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Autore: BeaterNightFury    18/05/2021    0 recensioni
Le riusciva persino difficile credere che una volta alzati tutti da tavola, Riku sarebbe andato finalmente a cercare la sua mamma… che ora gli era stato permesso. Che Sora sapeva dov’era Ventus e sarebbe andato a recuperarlo dopo che le Principesse fossero state al sicuro.
Che se avessero vinto quella guerra, Shiro avrebbe avuto di nuovo una famiglia, una casa.

Seguito di Legacy e Journey.
Sora, Riku e Kairi dividono le loro strade per proteggere le Principesse, salvare i Guardiani perduti, e prepararsi alla battaglia.
Lea si ritrova dopo undici lunghi anni a fare i conti con il proprio passato irrisolto.
Ventus e Roxas aspettano il momento in cui potranno tornare a fare qualcosa che non sia osservare...
Il momento dello scontro è vicino.
Sette contro tredici.
A volte, la differenza è tutto quello che un eroe può fare.
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Guardians – Capitolo 11
Destati
 
Ventus ricordava di aver letto da qualche parte che anche la persona più piccola avrebbe potuto cambiare il corso del tempo.
Il problema, chiunque lo avesse detto, era proprio il concetto di cambiamento. Quel termine avrebbe potuto esprimere un miglioramento come un peggioramento, pensava mentre scriveva.
Aveva trovato qualche minuto prima, o meglio ritrovato, il vecchio quaderno dove Terra e Aqua avevano preso nota delle sue condizioni quando aveva avuto dodici anni, e che quando aveva avuto quattordici anni – beh, tredici e mezzo – aveva cercato di utilizzare perché Terra e Aqua sputassero il rospo quando lui li aveva visti strani… e poi invece era stato il Maestro Eraqus a trovare quel quaderno, ed era scoppiato il patatrac.
All’epoca, quando la verità era venuta fuori – una verità che aveva finito per chiamarsi Shiro – Ventus era rimasto spaventatissimo, eppure con il senno di poi aveva soltanto bei ricordi di quei giorni.
Non è facile capire quando quello che stai facendo sta causando ordine o disordine… scrisse sulla pagina bianca, e infatti si era reso conto che Shiro aveva finito per aiutare, ma allora non avevano potuto saperlo.
Invece qualcosa che lui aveva voluto fare per aiutare… forse era il gesto che lo faceva vergognare di più.
Ero stato fregato come un bambino, e in un certo senso avevano usato le mie azioni per creare disordine.
Quando lo capii – quando Xehanort usò me per portare il Maestro Eraqus alla furia e all’ostilità, per fargli alzare la lama contro me e contro Terra – pensai avessero toccato il fondo.
Poi cominciarono a usare Shiro.
La stessa Shiro che aveva finito per diventare grande e voltare loro le spalle, e adesso era la ragione per cui i Guardiani della Luce sapevano qualcosa dell’enigmatico Quattordici.
Domani torneremo dove tutto è caduto a pezzi, forse per sistemare tutto, finalmente. Non so se quello che sto facendo è giusto, non so se porterà realmente ordine, ma suppongo che è tutto quello che possiamo fare adesso, no?
Vorrei parlare con Ephemer come si deve in tutto questo. Faccia a faccia.
Dubito che riuscirò a farlo.
Ventus lasciò penna e quaderno e si guardò attorno nella stanza. Sapeva che sarebbe servito a poco, ma non voleva affrontare di nuovo Xehanort mentre sul muro c’era ancora quella macchia nera scarabocchiata in un momento di rabbia, in quella che avrebbe dovuto essere una giornata di festa.
Andò nel ripostiglio e trovò una delle spugne, poi la riempì di detersivo e cancellò lo scarabocchio.
Era ancora alto come quel giorno, non un centimetro di più.
Ma cosa avrebbe potuto scrivere?
Non era un fallimento che voleva ricordare, e nemmeno una guerra.
Cosa mi resterà di questi giorni? Fallimenti, guerre, inganni, mi sento nelle ossa che finiranno per definirmi esattamente quanto i momenti che voglio ricordare.
Forse quello che importava realmente in quel momento era…
… il pennarello era ancora lì, dove lo aveva lasciato quando aveva fatto quello scarabocchio.
Spesso aveva dato per scontato quel luogo, quello che stava facendo, una stanza a cui tornare… ma dopo undici anni passati a vivere la vita di un altro, anche tornare a casa era una conquista.
Tolse il cappuccio al pennarello e scrisse sul muro, sopra i segni che anche la spugna aveva lasciato, “DI NUOVO A CASA”. Senza specificare io o noi, perché in qualche modo, qualsiasi cosa fosse accaduta, quella riga sarebbe rimasta.
Ho imparato tante cose negli ultimi giorni, sia con gli occhi di Sora che vivendole di persona. Se basterà a farcela stavolta, non saprei dirlo, ma non mi importa.
 
