbe imparare a contare fino a dieci, altrimenti, prima o poi, si
ritroverà
in qualche guaio.
«Sei
una pessima amica, sai? Mi vuoi lasciare da sola tra questi
sconosciuti!»
«Ma
se hai appena trovato un cavaliere! Sono sicura che il Marchese
D’Avalos sarà
all’altezza del ruolo. Vero?»
«Assolutamente,
ne va del mio onore!»
«Visto?
Sei una donna fortunata! Ora vado a farmi notare dalla principessa,
così non
potrà dire nulla sul mio conto. A presto, cari.»
Giovanna
ha fatto una scelta senza dubbio lungimirante. Aveva ragione su tutta
la linea,
il principe De Bellis è un autentico cane! Ma,
ahimè, non è questa la cosa
peggiore. A qualsiasi latitudine, le rappresentazioni teatrali messe in
scena
in casa, finiscono sempre allo stesso modo: con qualcuno che vomita il
vino
bevuto in eccesso, dietro ad un paravento! Devo ammettere che, chiunque
sia a
rimettere, abbia la capacità di attirare
l’attenzione molto più di chi sta su
quel palco improvvisato. Mi guardo intorno, potrei andarmene senza che
nessuno
se ne accorga, ma ho un po’ di timore. È
abbastanza buio e molti degli invitati
stanno dormendo beatamente sulle sedie, disposte nell’ampio
salone. Solo due
paia di occhi azzurri mi scrutano.
«Vuole
fuggire anche lei da questo strazio, contessa Maria?»
«Si,
ma non saprei dove andare.»
«Mi
segua.»
«E
se il principe dovesse accorgersene?» Chiedo titubante. Lo
vedo scrutare il
palcoscenico con aria assorta.
«No,
è troppo preso dalla sua arte per accorgersi di
noi.»
«Ne
è sicuro?»
«Abbastanza,
però…»
«Però?»
«La
scena è quasi al termine e, a breve, inizierà
l’inframezzo musicale. Potremmo
approfittare di quel momento. Cosa ne pensa?»
«Credo
sia un’ottima idea.»
Carlo
ha avuto ragione. Oddio, ora lo chiamo anche per nome!
L’inframezzo musicale ha
coperto la nostra fuga. Inoltre, mi ha condotto
attraverso stanze e corridoi dell’enorme villa,
di cui neanche conoscevo
l’esistenza. La sua mano calda mi fa sentire sicura, ma allo
stesso tempo
scombussolata. Può, un semplice contatto fisico, causare
tante emozioni
contrastanti tra loro? Evidentemente sì! Gli strattono un
po’ il braccio.
Questo vestito ingombrante, associato al busto che sono costretta ad
indossare,
mi fanno respirare a fatica. Sembra intuire la natura della mia
richiesta;
rallenta il passo fino a fermarsi.
«Mi
perdoni contessa. Il mio incedere era troppo veloce, vero?»
«Non
è colpa tua Carlo.» Ecco, ora gli ho dato anche
del tu, oltre che chiamarlo per
nome. La mancanza d’aria sta giocando brutti scherzi!
«Posso
darle anch’io del tu?»
Mi
guarda intensamente e non posso che rimanere estasiata e allo stesso
tempo
imprigionata in quegli occhi azzurri.
«Certo.»
Balbetto. È decisamente per la mancanza d’aria che
gli ho permesso di comportarsi
in modo simile, non perché ho il cervello completamente fuso!
«Mi
onori, Maria.»
Quel
tono basso e profondo, con cui pronuncia il mio nome, mi fa
rabbrividire di
piacere. Siamo nel bel mezzo del giardino della villa del principe;
nascosti
alla vista di eventuali visitatori inopportuni, grazie
all’alta siepe che
recinta quel paradiso floreale. Inoltre, a causa della luna nuova, la
visibilità è molto ridotta. Sento le sue mani
risalire lungo la mia schiena.
Lentamente, si infilano tra i miei lunghi capelli castani. Sento il suo
corpo
sempre più vicino al mio. So che tutto questo è
sbagliato, ma non riesco a
staccarmi da lui. Sono come una falena attorno alla fiamma d'una
candela: posso
bruciarmi, prendere fuoco, ma ne sono inesorabilmente attratta. Vedo la
sua
bocca carnosa ed invitante sempre più vicina alla mia,
avverto il suo respiro
sulla mia pelle e non posso fare a meno di gemere. La mia testa diventa
sempre
più leggera; il suo sguardo occupa tutta la mia visuale, i
suoi occhi
incantevoli sono leggermente socchiusi. Sento le sue labbra sulle mie
e…
Il
rumore della sveglia mi fa sobbalzare all’improvviso dal
letto. Maledizione!
Una volta tanto che stavo facendo un sogno così piacevole,
anche se molto
strano. Sembrava molto reale, per essere un prodotto del cervello
durante il
riposo. Guardo la sveglia, segna le 7.00 del mattino; ne approfitto per
andare
in bagno, prima che si sveglino tutti.
Una
bella doccia, a prima mattina, è proprio ciò che
serve per riprendersi
completamente, oltre a far apparire il mondo un posto, decisamente,
migliore.
Con il palmo della mano destra tolgo il leggero strato di vapore, che
si è
posato sul vetro sopra il lavabo. Sobbalzo. Una donna vestita con abiti
eleganti seicenteschi, dai lunghi capelli castani e dai begli occhi
verdi mi
sorride allo specchio. I suoi candidi denti bianchi sono messi in
mostra da
quel sorriso sereno. Il suo volto è di una bellezza
disarmante, tutto è
perfetto: dal naso piccolo leggermente all’insù,
ai suoi zigomi alti. È
identica alla protagonista del mio sogno. Mi giro inquieta, ma non vedo
nessuno
alle mie spalle. Mi volto nuovamente verso lo specchio; lei
è ancora lì, ma
qualcosa è cambiato nel suo sguardo. Il sorriso è
sparito, lasciando il posto
ad un’espressione dolorosa. Vedo un rivolo di sangue uscire
da quella bocca
piccola e carnosa, successivamente lacrime di sangue sgorgano dai suoi
occhi.
La pelle lentamente inizia a staccarsi, mettendo a nudo il teschio. Sul
vetro
comincia ad apparire una scritta: “Cercami.”
Urlo.