Nairobi
racconta il suo passato ad Emilio,
spiegandogli quanto abbia duramente lottato per ottenere la rivincita
su una
vita beffarda e crudele: un’infanzia traumatica, dopo la fuga
di suo padre, l’adolescenza
in un quartiere malfamato assieme alla madre e al compagno di lei,
l’innamoramento
per il padre di Axel, la gravidanza inattesa e l’arrivo del
suo bambino, la
perdita di lui a soli tre anni, la droga, la galera…
Il
giovane Yerevan comprende solo allora
quanto quello di Ginevra sia solo l’ennesimo trauma che
quella povera donna sta
patendo.
“Perché
non mi parli anche dei bei momenti? Sai
che ricordare le belle cose, spesso serve a risollevare il proprio
stato d’animo?”
– dice Emilio, tentando il tutto e per tutto pur di vederla
sorridere.
E
quell’osservazione più che sensata, porta
la mente di Nairobi ad uno dei tanti episodi felici vissuti nella sua
vita.
“Quando
conobbi tuo padre, ero alquanto
scettica e ammetto che non amavo le sue avance”
“Quindi
mi stai dicendo che conoscerlo è
stato uno dei momenti belli?” – le sorride lui,
cercando di sdrammatizzare.
“Così
come lo è stato sposarlo, avere dei
figli da lui…”
“Hai
detto che non ti piacevano le sue avance…
immagino per il lato da casanova che aveva!” –
commenta Emilio, ben consapevole
della fama di suo padre.
“Però,
alla fine, ha saputo conquistarmi, e
ti assicuro che, una volta scoperto il suo lato più dolce me
ne sono follemente
innamorata. Non vedevo più quello che sembrava un rozzo
omaccione, ma l’uomo
che mi avrebbe regalato la felicità che cercavo da
tempo!” – confessa, e al
ricordo del fatidico momento in cui tutto le è apparso con
più chiarezza, il
cuore le sussulta, proprio come allora.
E
di fronte ad una dichiarazione così
esplicita, seppure velata da un immenso dolore, il ventisettenne
riconosce - “Te
lo leggo negli occhi che lo ami tanto! Allora spiegami una
cosa…perché ti sei
allontanata? In fondo, sai bene anche tu che la sola medicina al questo
malessere
interiore che vivi, è lui”
“Se
ti dicessi che sono masochista?” – le
parole della gitana arrivano dirette e violente al cuore del
venezuelano.
“Non
farti altro male, oltre quello che già
la vita ti ha dato ingiustamente” – di fronte al
deperimento mentale e fisico
di Agata, Emilio non può non darle consigli appellandosi ai
racconti del
passato di lei, ascoltati con attenzione poco prima.
Un
sorriso forzato si disegna sul viso della
Jimenez, consapevole della verità ma fortemente combattuta
nell’accettarla, per
via dei suoi dilemmi interiori.
“Parlo
sul serio” – insiste Yerevan,
adagiando la sua mano su quella della donna, che mantiene lo sguardo
basso.
La
vicinanza a quel giovane ventisettenne
sembra donare ad Agata degli attimi di apertura con il mondo esterno e
averlo
accanto diventa di vitale importanza per il suo stato emotivo, messo a
dura
prova da quanto accaduto. Si
sente
alleggerita di un peso emotivo che la stava distruggendo.
“Non
avrei mai pensato di poter trovare una
complicità tale con qualcuno conosciuto da meno di
24ore”- aggiunge lei, piacevolmente
colpita.
“Se
hai bisogno di qualcuno che ti ascolti,
sai che abito sotto il tuo tetto ormai” – le porge
la mano pronto ad uscire con
lei per raggiungere il gruppo.
Così,
la gitana si alza e prima di lasciare
la camera, torna a guardarsi allo specchio.
“Sei
bellissima, non dimenticarlo mai!” – le ripete
Emilio, costatando quanto sia
vero quello appena detto. Non sono solo parole pronunciate allo scopo
di
accrescere l’autostima della gitana, ma è
palesemente un dato di fatto: Nairobi
è davvero una donna bellissima, come poche e merita di
sentirselo dire sempre.
“Sei
un tesoro”- risponde lei, accennando,
finalmente un sorriso.
Il
ragazzo arrossisce potendo ammirare il
volto rilassato della matrigna e mentre la donna continua a fissare se
stessa
riflessa allo specchio, cercando di tranquillizzarsi, lui fa lo stesso,
non riuscendo
a smettere di guardarla.
“C’è
tanto da imparare da una leonessa come
te!” – si complimenta poi, una volta lasciata la
stanza.
