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Autore: Evil Daughter    22/05/2021    8 recensioni
Oltre ad essere rozza sei priva di delicatezza.
Pensò Vegeta. Dedicandole l’accusa.
Piegò le labbra in giù, fece maggiore pressione e l’ago schizzò fuori portandosi dietro una scia di sangue annacquato.
Ripensò al ricovero in ospedale, rimembrava ogni particolare; almeno da quando aveva riaperto gli occhi. Alcuni dettagli li avrebbe cancellati volentieri. Altri no, sedimentavano. Lo mettevano davanti a diversi interrogativi. Lei lo aveva salvato.
E sai come sprecare il tuo tempo.
Un pensiero ancora rivolto a lei.
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Vegeta? Un folle omicida. Ma Bulma lo sa bene: mai fermarsi a giudicare unicamente la coda del mostro.
La belva deve essere sempre osservata nella sua interezza.
Periodo trattato: triennio antecedente ai cyborg.
INIZIO RELAZIONE TRA BULMA E VEGETA. STORIA ILLUSTRATA.
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Nuovo capitolo, 18: PROGENIE SEGRETA SOTTO LAMPI DI GUERRA.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Dr. Gelo, Vegeta, Yamcha | Coppie: Bulma/Vegeta, Bulma/Yamcha
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'ARANCE MARCE: Bulma e Vegeta, sbagliati e quindi veri.'
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Se lo avete perduto prima di questo capitolo c’è
TRE TESTE IMMERSE NELL’ACIDO FORMICO. È CERTAMENTE CAPITATO.
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Il disegno, stavolta, ve lo metto all’inizio. Qui sotto. E questo capitolo ha un rating di un arancione "rafforzato". Occhio.
  
 
 

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Capitolo XV: Remissione, iato. Coito. Si tratta di vendetta.

 
 
Il vetro luccicava rimandando alla sua intrinseca trasparenza affilata. Tagliente, perché ne era stato fatto pezzi infranti.
Il sangue sporcava, impressionava, era una promessa. “Il prossimo sarà il tuo.” Carta, fazzoletti, ne aveva bisogno per pulire il tavolino prima che, «Santo cielo, si è ferita, Signora? Perde sangue?», io no, la mia testa è qui, «Grazie, sto bene», devo andare. La cameriera aveva portato il piatto con la crostata ordinata, ma si era spaventata, lo posò avventatamente. Un ciuffo di panna cadde, accasciandosi oltre il coccio che la conteneva. Finì sul tavolino. La panna bianca e soffice sopra le schegge di vetro, sopra al sangue di Vegeta. Bulma ne aveva chiesta troppa. Avrebbe dovuto chiederne di più per coprire l’intera superficie.
Ne vuoi un cucchiaino, adesso?
«Le dispiacerebbe farmi avere il conto?», scelse di non mangiarla.
«Sì, glielo porto subito, Signora. Ma è sicura di stare bene?»
La cameriera voleva sapere altro: “che fine ha fatto l’uomo che era con lei?”, per esempio.
«Le ho già detto di non preoccuparsi, sono viva.», la ignorò. Viva, l’aveva detto a se stessa, per ricordarsi di muoversi, perché aveva da fare e non doveva perdere altro tempo.
Purtroppo, ne aveva avuto ennesima prova: parlare di Goku faceva male irrimediabilmente ad entrambi.
Acchiappò una ciocca di carta dal portatovaglioli e quando tentò di pulire con quella la panna, il vetro ed il sangue, la ciocca di fazzoletti le si smistò tra le dita aprendosi come un fiore perdi petali.
Al tagliente s’era sovrapposto lo zucchero morbido; ed ora, lei ci aveva aggiunto la carta rigida e poco assorbente dei fazzoletti da caffè.
«Non si preoccupi signora, penso io a pulire!»
No, lei non potrebbe. A Vegeta devo pensarci io.
«Il conto?»
La cameriera tirò fuori un dispositivo, digitò una serie di numeri e da questo uscì un lungo scontrino.
«Ecco qua.»
Bulma non guardò nemmeno la cifra, premette il tasto per aggiungere la mancia digitale e passò la carta elettronica sull’apparecchio.
«Grazie per averci scelto, Signora!», alla cameriera era arrivato il compenso meritato. Poteva dimenticarsi di quei strani clienti.
 
Finito di pagare, Bulma mise via il portafogli e si chiuse meglio nel proprio cappotto prima di uscire.
Yamcha non era nei paraggi. Sarebbe stato inutile prendere la direzione in cui lo aveva visto dirigersi, lui poteva averne prese molte altre subito dopo. Ma un modo per raggiungerlo c’era: Bulma non aveva cancellato il numero di telefono del suo ex, aveva dimenticato di farlo; le bastò cercare il contatto nella rubrica. Una volta trovato, però, la scienziata si fermò: non avrebbe mai potuto fare lo stesso con Vegeta. Non c’erano numeri per rintracciarlo. Con lui poteva solo aver fede. Che non la odiasse; eppure, Goku era suo amico, l’idea di non poterlo nominare era castrante. Figurarsi averci a che fare, magari invitarlo una sera, a cena.
Penserai dopo alla “terapia”, chiama Yamcha!
Le venne meno il coraggio. Perché chiamarlo? Meglio un messaggio scritto: “Dove sei? Possiamo vederci?”
Due domande erano più che sufficienti, a voce gliene avrebbe poste molte di più.
Il cellulare squillò qualche secondo dopo. Non pensava le rispondesse immediatamente. Una se stessa piccina piccina, però, stava pregando di non avere la possibilità di un confronto. Una se stessa assennata, probabilmente, che lei evitò di ascoltare.
Ad ogni modo, quella risposta era una conferma: Bulma non si era immaginata nulla, quello che aveva visto davanti alla vetrina del bar era proprio il suo ex.
«Raggiungi il parco al centro del quartiere nord.», lesse.
Voleva incontrarla anche lui.

Arrivare nel punto che le era stato indicato le costava una decina di minuti a piedi. S’incamminò. E nonostante avanzasse a passo di marcia, le capitava spesso di guardarsi intorno. Perché la volontà giustiziera c’era, ma l’ansia cresceva in maniera esponenziale doppiandola in corsa.

