Basta
poco alla squadra dei Dalì per entrare
in sintonia con i figli di Bogotá.
Nairobi,
supportata psicologicamente da
Tokyo, osserva la scena che ha di fronte: un gruppo di gente che, fino
a tre
giorni prima, non avrebbe pensato di poter ospitare in casa sua. Tra
questi, ci
sono i fratellastri e le sorellastre dei suoi bambini, di cui sa poco o
nulla,
se non che nacquero da relazioni brevi tra suo marito e sette donne
differenti.
Ma
Agata in fondo è al corrente che il
saldatore non ha mai vissuto storie stabili prima delle loro nozze.
Oggi
proprio quell’immensa prole, radunata in
salone, intenta a scambiare idee e conoscersi con i membri della Banda,
è la
salvezza per una famiglia disperata.
È
emozionante per la Jimenez vedere Alba
familiarizzare con le sorelle maggiori e Sebastìan fare lo
stesso con i cinque
maschietti con cui condivide metà sangue.
“Sono
l’immagine della felicità, non trovi
anche tu?” –domanda Selene all’amica,
guadando la nipote di undici anni, seduta
sul divano assieme ad Ivana e Hanna.
“Già,
io non avrei mai pensato che potessero
affezionarsi a persone praticamente estranee, e in così poco
tempo” – risponde
la gitana, sospirando, osservando anche Sebastìan alle prese
con i fratelli
maggiori. Julian l’ha caricato sulle spalle, regalandogli momenti di spensieratezza
che un bambino di
quell’età dovrebbe vivere quotidianamente
Il
silenzio di Nairobi viene interrotto da
Tokyo che le chiede - “Stai ancora pensando ad
Axel?”
La
risposta di Agata tarda ad arrivare per
via dell’improvviso avvicinarsi di Alba alle due donne.
“Guardate
che bella treccia mi ha appena
fatto Ivana” – dice la bambina, mostrando
l’acconciatura di cui è super felice.
“Sei
stupenda, tesoro” – risponde Agata.
“Una
principessa!” – aggiunge la Oliveira,
dandole un dolce bacio sulla guancia.
Richiamata
da Hanna, l’undicenne torna a
sedersi e lascia le due Dalì di nuovo da sole, in disparte
rispetto al gruppo.
A
quel punto, Tokyo ripropone la domanda.
“E’
per Axel che stai così?”
“Sto
pensando a Ginevra…” – precisa Nairobi,
confessando
poi – “Su quel diario non c’è
un cazzo di indizio che possa condurci a lei. A
parte una certa “Maestra Honey” che non capisco chi
possa essere”
“Bisogna
indagare sulla questione scuola!
Potrebbe aver avuto inizio tutto da lì”
“Né
io né Bogotà possiamo recarci
nell’istituto e chiedere informazioni, soprattutto
perché sono due giorni che
mia figlia è assente dalle lezioni e non vorrei che la
nostra visita inattesa
destasse sospetti”
“Meglio
parlarne con il Professore” –
sostiene, convinta, la compagna di Rio.
Mentre
le due si confidano, Bogotà circondato
da tutti i suoi figli si sente l’uomo più
raggiante del pianeta. La sua gioia
toccherebbe l’apice se solo anche Ginevra fosse al suo fianco.
Saperla
chissà dove, lo incupisce
immediatamente. Ad accorgersi di come il volto tanto allegro di minuti
prima,
abbia lasciato posto al dispiacere, è Emilio il suo
primogenito.
“Papà,
non voglio vederti così abbattuto!
Devi farlo per Alba, per Sebastìan, per noi sette che siamo
giunti fino a Perth
per salvare nostra sorella minore”
“Lo
so, figliolo! E ve ne sono grato”
“Allora
reagisci”
“Se
fosse facile, lo farei”
In
quell’istante, il giovane ormai chiamatosi
Yerevan gli pone una domanda lecita.
“Ho
notato freddezza tra te e tua moglie. Va
tutto bene con lei?”
Il
silenzio del saldatore è un forte
campanellino d’allarme e il venezuelano, ormai ventisettenne,
sente di poter
rimproverare il padre senza freni.
“Cazzo,
papà! Pensavo fosse la donna giusta
stavolta”
“Lo
è infatti”
“E
come mai la stai lasciando andar via in
questa maniera?”
“Non
sto facendo…” – poi si zittisce
comprendendo che il figlio si sta comportando da padre con lui
– “Che fai?
Ribalti i ruoli adesso?”
