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Autore: Ivy001    27/05/2021    1 recensioni
Quando la felicità di una famiglia viene distrutta da un evento inaspettato e inspiegabile...qualcuno scompare, la Banda si riunisce
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Nairobi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alba mette la famiglia al corrente dell’arrivo del fratellastro, gridando euforicamente nei corridoi, bussando a tutte le porte delle varie camere. La prima ad essere svegliata bruscamente dai casini dell’undicenne è Nairobi.

“Cosa succede?” – si chiede la donna, stiracchiandosi.

Indossa la vestaglia e, con i capelli ancora in disordine, esce dalla stanza e, brontolando, rimprovera la bambina - “Cos’è questo baccano?”

E la risposta della minore, le fa esplodere il cuore.

“C’è Axel”

Un tonfo al cuore.

Agata trema.

Non ha parole…sente solo di dover correre il più veloce possibile per appurare quanto detto da sua figlia.

Quando raggiunge il salone, dove Axel è in attesa, la gitana non riesce a crederci…il suo adorato figlio, la luce dei suoi occhi, l’amore della sua vita, il cucciolo che partorì con dolore e che con la medesima sofferenza le fu strappato dalle braccia, è adesso a pochi passi!

Con lo stomaco sottosopra e il battito cardiaco accelerato, la gitana avanza verso di lui, che è di spalle, intento ad osservare l’immensità e la ricchezza di quella villa.

“Figliolo” – trova la forza per sussurrare quella parola che sembra quasi magica.

Ed è allora che anche Axel la sente…la voce di sua madre, di cui aveva dimenticato il suono e, udendola, avverte una strana sensazione, piacevole ma a tratti anche estraniante.

“Mamma”- risponde poi, voltandosi lentamente, trovandosi così faccia a faccia con la persona che l’ha messo al mondo.

Il resto della famiglia raggiunge i due in tutta fretta, rimanendo impressionata dalla somiglianza tra loro. Non intenzionati a disturbare quell’incontro tanto atteso, i sette giovani si pongono in disparte ad osservare la scena.

Bogotá, giunge per ultimo nel salone, mano nella mano con i suoi due bambini.

“E’ lui?” – chiede Sebastìan all’orecchio di Alba.

L’undicenne annuisce, elettrizzata dall’evento unico e raro.

Il saldatore, invece, non si pronuncia e, come i suoi figli, si mette da parte, dando modo , ad Agata e al giovane Jimenez, di rincontrarsi e mettere da parte il dolore del passato. Impossibile per il capofamiglia non percepire la forte emozione che ora vive sua moglie.

In fondo sa quanto lei desiderasse quell’incontro e quanto avesse lottato per riavere con sé Axel.

Dimenticandosi momentaneamente dei dissapori di coppia, Bogotá si lascia andare all’emozione.

“Papà, ma stai piangendo?” – domanda Alba al genitore che è di fianco a lei.

“No, avrò un ciglio nell’occhio” – mente, non volendosi mostrare come un piagnucolone.

Ma è Ivana a fare una considerazione sul padre – “La verità è che sei sensibile!”  - e sorridendogli si accoccola al suo petto, ricevendo dall’uomo una dolce e tenera carezza.

Nel frattempo, Nairobi e Axel si osservano senza emettere un singolo suono, come se il silenzio fosse indispensabile per entrambi affinché si scrutassero e si studiassero a vicenda.  Ma è il ventunenne a rompere finalmente il ghiaccio. Ritrovando se stesso negli occhi dell’adulta, le corre incontro e si getta tra le sue braccia: mai come allora, sente di trovarsi nel posto giusto e con la persona giusta.

“Piccolo mio” – sussurra la gitana, riempiendolo di baci, cosa che avrebbe fatto volentieri anche dodici anni prima, quando Alicia Sierra glielo mostrò all’esterno della Banca.

“Ti giuro che quel giorno mi sarei infischiata di tutto e tutti e sarei corsa fuori, da te, per stringerti e non lasciarti più” – confessa, commuovendosi.

“Se avessi saputo che mi utilizzarono per farti del male, avrei evitato” – aggiunge lui.

“Ora sono qui, sana e salva e ho modo di averti nella mia vita. Sappi che non ho alcuna intenzione di mollarti” – gli sorride, mentre le lacrime sembrano interminabili.

Solo in tale momento, Agata si accorge di avere dietro di sé l’intera famiglia e, felice come una Pasqua, è lei a fare le presentazioni.

“Vorrei conoscessi qualcuno di speciale” – dice al figlio, ed indica i sette ragazzi, invitandoli ad unirsi a loro.

“Ehi, benvenuto fratello! A sentire Nairobi che dice che non ti molla più, credo che per te sono cominciai i guai seri” – scherza Julian, stringendo la mano del nuovo arrivato.