Varcò l’ingresso del parco. Sopra le fronde degli alberi il cielo mostrava un volto cianotico, poco rassicurante. E alle spalle della scienziata s’era alzato un venticello sporco. Sarebbe piovuto. Lei non aveva un ombrello. Doveva sbrigarsela molto in fretta.
«Potresti almeno farti vedere», disse, ad alta voce, intanto che s’inoltrava nel cuore di quello spazio verde di lecci sempre più fitti; i quali rendevano il luogo simile ad un bosco incantato, o ad una foresta nera.
Non immaginava che il parco del quartiere nord fosse tanto vasto e che scorgere i palazzi oltre gli alberi diventava impossibile man mano che si procedeva verso l’interno. Ma del suo ex, nemmeno l’ombra.
C’è poca gente qui.
Effettivamente, a parte alcuni passanti, l’area verde era deserta di persone e con la pioggia in arrivo stava completamente svuotandosi anche dei pochi individui che le capitava di incontrare.
Sarò sola. Con lui.
La scienziata proseguì: attraversò un ponticello sopra un piccolo corso d’acqua e si ritrovò a calpestare un sentiero con panchine disposte su entrambi i lati dello sterrato.
Un luogo davvero adatto per farlo confessare, avresti dovuto decidere tu dove incontrarvi. Sei un vero genio Bulma!
Aveva ragione. Subire un’aggressione lì era un esito dall’alta probabilità di riuscita.
Stava per riprendere in mano il cellulare e cancellare il meeting clandestino con un nuovo messaggio, invece, fu costretta a fermarsi limitandosi solo a rinviare meglio la tracolla della sua borsa sulla spalla: Yamcha era comparso.
 
Lo spilungone stava in piedi davanti ad una panchina, la fissava, mentre lei compiva gli ultimi metri prima di raggiungerlo.
Ormai, tirarsi indietro non era possibile.
 