“Voglio
che tu sia sereno. Non permettere che
quei bambini vivano l’assenza di un genitore
perché ti assicuro che non è
piacevole” – confessa, ricordando i momenti in cui
da minore sentiva sua madre
lamentarsi di averlo messo al mondo senza la presenza di una figura
maschile
pronta ad aiutarla.
“Tua
madre non mi perdonerà mai di averla
mollata su due piedi” – aggiunge Bogotà,
rammaricato.
“Credo
che nessuna delle donne che hai avuto,
intendo tutte le mamme dei miei fratelli e delle mie sorelle, ti
perdoneranno
mai. E’ proprio perché saperti sposato da
più di dieci anni mi ha fatto ben
sperare, che ti dico di non mollare e di evitare la fine che nessuno
desidera”
Le
parole tanto sagge di Emilio spiazzano
l’adulto che, con tenerezza gli scompiglia i capelli,
tirandolo poi a sé per
abbracciarlo.
“Sono
fiero di ciò che sei diventato, ragazzo
mio!” – si complimenta il genitore.
La
chiacchierata s’interrompe con l’arrivo di
Ivana e Hanna che tengono per mano la sorella minore.
“Papà
guarda come sono belli i miei capelli”
– dice Alba mostrando la treccia, entusiasta, come se avesse
ricevuto il più
bel regalo di Natale del mondo.
In
realtà per lei la conoscenza dei suoi
parenti più prossimi è stato davvero un regalo di
Natale.
“Sei
bellissima” – dice Bogotà
all’undicenne,
invitandola a sedersi sulle sue gambe.
A
quel punto, un’osservazione di Yaris,
accende una domanda in Alba stessa.
“Caspita,
notavo che Nairobi è molto più
giovane di te. Sei un macho vero, papà”
“A
proposito, papino, mi racconti di come vi
siete innamorati tu e la mamma?” – ecco
l’interrogativo che la bambina solleva
e che spiazza il saldatore dei Dalì.
Gli
sguardi curiosi di tutti e nove i figli,
sedutigli intorno, lo costringe ad esporsi.
“Ehm…ecco…”
“L’hai
sicuramente fatta cadere ai tuoi
piedi!” – commenta Erik, sapendo la fama da playboy
del genitore.
Invece
la risposta lo sorprende – “E’ stata
lei a farmi innamorare perdutamente”
“Ah
si? E come?” – a quel punto anche Ivana
è
curiosa di scoprire il lato dolce del padre.
“Avete
presenti le Amazzoni? Lei è una di
loro” – sostiene Bogotà, arrossendo.
“Ehi
Nairobi, scusa, puoi venire qui?” – è la
voce di Julian a richiamare Agata che, confusa, avanza verso il
gruppetto che
sembra radunato come le tribù indiane attorno ad un capo.
“Cosa
succede?” – chiede lei.
“Papà
ci stava raccontando di come vi siete
innamorati” – spiega Sebastìan,
sorridendo, convinto che la sua mammina avrebbe
gioito nel sentire tale racconto.
Invece
la Jimenez resta in silenzio.
Sposta
gli occhi su Bogotá anch’egli rosso di
vergogna.
“Ehm...io
devo andare dal Professore,
scusatemi ragazzi, fatevelo spiegare da vostro padre. Lui è
un esperto in
faccende amorose!” – con quelle parole, la gitana
fredda tutti.
Cade
il silenzio e ormai i sette nuovi Dalì
capiscono che tra Bogotá e Nairobi c’è
una fortissima tensione.
“Forse
è meglio tornare al piano. Ricordate
che va salvata Ginny” -
con quella frase
finale, l’argomento viene bruscamente
chiuso – “Ve lo racconterò quando
sarà il momento giusto” – ciò
crea un immenso
ed evidente dispiacere in Alba.
“Ehi
piccolina, vedrai che si risolverà
tutto. Adesso che ci siamo noi qui, troveremo un modo per fargli far
pace” – la
convince Hanna, dandole un dolce abbraccio.
Agata,
dopo l’imbarazzo creatosi con i sette
figli del marito, si avvicina a Sergio e si concentra solo ed
esclusivamente
sulla cosa più importante di tutto: Ginevra.
“Prof,
io ho letto il diario”
“Bene,
cosa hai trovato?” – quella
comunicazione riattiva Marquina che spera in buone notizie. Mai come
allora gli
è parso di brancolare tanto nel buio. Non sa proprio che
pesci prendere…non si
tratta di rapine e piani da organizzare per tirare fuori oro, soldi o
persone…bisogna salvare una bambina da non si sa chi,
scomparsa per non si
conosce quale motivo, situata in chissà quale
posto…un mistero che non si può
risolvere in quattro e quattr’otto.
