Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
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Autore: PrimbloodyBlack    21/05/2021    0 recensioni
(la pubblicazione continuerà su Wattpad) Eloyn fa parte di una famiglia di cacciatori di vampiri. Durante la sua prima battuta di caccia viene separata dal gruppo e catturata. Viene portata nella grande dimora di uno dei 5 Signori Vampiri. Viene resa schiava dalla potente Lux che la renderà una Bloodgiver, il cui compito è quello di donare il suo sangue al suo padrone.
Lux riuscirà mai a sottomettere uno spirito ribelle come quello di Eloyn? Sarà una sfida che lei non vorrà di certo perdere.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Lux

C'è stato un tempo in cui ero felice. Una bambina ingenua che vagava nelle sicure e accoglienti mura di casa. Non avevo paura di nulla, di nessun corridoio buio, delle figure oscure che la mia mente fantasiosa creava, niente. Rhea era sempre stata con me, era già una vampira adulta quando io nacqui, il tempo si era arrestato per lei e aveva mantenuto intatti i suo bei capelli neri e la sua pelle liscia. Uguale, identica a mio padre, ma solo di aspetto. La nostra famiglia non è mai stata come le altre, sempre cene a cui partecipare, feste a cui attendere, sempre mostrando decoro e risolutezza. Mio padre confidava in Rhea nonostante l'avesse avuta fuori dal matrimonio, non l'aveva mai considerata una bastarda, e anche mia madre con il tempo aveva accettato la sua presenza. Del resto lei era solo venuta al mondo, non era colpa sua. Avrebbe dovuto ereditare il titolo di Lord Reggente e la sua candidatura sarebbe stata proposta al concilio dei quattordici e la votazione avrebbe deciso la sua incoronazione. Non fu così. Ero accanto a lei quando le sentii dire un forte e deciso "No." Mio padre abbassò il capo con delusione e poi mi disse di uscire dalla stanza. Discussero, forse restai ad origliare la loro conversazione per più di un'ora. Alla fine lei se ne andò di casa. Ritornava dopo un paio di mesi, raccontandomi dei suoi viaggi, i posti favolosi in cui era stata. Mi faceva vedere tutto con una mappa che portava sempre con se, mi indicava le città, le strade che aveva percorso, il mare che aveva solcato. La ammiravo. Io rimasi confinata nelle mura di casa, presentata a capi famiglia importanti del regno, offerta come sposa sempre per scherzo. Le persone ridevano, io sorridevo a mia volta. Crebbi stringendo le mani delle persone che un giorno sarebbero state la mia rete di conoscenze e alleanze, non si parlava mai di amicizia. L'unica persona che si avvicinava a quella definizione era Adrienne, stessa età, stessa responsabilità. Crescendo le nostre opinioni cominciarono a differire, ma questo non ci rese mai nemiche. A sedici anni imparai cosa si provasse ad essere visti come oggetti sessuali. Ero troppo giovane per capirlo, credevo ancora che tutte le persone intorno a me avessero un animo buono. Mio padre continuava a scherzare sul mio futuro matrimonio, mia madre sempre indifferente. Finché un giorno quello scherzo non divenne realtà e quella stessa persona che che mi vedeva come un giocattolino da esplorare non chiese la mia mano. Avevo appena raggiunto i miei ventitré anni e la mia giovinezza si era bloccata. Mio padre accettò con entusiasmo la proposta, mia madre seguì la sua decisione, mia sorella, invece, era più restia. Io? No, non avevo diritto di scegliere. Fui data in sposta alla Lord Reggente di Tianama, Cassandra Von Gotha, per segnare l'alleanza tra i due regni. Avevo visitato la sua terra numerose volte e lei era venuta nella mia altrettante. Non avrei mai immaginato che mi sarei ritrovata nel suo letto. A quel punto capii che quegli incontri che mio padre organizzava tra le nostre famiglie era proprio per arrivare a quello, un matrimonio combinato tenuto assieme da accordi, soldi e promesse scritte su carta.