La scienziata aveva pochi secondi ancora per riflettere su quanti oggetti appuntiti potessero esserci nella sua borsetta; forse aveva un piccolo cacciavite, ma non ne era sicura, aveva cambiato tracolla per indossarne una in tinta col cappotto. La moda inutile. E: «Bulma», la accolse Yamcha. Se poteva definirsi accoglienza averla invitata a parlare in un posto appartato e non essersi nemmeno tolto gli occhiali neri. Ed anche se la scienziata detestava chi le parlava senza essersi prima levato le lenti scure, in quel particolare momento, ne fu contenta: all’idea di rivedere quegli occhi stravolti, le passava tutto il giustizialismo pronto ad esplodere.
Ha tentato di soffocare Vegeta. Concentrati.
La mano le scivolò inconsciamente sulla tasca esterna della borsa, era lì che di solito metteva il cacciavite.
A Yamcha invece serviva un luogo con poche persone, e i motivi potevano essere molteplici.
Si avvicinò a lei.
«No, ti prego. Resta dove sei.», non poté fare a meno di dargli l’alt.
Lo vide sospirare, tra i denti.
«Incredibile... », disse lo spilungone, finendo la frase nella propria testa: ora è con me che mantiene le distanze, non posso crederci!
Poi, lo osservò guardarsi intorno circospetto.
«Lui è qui? È con te?», Yamcha si stava riferendo a Vegeta.
Rispondi sì.
«Sì. Mi aspetta all’ingresso.», aveva dato retta alla propria coscienza perché il suo ex era strano, non le aveva chiesto nemmeno come stesse, arrivando subito all’argomento scomodo a entrambi. Non la convincevano né lui né la situazione in cui si era cacciata.
Lo vide scrollare piano la testa.
«Sicuro, avrà abbassato la sua aura... E tu gli hai detto che ero qui?»
Sentirlo preoccupato la rinfrancò, lo spilungone aveva paura di Vegeta e finché lo credeva nelle vicinanze lei restava al sicuro.
«Sa che dovevo fare una cosa ma, naturalmente, non gli ho detto che dovevo vederti.»
Questa ti è uscita male, ti sei quasi smascherata, te ne rendi conto?
Ed infatti era stata molto ambigua. Sembrava sapesse già tutto. Glielo confermarono gli occhi del suo ex: la stava guardando allibito. A lui balenò un dubbio... Non poteva essere: in quel giorno decisivo, lui l'aveva vista andar via dall'ospedale.
Yamcha avvertì la smania crescergli dentro ma si ricordò di controllarsi. Niente mattate, altrimenti l’avrebbe perduta per sempre.
«Ah, ho capito, quindi ora sono io l’uomo da nascondere.»
«Yamcha, ti prego, se ti ho scritto e sono qui è perché credo ci siano delle cose da chiarire tra me e te.»
«Sì, lo penso anche io.»
Bulma ne rimase sorpresa. Forse, non era necessario cavargli di bocca la verità. Fino a prova contraria, lei sperava col cuore che lui fosse innocente.
«Possiamo sederci?», le domandò.
«Preferirei restare in piedi.»
«Non ti fidi di me?»
Calmalo.
«Se non mi fidassi, non sarei qui adesso.»
«Sì. Ma ti sei portata dietro il cane da guardia!»
Calmalo di più.
«Te l’ho detto, Vegeta non sa che in questo momento sto parlando con te.»
Lo osservò grattarsi la cute, era un gesto che compiva quando stava per dire qualcosa di importante.
«... State insieme?», lo conosceva troppo bene.
Allo spilungone era costato un quarto di vita farle quella domanda.
Bulma, pur ritrovandosi finalmente nella condizione di poterlo dire a qualcuno, non era a Yamcha che voleva dare la notizia: sarebbe stato come cospargere di benzina una centrale nucleare tenendo in bocca una sigaretta accesa.
«Non è di questo che voglio parlarti.»
«Allora state insieme», concluse lui.
Bulma lo vide stringere il pugno della mano destra e guardare a terra fra i loro piedi; che stesse calcolando quanto terreno li separava per arrivare a darle un pugno e distruggerle la faccia?
Non esagerare. Se ti agiti, capirà che Vegeta non è con te e non ti sta aspettando.
«Yamcha, io-», lui la interruppe: «Bulma, mi dispiace!» e andò a sedersi sulla panchina da solo.
«Devi credermi, so che l’evidenza mi mette in cattiva luce ma io... Come posso dirtelo… »
Non ci credeva, la scienziata non ci credeva, lui stava confessandosi esattamente come previsto. E lo sapeva, non si era sbagliata a pensare che non era stato lui quello che aveva tentato di uccidere Vegeta.
Le fioccò un sorriso sulle labbra, stava per giungere la lieta conferma.
«Sul serio, credimi: io non conosco la donna che hai visto baciarmi in diretta, e quell’anello, te lo giuro, non è il tuo. Ce n'è uno solo, è un pezzo unico, molto prezioso, non l’avrei regalato a nessuna donna a parte te. Io voglio ancora sposarti Bulma.»
L’entusiasmo le finì dritto nella tomba. Confessione andata.
«Mi credi?», continuò lui.
Un tuono in lontananza annunciò l’incombere della pioggia. La scienziata non aveva più tempo.
«Yamcha, abbiamo già affrontato questa faccenda. Io posso anche crederti, ma questo non cambierà... le cose tra noi.»
Lo spilungone si tolse gli occhiali, usando la mano destra, la sola che muoveva. Per la sinistra, stava bene attento a tenerla nascosta nella tasca. Indirizzò gli occhi contro la scienziata: «Se per te la questione è chiara, di cosa volevi parlarmi? E poi, che significa puoi anche credermi? Se mi credi perché siamo qui? Perché non posso avvicinarmi a te?», tornò in piedi e avanzò troppo, fino a finirle più vicino di quanto lei gli aveva concesso.
Bulma arretrò di poco.
«Mi aspettavo in realtà che me lo dicessi tu.»
«… Di che parli?»
«Sai che Vegeta ha avuto un incidente ed è finito in ospedale?», le tremava il labbro inferiore, lo bloccò con gli incisivi.
«Sì. Non me ne frega nulla, ma lo so. Ti avevo raggiunta lì pensando fossi rimasta ferita. Quindi?»
Diglielo, chiedi cosa è accaduto. Fallo!
«E... Conoscevi bene in quale stanza era stato ricoverato, tu sapevi esattamente dove poterlo trovare e che l'avresti trovato solo, non è vero? »
L’espressione grave ed il tono fin troppo allusivo fecero perdere a Yamcha tutta la baldanza. Da qualche parte, sicurezza e convinzione franarono facendo un fracasso infernale.
Lei sapeva. Aveva finito di fingersi sincero e senza macchia.
 A Bulma vennero gli occhi lucidi. Vedendolo sedersi nuovamente sulla panchina, la scienziata si convinse che la verità era orribile.
 «Come hai fatto a... », era questo che allo spilungone stava sfuggendo, non era pronto a tal spinosa eventualità, non se la sarebbe sognata neanche nel peggiore degli incubi. E delle sue gesta, non riusciva più a farne un vanto. La realtà era assai diversa da come l’aveva prospettata. Avrebbe voluto nascondersi.
 «Le videocamere. Mi è stato mostrato un video in ospedale – Bulma parlò schietta, omettendo la storia sul dottore forse ammanicato col Red Ribbon – Yamcha, dimmi che non eri tu.», la voce le si accartocciò in gola tramutandosi in una preghiera. Ma lui, adesso, non la guardava e non negava.
Bulma si coprì la bocca con una mano. Completamente sconvolta.
«Chi altri sa? – Era di Vegeta che Yamcha aveva terrore, di una vendetta in arrivo come un treno, che lo avrebbe certamente travolto qualora lo spilungone avesse provato ad attraversare i binari per arrivare a lei – Lui, pensi che lui possa... », glielo hai detto?
Purtroppo, la scienziata stava perdendo il controllo ed era più prossima a piangere e ad aggredirlo.
«Come hai potuto? Dimmelo! Che pensavi di fare, eh?!»
Vederla in quello stato fu una coltellata al cuore.
«Piangi. Stai piangendo per lui.»
«No, Yamcha…  È per te che piango, perché non pensavo fossi un assassino!»
«Non sono un assassino, Bulma! Non lo sono! Io non ho ucciso nessuno!»
«Hai tentato di ucciderlo, tu volevi ucciderlo!»
Era vero.
«Mi... Mi ci hai costretto tu! Da quando hai iniziato a mentirmi! Ma mi conosci, io non farei mai una cosa del genere!»
Yamcha si alzò di nuovo in piedi, balzandole quasi addosso.
«Non ti avvicinare a me, stammi lontano!»
Nessuno. Se urli non verrà nessuno. Qui è troppo nascosto. Non devi agitarti, cerca di mantenere il sangue freddo.
«Bulma, ti prego, ti prego amore mio, devi credermi!»
«Ho detto stai lontano!»
Se cadi è finita.
I piedi erano malfermi sul fitto strato di foglie cadute
.
 «Come fai a chiamarmi assassino e non schifarti di lui?»
«Vegeta la sua vita non l’ha scelta. Tu invece volevi ucciderlo di proposito e nel momento in cui lui non avrebbe potuto difendersi!»
La mano le scivolò nella tasca esterna della borsa, le dita sondarono la stoffa, il cacciavite non c’era. Non aveva nulla con cui allontanarlo.
Scappa, vattene.
«Lo stai addirittura difendendo? Quello voleva farci fuori a tutti, l’hai dimenticato? Chissà quanti innocenti ha ammazzato prima di venire sulla Terra! E credi che ora non ci pensi più solo perché... P-perché tu ti sei fatta mettere le mani addosso da lui?! EH?!»
Yamcha tentò di stringerla a sé, o fare qualcosa di simile: allungò il braccio destro, tentò di acchiapparla. La scienziata però, pronta a difendersi, gli diede una spinta e andò a toccare proprio la mano spezzata.
Lo vide immediatamente ritrarsi e piegarsi su se stesso, la faccia tendersi contratta.
Rimase spaesata. Non poteva averci messo tanta forza, e nemmeno era credibile pensare di averla tale da poter fare danni in quella maniera.
Yamcha cacciò indietro grida di dolore, poi, non poté fare a meno di tirar fuori il fagotto rivoltante e raccoglierlo contro il suo petto, come un cucciolo ferito. Ciò che restava della sua mano sinistra.
Lei lo fissò inorridita. Lui se ne accorse: «Se te lo stai chiedendo, è stato il tuo attuale fidanzatino a lasciarmi questo regalo. Quel bastardo è capace di fare del male pure mezzo morto», le confessò, sputando a terra per liberarsi della saliva e come segno di disprezzo a quella situazione. Che lo vedeva nei panni dello storpio perdente.
«Mi dispiace... Davvero, scusami, non volevo, i-io non sapevo-»
«Risparmiati le finte scuse, Bulma. Non ne ho bisogno.»
Tenendosi una mano nell’altra, lo spilungone raggiunse la panchina. Stava sudando in modo evidente, stava soffrendo.
S’appoggiò allo schienale di quella e buttò indietro la testa. Ci voleva una nuova dose di morfina.
Lei lo osservò e per la prima volta, in sua presenza, dopo molto tempo che non accadeva, Bulma si sentì preoccupata per lui.
«Dovresti fartela curare.»
«Ma va’! E dove? Che se c’è un video col quale riconoscermi, ora mi staranno sicuramente cercando.»
Dire che era impossibile, no, questo Bulma non poteva confermarlo.
La scienziata non sapeva che fine avesse fatto il medico che aveva tentato di ricattarla e prendersi i suoi bellissimi occhi. E non sapeva, pertanto, che fine avesse fatto quel video.
 