 
Il castello era di nuovo silenzioso dopo che la riunione era finita.
Sora aveva ricevuto il filmato di Ventus e poi lui, Riku e Kairi erano tornati a casa loro, Topolino, Paperino e Pippo erano tornati a Disney Town per passare un po’ di tempo con le loro famiglie, Lea e Roxas erano a Crepuscopoli per mangiare il gelato in cima alla torre.
Avevano chiesto a Shiro se avesse voluto andare con loro, ma la ragazzina non se l’era sentita.
Mentre tutti avevano iniziato a darsi da fare, lei era rimasta a riflettere a lungo davanti sotto una bella doccia calda, per poi cambiarsi e scegliere con chi avrebbe trascorso il resto della giornata.
Avvicinatasi alla porta semiaperta della stanza che ancora divideva con Mamma non poté che bussare con delicatezza prima di entrare a passi lenti con le mani dietro la schiena e l’aria del tutto imbarazzata: quante volte aveva davvero voluto passare una sola mattinata con sua madre da bambina… eppure ora che era lì di fronte a lei qualcosa la fermava, nonostante si fossero già chiarite su quel che era accaduto durante la riunione.
«Pensavo saresti andata con Lea e Roxas.» Mamma alzò lo sguardo da quello che stava leggendo. A primo sguardo, Shiro lo avrebbe preso per un libro, ma non c’erano parole. Solo immagini. «È successo qualcosa?»
Non dirle nulla, mi raccomando.
Shiro scosse la testa.
Quelle nel libro non erano immagini… erano fotografie, come quelle che poteva fare il telefono. In una di quelle immagini c’era un ragazzo castano, in pigiama, seduto su una sedia con in braccio una neonata vestito da Moguri. La foto sembrava quasi scattata di nascosto – il ragazzo… Papà… stava guardando lei.
«Mamma, credi che quando Papà tornerà a casa sarò alla sua altezza?» Shiro si tolse quel pensiero dal cuore. «Dopo… quel che è successo prima… ti ho delusa, non è vero?»
Mamma le sorrise immediatamente, mettendole una mano sul capo.
«Papà sarà davvero fiero di te quando ti vedrà… e lo sarebbe anche il nonno se fosse qui.» Le disse. «Lea mi ha raccontato molte cose sulla tua infanzia con lui. Hai davvero preso molto da tuo padre… ma, Shiro, la determinazione è una cosa buona, ma devi renderti conto di quando qualcosa è troppo per te.»
«Me lo ha detto anche Aerith. Una volta mi disse che anche Sora dovrebbe essere a scuola invece che salvare i mondi.» Shiro ammise. «A proposito, Roxas mi ha chiesto se domani può venire a scuola con me.»
«Oh, bene.» Mamma sorrise. «Già che ci siamo, ti sistemo i capelli?»
Si fece indietro con la sedia e fece cenno a Shiro di sedersi sulle sue gambe, poi prese la spazzola che la ragazzina aveva lasciato sulla scrivania e iniziò a spazzolarla.
«Non ti ho ancora chiesto com’è la scuola.» Mamma confessò. «Mi sono persa così tanto di te, e per stare dietro a tutti i problemi…»
«No, a scuola sto bene.» Shiro tenne dritta la testa e strinse i denti quando la spazzola prese un nodo. «Siamo in pochi in classe, e ci sono tanti banchi vuoti, ma è sempre meglio del Castello che Non Esiste. La mia professoressa si chiama Quistis, ci sta facendo leggere un libro che si chiama Le Due Torri e lo abbiamo quasi finito… e poi c’è l’allenatore Steiner. Oggi dovevamo fare il test del salto in alto, ma poi è arrivata Kairi e sono venuta a casa. Qualche giorno fa un ragazzo dell’ultimo anno è caduto male in palestra, hanno fatto venire Luna e Aerith di corsa e gli hanno messo il gesso al braccio. Non ho capito bene a che cosa serve, ma poi ha fatto il giro delle classi e voleva che lo firmassimo tutti.»
Avrebbe potuto raccontarle tante altre cose… come il fatto che Flora, Fauna e Serenella stavano prendendo le adesioni per un coro e lei stava facendo pratica con quella canzone… ma ci sarebbe stato del tempo per parlare di quelle cose. Magari anche del tempo perché Mamma venisse a scuola qualche volta, come faceva il papà di Lann e Reynn, o la madre di Luca…
«Un munny per i tuoi pensieri?» Mamma le chiese, smettendo di spazzolare.
«Sono un po’ troppi.» Shiro ammise con un sorriso. Quando Mamma riprese a spazzolare, Shiro tenne dritta la schiena e prese a canticchiare la canzoncina del gatto nero. Smise dopo qualche verso…
«Papà me la cantava sempre, non è vero? Quando ha cercato di venirmi dietro, a Corona… lui mi ha sentita, però. E ha sentito zio Ven. Per questo… pensavo di poter aiutare.»
«Oh, Shiro…» Mamma posò la spazzola, la strinse in un abbraccio e le diede un bacio sulla testa. «Hai già fatto più che abbastanza, tesoro. Non dubitare mai di essere d’aiuto… neanche da qui.»
«E… come?» Shiro fece un passo indietro, scuotendo la testa. Aveva imparato a combattere da Roxas, ma non era ancora al suo livello…
«Hai ancora il tuo Trovavia, non è vero?» Mamma prese il suo da una delle tasche nascoste dell’abito.
Shiro annuì e prese il suo. Ricordava ancora di quando, sul ponte a Corona, Papà…
«Quando io e tuo padre affrontammo l’esame, realizzai questi come portafortuna. Volevo che simboleggiassero i nostri legami, qualsiasi cosa accadesse. La nostra famiglia. Quando saremo lontani per la battaglia, tienilo stretto a te. Se avremo bisogno di te, tu lo saprai, e la tua forza ci sosterrà e farà la differenza.»
Alzò una mano e le spostò all’indietro un ciuffo di capelli.
«E noi saremo sempre accanto a te, qualsiasi cosa accada.»
 