La prima volta che ci incontrammo era primavera. La sedicenne che era in me era emozionata all'idea di incontrare per la prima volta nella sua vita una persona così importante come il Lord di un altro regno. La vidi scendere dalla carrozza con eleganza e raffinatezza. Indossava un lungo vestito argentato, la sua pelle era chiara, così come i suoi capelli. Non avevo mai visto qualcuno albino prima d'ora. Era austera nella postura, autoritaria nello sguardo, fine nei movimenti. La sua giovinezza si era fermata in un età compresa tra i ventisette e i trenta, abbastanza raro. Ma era bella, non potevo smettere di guardarla. Era accattivante, il suoi occhi mi tenevano incollata. Fu in quel momento che sperimentai per la prima volta il desiderio. Non volevo solo essere notata, volevo essere vista, ed accadde, forse non proprio nel modo in cui volevo io. Mi toccò il viso sorridendo, mi leccò il collo. Io rimasi immobile, pietrificata. Mi disse sottovoce che era un modo di fare dove proveniva lei, ma io mi sentii sporca. Mio padre trasformò il suo disagio in un sorriso finto, nemmeno uno come lui se lo sarebbe aspettato. Non lo fece con altri, strinse la mano di mio padre e di mia madre come era solito fare, e sorrise sempre.

La seconda volta fu organizzata una festa e la mia famiglia fu invitata. Cassandra ci inviò la sua flotta personale, persino la scorta, pensai con un ghigno. Avevo appena compiuto diciannove anni. Mi prestai al suo cospetto con una mentalità diversa, più imprudente, più maliziosa, proprio come lei. Volevo la mia rivincita, volevo riavere indietro quel pudore che mi era stato tolto, anche se ci avrei rimesso un po' la faccia. Strinse la mano ai miei genitori e a Rhea, anche lei espressamente invitata. Quando arrivò il mio turno, lei mi prese la mano, ma io non mi fermai, feci un passo in più, lei rimase ferma, sapeva quello che stavo per fare. Le leccai il collo nella stessa maniera in cui lei aveva fatto con me. Le bisbigliai all'orecchio: "Mi piace essere rispettosa dei costumi altrui." Glielo dissi con un ghigno sul volto, soddisfatta dal profondo del mio cuore. Lei mi guardò compiaciuta, ma il nostro gioco di sguardi finì quando mio padre mi strattonò verso di lui.

"La deve scusare!" disse lui nervoso.

Io continuavo ad avere un'espressione soddisfatta, non mi importava d'altro. Quando mi voltai vidi Rhea guardarmi con apprensione, come fa una madre quando vede che c'è qualcosa che non va con il proprio figlio. Mia madre invece rise.

"Non c'è assolutamente alcun problema," sorrise, "é una cosa nostra."

Fu quell'affermazione che mi incupì. Doveva essere una tradizione del tuo popolo, non una cosa tra di noi. Avevo sedici anni, ripetevo nella mia testa.

Penso sia stato in quel momento che mio padre capì che c'era uno sbocco. Che c'era un effettiva possibilità che io e quella donna potessimo contrarre il matrimonio. Probabilmente aveva visto che nutriva dell'interesse in me ed io altrettanto, anche se non era vero.

Furono combinati degli incontri nel successivi quattro anni, ci vedevamo almeno una volta al mese. Inizialmente erano cene in famiglia, con mio padre e mia madre come ospiti principali, del resto lui era il Lord di Styria, non io. Ma lo sapevo che la mia presenza era obbligatoria. Rhea si rifiutava, non le piaceva quella donna. Ogni volta che sapeva che sarebbe venuta nella nostra magione, o partiva prima se già era qui, o posticipava il suo arrivo. La capivo in un certo senso, Cassandra mi inquietava, ma mi incuriosiva allo stesso tempo, è questo che ha sempre differenziato me e Rhea. Lei era sempre stata più brava a tenersi lontana dal pericolo, io invece quasi lo ceravo.