Cosa posso fare?

No, dai, ora vuoi aiutarlo?
 
Si sentiva in colpa. E le venne un’idea. Perché era un genio, un ingegnere, il migliore del pianeta Terra.
Si sedette accanto allo spilungone, facendolo meravigliare: solo un attimo prima lei lo teneva lontano come un rifiuto radioattivo.
«Ascoltami… Io posso aiutarti.»
«Ah, sì? Quindi ci sposiamo?»
«… Sii bravo, non complicare la situazione. Mi stavo riferendo alla tua mano. Non puoi stare così, sono sicura che debba farti male da impazzire.»
«Mai quanto me ne stai facendo tu.»
La scienziata incassò il colpo. Ma era fermamente decisa e sapeva come muoversi.
«Io posso darti qualcosa che può guarirla, però tu devi aspettarmi – che significava, in altre parole, “vado dove non potrai seguirmi” – dovrò far ritorno alla Capsule Corporation, andare a prenderla. E poi tornare da te.»
 
Sì, carino l’altruismo, ma non sembrare troppo romantica. Se proprio, aiutalo e non illuderlo.
 
«Mi sembra tutto molto bello, Bulma, però non ti sto capendo. Cerca di essere più chiara.»
«Io ho un senzu, me lo ha dato il micio sulla torre. Con quello la tua mano guarirà immediatamente.»
«Tu hai un senzu?!»
Yamcha si diede dello stupido: se da solo se ne fosse ricordato, avrebbe evitato di iniettarsi quella roba.
Poteva risolverla da sé, adesso. Ma vedere la magari sua donna ricordarsi di lui era droga irresistibile, migliore della morfina. E gli faceva un male atroce pensarla volata via, catturata dagli artigli dello spietato saiyan.
Come poteva strapparla a lui, salvarla?
«Mi aspetterai qui, d’accordo?»
«Non mi nasconderò... »
Bulma, interdetta, non chiese delucidazioni a riguardo. Doveva mantenere le distanze, nonostante, anche aiutarlo perché, se Yamcha era in quelle condizioni, era responsabilità sua. Stava convincendosene. E le sembrava un buon modo per iniziare a sistemare i danni compiuti da Vegeta. Lei avrebbe purificato ogni traccia di cattiveria e di colpa, avrebbe lavato le ossa sporche di sangue di ogni vittima mietuta dal saiyan, a mani nude, se avesse potuto, pur di salvarlo dal destino che finora era stato tempio di ogni suo crimine.

«Andrai da lui, adesso?», le domandò ancora.
«Sì, mi aspetta, mi sta aspettando»
E se mi chiedesse di venire per avvicinarsi tanto da poterlo scorgere?
«Puoi portagli un messaggio da parte mia?», lo spilungone si mostrò inaspettato.
«Un messaggio? Yamcha io non credo sia il ca-»
«Digli che può andare a farsi fottere e che non me ne starò fermo a guardare mentre si divertirà con te!»
 
Aiutarlo non è stata una buona idea.
 
Questo è lui che prova a fare il duro che non è. Sii comprensiva. Non potrebbe fargli nulla. 
 
«Sai che non lo farò», non avrebbe mai detto parole simili al suo Vegeta.
«Sì, lo so, però mi piacerebbe.»
 
«Aspettami qui.»
 
 
 

 
~ ~ ~
 
 
 

 
Bulma uscì dal parco con la faccia da perseguitata. Aveva percorso il tragitto di ritorno verso l’uscita voltandosi perennemente indietro; Yamcha non doveva seguirla.
Pensò di chiamare un taxi, la pioggia non cadeva ma il cielo continuava ad essere minaccioso e borbottone. Solo quando entrò in auto, seduta, al sicuro, Bulma ripensò a Vegeta.
“Sei libera di fare ciò che credi, per quel che mi riguarda”
Una frase che faticava a dimenticare.
Yamcha è una scusa, i sensi di colpa pure. Ammettilo, se ti stai dando pena per lui è perché in fondo pensi, speri, di poter infastidire Vegeta. Che donna opportunista e scialba che sei.
C’era del marcio: la voglia di aiutarlo era vera, ma dietro la buona intenzione v’era un’occasione. E stavano affievolendosi anche i campanelli d’allarme nei confronti del suo ex dichiaratosi colpevole.
«Cento zeni, signora.»
Era arrivata. Si sbrigò a pagare e varcò l’ingresso del grande cortile.
Continuava a guardarsi intorno.
 Non dovrei neanche preoccuparmi. Anzi, dovrei farmi scoprire, sì, se lo trovo in casa gli dico che sto andando da Yamcha.
 Non fare la capricciosa, è pericoloso. Quei due non devono azzuffarsi.
Storse il naso. Sapeva che, se fosse accaduto, non sarebbe stato per gelosia da parte di Vegeta, ma unicamente da parte del suo ex. L’unico che ammetteva di volerla possedere… a tempi alterni, tra un impegno e l'altro, dopo una rossa o una bionda.
Non sono l’oggetto di nessuno.
Assolutamente! Non quando vorresti esserlo di Vegeta. Il resto degli uomini può anche morirti dietro. Vanitosa.
 