“Sei
il degno erede di Bogotà, ho rivisto
molto di lui in te, forse per questo c’è molta
complicità tra di noi!” –
commenta la gitana.
“Allora,
se con lui non riesci a sfogarti, se
in me rivedi mio padre, sfrutta questa cosa a tuo vantaggio. Fingi che
io sia tuo
marito, arrabbiati con me, piangi, ridi, prendimi anche a schiaffi se
ti fa
stare meglio” – i consigli del ventisettenne sono
sinceri e sentiti profondamente;
ha preso davvero a cuore la faccenda, probabilmente più di
quanto avrebbe mai
immaginato.
Agata
apprezza tanto il gesto di quel ragazzo,
fino a poche ore prima, sconosciuto. Per ringraziarlo di quelle premure
e
attenzioni, gli si avvicina e lo abbraccia.
Emilio
è noto per essere grande e muscoloso,
proprio come lo era suo padre a quell’età.
Probabilmente alto quasi quanto
Nairobi, i due sembrano davvero una coppia di coetanei in un attimo di
dolcezza
smisurata. Imbarazzato dal gesto, Yerevan lascia che le braccia esili
di lei si
avvolgano al suo collo, però la sua posizione è
di ghiaccio.
Lui,
immobile, di fronte ad un affettuoso e
materno abbraccio, sente accrescere dentro se il desiderio di rimediare
alla
faccenda brutta che tutti vivono. Anche
se,
probabilmente, ciò che avverte adesso ha poco a che vedere
con la salvezza di
un matrimonio.
Esita
a ricambiare la stretta, rimanendo
impassibile, mentre Nairobi continua a sussurrargli parole di
ringraziamento.
A
quel punto, nella mente del giovane una
vocina gli sussurra “Stringila a te”,
“Non lasciarla andare via”, “Ha bisogno
di qualcuno che le dia calore”.
Ma
appena è prossimo a lasciarsi andare, con
le mani ormai prossime a toccarle la pelle, accade qualcosa che lo
frena giusto
in tempo.
“Mammina,
Emilio, cosa fate qui da soli?”-
domanda Sebastìan vedendo i due nel
corridoio.
“Tesoro
mio, stavamo venendo in salone” –
risponde Nairobi, asciugandosi il viso dalle lacrime.
“Non
piangere più, ti prego” –
l’attenzione
del piccolo si focalizza immediatamente sul dettaglio del volto
materno, perciò
la supplica di smettere, esausto di vedere la depressione dei genitori.
“Non
lo farà più, fratellino! Fino a quando
ci sarò io qui, ti prometto che la tua mamma
sorriderà” – si intromette
Yerevan, prendendolo in braccio, proponendogli di giocare
all’aereo.
Mentre
i due consanguinei si divertono a
correre e volare tra risate e allegria, la Jimenez li osserva e pensa a
quanto
sia stato essenziale incontrare Emilio e potergli raccontare di se.
A
passo lento percorre i pochi metri rimasti
prima di riunirsi alla squadra.
“Ehi,
va tutto bene?” – le domanda
immediatamente Tokyo vedendola arrivare, preoccupata di quel ritardo.
“Si,
ora sto meglio” – la tranquillizza la
gitana – “Tutto merito di Yerevan. È un
ragazzo d’oro” – spiega.
Mentre
la gitana ricopre il figliastro di
complimenti, Denver cambia argomento perché nota un
dettaglio che la stessa
Selene aveva ignorato.
“Sbaglio
o quest’ abito blu lo indossasti
quella famosa sera…?”
“Già,
Denver ha ragione! Me lo ricordo anch’io,
hai steso una decina di ragazzi alla festa…”
– si intromette Rio.
“E’
uno schianto, vero? Anche se sono
trascorsi 14 anni, sei una figa da paura!” –
aggiunge la Oliveira, appoggiando
i due Dalì che vogliono in quel modo regalare alla loro
compagna un momento di
spensieratezza tra vecchi ricordi.
Bogotá,
rientrato dalla veranda, proprio in
quei minuti, seguito da Helsinki, scruta la moglie alle prese con dei
racconti
passati.
“Wow,
Nairo! Ma sei meravigliosa” – anche il
serbo ha solo belle parole per la gitana.
È
il saldatore a non proferire parola,
seppure non indifferente al fascino di lei.
Tra
marito e moglie c’è il gelo totale e i
silenzi reciproci sono percepiti dai presenti che comprendono quanto la
situazione
sia ormai fuori controllo.