Cassandra aveva un modo di parlare davvero fine. Ti faceva sentire sempre a tuo agio, non si distraeva mai dalla conversazione, era cortese, e annuiva sempre con un caldo sorriso. Anche quando le opinioni di mio padre si scontravano con le sue cercava sempre di assumere una posizione inizialmente neutrale e di ascoltare cosa avesse da dire. Non rispondeva mai a tono, anzi, ti diceva che non avevi per nulla ragione con una scioltezza e accortezza che a volte non si percepiva nemmeno la presa in giro dietro. Si sentiva superiore agli altri, forse è una delle poche cose che ho notato prima io e poi mio padre. Non si notava facilmente, sembrava che mettesse sempre tutti sullo stesso piano, ma c'era sempre quella frase o parola in più che la tradivano. Forse era proprio la mia crescente ossessione nei suoi confronti che mi faceva accorgere di cose che gli altri non vedevano.

Lentamente le nostre cene di famiglia, divennero cene private tra noi due e da quel momento lei non venne più a Styria, ero sempre io che dovevo spostarmi. Mentirei se dicessi che ero costretta. Volevo vederla, mi attraeva e non sempre in senso positivo. Mi offrì una stanza da letto, sarei dovuta partire la mattina dopo. Non la utilizzai quella notte e non partii il giorno dopo. Mi sentivo piccola in confronto a lei, o forse indifesa è il termine più adatto. Mi muoveva come fossi la sua bambola e io la lasciavo fare. Il suo tocco era freddo, e c'era brama nei suo occhi. Una mano tra le mie gambe e un'altra dietro la nuca mentre mi baciava fu tutto quello che ci volle per mettermi a sua disposizione. Ero sua ormai, nel vero senso della parola. Mi ero concessa a lei una volta e lei era riuscita a prendersi tutto. Fu da quel momento in poi che fui costretta. La cosa non mi diede fastidio all'inizio, mi piaceva stare tra le sue braccia, anche se era il piacere quello che cercavo, non il suo amore. Forse ero diventata dipendente da quello che mi offriva, da quello che mi faceva sentire. Con il tempo le nostre piacevoli serate, cominciarono a non essere poi più così tanto piacevoli. La prima volta che accadde pensai fosse un fatto isolato, una cosa che non sarebbe mai più successa, ma ero solo ingenua e stupida.

"Vieni qui," disse lei sdraiata su letto. Io ero in bagno, ancora con i capelli bagnati. Farmi vedere nuda da lei ormai non mi imbarazzava più.

Mi girai, feci un ghigno, e poi tornai a fare quello che stavo facendo. Attraverso le specchio la vidi alzarsi, scomparì dal mio campo visivo per qualche minuto e poi sentii le sua braccia intorno a me. Solitamente non era così affettuosa. Risi per quel comportamento infantile. Ma quella delicatezza presto svanì. Mi fece girare verso di lei, mi prese il volto tra le mani e premette le sue labbra contro le mie. Erano umide e avevano un sapore strano. Mi trovai contro il lavandino, con il suo corpo premuto contro il mio, così forte che sembrava volesse schiacciarmi. Gemetti per il dolore alla schiena. Pensai che forse così si sarebbe fermata, ma invece era proprio quello che voleva. Riprese il mio volto con entrambe le mani e mi tenne ferma, la forza con cui lo fece mi spaventò. Stavo per allontanarla quanto mi baciò per una seconda volta, ma non era come il semplice bacio a stampo di prima. C'era violenza nei suoi movimenti dovuta dalla fretta. Capii perché quando mi arresi a lei. Aprì leggermente la bocca aspettandomi qualcosa di piacevole. Mi ritrovai del liquido agrodolce che lei mi costrinse a prendere dalla sua bocca. Avrei voluto sputarlo via per paura, ma lei me lo impedì. Si staccò da me e premette la mano sulla mie labbra, e per rendermi ancora più assoggettata, prima mi leccò il collo come ormai era tradizione per noi, e poi mi morse. Sentii i suoi canini entrare nella mia pelle e le energie abbandonarmi. Tentai di resistere ma poi le mie gambe cedettero e sentii del piacere su tutto il corpo. Ansimai senza capire perché era così diverso dalle altre volte. Lei mi prese in braccio e mi gettò su letto, io non avevo la ferza per muovere un muscolo ma sapevo che tutto il mio corpo era in preda a continui tremolii. Sentivo un fastidio continuo che da solo non si sarebbe placato, se avessi avuto la forza l'avrei presa, spinta sopra di me. Ma lei già sapeva cosa stavo pensando e di cosa il mio corpo aveva, e non aspettò un attimo di più.