Del palco allestito era rimasto solo il segno sull’erba, due persone stavano occupandosi di cellofanare le sedie con cura e caricarle in un mezzo per traslochi.
La sua mamma meritava delle scuse, Bulma non le aveva detto come stavano le cose.
Giunse al lungo corridoio dei laboratori, ricordava che suo padre aveva conservato il senzu nel reparto di botanica, entrò all’ingresso trentaquattro.
Sul desk, Bulma si accorse di un biglietto, lo lesse: «Se cerchi il senzu, lo trovi nelle serre oscurate. Papà.»
L'unico di cui poteva fidarsi.
Avvistò il vaso.
Sicura di volerlo dare a lui? E se Vegeta...
Non accadrà, la mia gravity room è a prova di incidente. Adesso è Yamcha ad averne bisogno.
Sembrava uno scherzo della sorte.
Non più di quanto ne abbia tu per fingerti buona.
Voglio davvero che guarisca.
Se lo dici tu.
Staccò il baccello, il solo prodotto dalla miracolosa pianta leguminosa, e iniziò a far leggera pressione su di esso con l'unghia accuratamente limata. Uscì del liquido trasparente, poi il baccello si aprì. Lo vide, eccolo lì, il sacro senzu, verde pallido, cicciotto, maturo. Indispensabile.
Dal tavolo pieno di becher, Bulma prese un barattolo piccolo con coperchio. Lo usò per infilarci dentro il fagiolo.
Missione compiuta. Ora, le restava tornare da Yamcha.
«Stavolta prenderò un ombrello e poi... »
Poi?
Si sentiva vuota. Stava incrociando le dita di mani e piedi sperando che da un momento all'altro si materializzasse Vegeta e che la fermasse, le impedisse di andar via, possedendola ancora, prendendola lì, in quell’ambiente umido che le stava rovinando la cotonatura ai capelli.
Lo faceva apposta a sprecare i minuti.
Forza, Vegeta! Ti sto dando la possibilità di venire ed avermi, non sprecarla. Potrebbe non ripetersi mai più!
Nulla accadde.
«Avanti, sono qua!»
Aveva urlato.
E niente, a farle compagnia c'era solo il rumore del pennino all'interno del barotermoigrografo che tracciava una cartina diagrammata segnando temperatura e umidità relativa di quell'ambiente.
Si sentiva frustrata.
 
Lasciamo perdere...
 
Uscì per tornare da Yamcha. Il saiyan che avrebbe dovuto fermarla non si era presentato all'appuntamento. 
 
 
 
 
~ ~ ~
 

 
 
Secondo giro in taxi. Pigra come era ed intollerante alla pioggia, non poteva scegliere di meglio.
Intanto, il cielo s'era lievemente aperto, il vento aveva spazzato via le nubi e s'erano accese le luci all'interno del parco.
Faceva ancora buio presto, le lunghe giornate si facevano attendere preziose.
Bulma camminò svelta, ricordava il tragitto. Il suo animo era cambiato però, voleva sbrigarsi e liberarsi dell'incombenza.
Nell'aria c'era odore di timo, menta fresca, salvia. I profumi del parco s'intensificavano all'imbrunire.

Bulma passò nuovamente il ponte, cercò la panchina. Yamcha era lì, non si era mosso, l'aveva aspettata.
Sicuramente ti ama.
Ama di più rimettersi a posto la mano, come potrebbe altrimenti tenere la “mazza” da baseball?
Le sue fan potrebbero rimanerne insoddisfatte.
Sei cattiva.
Vedo le cose per ciò che sono.
«Hai fatto presto.»
«Per chi mi hai preso? Io sono Bulma.»
«Non mi aspettavo tornassi, non dopo quello che ti ho rivelato... Grazie.»
Perché è così serio? No, non deve esserlo. Non penserà che l'ho fatto perché provo qualcosa per lui?
«Non immaginavo tenessi ancora a me.»
Appunto.
La scienziata virò lo sguardo altrove.
Dagli questo fagiolo e spicciati.
«Tieni, è qui quello che ti serve.»
E la sola e ultima cosa che otterrai da me.
Gli porse il barattolino scuotendolo come un sonaglio, a destra e a sinistra, tanto da far sballottare il fagiolo all'interno del vetro. Come si farebbe ai cagnolini per attirare la loro attenzione prima di dargli l'osso o il biscottino.
Guarda, Yamcha, guarda qui e scordati di me. Bravo.
Yamcha tolse il tappo a vite. Afferrò il senzu, era proprio un senzu. Lei non lo aveva preso in giro. Si sentì innamorato. Lo stava per mangiare quasi fosse stata Bulma stessa a generarlo. Il frutto di Bulma, del loro amore che poteva trovar conciliazione.
E se gli dicessi che era per Vegeta?
Gli faresti male.
«Pensa che l'avevo chiesto al gatto per darlo a Vegeta. Fortunatamente lui non ne ha più bisogno… Sta bene.»
Perfida.
Evito che possa sentirsi ricambiato, faccio bene, no?
Aveva un sapore amaro il loro amore, secco, difficile da mandare giù. Tossico. Ma, sensazioni a parte, pochi secondi e il miracolo avvenne. Una spinta di vitalità ed energia arrivò a possederlo.
Bulma assistette priva di parole. Yamcha tirò fuori la mano ferita, cominciò a togliere le bende, ed ecco che le falangi, le ossa carpali e metacarpali erano tornate tutte al loro posto.
«Bulma, guarda! Sono guarito, ah ah!»
E faglielo un sorrisetto…
«Per forza, hai appena mangiato un senzu.»
Strega!
Yamcha si alzò in piedi spinto dalla contentezza. Roteava il polso, apriva e chiudeva il pugno. Poi, provò a colpire con un sinistro deciso l’albero che gli era a fianco e sotto una pioggia di foglie gialle, constatò che era tornato completamente come prima.
Bene, me ne andrei.
«Bulma – la voce era tornata tronfia – grazie.»
«Di nulla. Per così poco.»
Lui ti ringrazia. Vegeta no.
Si avvicinò a lei. La scienziata era così presa dai pensieri che non previde la mossa: Yamcha la abbracciò stretta contro il suo petto.
«Non respingermi, non voglio farti nulla, solo abbracciarti. Permettimelo. È per ringraziarti. Ti sei presa cura di me.», la zittì prima che iniziasse a dichiarargli nuovamente guerra.
Vegeta non ti ringrazia.
Vegeta ti caccia via.
«Yamcha, ora lasciami andare.», chiese, con vocetta lieve, triste. Era da un altro uomo che voleva sentirsi presa.
Ma lui interpretò male, pensò in una arresa, in una presa di coscienza di ciò che potevano essere insieme. La baciò a tradimento. «No!» E si aggiudicò uno schiaffo sonante.
Bulma aveva abbassato la guardia, non credeva lui potesse insistere a tal punto. Si svincolò e fuggì all’abbraccio truffaldino. Che, doveva ammettere, non era stato poi così prepotente; ma fino al punto in cui lui non aveva osato baciarla.
«Scusami. Non ho saputo resistere. Io ti amo ancora…»
Smettila, oddio smettila!
«No, non fa niente.... Però, non provarci mai più.»
Lo vide scoraggiarsi e ne fu felice.
«Io torno a casa.»
«Vuoi che ti accompagni? È buio, potrebbe essere pericoloso.»
«Non preoccuparti… – Perché non ti sei portata un mezzo tuo per andar via? – Prenderò un taxi.»
«Lui non ti sta più aspettando?»
Si era tradita!
«No, cioè, sì. Mi aspetta. Vegeta mi sta aspettando alla Capsule Corporation.»
Tornata la paura?
Yamcha sbuffò una risata.
«Va’ a casa, Bulma. Sarò io ad aspettarti.»
La faccia confusa di lei lo convinse a spiegarsi: «Quando ti renderai conto di cosa egli è capace, del male che ti farà, se già non te ne ha fatto, io sarò lì, ad aspettarti.»
Lo odiò. Quella non era una promessa da innamorato. Per l’ennesima volta, lo spilungone sbagliava il tiro.
«So badare a me stessa, grazie. Tu hai avuto la tua occasione. Sarebbe tempo sprecato rimanere ad attendermi. Perché io prenderò un’altra strada, Yamcha, l'ho già presa e in caso saprò come evitarti.»
Colta dal furore del suo tono incalzante e spietato – lui se l’era meritato – Bulma si diresse verso l’uscita del parco. Stavolta, senza voltarsi.
 