 
Per quanto sembrava sempre la stessa, agli occhi di Roxas Crepuscopoli era cambiata.
Non c’era più Comet al chiosco dei gelati – la nuova commessa, Iris, aveva menzionato che adesso avesse un’attività sua in un’altra strada – e Axel, ahem, Lea aveva aggiunto che prima ancora era stato qualcun altro, un ragazzo con gli occhiali, a vendere i gelati alla stazione del tram («Chi, Ignis? Quello ormai va e viene. Pare che voglia risolvere un mistero assieme al figlio del sindaco…» Iris aveva detto.).
C’era molta più gente per strada. Molto più chiasso, persino di quello che ricordava nella simulazione dove per pochi brevissimi giorni, Roxas aveva pensato di poter appartenere anziché procedere di soppiatto come un’ombra intrusa.
Una parte di lui avrebbe voluto girare tutta la città, parlare con le persone, iniziare a conoscerli per davvero… ma non sarebbe bastata una giornata, ed era una cosa che voleva fare assieme a Shiro, e… beh, all’amico che avevano perso. All’amico che Axel voleva riportare indietro.
Che avrebbero riportato indietro.
«Com’è che Shiro ti ha convinto ad andare a scuola con lei domani?» Axel gli azzardò la domanda mentre erano seduti a mangiare il gelato in cima alla torre. «Nei tuoi panni sarei scappato lontano. La terza media poi? Aiuto
A Roxas per poco non andò il gelato di traverso. Ephemer aveva detto loro SILENZIO. Non poteva permettersi di farsi scappare niente di importante.
«Secondo Shiro non è male. Dice che nella sua classe ci sono cinque ragazzi… lei, Sanjay, Luca, Lann, e Reynn. Lann e Reynn, ha detto Shiro, sono gemelli, e non ho capito bene cosa vuol dire.»
«Niente di particolare, è quando due fratelli sono coetanei.» Axel stava fissando l’orizzonte. «A volte possono somigliarsi talmente tanto che è difficile distinguerli, un po’ come te e Ventus.» Lo guardò. «Certo che è passato tanto tempo da quando abbiamo cominciato, ed eccoci di nuovo qua a parlare di famiglie in cima alla torre. Certe cose non cambiano mai, eh?»
Roxas prese a fissare i tetti della città prima di tirare un sospiro di sollievo. Andata. Era riuscito a non destare sospetti, per il momento.
«Quindi hai una sorella minore.» Chiese. «I fratelli si somigliano sempre?»
«Ha ha, anche no, dovresti vedere il fratellino di Isa.» Axel scosse la testa. «Oppure… aspetta un momento… non mi ricordo di molti altri fratelli che potresti conoscere… ah, sì, Pence, il tuo amico. Ha un fratello maggiore che è biondo e ha le lentiggini.»
«Credevo Pence fosse figlio unico.»
«Immagino DiZ non sapesse di Prompto…»
 Poi un rumore dietro di loro fece rizzare la schiena ad entrambi. Roxas conosceva quel suono – Corridoio Oscuro!
«Che ci fai tu qui?» Axel fu il primo a girarsi, e dalla sua reazione Roxas intuì chi potesse essere apparso ben prima di vedere Saïx in faccia.
«Oh, guarda chi ha deciso di ritornare.» Sebbene sembrasse sorpreso, Saïx non fece una piega nel vedere Roxas. Poi guardò Axel. «Non dovresti dire addio alla tua vera casa?»
Axel si strinse nelle spalle.
«Guarda che sei tu ad avere ancora famiglia lì. Io e Roxas siamo qui perché qualcuno invece qui non può esserci. Qualcuno che tenete prigioniero.» Sbuffò. «Se poi io e Kairi torneremo a salutare la casa della nonna, beh, non è affar tuo.» Abbassò lo sguardo. «Per quanto tempo hai saputo che era sopravvissuta a Radiant Garden?»
Saïx sbuffò e fissò il pavimento.
«Almeno io ti dissi subito che Finn era tuo fratello.» Axel si alzò e fece un sogghigno di sfida, poi si fece serio. «Cosa è successo, Isa? Un giorno prima mi dicevi di aver trovato Zack. Di voler portare via Shiro… hai lasciato tutto alle spalle?»
«E chi hai lasciato alle spalle, tu?» Saïx alzò di nuovo lo sguardo. «Ricordi quella ragazza, nelle segrete del castello?»
«Ricordo che svanì, e senza lasciare tracce!» Axel alzò la voce, la rabbia quasi percepibile nella sua risposta. «Ricordo che non abbiamo neanche un nome a cui aggrapparci!»
«Ti sei arreso, allora?»
«Arreso? Non io. Non oggi.» Il gelato di Axel aveva preso a gocciolare sul pavimento, ma lui non sembrava importarsene. «Lo hai memorizzato? Riporteremo indietro anche Quattordici, anche Zack, anche lei, anche te. Vedrai che lo faremo!»
«Non mi aspetto altro.» Saïx sogghignò di nuovo, poi aprì un Corridoio Oscuro e svanì.
Roxas rimase a fissare la parete… avrebbe avuto altre domande, ma probabilmente quello non era il tempo e il modo perché Axel… perché Lea rispondesse.
Le cose stavano cambiando, sarebbero continuate a cambiare, dovevano cambiare. Cambiare in meglio.
Già da quel breve scambio di parole, Roxas si rese conto che non sarebbe stato facile, anche se avessero vinto. L’Organizzazione doveva aver fatto male a… quante persone?
Axel gli aveva già spiegato per strada che il mondo che avrebbero trovato dopo la battaglia sarebbe stato un mondo senza più Castello che Non Esiste, senza missioni, senza ordini di un Superiore che non si importava delle loro vite.
Sarebbe stata la sua vita, e avrebbe deciso lui cosa voleva farne.
Aiutare Axel a ritrovare i suoi amici non sembrava una cattiva idea.
 