La mattina successiva mi svegliai con la consapevolezza di essere stata drogata e crebbe del disgusto nei miei confronti, per quello che volevo che mi facesse e per quello che aveva effettivamente fatto.

Andò avanti così, ancora e ancora, ormai ero legata a lei. Mio padre mi obbligava ad andare dicendomi: "Sono il regno più potente, non dobbiamo metterli contro di noi. Fai tutto quello che ti dice, concedi te stessa se devi." Ma io mi ero già concessa, solo che adesso non lo facevo più per mia volontà.

"E' solo un gioco," diceva lei, "un esperimento."

Eravamo sedute sul letto, le nostre gambe ancora intrecciate le une con le altre. Ansimavo per la fatica, riposandomi sulla sua spalla. Lei mi teneva stretta, petto contro petto. Il mio cure batteva veloce, il suo era calmo e tranquillo, così come la sua voce. "Brava ragazza," diceva tracciando con le sue dita la mia schiena. "Non mi deludi mai." Ma a volte raschiava le sue unghie contro la mia pelle solo per il gusto di vedermi inarcare la schiena e mimare quello che era accaduto attimi prima. E rideva assaporando ogni secondo in cui faceva prevalere la sua persona su di me. Poi la sua mano, dalla schiena passava al mio fianco, poi il mio addome e poi più in basso, ricominciando senza darmi tregua. Così, per l'ennesima volta, la servitù senti la mia voce tra i corridoi della magione, provando pietà o invidia.

Il giorno dopo mi svegliai dolorante, ma vedere qualche livido e graffio sulla pelle bianca di Cassandra mi fece sentire un po' meglio. Volevo andarmene, essere drogata e costretta non era qualcosa che rientrava nella mia lista di esperienze di vita da fare. Ma anche se quel giorno sarei ripartita per tornare a casa, sarei comunque rimasta incatenata a Cassandra, perché a mia insaputa, lei e mio padre avevano già firmato delle carte che sancivano la nostra futura unione.

Dopo aver passato due anni nel suo letto, arrivò il giorno in cui mi fu annunciato che avrei dovuto passarci l'eternità. Me lo ero aspettato, a volte mi ero chiesta quando sarebbe stato il giorno deciso. Mio padre me lo disse con un sorriso ed io accettai la notizia con apatia. Forse, ripensandoci adesso, non era vuoto quello che stavo provando, forse vera e propria disperazione coperta da una faccia senza emozioni, perché in quel momento stavo provando troppo. Avrei passato l'eternità con la donna che aveva osato toccarmi in modo inappropriato già all'età di sedici anni, e che più tardi mi avrebbe drogata più e più volte per il semplice gusto di vedermi inerme e ai suoi piedi.

"No."

"Cosa?" domandò pensando veramente di aver capito male.

La conversazione andò avanti per un ora intera, con io che gridavo quello che mi aveva fatto, e lui che a sua volta gridava: "E' un piccolo prezzo da pagare!" Sapevo che non l'avrei mai smosso dalle sue convinzioni.