Yamcha la guardò, non la seguì, aveva scelto apposta di lasciarla andare. Era convinto di avere ottenuto, di essersi ripreso un minimo di dignità, di aver gettato un po’ di fango e aver sporcato ciò che univa il saiyan alla scienziata. Era questione di tempo: prima o poi lei sarebbe tornata, magari strisciando.
 
 
 
~ ~ ~
 
 


Che aveva fatto?
Lo domandava a se stesso, desiderando però chiederlo a lei. Non sarebbe stata per sempre fortunata. La terrestre prima o poi si sarebbe fatta male. Molto male. Malissimo.
Lo aveva manipolato? Ci aveva provato, l’ingenua, perché lui non si faceva controllare da nessuno. Le aveva fatto credere di esserci riuscita.
E perché non l’aveva seguita? Perché voleva togliersela dai piedi. Perché voleva spezzarle le gambe.
Sì, era libera, libera di darsi a chiunque. Ma Kakaroth doveva rimanere tra i maiali simili a lui, lui Kakaroth, non lui Vegeta, ovvio; e questo la terrestre già lo sapeva. Quindi, l’aveva fatto apposta, era furba. Era libera. Glielo aveva detto lui stesso. Libera di stargli lontano. Finché la libertà di lei non intaccava, del saiyan, la pazienza. Finché non lo faceva sentire coinvolto in ammorbanti questioni terrestri. Finché non gli faceva perdere tempo, finché non ostacolava la sua trasformazione.
Piegati.
La mano ancora perdeva sangue. Era stato magnanimo. Pizzicava appena che neanche notava di essersela ferita. Aveva notato altro, Vegeta. Continuava a stringere i pugni, il sangue non poteva fermarsi.

Non era uno stupido, avrebbe fatto vivere l’orrore a chi sottovalutava la sua attenzione.
Un bicchiere rotto era sintomo di ridimensionamento, però. Lui ci avrebbe aggiunto due, tre colli. Da rompere. E poteva farlo, poteva far qualsiasi cosa. Nessuno lo avrebbe fermato.
Si stava facendo influenzare. Il morbo perbenista dei diversi da lui era in agguato. Ci teneva a rimaner cattivo. Ed era tornato alla Capsule Corporation prima di lei. Averlo scoperto però, era stato simpatico come quando Dodoria gli diceva di essere una sporca scimmia e Zarbon ci rideva sopra aggiustandosi la treccia; mentre il primo lo bloccava e il secondo gli pestava la testa. Il grassone e il viscido avevano fatto una fine veramente simpatica, poi.
Bulma non lo aveva seguito come accaduto in mattinata. La terrestre aveva altro da fare anziché girellargli intorno ventiquattro ore al giorno.
Fuori, il buio. E l’ora della cena, quella dei genitori della ficco-il-naso’, era passata da un pezzo; lui non aveva voluto unirsi alla tavola.
Vegeta voleva rendere veramente simpatica anche lei. Lo stava desiderando. 

Sentì delle voci provenire dabbasso, era tornata.
 
 
 
 
«Bulma, raggiungo tua madre in camera, era molto triste oggi, mi ha detto che tu e Yamcha non vi sposerete più.»
«Sì, è vero.»
Il suo vecchio non chiese nulla, aspettò che lei parlasse ma vendendo che non era intenzionata a sbottonarsi, lasciò stare.
«Comunque, per la gravity room, se continuiamo così la finiremo prima della data stabilita.»
«Sono d’accordo con te, pa'.»
«Vegeta ne sarà entusiasta.»
«Sarebbe il minimo.»
Sua figlia non voleva parlare.
«Ci vediamo domani in laboratorio.»
«Buonanotte, papà.»
 
 
 
Non hai sedici anni per fare l’adolescente in crisi che risponde male ai genitori.
 
Pensò, aprendo il frigorifero. Era prevista una cena in solitudine.
«Panna spray e fragole!»
Le aveva così tanto desiderate, che qualcuno aveva ascoltato le sue preghiere. Anche alla sua mamma piacevano.
Aprì l’anta del mobile sopra di lei, scelse l’insalatiera. Poi, lavò le fragole, liberandole delle foglioline verdi, e spruzzò la panna nel recipiente. Ci tuffò dentro i frutti rossi e li guardò affondare dolcemente. E poi, andò a sedersi sul divano del salotto. Ne aveva avuto abbastanza di uomini per quel giorno. Alla faccia loro, agitò il barattolo di panna e, ficcandosi il beccuccio in bocca, si lasciò riempire di soffice, di latte vaporoso. Doveva dimenticarsi della faccia di Yamcha e dell’amarezza di cui l’aveva rimpinzata Vegeta.
Ne spruzzò troppa e le uscì dalla bocca.
 