 
Il ventilatore della tavola calda delle Isole traballava sopra di loro, e nonostante Sora potesse definirsi un fiero isolano, o forse per i suoi pesanti e scuri abiti nuovi, si rese conto di aver perso l’abitudine al caldo.
Era Novembre e il ventilatore era acceso e stava sudando.
E si sarebbe cambiato, ma i vestiti che aveva a casa era già tanto se gli andavano.
Lui, Riku e Kairi avevano fatto un giro per il paese. Avevano diviso una pizza perché Riku aveva insistito, ed erano rimasti al tavolo a parlare.
«Forse dovremmo riprendere. Ad andare a scuola.» Riku aveva detto.
«Di questo passo, però, tu e Sora avrete perso un anno e mezzo. Non so quanto in fretta vi faranno recuperare.» Kairi gli aveva messo subito i piedi per terra. «Onestamente, c’è anche da vedere quanto ho perso io.»
«Beh, io posso sempre buttare un anno alle ortiche e aiutare Sora a farne due. Così comunque saremmo insieme.» Riku incrociò le braccia.
«Forse potrebbe esserci un altro modo.» Kairi ipotizzò. «Sono riuscita a parlare con Yuna quando ho portato Shiro a casa. E tecnicamente lei è in terza superiore, ma per quello che stanno facendo in quell’anno, sembra più la seconda che altro. A volte seguono anche lezioni con ragazzi più piccoli, altre con ragazzi più grandi. A Radiant Garden, a scuola sono un po’ tutti come noi, praticamente chiunque ha perso un po’ di tempo, e spesso si mettono in pari aiutandosi tra loro.»
«Roxas mi ha detto che inizierà già ad andare a scuola domani, ma lui lo metteranno in terza media.» Sora ammise. Probabilmente era perché non era mai stato a scuola – probabilmente aveva un po’ di conoscenza di seconda mano, ma il miglior modo di iniziare era assieme a qualcuno che conosceva.
«Potremmo iniziare a pensarci.» A giudicare dal sorriso di Riku, quella gli era sembrata una buona idea. Probabilmente avrebbe comportato stare ancora una volta lontani da casa… ma lo stesso armadio di Sora era una delle prove schiaccianti che non fossero stati molto tempo a dividere la dimora familiare ultimamente, non loro tre.
Rimasero a finire la pizza, noncuranti delle chiacchiere degli altri ragazzi attorno a loro – come potevano spiegare loro che il giorno dopo probabilmente il mondo sarebbe finito? – poi pagarono, uscirono in silenzio e quasi senza pensarci si diressero ai moli e all’isola dei giochi.
A quella che la gente chiamava l’isola dei giochi, ma ormai per loro tutto aveva fuorché il significato di gioco.
E forse, lo aveva già perso tempo prima, senza che neanche loro se ne accorgessero.
«Non so se ve ne rendete conto, ma volevamo che la nostra avventura iniziasse da qui… e non solo è successo, ma continuiamo a tornare e tornare qua e ha sempre un qualche significato.» Riku fu il primo a scendere dalla barca, e il primo a commentare. Sembrava che avesse quasi bisogno di dire qualcosa, e Sora sospettava anche cosa.
Gli lanciò uno sguardo mentre camminavano verso l’albero di paopu, come per convincerlo a continuare.
«L’estate prima che io cominciassi la prima elementare, due stranieri visitarono questa spiaggia.» Riku spiegò, rivolto soprattutto a Kairi. Sora aveva già sentito quel discorso, o almeno in parte, giorni prima nel Mondo che Non Esiste. «Fu la prima… e l’unica volta che vidi Terra. E la volta che mi lasciò questo.»
Tese una mano, e il suo Keyblade – il suo nuovo Keyblade – gli comparve tra le dita.
«Credevo che un giorno sarebbe tornato, e mi avrebbe insegnato ad essere come lui. Credevo che negli errori che avevo fatto, errori in cui vi ho coinvolto, sarei riuscito ad arrivare dov’era. Ironico che poi mi sono quasi cacciato nei suoi stessi guai.»
«Ironico che pezzo di tonto come sei, non potevi sapere che forse eravamo anche più coinvolti di te.» Kairi lo punzecchiò con un dito. «Niente più segreti tra noi. Anche se credo che siamo un po’ troppo cresciuti per giurare scambiandoci lo sputo.»
Sora sfregò una scarpa sulla sabbia. Già, niente più segreti. Compreso quello che lo stava rodendo da settimane, che non sapeva come dire, che probabilmente qualcuno come Ventus avrebbe già potuto capire?
Non mi pare il momento più adatto.
Potrebbe essere l’unico.
«Riku… Kairi… potete ascoltarmi un momento?» Il ragazzo chiese ai due quando furono arrivati al loro posto.
Avevano le stesse possibilità della Fratellanza contro Davy Jones, e Sora lo sapeva. E sapeva anche come era andata a finire.
«C’è qualche problema?» Kairi chiese quasi subito.
«Diciamo che è più una cosa che non so dire.» Sora ammise. Vi voglio bene, il cielo è blu, l’uccello aracuan è fuori come un balcone.
«Riguarda domani?» Riku gli chiese.
«Senti chi parla, eh, anche tu ci hai tenuti sulle spine per giorni senza dire quello che volevi!» Kairi gli lanciò un’occhiataccia. «Strano come voi due riusciate a salvare il mondo e a tirarvi fuori dal nulla cosmico ma a volte non riusciate a mettere due parole in fila.» Stavolta la ragazza si fece scappare una risatina.
«Il nulla cosmico non ti volta le spalle a vita se dici la cosa sbagliata!» Sora si strinse nelle spalle e si portò le mani alle orecchie.
«Beh, qualcuno di nome Sora di solito non lo fa.» Riku gli mise una mano sulla spalla. «Nonostante tutte le cretinate dette e fatte dal sottoscritto. Perché dovrei voltarti le spalle? Sei il mio migliore amico, ricordi?»
«Beh, è proprio questo il punto!» Sora abbassò le mani. Tirò un respiro. Perché doveva essere così difficile? Non era che una frase. Una stupida frase.
«Va bene, ho capito. Devo lasciarvi soli?» Riku fece due passi più in là. Il suo tono di voce era quasi rassegnato… e Sora alzò subito una mano.
«Ma no, no, che hai capito?» Le sue dita si strinsero istintivamente al polso del ragazzo più alto. «Voi due siete le persone più importanti per me. Io… non so come dirlo. Però io… io voglio essere una parte della vostra vita, per sempre, e che voi lo siate della mia. E non voglio essere… costretto… a scegliere tra voi. Insomma, beh, nel senso di…»
Riku non disse nulla, ma impallidì visibilmente e barcollò sul posto come se stesse avendo un capogiro. Sora gli strinse il polso più forte, quasi temendo che cadesse. Lo aveva detto. Lo aveva detto e adesso tutto poteva cambiare, ma quella reazione che voleva dire?
«Seriamente, voi due siete…» Kairi li guardò entrambi, poi tirò un respiro. «A parte il fatto che ricambio, ci voleva tanto a parlare? E sì, Riku, Aqua si è fatta scappare qualcosa. Qualcosa a proposito del fatto che ti avesse visto preoccupato a morte.»
Sora strizzò gli occhi e tirò un respiro. Si sentiva quasi da piangere – aveva parlato e non era successo quel che temeva. Sentì la mano di Kairi prendergli quella libera e la lasciò fare.
Sentiva il cuore battergli nelle orecchie, il sole addosso, e quel ghiaccio che aveva avvertito nello stomaco fino a un momento prima sciogliersi via.
Era successo.
«Lo so… siamo due pezzi di tonto…»
«Tre pezzi di tonto, scemo.» Kairi gli lasciò la mano e gli passò la sua in mezzo ai capelli. «Avrei potuto parlare prima. Mi dispiace che…»
«Oh, andiamo, Kairi, adesso inizi pure a dire mi dispiace?» Riku la prese in giro.
«Guarda che ti posso ancora stendere nella sabbia, eh?»
Sora si decise a riaprire gli occhi prima che quei due… i suoi due… decidessero che era il momento perfetto per prendersi a spintoni.

