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Autore: Ivy001    25/05/2021    2 recensioni
Quando la felicità di una famiglia viene distrutta da un evento inaspettato e inspiegabile...qualcuno scompare, la Banda si riunisce
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Nairobi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono le tredici in punto quando la campanella segna la fine della giornata scolastica.

“Ricordate che lunedì ci sarà la prova di matematica. Vi voglio in gran forma, studiate per bene in questo fine settimana, mi raccomando” – ricorda l’insegnante agli studenti, una classe numerosa di ben ventidue bambini di sette anni, euforici per l’inizio del weekend.

Salutandoli uno ad uno,  la docente torna a sedersi alla cattedra, decisa a trattenersi una mezz’ora in più rispetto all’uscita solita per la correzione di alcuni esercizi svolti dagli allievi.

Nota, però, che in aula è rimasto qualcuno.

“Ginny, tesoro, hai bisogno di qualcosa?” – le domanda, visto che la bambina tarda a lasciare la scuola.

“Volevo solo dirle, maestra, che alla fine ho seguito il suo consiglio” – racconta la piccola, sistemandosi lo zaino sulle spalle.

La donna, confusa, non capisce. E la sua espressione stranita viene percepita da Ginevra che le spiega subito dopo – “Mi riferisco al diario!”

“Ah, certo! Il diario segreto…e dimmi, ti sta aiutando averne uno su cui annotare tutto?”

“Certo. Ho scritto tanto..” – comunica la bambina, entusiasta.

“Sono contenta, scommetto che migliorerai anche nella scrittura”

“Posso chiederle una cosa?”

“Dimmi pure”

“Sono libera di scrivere tutto, giusto? Proprio…tutto tutto?”

“Quello che ti fa stare bene. Usalo come se fosse un’amichetta a cui confidi ogni tuo segreto. Quest’amichetta non ti giudicherà mai, ma ti ascolterà ogni qualvolta tu avrai bisogno di sfogarti!” – ribadisce l’adulta, dopo aver raccontato, durante la ricreazione, giorni addietro, della bellezza di un diario così.

Fu la passione con cui raccontò di quando lei stessa ne scrisse uno, ad intrigare Ginevra e a convincerla a prendere un quaderno e a utilizzarlo come scrigno segreto.

“Puoi scrivere cosa fai durante le giornate…puoi raccontare di te…insomma, pensa che quella che hai davanti, non è una pagina di carta, ma una persona che ti vuole conoscere e che può custodire segreti senza spifferarli a nessuno!”

Quell’idea piace molto a Ginny che, elettrizzata, ringrazia la maestra per l’ennesimo suggerimento.

In quell’istante, la conversazione tra le due viene interrotta dall’arrivo del bidello, il simpatico signor Lucas, entrato nell’aula con l’intenzione di lucidare i pavimenti.

Il tizio, i cui baffi lunghi e neri hanno da sempre divertito i bambini di quella scuola, sobbalza notando la presenza della docente e della studentessa.

“E voi cosa fate ancora qui? Sapete che oggi è venerdì, vero?”

“Stavamo andando via!” – si scusa la maestra, cambiando i programmi. A quel punto, avrebbe sistemato le sue faccende scolastiche durante il pomeriggio, tra le mura domestiche.

“Buon fine settimana, signorina Jones” – aggiunge l’uomo, apprestandosi a pulire l’intera stanza.

“Lucas, non dimenticare che i miei alunni mi chiamano maestra Honey!” – precisa la donna, sorridendo.

“Hanno ragione, è la dolcezza in persona” – si complimenta il tizio.

Dopo rapidi saluti, l’adulta, assieme a Ginevra, esce dall’istituto.

“Possibile che sei la solita ritardataria?” – brontola Sebastìan, rimasto davanti l’uscio della scuola ad attendere la gemella.

“I migliori si fanno sempre attendere, non lo sapevi fratellino?”-  risponde lei, con  tanto di linguaccia.

Il bambino alza gli occhi al cielo, arresosi di fronte alla quotidiana modestia della sorella.

“A lunedì, maestra!” – dice la piccola, rivolgendosi all’insegnante che, di fianco a lei, è alle prese con una telefonata.

“A lunedì, bambini!” – risponde rapidamente, e con un cenno di mano li saluta, dedicandosi poi alla persona che l’ha contattata.

I gemelli, mano nella mano, percorrono il viale e raggiungono i parcheggi delle auto.

Tra quelle che sostano lì a quell’ora, molte appartengono a genitori in attesa dell’uscita da scuola dei propri figli. E adesso, il solo mezzo ancora presente è quello su cui i gemelli salgono a bordo.

 “Come mai tanto ritardo?” – domanda Bogotá ai piccoli, sedutisi nei sedili posteriori. “Scommettiamo che Ginevra è la responsabile?” – la punzecchia Alba, seduta, invece, alla postazione accanto a quella di guida.

“Ho dovuto parlare con la mia maestra!” – si giustifica la moretta, giocando con le treccine realizzate da Nairobi con cura quella mattina.

“Ah si? Come mai? Qualche compito non è andato bene?” – chiede il saldatore, accendendo il motore del veicolo, pronto a raggiungere casa quanto prima, visto il brontolio allo stomaco per la fame.

“Nulla d’importante, cose mie” – risponde la piccola, cambiando subito argomento – “Lunedì abbiamo la verifica di matematica”

“Ok, quindi oggi pomeriggio lo trascorriamo tra i libri” – afferma Bogotá, deciso.