«Sei disgustosa.»
 
Per poco, non soffocò.
 
«Vegeta!»
 
Sempre nel momento sbagliato.
 
«Da quanto sei qui?»
«Da quando ti ho vista fare quella schifezza.»
«Non ti piace la panna? Peccato. Comunque, nessuno ti obbliga a guardarmi, puoi sempre girarti dall’altra parte, o andar via... l’ultima ti riesce benissimo.»
«Non mi conosci.»
«Sto imparando», a mie spese.
 
Ma Vegeta si avvicinò comunque, nonostante amasse starle lontano. Nonostante sapesse che era meglio starle lontanissimo.
Bulma lo seguì con gli occhi e lo vide sedersi di fronte a lei. C’era da insospettirsi.
Con una fragola, la scienziata alzò altra panna che si portò alla bocca. La avviluppò con la lingua, prima di ingoiarla affamata e arrogante. Vegeta la fissava. Se non altro, aveva trovato un modo per attirare la sua impenetrabile attenzione.
«Sicuro che non ne vuoi? Scommetto che nemmeno sai cosa sia.» e vi aggiunse un risolino. Addentò la fragola, il succo colò rosso dalle sue labbra.
Vuoi provocarlo?
A chi? È una pietra, non reagisce.
«Dai, te ne do un assaggio», continuando ad usare le dita, Bulma prese un frutto, lo caricò di panna e tese il braccio verso di lui. Vegeta non si mosse. Lei gli si avvicinò maggiormente, posò l’insalatiera piena di panna sul tavolino basso e si alzò dal sofà.
Stava per sfiorare le labbra del saiyan con quella roba colante, «Ah!», ma Vegeta le strinse il polso costringendola sia a gettare la fragola incappucciata di bianco che a inginocchiarsi davanti a lui.
Non impari mai dai tuoi sbagli. Non te lo aveva permesso in ospedale, ricordi?
«Lasciami – era seria ma totalmente falsa, non voleva essere lasciata – Vegeta, lasciami su-»
Lui obbedì. Le dispiacque.
A differenza di Yamcha, Vegeta mi ascolta.
Ma non puoi negare che ti abbia costretta a piegarti.
È accaduto anche quando abbiamo fatto l’amore.
S’accucciò più seducente, le stava venendo voglia, ma si accorse di essere stranamente fresca: il polso che lui le aveva toccato era bagnato, stava colando via qualcosa. Non era panna. Guardò: sangue. Che non era il suo.
Già, lo aveva dimenticato, lui si era ferito sbriciolando un bicchiere di vetro. Lo aveva fatto arrabbiare.
«Ti... ti sta uscendo, perdi sangue.»
Vegeta le elargì occhi inamovibili. 
«Mi fai vedere?»
Il saiyan non rispose ma si fece sfiorare. Girò il palmo verso l’alto e si lasciò prendere la mano dalle più piccole di lei.
«Sono tagli lievi, posso medicarti, se vuoi.»
 Così era iniziata tra loro.
«Non è necessario.», un permesso sottinteso.
 La tua pelle calda mi manca. Lo sai?
Bulma si prese la libertà: posò un bacio sulle ferite e le sue labbra si sporcarono di un rosso diverso, dal sapore sia amaro che dolciastro. Continuò, carezzando i tagli, ci passò la lingua sopra. Disinfettante naturale. E al gusto della panna si unì quello del sangue.
Era questo il dolce che non aveva assaporato. Mancavano le schegge di vetro.
 
Perderei me stessa per te. Ora guardami, Vegeta.


Non era quello il piano per renderla veramente simpatica. La lingua soffice e dardeggiante della terrestre lo fece grugnire.
In quel modo, lei non era simpatica.
«Smettila... », era un ordine?
«Dovresti cercare di rilassarti. Sei sempre troppo nervoso.»
Lui avrebbe ribattuto con concentrato; ma non fiatò. Non per parlare.
Coraggiosa, chinata sulle ginocchia; il saiyan la vide intrufolarsi fra le sue cosce muscolose e aggrapparsi alla cinta dei pantaloni. L’ardiglione venne via semplice, lei lo sfibbiò. E, con certa prescia, gli tirò giù la patta dei jeans.
Vegeta rimase zitto: la foga era bazzotta e lei lo stava già sbocconcellando delicata. Anche le dita erano piacevoli: viaggiavano su e poi giù, piano, decise.
La libertà... Gliene stava dando troppa.
Che c’è, Vegeta? Non scappi più adesso?
Il saiyan inspirò profondamente, si trattenne, si irrigidì. Ma non chiuse gli occhi, non si lasciava andare perché... Troppo intenso, decisamente diverso.
Chi sei?
Vegeta si chinò su di lei e le afferrò la testa forzandola a smettere. Gli interessava verificare. Aveva avuto un’intuizione.
Doveva capire. La annusò da vicino, non aveva aspettato altro. Affondò il viso sotto il collo di lei.
«Il tuo odore... », cominciò.
«Mi sono fatta la doccia –  a Bulma tremò la voce fra due labbra appena gonfie – non sono sporca né sudata.», si scongiurò.
E invece c’era un olezzo particolare. Dove l’aveva sentito lui? Non riusciva a ricordare, ma non gli era estraneo. Non era la prima volta che gli capitava di sentirglielo addosso. Anche quando lei si era infilata nella navicella spaziale, pensando di salvarlo, lui aveva percepito oltre al profumo della terrestre quell’odore. 
Bulma provò ad alzarsi, vogliosa di accoppiamento. 
Stai giù.
Vegeta invece le impedì di prendere una posizione comoda. Prima, il saiyan doveva comprendere. Sapeva di essere vicino alla verità, aveva bisogno di qualche minuto in più. Il suo olfatto era infallibile.
Ecco, si stava formulando un’immagine, una situazione. C’entrava anche l’ospedale.
Un odore che lui stesso si era sentito addosso.
 
Strano.
 
 «Questo fetore su di te, mi fa schifo», e lei avvertì i denti dell’animale indugiare sulla pelle della propria giugulare.

