“Allora
finisce tutto così?” – domanda
Bogotá
a Nairobi, guardandola rivestirsi, nel suo ormai abituale silenzio.
“Guardami
quando ti parlo, per favore” –
l’uomo, ancora a letto, coperto solo da leggere lenzuola
bianche, sfiora il
braccio della moglie, invitandola a voltarsi verso di lui.
Quel
tocco così delicato lascia una scossa
elettrica sul corpo di Nairobi, ricordandole di quando suo marito le
raccontò,
subito dopo la fuga dalla Banca, che quando la conobbe
percepì la stessa
scarica lungo la schiena.
Una
sensazione, quella che avverte, che
sembra farla star bene.
E
Agata sa di essere stata bene tra le
braccia di Bogotá. Ha goduto al massimo quel momento di
passione e si è sentita
amata, esattamente come sempre. Nulla è cambiato da parte di
suo marito che la ama
con la medesima intensità.
Respirando
profondamente, la gitana ricambia
lo sguardo del saldatore.
“Non
è significato niente per te?” – insiste
lui.
La
Jimenez avrebbe così tanto da dire, eppure
il turbamento che avverte non molla la presa. Il suo silenzio spiazza
totalmente Bogotá che, a quel punto, prende una drastica
decisione.
“Io
posso aiutarti, tu lo sai bene. E’
l’amore la sola medicina di cui hai bisogno, di cui abbiamo
bisogno. Però
proprio perché io ti amo follemente, ti lascio libera.
Prenditi il tempo che ti
serve. Inutile che io insista a convincerti a provare per me cose che
forse non
provi più. Sappi che per qualsiasi cosa, ci sono. Vorrei
ritrovassi te stessa,
e se per ottenere ciò devo mettermi da parte, lo
farò”
L’amore
profondo di Bogotá è comprovato da un
gesto tanto nobile che sa bene gli costerà caro.
È difficile dover rinunciare a
chi si desidera, però non ha altra scelta. Continuare sulla
strada del litigio
non porta soluzioni.
Dopo
la sfuriata di qualche ora prima, dove lui
mise la sua compagna alle strette, mostrandole quanto la sua pazienza
fosse
esauritasi, il saldatore dei Dalì comprende che, in nome di
quel sentimento
forte che prova, e del suo stesso cuore che sente di dover tutelare da
ulteriori batoste, è bene mettere in standby la loro
relazione.
Avvolgendosi
il lenzuolo attorno alla vita,
afferra al volo i suoi indumenti e si chiude nel bagno privato,
collocato
esattamente all’interno della stanza.
Nairobi
rimasta sola e senza parole, cede
allo sconforto.
E’
stata lei a creare quel pandemonio e
adesso dovrà pagarne le conseguenze.
A
malincuore, prende anch’essa gli abiti di
ricambio e si avvia verso la toilette in fondo al corridoio. Sola con
se
stessa, s’immerge nella vasca da bagno tentando di
metabolizzare quanto
accaduto, inclusa la decisione presa da Bogotá.
Probabilmente è quella la parte
di tutta la storia che le fa più male, ma di cui
è palesemente responsabile.
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Emilio
è nella stanza singola per gli ospiti.
Disteso sul letto, è attanagliato da vari pensieri.
Mascherare
le sue emozioni è sempre stato il
suo “migliore difetto”. È
così che definisce tale copertura…un
“dif-regio”.
Ricorda
bene cosa scatenò in lui risentire Bogotá
dopo ben dodici anni di lontananza, un vero e proprio tonfo al cuore,
sapendo
di doverlo rivedere e di doversi mostrare come la persona
più serena del mondo
nel farlo.
Durante
il viaggio intrapreso con i suoi sei
fratelli, il venezuelano ha ascoltato le posizioni di ognuno di loro,
eleggendosi
capobranco, venendo a conoscenza di quanto i suoi consanguinei, a
differenza
sua, fossero entusiasti di ritrovare il genitore.
Ora,
dopo aver mandato l’ennesimo messaggio a
sua madre, Yerevan la congeda e congeda così anche i suoi
dilemmi interiori.
A
risvegliare le sensazioni più nascoste è
proprio la mamma. Quella donna non smette mai di tempestarlo di
chiamate e sms
pur di avere notizie sulla sua condizione emotiva.
Chi
più di quel suo genitore lo conosce così
intimamente e fu proprio lei a criticare Bogotá di fronte
alla richiesta che l’ex
pose ad Emilio, prevedendo un dolore per suo figlio.
************
“Sparisce
per più di dieci anni, e pretende che tu scatti in piedi
alla prima occasione
per raggiungere l’Australia? E’ folle”
“Ma’,
calmati. Lo so che sei in pena per me, ma io sto bene”
“Ti
conosco tesoro. Leggere l’email di tuo padre ti ha riaperto
vecchie ferite, lo
so. Sei sangue del mio sangue. Anche se ti ostini a mascherare
ciò che senti,
io lo percepisco”
“Sono
adulto e ho imparato a gestire le mie emozioni!”
– sono queste le parole con cui Yerevan a alla donna di voler
partire e
raggiungere Perth.
E
prima di lasciare casa e salire sul taxi,
non manca da parte della donna un commentino rancoroso verso
l’ex – “Per uno
come lui, la relazione con questa
nuova “vittima” è durata anche troppo.
Al primo problema, stai certo che la
mollerà”
“Piantala
con questo risentimento, dai!” – risponde
il giovane, dandole un bacio
sulla guancia, per sfrecciare poi diretto verso il suo destino.