“Amico,
devi sapere che tua moglie aveva una
fila interminabile di uomini che volevano essere suoi per una
notte” –
ridacchia Denver, sperando di aizzare il fuoco e alimentare la gelosia
del
saldatore, così da verificare se era rimasto un briciolo di
speranza per la
coppia.
“Papà,
non credi che sia uno schianto?” – anche Emilio, raggiunto il
gruppo, interviene
per dare una scossa al genitore e smuovere le acque tra lui e la
consorte.
“Meno
pagliacciate e piuttosto diamoci una
mossa con le ricerche!” – Bogotá non ha
nulla da dire se non occuparsi della
faccenda che più gli interessa.
Si
allontana alla ricerca di Hanna con la
quale vuole parlare del ruolo che avrà nella scuola dei
gemelli, ed ignora
Nairobi destabilizzandola nuovamente. Solo allora, la Jimenez si
accorge di
quanto il suo matrimonio sia ormai finito. Non si tratta più
di una pausa di
riflessione… dietro quella idea di “pausa di
riflessione”, c’è la sensazione
sempre più forte di una rottura totale, una rottura
insanabile.
**********************************************
La
prima notte dei figli di Bogotá in quella
casa è movimentata.
Alba
e Sebastìan non danno tregua ai fratelli
e alle sorelle maggiori.
“Voglio
dormire con voi” – insiste l’undicenne
con le due femmine della famiglia.
E
il piccoletto pretende di condividere il
letto con Emilio.
Il
caos nel corridoio insospettisce Nairobi
che, indossando la sua vestaglia di seta nera, e le babbucce, raggiunge
la
fonte di quel casino.
A
pochi passi dalla stanza dove la donna
ormai pernotta, ci sono tutti e nove i figli di Bogotà.
Appena
si accorge dei capricci dei suoi
bambini, la gitana , come da sempre è solita fare,
interviene a modi
comandante. Finalmente sente, in parte, di essersi liberata dal suo
blackout
emotivo, durato tre giorni che apparivano
un’eternità.
Fischia
per attirare l’attenzione e zittire
il gruppetto. Poi a passo rapido li raggiunge e dice - “Al
mio 3, ciascuno
nella sua stanza. Sapete che mi arrabbio e se mi arrabbio
poi…” – precisa,
alzando una mano in aria, pronta per il breve conto alla rovescia. La
ramanzina
è diretta ai minori ma viene ben colta anche dai grandi che,
senza aggiungere
altro, si chiudono ciascuno nella propria camera.
Yerevan,
che ha assistito alla scena
divertito, è sollevato di vedere una Nairobi diversa da
quella di qualche ora
prima, abbattuta, spenta, e demoralizzata.
Così,
coricatosi a letto, il ventisettenne
spegne la lampada sul comodino, prossimo a cadere tra le braccia di
Morfeo,
lieto di aver contribuito a sbloccare la situazione di
instabilità della
Jimenez.
E
a proposito di Agata…
Qualcuno
bussa alla porta e il venezuelano
resta sorpreso di vedere che ad averlo raggiunto è proprio
la gitana.
“Scusami,
volevo solo ringraziarti, parlare
con te mi fa bene al cuore, sarei lieta se continuassimo a
farlo!”
“Volentieri”
– sono le sole parole che lui le
rivolge, alquanto colpito dal ruolo determinante che Nairobi gli ha
riconosciuto.
Dopo
parole brevi e intense, la gitana va
via, lasciando Yerevan solo con se stesso e con un inaspettato e
bizzarro
batticuore.
Cerca
di sorvolare, stranito da tale
sensazione, pensando sia dovuto alla forte emozione per aver aiutato
una donna
in difficoltà.
Chiude
gli occhi e la prima immagine che la
sua mente gli presenta è proprio quella di Nairobi allo
specchio, con indosso l’ormai
noto abitino blu.
Non
solo questo…
Emilio
dorme e sogna…sogna le sue mani
avvolgere i fianchi di una donna, poi scendere giù fino a
raggiungere il
fondoschiena.
Mani
che si immergono in una folta
capigliatura scura.
Mani
che accarezzano delle braccia esili.
Poi
finalmente la figura si palesa…e un grido
prende il ragazzo che si sveglia di soprassalto, sudato ed agitato.
“Che
cazzo mi succede” – parla a se stesso.
Possibile
che tra tante donne che avrebbe
potuto sognare, ha sognato proprio la sua matrigna?
Non
c’è nulla di rassicurante in tutto ciò,
probabilmente interferire troppo in una relazione instabile, al solo
scopo di
aiutare, può essere più un male che un bene.