Quella battuta fa ridere Axel che riconosce nel gruppetto di coetanei un senso di accoglienza, mai provato prima, neppure con persone con cui ha trascorso gran parte della sua vita.

Uno ad uno i neo Dalì accolgono il ragazzo. È solo Bogotá, volutamente isolatosi, a non essersi ancora esposto. E di questo Agata se ne accorge, costatando che il marito tiene vicini a sé perfino Alba e Sebastìan.

Spiazzata da quel comportamento, la Jimenez si avvicina e, non rivolgendogli parola, prende i bambini per mano conducendoli esattamente dal fratellastro.

Basta poco e i minori, ormai abituatisi a gente straniera che arriva e che entra in famiglia, si sentono a loro agio. Con la loro allegria e dolcezza permettono ad Axel si provare la stessa sensazione.

“Seguici, ti mostriamo casa” – dice Sebastìan, mentre il resto dei giovani si divide. Chi prepara la colazione, chi si chiude in bagno per una doccia veloce, chi sistema la propria stanza, e chi, come i piccoli, fa da cicerone.

In un battibaleno, gli unici rimasti nel salone sono esattamente i coniugi.

“Avresti potuto almeno avvicinarti e presentarti” – commenta lei.

“Avrò modo di farlo. Ho voluto che si sentisse a suo agio prima con i miei ragazzi!”

“Credi che lui possa avere problemi con te?” – la domanda viene posta con tono decisamente brusco.

“Non dico questo, è che ho preferito farmi da parte” – ripete il saldatore.

Marito e moglie si fissano per alcuni secondi, ma senza esprimere altro. E’ Agata per prima ad allontanarsi, sbuffando.

“Non voglio rovinare un giorno tanto importante” – borbotta ad alta voce mentre sale le scale che la conducono diretta al primo piano, nella camera dove alloggia, pronta a prepararsi per affrontare la situazione che sta vivendo e che, da adesso, affronta con uno spirito diverso.

In cucina, invece, si trova Emilio, il quale, dopo la nottata in dormiveglia, ha bisogno di abbondanti dosi di caffè che servono a dargli la carica per la nuova giornata.

Mentre sorseggia il suo Espresso, Yerevan tenta di rimuovere dai ricordi dei flash che continuano a balzargli alla mente. Sono degli scatti che hanno come protagonista il corpo di una donna che lui conosce solo da 24 ore e a cui sente di volere già molto bene… forse, anche troppo.

“Cosa cazzo mi prende?!” – dice a se stesso, rimproverandosi di comportamenti poco ragionevoli, da cui, lui in primis, è totalmente spiazzato.

A distrarlo per un breve attimo è la comparsa di Bogotá, sull’uscio della porta.

Non sembra avere l’aria serena, dopo l’arrivo di Axel in famiglia.

Con in mano il giornale del mattino, raccolto proprio allora davanti casa, il saldatore siede a capotavola, afferra la caffettiera e versa la bevanda, ancora fumante, in una tazzina.  

Emilio fissa suo padre, concentrato sulla lettura del quotidiano, immerso nel suo silenzio e inconsciamente avverte nei suoi confronti un certo senso di colpa: ha sognato sua moglie, dopotutto…

Ma come può dirgli una cosa simile? Soprattutto sapendo la crisi tra loro.

E pensare che nella vita ha sempre seguito una morale, inculcatagli da sua madre: non essere come Bogotà! Non essere un uomo che cede all’ormone, bensì uno che usa il cuore, che non sfrutta la fiducia e i sentimenti di una donna! Queste sono solo alcune delle raccomandazioni materne udite costantemente da Emilio.

Adesso, però, Yerevan avverte un grosso peso sul cuore che si chiama tradimento: tradimento mentale, sia verso sua madre e i suoi insegnamenti, sia verso suo padre, perché è sua moglie che il venezuelano sogna di notte, sia verso se stesso, divenuto ,non volendo, l’esatta persona che, a suo tempo, stabilì di non voler essere.

Teso come una corda di violino, il ventisettenne osserva, con la coda dell’occhio, il genitore intento a fissare pagine di giornale, mentre cerca di scacciare dalla mente i cattivi pensieri. Difficile farlo, soprattutto se c’è un assurdo caos proveniente dal primo piano, ad opera dei suoi fratelli.

 “Ora che ti sei sistemato, che conosci la casa, che sai qual è la tua stanza, possiamo passare alla fase due” – sostiene, entusiasta, Yaris, dopo aver condotto il coetaneo in giro per la villa.

“Cioè?”  - domanda Axel.

“Bisogna battezzarti come nostro fratello a tutti gli effetti” – aggiunge Julian.

“Mi sto preoccupando” – interviene Erik, temendo che i due più scalmanati della famiglia potessero proporre cose imbarazzanti o, peggio, pericolose.