Eppure si sa, con lui non funziona mai e infatti anche i bambini, ridacchiando, lo prendono in giro – “Con te, papi, al massimo facciamo un pomeriggio di pacchia!” – a parlare è il maschietto, che con quella battutina fa ridere tutti, incluso suo padre.

Anche il saldatore, infatti, è cosciente di essere poco autorevole con i suoi figli quando si parla di compiti da fare. E così arreso all’evidenza precisa – “Allora sarà vostra madre a tenervi legati alla sedia, oggi! Fossi in voi, mi preoccuperei”

Percorrono i pochi chilometri che li separano dalla villetta, tra prese in giro, risate e leggerezza. La radio trasmette musica spagnola, dando il via al momento nostalgia per una famiglia che, seppure costruitasi in Australia, soffre la lontananza dalla terra natia.

Con il volume in modalità fiesta, i quattro si dilettano a cantare a squarciagola, fino a quando Alba chiede al padre – “Quando potremo andare in Spagna?”

Domanda di cui sa bene la risposta e che vede Bogotá stesso dispiacersi nel ribadirle – “Non si può, non ancora. Quando diventerai adulta, avrai la tua libertà, potrai recarti dove vorrai. In fondo, nessuno sa della vostra identità. Perciò, come vi abbiamo detto tante volte, solo allora potrete girare il mondo”

“Io non voglio andare in Spagna” – precisa Ginny, quasi disprezzando quel posto.

“Scherzi? È casa nostra” – risponde Alba.

“Casa mia è Perth!” – la reazione della bambina spiazza anche il capofamiglia.

“Tesoro, lì potrai scoprire le tue radici!”
“Axel vive a Madrid, lo ha detto la mamma!” – la puntualizzazione di Sebastìan, desideroso di conoscere suo fratello, irrita Ginevra che però non replica, ma borbotta a bassa voce – “Appunto per questa ragione non voglio recarmi lì. Io quello non lo voglio vedere…mai nella vita”

Giunta a casa, i tre vengono accolti da Tokyo che è seduta in soggiorno a chiacchierare con Agata.

E una volta congedata la tenera zia, i piccoli si sistemano a tavola pronti per il pranzo.

Ma prima di servire il pasto, la Jimenez con il cuore in gola, emozionata come non le capita da tempo, comunica ai presenti – “Ho ricevuto una lettera da Axel!”

C’è euforia tra i presenti e soprattutto tanta curiosità di sapere cosa il ragazzo, ormai ventunenne, ha scritto loro.

L’unica, totalmente indifferente alla notizia, è Ginevra, rimasta seduta al suo posto, con l’aria di chi avrebbe voglia di chiudersi in camera ed evitare di ascoltare i soliti paragoni con un fratello lontano e che non ha la minima intenzione di conoscere.

Approfittando dell’attimo di distrazione dei genitori così come di Alba e Sebastìan, la bambina si allontana. Va in camera, apre un cassetto e afferra il suo diario segreto.

È quello il giorno che scrive della sua difficoltà e del disagio emotivo che nutre ogni qualvolta ci si dimentica di lei in quanto Ginevra, e scatta automaticamente il confronto con Axel, figlio che Nairobi ha visto strapparle dalle braccia e della cui lontananza soffre ancora oggi.

Ma c’è un particolare che Agata, nella lettura integrale del diario, non ha potuto costatare.

Quel dì, Ginny ha scritto - “Mamma mi dice sempre che assomiglio a mio fratello maggiore. Si chiama Axel, io non so chi sia, non l’ho mai visto. Però non mi piace questa cosa, io sono Ginevra, non sono Axel. Sono stanca che mamma mi ripete “Sei come lui, hai gli stessi occhi, gli stessi capelli”. Uffa. Lei mi guarda e non vede me, lei vede lui!...” – eppure il discorso della bambina non si è concluso così… - “ Oggi è arrivata una lettera, probabilmente ci dirà che verrà qui! Ho paura che sia davvero così, non sopporterei di vederlo di persona. Forse sarebbe meglio se sparissi per un po'…chissà, magari solo così qualcuno si accorgerebbe che io esisto come Ginevra” – queste ultime righe, sono state scritte e successivamente cancellate.

Se solo la gemella di Sebastìan avesse mantenuto intatto lo sfogo emotivo riportato su carta!! E invece ai Dalì resta niente, solo tanti FORSE, tante incertezze e indizi senza fondo, apparentemente studiati a tavolino per incasinare le loro idee.

**************************************

E’ mattino quando la casa della “famiglia Sanchez” viene risvegliata dal suono del campanello.

Ad aprire la porta è Alba, già sveglia e pimpante come al solito.

“Chi sei?” – domanda, trovando di fronte a se un giovane più che ventenne.

Le basta poco per capirlo – “Axel?”

“Ciao” – saluta lui, accennando un sorriso fin troppo simile a quello di Nairobi.

Rimasta di sasso, l’undicenne è folgorata dalla somiglianza tra la persona appena entrata nella villa, sua madre e perfino Ginevra.

“Siete fatti con lo stampino” – commenta, indicandogli una fotografia alla parete.

E mentre, euforica, corre su per le scale per avvisare i genitori del lieto arrivo, Axel fissa l’immagine alla parete, quella di tutti e cinque insieme, scattata mesi prima e incorniciata a dovere. Foto di famiglia che rappresenta l’emblema della felicità.

Axel non conosce bene Agata Jimenez, se non tramite qualche stampa di giornale o internet, per via delle due rapine passate alla storia.

Eppure in quella donna rivede se stesso e in un battibaleno gli sembra che accettare quella missione sia stata la decisione più giusta e più sensata mai presa in tutta la sua giovane vita.

   
 
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