“E’
questa la strada giusta? Ne sei proprio
sicuro?” – domanda una giovane ventenne, dai
capelli castani, alla persona alla
guida di una Monovolume a sette posti.
“Dubiti
delle mie doti orientative, sorella?”
– precisa l’autista, scherzosamente, conscio anche
lui di non essere abile a
seguire le indicazioni del navigatore.
“GoogleMaps
non sbaglia mai!” –
aggiunge l’unico maschio dai capelli biondi,
mentre mostra al passeggero sedutogli accanto l’esatta
posizione indicata dallo
smartphone.
“Solo
in Islanda non sbaglia, caro fratello!”
– ridacchia un moretto, nel sedile posteriore. Poi scherzando
gli scompiglia la
capigliatura perfetta.
Dopo
aver girato e rigirato nel quartiere,
meta del loro viaggio, il gruppetto può finalmente
ascoltare, dalla voce registrata
del navigatore – “Sei
arrivato a
destinazione!”
“Finalmente!”
– esclama una ragazza dai
lunghi capelli chiari, intrecciati con estrema perfezione.
Parcheggiatisi
proprio dinanzi ad una villa ,
i sette passeggeri scendono dal mezzo e si dispongono, uno di fianco
all’altro,
decidendo come muoversi da lì in poi.
“Andrò
avanti io che sono il maggiore.
Statemi dietro” – precisa il più grande,
un ragazzo dai capelli neri,
venezuelano, di ventisette anni.
Percorrono
pochi metri per ritrovarsi davanti
ad un enorme portone d’ingresso sul quale è
leggibile un’insegna con il cognome
dei proprietari.
“Famiglia
Sanchez!” – legge una delle due
ragazze– “Siamo nel posto giusto, papà
ha detto di aver dovuto cambiare cognome
per motivi di sicurezza”
“Bene,
siete tutti pronti a riabbracciare il
nostro vecchio?” – chiede il capogruppo, entusiasta
più degli altri di prendere
parte ad una missione importante e di poter scoprire quella famiglia
mai
vissuta come avrebbe voluto.
In
quei momenti, i sette avvertono una certa
ansia, oltra al magone dovuto a ciò che dovranno affrontare.
Un
respiro profondo, poi bussano con
decisione alla porta e si aprono a una nuova strada di vita.
*********************************
Nairobi
è chiusa in camera da ormai due ore e
i Dalì sono preoccupati da quanto possa aver letto su quel
diario.
Le
donne della squadra tentano più volte di
ricevere segnali dall’amica, recandosi nella sua stanza ma
senza successo.
Agata
è immersa nel mondo segreto di sua
figlia, conscia che da quel momento in poi tutto potrebbe cambiare.
Con
delicatezza, la gitana sfoglia pagina
dopo pagina, sapendo di toccare chiavi profonde del cuore della sua
bambina.
Molte
di quelle parole, scritte ovviamente
con un linguaggio tipico di una minore di soli sette anni, sono ben
comprensibili
e arrivano dirette alla donna che se ne sorprende.
Con
gli occhi lucidi scopre che a consigliare
Ginny sull’uso di un diario è stata
un’insegnante il cui nome non è mai citato,
e che la piccola definisce “
maestra
Honey”.
E’
questo il nomignolo che l’intera classe dà
alla docente per la sua carineria nei confronti di ciascuno studente
che
chiama, appunto, “tesoro”.
Nairobi
legge gran parte del diario, non
rilevandovi dettagli importanti circa la sparizione. Però
conosce una parte
della bambina che mai avrebbe immaginato.
E
rimane totalmente paralizzata di fronte a
uno sfogo della piccola datato esattamente qualche giorno prima della
sua
sparizione.
“Mamma
mi dice sempre che assomiglio a mio fratello maggiore. Si chiama Axel,
io non
so chi sia, non l’ho mai visto. Però non mi piace
questa cosa, io sono Ginevra,
non sono Axel.