Bulma arrivò presto a fare i giusti collegamenti: Yamcha l’aveva abbracciata, baciata, per poco tempo, ma pareva esser bastato a lasciare delle tracce. Vegeta era un animale attento. Le conveniva non mentire.
«Qualcuno ha tentato di starmi molto vicino, oggi. Sarà l’odore di questa persona che senti. È un problema?»
Ecco l’evidenza, l’esame per la verifica dei limiti della propria libertà che, se tale fosse stata, non avrebbe dovuto averne.

La terrestre aveva detto il vero, non era una frottola. Quel puzzo di altro coincideva con la sua intuizione, e non solo. E allora il piano poteva diventare veramente simpatico per più di una persona.
No. Nessun problema.
Pensò Vegeta, mentre evitava di staccarle a morsi la gola scegliendo di alzarsi calmo e sistemarsi le vergogne ancora bazzotte nei pantaloni; con altrettanta cautela.
 


Continua…
 
Note:
1) Non ci saranno molte note, tranquilli. Nuovo capitolo e spero vi sia piaciuto. Mi sono persa qualcuno di voi dallo scorso quattrodicesimo, Tre teste immerse nell’acido formico. È certamente capitato, se non lo avete letto recuperatelo qui cliccate.
Ringrazio tutti per avermi sostenuto e per continuare a sostenermi, scrivendomi, o in silenzio o mostrando in qualche modo che mi state seguendo.
2) Capito ora il disegno? In realtà per come vanno le cose è pure ironico, forse fuori luogo, però mi sono venuti così e pazienza. Sì, se vedete un calo della qualità grafica è perché sono stanca, ho impegni e mi sono pure fatta male. T_T
3) Che ne pensate? Non potevo lasciare che tra Yamcha e lei finisse tutto al giorno in cui lei lo ha scaricato in ospedale, volevo un confronto. E di Vegeta? Io non ce lo vedo geloso apertamente, non a questo punto del loro rapporto, ma detro lo immagino cominciare a bruciare, poi va be' lui coprirà tutto con scuse tipo, la terrestre perde tempo e non mi costuisce la gravity room.
4) Per chi avesse voglia di frugare tra le mie storie vi elenco i miei parti e se ci cliccate sopra vi rimanda direttamente alla pagina:

 

 
Ultima edizione del torneo Tenkaichi: ci siamo appena liberati dell'eroe Son Goku, che se ne va con Ub,
ma la competizione va avanti, perché il mondo gira bene e gira anche meglio senza di lui (ti adoro Goku); in specie per una coppia che sta per nascere. Una Marron che parla e un Trunks che agisce. Roba mai vista. Buona lettura.
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ATTENZIONE: ALLA FINE DELLA OS È PRESENTE UNA BREVISSIMA ANTEPRIMA DEL CAPITOLO 14 DI STANDBY
 
Autore: Evil Daughter | Pubblicata: 27/04/21 | Aggiornata: 27/04/21 | Rating: Verde
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Het | Note: Missing Moments | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Goten, Marron, Trunks | Coppie: Marron/Trunks

 
Più la nascondi, più la verità torna a galla. Come un cadavere.
Il piccolo Trunks scoprirà qualcosa che il suo papà non potrà più nascondere.
Dal testo:"Si misero entrambi a ridere, brillavano gli occhi a tutti e due. Di fantasia, di ludico e puerile.
Ma quando il vento cessò, abbassando le polveri, e i toni della terra si rivelarono essere più chiari e diversi rispetto a ciò che malamente inumavano; poco lontano da loro e dal cratere camuffato di verde spoglio, un misero dettaglio – qualcosa di forma strana, quindi aliena come aveva detto Trunks – apparì."
Easter egg per voi. Buona lettura.
 
Autore: Evil Daughter | Pubblicata: 03/04/21 | Aggiornata: 03/04/21 | Rating: Giallo
Genere: Drammatico, Introspettivo | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Het | Note: Missing Moments | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Bulma, Goten, Radish, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta

 
Fresco di battaglia contro l'inferno tinto di rosa, Vegeta torna sulla Terra. Dove deve affrontare Bulma e soprattutto se stesso.
Per cuori teneri e putridi come il mio.
Attenzione: c'è un alto tasso di zuccheri che incontrerete nel leggerla.
 
Autore: Evil Daughter | Pubblicata: 28/11/20 | Aggiornata: 28/11/20 | Rating: Giallo
Genere: Drammatico, Introspettivo | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Het | Note: Missing Moments | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta

 
Le accarezzò le piccole labbra vergini e rosee, sfiorandole delicatamente.
La stava mettendo in guardia, e comunque sembrava intenzionato a capire se anche lei era pronta a rendersi realmente colpevole.
 
Autore: Evil Daughter | Pubblicata: 15/10/20 | Aggiornata: 15/10/20 | Rating: Rosso
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Het | Note: Missing Moments | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Pan, Trunks | Coppie: Bulma/Vegeta, Pan/Trunks

 

Una OS? No, un pugno allo stomaco. Dal Principe dei Saiyan aspettatevelo, non sarà piacevole.
 
Autore: Evil Daughter | Pubblicata: 09/10/20 | Aggiornata: 09/10/20 | Rating: Arancione
Genere: Drammatico | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Het | Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta

 
Questa OS è una ciambella senza il buco. Buona lettura.
«E togliti! Se ancora non te ne sei accorto, non sono più una bambina, non devi permetterti di toccarmi con tanta leggerezza!»
Fu in quel momento che Trunks iniziò a capire.
 
Autore: Evil Daughter | Pubblicata: 23/08/20 | Aggiornata: 23/08/20 | Rating: Rosso
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Het | Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Personaggi: Pan, Trunks | Coppie: Pan/Trunks

 
L’incubo rosa è finito.
Bulma ha preparato una festa. Al termine di questa, la scienziata scambia un breve discorso col suo amico più fidato.
Brevissima, delicata. Quasi intima. Buona lettura.
 
Autore: Evil Daughter | Pubblicata: 14/07/20 | Aggiornata: 14/07/20 | Rating: Giallo
Genere: Drammatico, Malinconico | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Het | Note: Missing Moments | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Bulma, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta

 
«Papà, tu sei arrabbiato con me?»
Domandò la piccola, con la vocina tenera e singhiozzante.
«No, Bra. Papà non è arrabbiato. Papà... ha avuto paura.»
 
Autore: Evil Daughter | Pubblicata: 19/04/20 | Aggiornata: 19/04/20 | Rating: Giallo
Genere: Slice of life | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Nessuna | Note: Nessuna | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Bra, Vegeta

 
 
   
 
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