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Un
rumore proveniente dal giardino, udibile
per via della finestra spalancata, Emilio costata che la Banda dei
Dalì è di
nuovo nei pressi della villa, pronta a rientrare e riprendere la
missione.
Ricomponendosi,
cancellando i brutti pensieri
dalla testa, si osserva allo specchio, per dei secondi, indossando
ancora una
volta la maschera da bravo primogenito, fiero e deciso, difensore della
sua
famiglia, e soprattutto roccia inscalfibile.
Percorre
il corridoio a passo svelto, scende
una rampa di scale, ritrovandosi al primo piano.
Bussa
alla prima delle due stanze occupate
dai fratelli maschi, ed entrandovi li trovai alle prese con la lotta
con i
cuscini.
“Che
cazzo fate? Vi sembra questo il momento
per mettervi a giocare?”
“E’
colpa sua!” – esclama Yaris indicando Julian.
E
l’altro, ridacchiando, alza le mani come a
dire “Io non c’entro nulla”
“Su,
forza! Mettete in ordine visto che non è
casa vostra, e scendiamo giù in salotto. Il Professore ci
aspetta”
“Che
dici?” – esclama, confuso, il messicano,
ormai per tutti Quito – “Papà
è stato chiaro, questa E’ casa nostra!”
“Non
significa che dobbiamo distruggerla!
Forza, muovetevi. Io vado a richiamare gli altri” –
così dicendo, Yerevan si
reca nella camera accanto.
Apre
la porta e davanti ai suoi occhi si
palesa una condizione totalmente opposta a quella veduta in precedenza:
Erik e
Drazen, i più calmi del gruppo, sono alle prese con delle
ricerche su internet.
“Cosa
fate?” – domanda.
“Appuntiamo
tutti i nomi degli insegnanti
della scuola di Ginevra! Vogliamo trovare questa Maestra Honey quanto
prima!” –
spiega il biondino.
La
determinazione dei due è fonte d’orgoglio
per il maggiore, ma avverte anche un pizzico d’invidia.
Quanto vorrebbe avere
la loro instancabile voglia di fare e sfamare il cervello di quante
più informazioni
possibili!
Dopo
aver comunicato anche a Copenaghen e
Londra dell’arrivo dei Dalì, Emilio si reca
dall’ultima parte di famiglia
rimanente. Educatamente, bussa ed entra nella camera delle sorelle per
avvertirle..
“Hanna,
andiamo! Dov’è Ivana?” – le
chiede
come prima cosa, notando l’assenza della ucraina.
“Con
Alba! Quella bambina non è molto serena”
– precisa Vienna.
“E’
normale. Non capita tutti i giorni che
una sorellina sparisca nel nulla”
“Non
solo per quello… lei teme la rottura di
papà e Nairobi!”
In
tale frangente, tornano alla mente di
Emilio le parole di sua madre.
“Per uno
come lui, la relazione con questa nuova “vittima”
è durata anche troppo. Al
primo problema, stai certo che la mollerà”
Scuote
il capo, come a voler cancellare le
parole di una donna paragonabile quasi a una veggente.
“Dubito
che accada! Si amano troppo” – si limita
a dire, volendo essere il più positivo ed ottimista
possibile. Poi segue la sorella
fino al salone, lì dove sono radunati tutti…
anzi, quasi tutti.
La
mancanza di Agata e Bogotà è evidente.
“Che
fine hanno fatto quei due?” – si chiede,
preoccupata, Tokyo.
“Spero
stiano chiarendo definitivamente” –
commenta Rio all’orecchio della compagna.
A
distogliere la coppia dall’ansia per i loro
migliori amici è Sergio
che prende
parola ponendo una domanda a Hanna.
“Vienna,
sei pronta a recarti a scuola?”
“Si,
professore. Ho già un’idea su come
presentarmi per fare buona impressione” – spiega
lei.
“Noi
abbiamo svolto alcune ricerche sul
personale scolastico di questo istituto!” –
interviene Erik, indicando anche
Drazen, da sempre noti per essere dei secchioni in piena regola
– “Possiamo
fare una carrellata di nomi per verificare se Sebastìan
conosce qualcuno noto
per la sua dolcezza mielosa!”
“Assolutamente!”
– afferma, fiero, Marquina. Si
rivolge al piccoletto chiamandolo ad avvicinarsi –
“Seba vieni qui, abbiamo
bisogno di te, sei sempre importantissimo”
Il
piccino, seduto su un divano accanto a
Mykonos, scatta in piedi e raggiunge il suo mago preferito, pronto ad
ascoltare
la lista di nomi e a dare il suo contributo.
E
mentre il gruppo si consulta e ascolta il
bambino, compare Bogotá dal fondo della sala.
Avanza
verso i compagni con passo lento.
Senza
pronunciarsi, si siede sul divano, tra
due dei suoi figli. Yerevan
è uno dei
due in questione e percepisce la stranezza e l’inquietudine
paterna.
A
quel punto gli sussurra – “Come ti senti? Hai
una faccia!”
“Ho
l’aria di chi ha appena messo in pausa
una storia d’amore di dodici anni” –
confessa senza remore.
“Che?”- esclama, sbalordito, il ventisettenne.
Il
saldatore non aggiunge altro, si limita a
fissare Sebastian che parla con Sergio pur di concentrare la sua
attenzione esclusivamente
su un obiettivo: le ricerche di Ginevra.
Al
diavolo il resto, è bene rimpostare le sue
priorità. E quella che primeggia su tutte le altre
è il ritrovamento della sua
adorata bambina.
“Affrettiamo
i tempi, Professore” – prende parola
poco dopo – “Voglio Ginevra a casa quanto
prima!”