Agata
racconta a Sergio ciò che potrebbe
essere utile sapere.
“Hai
detto che la chiama Maestra Honey?” –
pensa l’uomo, sistemandosi gli occhiali con il suo solito tic.
“Esatto.
Ti viene in mente qualcosa?”
“Mmm
direi di no”
Una
quarta persona si unisce ai tre e precisa
- “Mi ricordo di un film. C’era una maestra che si
chiamava la signorina Honey”
“Cosa
c’entra adesso il film?” – commenta
Tokyo, inarcando un sopracciglio, perplessa, volgendo lo sguardo su uno
dei
nuovi arrivati.
“Non
so, forse tutto forse niente” – aggiunge
il moretto messicano – “Però ricordo che
nella storia, la signorina Honey
dovette fuggire di casa per sfuggire ai maltrattamenti della zia e che
la
preside, quella pazza che odiava i bambini, uccise suo padre”
“Ma
che cazzo dice?” – sussurra Selene
all’orecchio della Jimenez, anch’essa alquanto
confusa dall’intervento, inutile
e alquanto fuori contesto, di Julian.
“Io
penso che andrebbe ricercata questa
insegnante dolce come il miele” – propone il
giovane Quito.
Sergio,
spiazzato da osservazioni poco utili
e non attinenti all’argomento, decide di discuterne con tutti
i presenti. Così chiede
silenzio e richiama l’attenzione sulla sua persona.
“Nairobi
ha detto di non aver trovato nulla
sul diario, purtroppo!”
“Cazzo”
– esclama Palermo, dopo aver rilevato
proprio lui quel quaderno, ed era positivo in merito a quanto potesse
essere
fondamentale.
“Beh…eccetto
la parte relativa all’insegnante
misteriosa” – interviene di nuovo Quito.
“E
sarebbe?” – si pronuncia, confuso, Yaris.
“Non
ricordo ci fossero docenti con quel
cognome” – riflette il capofamiglia.
“E’
un nickname” – puntualizza Ivana.
“Io
ho un’idea che potrebbe esserci utile per
entrare nel contesto “scuola”!”
– propone Hanna – “Io sono una
violinista,
andrò in quell’istituto proponendomi come docente
di musica per dei corsi
straordinari. Indagherò dall’interno”
“Mi
pare eccellente” – si complimenta il
Professore.
“E
noi altri?” – domanda Erik.
“Ginevra
non ha amicizie importanti su cui si
può indagare?”- interviene Emilio.
“Si,
la sua migliore amica si chiama Laura” –
spiega Nairobi – “Conosciamo la sua famiglia, sono
gente per bene”
“Mai
fidarsi. Intanto faremo delle ricerche
su di loro, giusto fratelli?” – Yerevan sprona i
consanguinei a darsi una
mossa.
Stabilita
il primo passo da compiere, che
vede protagonista, al momento, solo Vienna, Rio propone ai
Dalì il
pernottamento in casa sua.
“Se
qui rimarranno gli eredi di Bogotá, voi
altri verrete a stare da me e Tokyo”
“Anche
i Johnson hanno camere extra” –
aggiunge la Jimenez, ricordando il supporto degli amici.
E
così, dopo il pranzo abbondante, com’è
solito organizzare Bogotá con il suo barbecue, ognuno viene
condotto al proprio
luogo di ristoro.
“Ragazze
questa è la camera più luminosa ed è
la vostra” – comunica Nairobi alle due uniche
femmine del gruppetto.
Il
saldatore conduce, invece, gli altri
cinque in tre stanze al secondo piano.
“Uno
di voi avrà la singola!”
“Io
che sono il maggiore” – si fa avanti
Emilio, senza dar modo agli altri di pronunciarsi.
“Però
non è giusto”
“Sei sempre il solito”
“Il
bello di essere il più grande” –
ridacchia il venezuelano.
“Pochi
bisticci, siete adulti ormai. Potete
sistemarvi, riposare, insomma… dovremmo attendere gli ordini
del Professore.
Fate come se foste a casa vostra”
Così
dicendo, Bogotà si congeda e torna nella
sua di camera.
Sorpresa
sorpresa..
“Come
mai sei qui?” – chiede riconoscendo
Nairobi seduta sul letto con le braccia incrociate al petto e
l’aria di chi ha
voglia di discutere, per l’ennesima volta.
“Devo
dirti che prima la situazione d’imbarazzo non mi è
piaciuta affatto. Evita di
aprire certi discorsi..”
“Cosa?
Adesso mi accusi di parlare con i miei
figli di te?”