 

 
 
Quello che accadrà domani cambierà tutto.
Non so se oggi siamo davvero arrivati alla chiusura che Aqua probabilmente sperava ottenessimo tutti, e almeno nel mio caso, cancellare quella scritta per rifarla è soltanto una minima frazione di quello che avevo sperato.
Ma se tutto va come Ephemer spera che vada, domani sarò di nuovo qui a scrivere su un’altra pagina bianca, e non vedo l’ora che sia quel momento, anche se non so in che modo sarò di nuovo qui, a scrivere.
So che il futuro aspetta. Non lo temerò più.
 
 

Gli studiosi nel castello di Radiant Garden erano intenti a lavorare attorno al computer nello studio. Le voci dei tre programmi nel computer, Tron, Otto e Nove, da quanto Luna era riuscita a discernere, si alternavano nel rispondere loro.
«Ci vorranno circa un paio di giorni per riportare indietro Zack.» Ienzo riassunse per Luna e Cloud. «Anche di più, considerando che potrebbe essere necessario il nostro aiuto da lontano ai Guardiani della Luce. Tecnicamente, Tron, Otto e Nove possono creare i dati per una Replica da soli, ma con il tocco umano si fa più in fretta.»
«E poi ci vorrebbe un Custode del Keyblade per sistemare tutto, dico bene?» Cloud, l’unica guardia nella stanza, incrociò le braccia. «Sperando che ne restino.»
«Forse potrei provarci anche io.» Luna commentò. «Il mio mentore una volta usò una magia simile quando mio fratello cercò di prenderlo a pugni con la mano a cui portava il tutore.»
«Non mi sembra vero che si stia realmente per risolvere tutto.» Cloud portò una mano ad uno dei muri. Luna non poté fare a meno di notare che stava guardando soltanto lei, come se non si fidasse degli altri occupanti della stanza. «Avevo… come l’impressione che Zack avrebbe potuto sparire per sempre. E… ho anche temuto di perdere Aerith. Non lo so perché… quando ero piccolo, la psicologa della scuola diceva che soffrivo di ansie. Zack forse era quello che mi dava più retta… e Aerith pure. Come se loro potessero capire, anche se erano più bravi a nasconderlo.»
Si fissò le scarpe per un momento.
«A volte sentivo come se avessi dovuto fare qualcosa. Come se sapessi da sempre cosa dovevo fare… e invece era qualcun altro a ricoprire il ruolo che pensavo fosse il mio.»
«Qualcuno come Sora?» Luna azzardò.
«Sora, Lea e Isa… forse un poco anche Shiro, anche se è una bambina.» Cloud sbuffò. «Mi sento come se potessi essere io l’eroe, ma questa storia non sia stata scritta per me.»
«Facciamo due passi?» Luna gli propose. Aveva dei sospetti su quello che Cloud intendeva, ma non voleva dare a Ienzo e agli altri studiosi del castello altro a cui pensare. Lei, almeno, avrebbe soltanto dovuto fare il suo dovere di medico in formazione l’indomani.
Cloud fece di sì con la testa, e presero il corridoio. Non appena furono fuori dalla portata di orecchie indiscrete, Luna prese a fare domande. Tecnicamente, non avrebbe avuto bisogno di chiederglielo – le Arti Mistiche rendevano quel ragazzo un libro aperto, ma da qualche parte Luna doveva cominciare a spiegare.
«Cloud, ti è mai sembrato di avere impressioni strane su altre persone? Che ne so, qualcuno a cui stavi immediatamente simpatico, o immediatamente antipatico?»
«Beh, a dire il vero… scusa, tu come sai queste cose? Perché questa domanda?»
«Che tu ci creda o no, Cloud, questo tempo è solo uno dei tanti.» Luna spiegò. «E in un’altra vita, hai realmente perso Zack e Aerith. Zack a causa di una corporazione corrotta, Aerith di un soldato impazzito…»
«Sephiroth?» Cloud non la lasciò nemmeno finire la frase.
«Già… e a opinione del mio maestro, questo universo… questa linea temporale… è una delle poche, forse l’unica, salvo eccezioni di individui particolarmente potenti in altre, in cui persone più o meno comuni riescano a sentire il proprio Fulcrum, a sperimentare quello che altri sé stessi vivono in altre linee temporali. Sapevo di Noctis, dei suoi amici e di alcuni dei suoi familiari. Ora anche te.»
«E Zack, e Aerith…» Cloud precisò.
«Ci sarebbe da capire quante persone ne sono a conoscenza… senza aver capito realmente cosa sia successo. Potrebbe davvero essere chiunque
Un’altra voce si unì al discorso.
«Già, chiunque.»
C’era un ragazzino in mezzo al corridoio, bassino, con due orecchie triangolari in cima alla testa, i capelli rossi e una coda dello stesso colore che gli spuntava dal dietro dei bermuda. Luna lo riconobbe perché giusto l’altro giorno aveva dovuto ingessargli il braccio – era la pattuglia del corridoio al liceo, ed era rovinato in una brutta caduta sul braccio destro. Il gesso blu che portava sulla mano destra era coperto dei nomi dei suoi compagni di scuola – Luna riusciva a leggere tra i nomi sulla benda anche quello di Shiro.
«Quindi tutto questo ha davvero un senso?» Il ragazzino inclinò la testa di lato. Luna ricordava che fosse dell’ultimo anno e che l’altro giorno lui stesso le avesse menzionato che dava una mano al castello con i computer – aveva parlato tanto di computer da non dirle nemmeno come si chiamava – ma ad un osservatore più distratto sarebbe sembrato quasi un bambino delle medie, o di prima superiore, per la sua faccia tonda e la sua statura minuta.
«Tutto questo cosa?» Anche Cloud guardò il nuovo arrivato.
«Una specie di presentimento.» Il ragazzo si grattò dietro un orecchio con la mano sana. «Come se stesse per accadere una disgrazia. Oppure una guerra.» Fece una smorfia. «E mi sento quasi come se dovessi essere uno degli eroi, ma sono soltanto un fesso di diciassette anni con il braccio appeso al collo.»
«Fesso a chi? Piano a come parli, campione.» Sembrava che fosse Cloud a parlare, ma la sua voce era diversa. Luna ipotizzò che fosse stato Zack a parlare.
«E a Radiant Garden siete già quattro.» Luna fece gesto al ragazzo di avvicinarsi. Guardandolo, riusciva a vedere nella sua mente due torri, una richiesta di soccorso, una determinazione bruciante di fare la differenza.
«Forse anche di più.» Il ragazzino si fissò le scarpe.
«Va bene. Credo di avere un po’ di cose da spiegare… e magari dovremo anche cercare di capire chi.» Luna tirò un respiro. «E a proposito di chi, tu non mi hai ancora detto come ti chiami.»
«Oh… che testa…» Il ragazzo scosse il capo e rise. «Non che la gente non mi conosca qui. A parte la famiglia di Shiro, e loro vanno e vengono, qui mi conoscono tutti. Comunque, il mio nome è…»
 