Qualche giorno passò e poi mi trasferii nella magione del Lord di Tianama. Per noi immortali il tempo è diverso, percepiamo tutto in modo veloce e rapido, una storia d'amore, la morte di qualcuno caro, un matrimonio. I mesi che passavo con lei sembravano settimane, e il tempo scorse così velocemente che non mi resi conto dell'arrivo del mio terzo anniversario di matrimonio, e poi il quarto, il quinto, il decimo. Rimasi impigliata nella sua trappola per un secolo, per gli umani e per i vampiri mortali sarebbe una numero assurdo. "Come avete mantenuto il vostro amore così vivo dopo tutti questi decenni?" ci chiedevano a volte. "Perché non siamo legate dall'amore," avrei voluto rispondere io, "perché abbiamo delle responsabilità, perché siamo oggetti di sfogo l'una per l'altra, lei per lo stress di essere Lord ed io-" No, io in realtà dovevo starmene buona.

Lei mi fece scoprire cosa significasse il rancore, l'odio, il risentimento e la paura, ma anche la pazienza. "Vado avanti per inerzia," risposi una volta, quando qualcuno mi chiese con fare spiritoso come facessi a vivere con una donna come lei. "Dopo un po' si impara a sopportare," avrei voluto dirgli.

Mi sentivo a pezzi. La curiosità di una stupida bambina aveva portato una donna ad avere un vortice distruttivo dentro.

Uno schiaffo per ogni no, sangue per ogni basta, droga per ogni non oggi. Dopo qualche anno impari a stare zitta, dopo qualche decennio ti ci abitui, dopo un secolo diventi un guscio vuoto e accetti ogni cosa ti venga data, sia dolce che aspra.

Tianama era prospera e viveva in pace. Imparai molto della sua politica. Stare al fianco di Cassandra mi aveva permesso di imparare cose che al fianco di mio padre non avrei mai capito. Styria brulicava di ribellioni, con la casata Nairon e Valarion che si combattevano a vicenda per il territorio e un erede assassinato, la casata Grenville sull'orlo della rovina, piena di debiti con la banca del regno, e poi la casata Silkion che voleva deporre mio padre dal suo titolo di Lord. Altre casate erano troppo occupate con le proprie ribellioni interne per pensare ai continui tradimenti strategici delle casate più ricche ancora in controllo delle proprie terre. Styria era sull'orlo del collasso, si stava uccidendo da sola dal proprio interno. Cassandra intervenne come da accordo e tentò di ristabilire l'equilibro mettendo le proprie truppe all'interno del regno e alcuni diplomatici per far comunicare le casate ancora una volta. Mio padre perse completamente il potere sulla terre e sui ducati e venne eletto un nuovo consiglio per stabilire un nuovo Lord e non far cadere il regno nell'anarchia o, ancora peggio, nelle mani di un possibile conquistatore. Cassandra pensò la stessa identica cosa, notai delle manovre strane da parte sua, i suoi occhi gridavano: "Non perderò questa occasione." Ormai avevo abbastanza conoscenza per capire le sue nuove intenzioni. Un piccola fiamma si accese in me, la grinta che un tempo si era spenta era finalmente tornata a bruciare. Non avrei mai in alcun modo permesso che la mia unica casa sarebbe caduta nelle mani del mostro che era mia moglie.

Entrai in contatto con Rhea e con la mia conoscenza mandai a puttane tutto il piano escogitato da Cassandra. Io me ne rimasi in disparte nella mia dimora a Tiamana dando istruzioni a mia sorella, lei a Styria eseguì tutto in modo impeccabile anche grazie all'aiuto di Adrienne Manor che aveva preso il posto del padre, morto avvelenato nelle proprie mura di casa. Tutti i marchingegni politici e strategici di Cassandra caddero uno dopo l'altro. Rhea mi aiutò a fuggire e dopo accordi e riunioni con le altre casate fui eletta nuova Lord di Styria. La mia posizione di Lord Reggente sancì la rottura definitiva dei miei legami con la Casata Von Gotha e tutti gli accordi di mio padre revocati e riscritti. Feci uccidere i traditori, imprigionare i sospettati e onorare i fedeli caduti.

Dopo cinquant'anni sono ancora Lord di Styria e non permetterò che la mia casa e il mio popolo, vampiri o umani, vengano minacciati ancora una volta.

 

   
 
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