Sono
stanca che mamma mi ripete “Sei come lui, hai gli stessi
occhi, gli stessi
capelli”. Uffa. Lei mi guarda e non vede me, lei vede
lui!”
Di
fronte a tale affermazione, la gitana
interrompe la lettura avvertendo un tonfo al cuore.
Davvero
sua figlia ha da sempre sofferto la
somiglianza con Axel?
E
pensare che lei credeva potesse essere un
fattore positivo: in fondo, quella somiglianza avrebbe accentuato il
legame di
sangue tra fratelli.
Pensandoci,
però, Agata capisce che per
Ginevra quel rapporto familiare non esiste; per lei Axel è
solo un nome a cui
associa costantemente le parole di Nairobi.
Dispiaciuta
di quanto letto, la donna non
continua e, controllando che quelle sono le ultime righe compilate del
diario,
decide di chiuderlo.
Lo
ripone in un cassetto della scrivania e,
con un nodo allo stomaco, lascia la stanza per raggiungere i
Dalì.
Sapere
di aver avuto libero accesso alla
privacy di sua figlia minore, senza alcun risultato utile, è
un cruccio enorme,
che si aggiunge ad uno ancor più opprimente appena scoperto.
Mentre
cammina lungo il corridoio,
raggiungendo la scala che la conduce al piano terra, lì dove
ha lasciato il
gruppo alle prese con l’organizzazione di un piano di
salvezza per Ginny,
Nairobi viene distratta da un vociare non familiare proveniente
dall’ingresso.
Le
basta poco per capire di chi si tratta.
“Eccoti,
Nairo!” – le corre incontro Tokyo, vedendola
di nuovo tra loro, mentre scende a passo lento le ultime scale, intenta
a scrutare
in silenzio, nel mentre, i sette volti stranieri.
“Sono
i figli di Bogotá!” – le dice la
Oliveira all’orecchio, invitandola ad unirsi alla famigliola
appena riunitasi.
Alba e Sebastìan sono accanto al Professore e a Stoccolma,
fortemente
intimiditi dalla gente sconosciuta.
Il
saldatore, invece, piangendo dall’
emozione, stringe a sé i suoi ragazzi, ormai tutti adulti e
chiama a sé i
bambini per le presentazioni.
Nairobi,
rimasta in disparte, guarda i
piccoli e fa cenno loro di avanzare verso i fratelli. Sorpresa dalla
resistenza
posta, interviene e sblocca anche la sua di esitazione.
Li
prende per mano e raggiunge la numerosa
prole del marito.
“Ragazzi,
vi presento Alba e Sebastìan” –
dice Bogotà. Poi volge lo sguardo sulla compagna e con poche
parole mostra a
tutti il suo amore – “E lei è Nairobi,
la donna della mia vita”
Di
fronte a tale esternazione, i presenti
rimangono sorpresi. I Dalì inclusi.
Agata,
imbarazzata di fronte a quelle parole,
arrossisce e sente il cuore accelerare il battito. Questo non le accade
da
qualche giorno ormai.
Accenna
un timido sorriso e prende parola –
“E’ un piacere conoscervi tutti, spero vi troverete
bene qui!”
“Assolutamente”
“Certo,
anzi grazie per l’ospitalità”
“Speriamo
di potervi aiutare”
“Riporteremo Ginevra a casa”
Ognuno
dei sette si sente lieto e coinvolto
da una squadra epica come quella fondata dal Professore.
Radunatisi
tutti in salotto, mai così pieno di
gente come quel giorno, Sergio spiega le regole del team.
“Abbiamo
sorvolato sulla regola circa le
relazioni personali, però…è bene che
ognuno di voi abbia un nome in codice!”
“E’
proprio necessario? I miei figli non
devono essere coinvolti assolutamente…non voglio che la
polizia associ anche
loro a noi e diventino ricercati a vita” – precisa
Bogotá.