 

La prima ondata di nemici – Heartless, Nessuno e Nesciens, sciamati da ogni angolo per circondarli – era stata fronteggiata senza problemi, e guardando in faccia Sora, Ventus era quasi certo che dopo una vittoria del genere, fosse quasi in un senso di sicurezza eccessivo.
Xehanort cercherà di illudervi di aver vinto, soltanto per colpire realmente subito dopo.
La cosa che gli bruciava era non potergli dire nulla. Avevano bisogno di prendere tempo secondo Ephemer – Ventus non aveva capito per cosa, ma a quanto pare il ragazzo aveva un complice nascosto che li avrebbe soccorsi, e dovevano dare a Xehanort l’illusione di aver vinto.
Non posso assicurarti che sarà indolore, ma… ho un amico che può aiutare. Farà in modo che qualsiasi cosa succede, non sia permanente. Di nuovo all’inizio della playlist, ma stavolta conoscerete la musica.
E Ventus avrebbe dovuto essere il secondo complice di Ephemer. L’esca. In un certo qual modo, aveva l’impressione che quella non fosse stata la prima volta in cui si era trovato costretto a incassare un colpo per la sua squadra. Forse, anche prima di Vanitas e del X-blade.
Ephemer, se il tuo piano non funziona, io ti…
Una nuvola di polvere si alzò nel deserto, e quando l’orizzonte fu di nuovo visibile, la sagoma familiare di Terra era davanti a loro.
Solo che non era Terra.
Ventus forzò un sorriso e si tenne pronto. Sapeva che avrebbe fatto male, ma se era il solo modo che avevano di vincere quella battaglia…
Nessuna causa è persa, finché c’è un solo folle a combattere per essa.
Corse verso di lui, disarmato e continuando a sorridere.
«Terra! Terra, ti abbiamo trovato!»
 
 

Il mare sotto i piedi della creatura prese a tremare.
Cosa…? Se quelli erano davvero i piani di Ephemer, cosa stava pensando…?
Percepì Ventus cadere. Poi il rosso, Lea. Il mago che aveva offerto loro supporto allontanò il loro aggressore, ma la magia evocata era troppo… poi Aqua… il Re… il cavaliere… la marea oscura sembrava aver preso anche Kairi, ma la principessa stava lottando.
Erano rimasti solo in due. Gli Heartless andarono loro addosso…
 
Il Dream Eater strinse i pugni – per quanto pugni potessero definirsi – e si tenne pronto a fare la sua parte.
«Si va in scena, Chirithy.»
 
Finalmente.
 
 