“No,
voglio solo che non mi mettiate in
situazioni come quella di prima… volevano creare disagio,
beh ci sono riusciti”
“Si può sapere da quando in qua parlare del nostro
amore ti crea disagio?” – a
quel punto Bogotá perde le staffe. La sua pazienza ha un
limite e non si
trattiene più.
Accorcia
la distanza tra se e la donna, e lo
fa in modo molto audace.
Il
che costringe Agata ad indietreggiare fino
a trovarsi bloccata con le spalle alla parete.
Il
marito è davanti a lei, con l’aria di chi
non ha voglia di scherzare.
“Non
mi piace diventare oggetto di scherno”
“Cosa
cazzo dici? Scherno? Mi avevano solo
domandato come ci fossimo innamorati”
Nairobi
sente gli occhi di lui fissarle le
labbra.
Lo
conosce bene e sa che presto potrebbe
baciarla…e non vive bene quella sensazione.
Per
evitare che ciò accada, lo allontana a
parole, attuando l’atteggiamento di chi schiva la gente o la
provoca per tenerla
a debita distanza.
“Ah
si? Allora dimmi…come ti sei innamorato
di me? Per il mio corpo? Sbaglio o dicevi che il mio sedere ti faceva
arrapare?”
“Arrapare?”
– ripete, scioccato, il saldatore
– “Hai davvero questa scarsa considerazione di
me?”
Indietreggia,
esausto di un comportamento
ingiusto nei suoi riguardi.
“Penso
che sia inutile continuare di questo passo…tu non mi ami
più…” – le dice - “Sappi solo
che così facendo non abbiamo
perduto solo Ginevra, ma anche la nostra relazione. Dovresti seguire il
cuore e
non le paure. Il mio cuore vuole offrirti tanto, tu invece mi scansi
ogni volta
che ne hai modo. Ed io non voglio essere più il sacco da
colpire per liberarti
dalla frustrazione. Ho sopportato, però ora basta. Io non
insisterò più, sta a
te decidere se mandare a puttane tutto o reagire!”
– conclude il discorso, con
un nodo alla gola, segnale del suo malessere interiore. Si appresta a
lasciare
la camera, mentre proprio in quei frangenti, nella mente di Nairobi
partono
mille pensieri e mille ricordi.
Stavolta
il cuore domina la testa e le
rammenta di quanto fu bello scoprire l’amore per
Bogotá, quanto fu bello
baciarlo la prima volta, quanto fu bello sposarlo, diventare sua
moglie,
trascorrere notti insieme tra momenti intimi di pura passione e attimi
di
dolcezza e coccole, quanto fu bello dare alla luce Alba, e regalargli
poi altra
gioia con l’arrivo dei gemelli.
Tutti
questi flash balzano rapidi e violenti
e sembrano non fermarsi.
Ed
è allora che Agata mette in standby la
ragione. Si dirige alla porta dalla quale Bogotá
è prossimo ad uscire.
Lo
frena, interponendosi tra l’uomo e l’uscio.
“Cosa
vuoi ancora?” – borbotta il
capofamiglia.
Non
ha tempo di aggiungere altro. Nairobi si
avventa sulle sue labbra e lo fa come se quello fosse un istinto
naturale di
cui non può più fare a meno per sopravvivere.
Le
loro mani si intrecciano, i corpi iniziano
ad accaldarsi e i cuori ad accelerare il battito.
Avrebbero
potuto frenarsi, discutere
lucidamente su quanto sta accadendo. Invece no.
Lui
desidera lei.
Lei
desidera lui.
È
un gioco di passione quello che segue.
Mentre
continuano a baciarsi, si liberano
degli indumenti.
Nairobi
spinge il marito sul letto e si pone
a carponi sul corpo di quell’omone grande e grosso e dal
cuore tenerissimo.
Nel
giro di pochi minuti i due si denudano
totalmente, e consumano la passione carnale tra pulite e profumate
lenzuola
bianche.
L’uomo
accarezza ogni parte del corpo della
sua donna, godendo di un momento tanto voluto. E ogni pezzo di carne
che sfiora
lo manda in estasi.
Perdersi
in lei, inebriarsi del suo profumo,
sono la sola medicina ad una sofferenza che cova da giorni e che sapeva
bene
che solo Nairobi avrebbe potuto alleviare.
I
loro corpi si uniscono e si muovono al
ritmo dell’amore, il sentimento che ricorda loro che
avrebbero potuto perdersi
per sempre.
Ma
chissà se quando la passione si estinguerà
tra loro tornerà la serenità o se dopo un intenso
momento intimo le circostanze
e il dolore gli rammenteranno delle tensioni non effettivamente
superate?