“Papà,
tranquillo! Ne abbiamo parlato durante
il viaggio e siamo tutti d’accordo”
–precisa la figlia dai capelli scuri.
“Si,
Hanna ha ragione! Siamo pronti a
diventare dei Dalì in piena regola. Abbiamo già
scelto quali identità assumere”
– aggiunge il figlio maggiore, Emilio.
Uno
per uno, si esprime in
merito.
“Io
sono Emilio e
mi chiamerò Yerevan, come la capitale
dell’Armenia, in tuo onore, papà”
–
spiega il primogenito, ricevendo l’immediato abbraccio
commosso del genitore, originario
di quella nazione.
Poi
tocca agli
altri pronunciarsi.
Julian,
si presenta
come Quito, riconoscendo la scelta per la vicinanza di quello Stato
alla
Colombia, di cui è rappresentante Bogotá.
“Io
da greco quale
sono ho scelto Mykonos” – precisa Yaris, fiero
delle sue origini.
Le uniche due ragazze dei
sette si presentano
con nomi di città a cui riconoscono arte.
“Varsavia
e Vienna?
Bella scelta” – si complimenta Sergio, con Ivana e
Hanna la cui bellezza viene
notata dai più giovani dei Dalì.
“Direi
che stai
sbavando troppo per i miei gusti” – commenta Tokyo
guardando il compagno,
offesa, e sostenuta da Monica che tira una sberla a Denver, anche lui
rimasto
incantato soprattutto dalla biondissima Ivana.
“Noi
amiamo solo
voi, siete le nostre sole regine, giusto Rio? Stavamo solo
familiarizzando con
i visi delle nostre nuove colleghe e…” –
cerca di discolparsi a modo suo Daniel
Ramos, cercando di sdrammatizzare la gelosia delle due donne.
A
quel punto
conclusero le presentazioni gli ultimi maschietti del gruppo.
“Il
mio nome da
oggi in poi sarà Copenaghen! Mi rispecchia come
città” – spiega Eric, il
giovane islandese, tra i più precisi dei fratelli.
“E
io sono Londra,
lì c’è classe, c’è
storia, c’è perfino la
regina…” – sostiene Drazen facendo
quasi pubblicità alla capitale inglese generando una
discussione simpatica tra
i vari Dalì, ciascuno a sostegno della propria città
rappresentativa.
Ad
interrompere la
conversazione, che crea un clima piacevole tra i presenti, è
il Professore, il
quale entusiasta dei nuovi membri li accoglie nel gruppo.
“Benvenuti
in
famiglia, ragazzi!”
Nairobi,
rimasta in
disparte ad osservare la riunione e l’euforia che le new
entry portano con il
loro arrivo, non si pronuncia sulla storia del diario.
L’arrivo dei sette figli
di suo marito hanno infatti distratto i Dalì dalla questione
relativa al
quaderno segreto di Ginny.
“E’
bello vedere
che i bambini si siano sciolti con quei ragazzi” –
afferma Tokyo, avvicinandosi
all’amica gitana.
“Si,
sono contenta,
spero che non vivano male l’arrivo di Axel”
“Perché
dovrebbero?
È un fratello anche lui” – aggiunge
Selene, stupita di sentire tali
affermazioni.
“Ginevra
soffriva
tanto del paragone che facevo tra lei e Axel”
“Dici sul serio?”
“Già,
e ora come
ora non so se farlo venire qui possa servire. Probabilmente ricordarlo
ai
bambini ogni qualvolta ne sentivo l’esigenza, è
stato solo un modo per
risollevare il mio cuore più che il loro”
– commenta, dispiaciuta, la donna.
“Non
fartene una
colpa, Nairo! Sei una mamma e per una mamma ogni figlio è
sacro. Non potevi di
certo far finta che Axel non esistesse. Sono sicura che lo
adoreranno”
“Lo
spero davvero
tanto perché sarebbe l’ennesima batosta e non
penso di poterlo sopportare”