«… penso che anche essi come noi ebbero molte occasioni di tornare indietro, ma non lo fecero. E se lo avessero fatto noi non lo sapremmo, perché sarebbero stati obliati. Noi sappiamo di coloro che proseguirono, e non tutti verso una felice fine, badate bene; o comunque non verso quella che i protagonisti di una storia chiamano una felice fine…» Shiro lesse ad alta voce, portando il segno sul libro mentre Roxas guardava la pagina accanto a lei.
Ephemer nella sua testa stava aspettando la prima favorevole occasione per tagliare la corda, ma quel giorno la professoressa Quistis aveva deciso che sarebbe stata Shiro a leggere.
Probabilmente, Shiro le avrebbe chiesto di andare in bagno non appena fosse stato il momento di passare il libro a Luca o ai gemelli. Sperava che fosse così… quel dialogo tra i protagonisti le faceva soltanto venire voglia di correre ad aiutare i veri eroi che in quel momento stavano combattendo.
Era arrivata a “non sono quelle le migliori storie da raccontare” quando qualcuno bussò alla porta, e fece capolino il sorvegliante del corridoio, capelli rossi, orecchie da gatto e gesso al braccio destro.
«Professoressa mi scusi. Shiro ieri si è persa la prova di ginnastica e l’allenatore Steiner la vuole in palestra.» Il ragazzo più grande fece un sorrisetto imbarazzato. «E anche il ragazzo nuovo, l’allenatore vuol vedere come se la cava.»
«Soltanto Shiro e Roxas?» la professoressa gli chiese. «Va bene. Shiro, dai il libro a Luca. Luca, continua tu. Mi raccomando, tornate presto.»
Aspetta, che?” Ephemer sembrava sorpreso quanto Shiro dall’intromissione del sorvegliante. Come si spiegava quel tempismo a dir poco perfetto? Dal sorvegliante per giunta?
«L’avete sentita, non abbiamo molto tempo.» Il ragazzo fece gesto con una mano. «Già che ci siamo, tu saresti?» Guardò Roxas. «Avevano menzionato un nome, ma non ci ho prestato molta attenzione. Mi premeva di più farvi uscire dalla classe.»
«Roxas.» Nonostante fosse più giovane del sorvegliante, erano quasi della stessa statura.
«Piacere di conoscerti. Puoi chiamarmi G’Raha. Non ti stringo la mano perché mi fa ancora male, ma quando abbiamo tempo se ti va puoi firmare il gesso.»
Roxas era visibilmente perplesso, ma non disse nulla. Nemmeno quando Shiro si rese conto che G’Raha non li stava portando in palestra, ma verso l’uscita.
«Scusami, ma chi è che sei tu?» Roxas gli chiese quando si rese conto che non erano alla palestra ma all’uscita.
«Il sorvegliante dei corridoi?» G’Raha fece un sorrisetto storto. «Ora, se mi prestate attenzione. Non è l’allenatore Steiner che mi ha chiesto di voi, ma la dottoressa Fleuret. Dice che dovete essere in un cimitero o qualcosa per evitare la fine del mondo. Che è questione di vita o di morte.»
Luna è dalla nostra parte?” Ephemer chiese sorpreso, e Shiro ripeté la domanda ad alta voce.
«Sì, perché?» A G’Raha sembrava quasi ovvio.
«Beh, ci era stato proibito di andare al Cimitero.» Roxas si strinse nelle spalle. «La Maestra Aqua voleva che fossimo al sicuro. Che facessimo la parte dei Denti di Leone, anche se non ho capito che voglia dire.»
«Spoiler: non funzionerà.» Un portale di scintille si aprì davanti al portone, e Luna ne comparve, a mano tesa. «Dovete essere al Cimitero tutti e due… Roxas, tu hai un’amica da salvare… e Shiro, Ephemer deve essere là.»
Ha, lo sapevo!” Ephemer esultò nella testa di Shiro. “Ora tocca soltanto a Chirithy sistemare le cose!
Shiro avrebbe voluto chiedergli chi fosse Chirithy, ma Luna fece di nuovo gesto di passare il portale. Roxas fu il primo a balzare in avanti, e Shiro lo seguì dopo un momento.
Dietro di loro, G’Raha fissava il corridoio, per essere certo che non venissero visti, poi mentre il portale si stava per chiudere, si voltò verso di loro e alzò loro il pollice con il braccio sano.
«Roxas, Shiro… che il vostro cuore sia la vostra chiave guida!»
Il portale si chiuse, e Luna e i ragazzi si ritrovarono su una guglia rocciosa in mezzo al deserto.
 
 

Sora non era sicuro di cosa fosse successo, soltanto che era successo troppo in fretta perché potesse reagire.
Ventus si era precipitato a riabbracciare quello che aveva creduto essere Terra – come aveva fatto a cadere così in quella che era un’evidente trappola? – e immediatamente dopo, erano stati aggrediti dallo stesso mostro di Crepuscopoli – una marea oscura, ma cento volte più grande.
E adesso era in quello che gli era stato indicato come il Mondo Finale, con come unica compagnia una specie di gattino che parlava e gli aveva indicato la strada per ricomporsi – letteralmente, visto che a quanto pareva era finito a pezzi.
Nonostante la desolazione del posto, il piccoletto – Chirithy – sembrava più che abituato alle persone. Per come si era messo a parlare con Sora, sembrava quasi che soffrisse la solitudine. Ora che aveva una via d’uscita, Sora non poteva evitare di chiedersi come ci fosse finito lui là.
«Allora, non è ora di andartene? Ti sto facendo un grosso favore, sai?» Chirithy sembrava quasi impaziente, ma c’era qualcosa che non tornava in lui.
«Ehi, Chirithy… anche tu hai ancora il tuo aspetto.» Nessuno dei cuori in cui Sora si era imbattuto in quel posto aveva mantenuto le proprie sembianze fisiche – neanche Naminé, che a rigor di logica era ancora viva anche lei. Chirithy invece aveva ancora una faccia. «Vuoi che ti aiuti a trovare i tuoi pezzi?»
Il tono della creaturina cambiò immediatamente, passando dal rimprovero all’imbarazzo.
«Oh… non… funziono così.» Fece due passetti all’indietro.
«Allora… stai aspettando che qualcuno venga per te?» Sora incrociò le braccia. Se non funzionava così, era probabile che non potesse morire, ma allora cosa ci faceva alla soglia dell’aldilà?
«Più o meno?» Chirithy era sempre più incerto e imbarazzato. «Ma non… non cercarlo. Non… si ricorda il suo passato… e credo che la famiglia che ha adesso è sicuramente meglio di me.» La sua espressione allegra sembrava quasi forzata. «Lo aspetterò. Prima o poi anche lui verrà qui.»
Sora non volle insistere. Giorni prima, Joshua aveva raccontato a lui e Riku di un cane del suo mondo, che era rimasto per anni ad una stazione ad attendere il suo padrone scomparso. Avrebbe potuto chiedere ad Aqua se il Castello avesse potuto avere un angolino in più per quella palla di pelo – e sicuramente Aqua non avrebbe detto di no, non a qualcuno che aveva salvato loro la vita – ma la persona che Chirithy stava aspettando, chiunque fosse… sembrava troppo legato a lui per rinunciare a quella vana attesa.
«Ti voleva bene?» Sora gli lanciò un’ultima occhiata. Si chiese se quello che diceva Chirithy fosse realmente vero – e se da qualche parte in giro per i mondi non ci fosse una persona che soffriva perché il suo amico gli mancava.
«Che aspetti? Vai!» Chirithy lo esortò di nuovo.
«Va bene.» Sora si girò. «Verrò a trovarti, Chirithy.»
 