“Volete un patto fatto con il sangue?” – ridacchia il figlio di Nairobi, stando al gioco.

“Pensiamo che tu, per sentirti “di casa”, debba rinunciare a qualcosa e sostituire questo qualcosa con altro” – sostiene il giovanotto greco.

“EH?” – esclamano  in coro Alba e Sebastìan.

Interviene subito Drazen, intuendo il tutto – “Tranquillo, amico! Niente sangue, ma questi due scemi vogliono che tu diventi Dalì come noi”

“Un Dalì?” – ripete, confuso, il ventunenne.

“Ebbene sì, e per farlo c’è un requisito da rispettare”  - aggiunge Quito.

**************************

Sono passate da poco le dieci quando la Banda raggiunge la villa della famiglia allargata.

“Hanna, sei pronta per la tua missione?” – chiede il Professore a Vienna, ricordandole di fare attenzione e di servirsi di una microspia per spiare chi incontrerà.

“Vedrai ce non la noterà nessuno” – precisa Stoccolma, sistemando la cimice sulla giacca azzurra della ragazza, ben nascosta da un bottone.

“Sicura di non volere che ti accompagniamo?” – le ripropone Emilio per la centesima volta, preoccupato per la sorella.

Nairobi sorride di fronte al lato protettore di Yerevan e così gli si avvicina e, con una mano sulla sua spalla, gli sussurra all’orecchio di stare tranquillo.

Agata è ignara che la sua vicinanza non fa bene al venezuelano come lei spera. Anzi, alimenta solo pensieri che lui cerca di scacciare da ore ormai.

E mentre la Banda congeda Hanna che lascia casa, arriva in salotto Axel, scortato da Yaris e Julian. Dietro i tre, ci sono Erik e Drazen, arresisi alle manie protagoniste dei consanguinei più scalmanati del gruppo.

Tra l’incredulità dei presenti, è Agata a fare le presentazioni ufficiali.

Fiera del suo adorato figlio, lo vanta e lo mostra come un trofeo, un trofeo che le spettava di diritto da troppo tempo e che finalmente ha vinto.

Il gitano viene abbracciato, stritolato dalle braccia di Helsinki, sbaciucchiato da Tokyo in lacrime, accolto teneramente da tutti.

“E’ un onore averti nella squadra” – dice Sergio, accennando un sorriso compiaciuto.

“L’onore è il mio” – aggiunge il ragazzo, sancendo l’amicizia con una stretta di mano.

Il momento di conoscenza raggiunge l’apice con la presa di parola di Bogotá.

Il saldatore, finalmente , si avvicina al ventunenne e dopo averlo osservato attentamente, occhi negli occhi, dice – “Io sono Bogotá… per me non è un onore averti nel team…”

Quella frase spiazza il gruppo, e pone Nairobi in allerta.

Incredula da quanto sentito, sta per scagliarsi contro il marito.

Ed è l’uomo stesso ad impedirlo, precisando – “Per me, invece, è un onore averti in famiglia…. figliolo”

I Dalì tirano un sospiro di sollievo e perfino la Jimenez si rilassa quando li vede abbracciarsi.

“Adesso sì che ci siamo tutti” – conclude il saldatore, visibilmente commosso.

“Un attimo” – interviene Yaris, alzando la mano, come si è soliti fare a scuola per prendere parola.

“Piantala” – lo rimprovera Ivana, dopo aver udito dalla sua stanza tutti i discorsi dei fratelli con Axel.

“Che succede, Mykonos?” – domanda Denver, incuriosito.

“Anche Axel è un Dalì ormai… e cosa rende un Dalì un vero rapinatore?”

Segue il silenzio e gli sguardi confusi della banda.

È Sebastìan a gridarlo – “Il nome di città”

“Promossooo” – gli fa un applauso Julian, generando allegria.

“Hai ragione, sei libero di scegliere se prendere o meno un’altra identità” – precisa Marquina.

Axel, stranito da quella proposta, apprezza l’idea che non gli dispiace affatto.

Così, senza esitare, comunica – “Non ho bisogno di pensarci troppo! Ho già scelto un nome”

“E quale?” – chiede, interessata, la gitana.

Un po' di suspance…poi il ventunenne rivela - “Avana!”

“Avana?” – resta spiazzata Nairobi  - “Come mai? Ha qualche significato speciale?”

“Si, su quell’isola dei Caraibi sono cresciuto ed è la terra che mi rappresenta!”

“Bene, vada per Avana, allora! Benvenuto tra i Dalì” – conclude il Professore.

A quel punto tutto è pronto e Hanna, uscita di casa da pochi minuti, è diretta verso la scuola dei gemelli, con il cuore in gola e l’ansia alle stelle.

Adesso sì che la partita ha davvero inizio…

   
 
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