 

Riku sbatté le palpebre.
Ricordava ancora di aver caricato la Marea Oscura dopo che lui e Sora erano rimasti soli davanti al nemico.
Quello che era accaduto immediatamente dopo era stato ai limiti del surreale: si era ritrovato a fluttuare nel buio, come se fosse immerso nel mare di notte, e una voce aveva cercato di svegliarlo.
“Non pensavo di rivederti. Perché sei qui?”
Perché qualcuno aveva bisogno di aiuto.
Già, ad esempio qualcuno come te. Hai bisogno di una mano?
Chi era stato ad aiutarlo? Riku aveva appena avuto il tempo di fare sì con la testa… e lo spazio attorno a lui era cambiato… era apparsa una luce davanti a lui, e un istante dopo erano ricomparsi sia Kairi che Sora.
Andando verso la luce, si erano ritrovati di nuovo nel Cimitero…
… appena prima della trappola.
Ventus stava di nuovo fissando la polvere all’orizzonte, ma stavolta la sua espressione era molto più seria.
«Ha funzionato, non è vero?» Si girò verso gli altri.
«Sapevi che sarebbe successo?» Aqua lo affiancò. Stava tenendo la voce bassa, probabilmente aveva capito anche lei quel che era accaduto.
«Ephemer. Ha detto che aveva un complice da qualche parte.» Ventus spiegò rapidamente. Vicino a Riku, Sora sgranò gli occhi e mormorò qualcosa.
«Va bene, teniamoci pronti.» Riku fece per evocare il suo Keyblade, ma Sora scosse la testa.
«Naminé mi ha detto che è andata a cercare aiuto.»
«Naminé ti ha parlato?» Kairi non sembrava crederci.
Sora si strinse nelle spalle.
«Sembra ancora restia a voler…» Non sembrava trovare la parola che voleva dire. «Ma pensava di avere un modo per aiutare. Non so chi possa aver chiamato, però. Se il complice di Ephemer è chi penso, era letteralmente un gattino che parla.»
Si alzò di nuovo il polverone, e una figura alta e massiccia vi si stagliò contro.
«Hai detto che stanno arrivando i rinforzi, no?» Ventus lanciò un’occhiata a Sora. «Vogliamo ripetere la scena?» Fece un sorrisetto.
 
 

Shiro non sapeva spiegarsi cosa fosse successo – un momento prima, nella gola sotto di loro non c’era stato nessuno, poi l’intero mondo aveva iniziato a sfarfallare, ed erano riapparsi tutti i Guardiani della Luce.
Grazie al cielo, Chirithy deve averne preso almeno uno per i capelli.” Ephemer commentò nella sua testa. “Va bene, quel che è importante adesso è che non dobbiamo essere visti per ora. O almeno, Shiro, tu e Roxas no. Però se devo intervenire io…
Luna guardò Shiro.
«Perdonami, ma è un po’ frustrante aspettare che tu ripeta tutto ad alta voce. Posso fare un tentativo?»
Tentativo?” La voce di Ephemer era decisamente sorpresa e preoccupata.
«Aspetta, cosa?» Roxas fu il primo ad allarmarsi quando la mano di Luna si alzò, come a voler colpire Shiro.
«Roxas, spostati.» Luna abbassò il braccio. «Non le farò del male.»
Dopo un attimo di esitazione, Roxas fece un passo indietro, e Luna alzò di nuovo il braccio, mimò l’atto di dare una manata sul torace di Shiro…
… e qualcosa sembrò uscire da lei, e la testa di Shiro si fece immediatamente silenziosa.
Poi, qualcuno dietro di loro parlò.
«Ma… che… cavolo
Shiro si voltò in direzione della voce.
Davanti a lei, trasparente ma visibile, c’era Ephemer. O almeno, riconosceva la sua voce. E non ricordava mai di averlo visto… ma i capelli ricci, la bandana, i vestiti… era come Sora e Riku lo avevano descritto.
Si stava fissando le mani, e sembrava più confuso che mai.
«Riuscite a vedermi?» Ephemer alzò lo sguardo verso Shiro, Roxas e Luna.
«E sentirti.» Roxas fece un sorrisetto.
«Arti mistiche. Sei sul piano astrale, Ephemer.» Luna spiegò. «Piacere di conoscerti.»
Nella gola, i Guardiani della Luce stavano ancora discutendo. Ephemer lanciò loro un’occhiata, poi guardò più avanti e attorno a loro. Centinaia di Keyblade senza padrone erano conficcati nella sabbia e nelle rocce – Shiro iniziava a capire perché chiamavano quel posto il Cimitero.
«Avrei un sacco di cose da chiedere. E un sacco di cose da dire. Ma non abbiamo tempo adesso.» Ephemer si sistemò la giacca. «Ci servirà tutto l’aiuto di cui possiamo disporre per farcela.»
Portò le sue mani davanti alla faccia, congiungendole tra loro e intrecciando le dita, e iniziò a mormorare quella che sembrava quasi una preghiera.
Mentre sotto di loro, all’orizzonte, davanti ai Guardiani si stagliava la figura di quello che sembrava Papà ma era una trappola, la mano di Shiro andò istintivamente a cercarsi il Trovavia nelle tasche.
Lo strinse nelle mani, nella stessa posizione del suo amico. Papà ti prego. Doveva fare qualcosa, doveva resistere a Xehanort… doveva tornare a casa…
Ephemer abbassò le mani e guardò giù.
«Ventus, Aqua, ora


 


E anche questa è andata! Meno 2 capitoli alla fine!

Il passo di libro che Shiro stava leggendo è preso pari pari da "Il Signore degli Anelli - Le Due Torri", e sì, è quel famoso discorso di "è come nelle grandi storie" di Sam.
Quanto ai suoi compagni di scuola menzionati in questo capitolo, Luca è una comparsa dal prossimo omonimo film Pixar, e G'Raha sarebbe G'Raha Tia da Final Fantasy XIV. Quistis e Steiner, gli insegnanti, vengono da Final Fantasy VIII e IX.

 
   
 
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