Anime & Manga > Sailor Moon
Segui la storia  |       
Autore: Urban BlackWolf    29/05/2021    4 recensioni
Possono i desideri personali, l’ambizione insita in ognuno di noi, la latente frustrazione che comporta il ritrovarsi a tirare parzialmente le somme della propria vita vedendo quanto si è dovuto rinunciare per aver fatto scelte diverse, oscurare l’amore che fino a pochi istanti prima si considerava il punto di forza di tutta la propria esistenza?
Questo Michiru non lo sa, ma lo scoprirà presto.
Sequel dei racconti:
”l'Atto più grande”
“Il viaggio di una sirena”
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La vita che ho scelto

 

Sequel dei racconti:

l'Atto più grande”

Il viaggio di una sirena”

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

I colori dell’anima

 

 

Concentrandosi su loro stesse, spensero la televisione e i fuochi per sedersi poi sul divano, l’una accanto all'altra, Haruka a non spiccicar parola e Michiru a cercare di trovare le più indicate per spiegarle tutto.

“In effetti Kristen c’entra nel mio salto a Berna, ma non come hai scioccamente pensato tu. - Iniziò sedendosi più comodamente. - Quando domenica sono andata a Castel Grande convinta che ci fossero dei problemi con la sua temporanea, in realtà mi voleva solo vedere per chiedermi una cosa; ovvero di poter avere una raccolta dei miei quadri.”

“Un’altra omissione.” Sottolineò Haruka riferendosi al fatto che la compagna non le avesse detto subito della Kocc.

“Ruka ti prego, non interrompermi.”

La bionda ghignando scosse la testa facendole notare quanto tutta la loro abitazione fosse piena zeppa di sue opere e l’altra ne bloccò immediatamente il sarcasmo continuando la spiegazione.

“Se ben ricordi Kristen usa uno stile contemporaneo che nulla ha a che vedere con il paesaggismo che seguo io. Lei voleva vedere le mie opere giovanili. Il mio Astrattismo.”

“Astrattismo?”

“Si.”

“Tu eri un’astrattista?” E suonò quasi come una presa in giro tanto che Michiru si alzò per andare a prendere la digitale dimenticata nella sua borsa.

“Lo so, sembra assurdo, ma è così. - Ed una volta riguadagnata la seduta accese la macchinetta consegnandola alla compagna. - Guarda. Sono le tele che dipinsi da ragazza. Dai diciassette ai… ventitre anni. Più o meno.”

Scettica la bionda iniziò a visionare le immagini e più le scorreva e più le sue labbra si schiudevano in una posa stupita ed ammirata. “Le hai fatte veramente tu queste?”

“Non so se prenderlo come un complimento.”

“Ma è… lo stile di Kandinsky!”

“Si… Brava.”

“Non guardarmi così. Anch’io ho fatto un po’ d’arte al liceo.”

Colta in fragrante Michiru abbassò gli occhi per un istante, poi tornando a guardare la compagna le chiese cosa ne pensasse.

“Sono… bellissimi. Non c’è che dire. Molti hanno dei colori talmente brillanti che non sembrano neanche stesi da te.”

“Anche in questo caso non so se prenderla come una lode.”

“Non volevo dire che i paesaggi che dipingi ora siano cupi.”

“Dai, lo so. Sono due stili talmente diversi da non poter essere assolutamente paragonati. Stavo solo cercando di stemperare il fatto che tu sia ancora abbastanza adirata.”

“Incazzata calza meglio.”

Ma Michiru lasciò correre ancora una volta. Tornando a guardare le piccole immagini della fotocamera si accoccolò sulla spalla della compagna iniziando ad indicarle dei particolari. “Erano tutti riparati dentro un box che mia madre sta tenendo in affitto da una vita e la luce al neon non gli rende giustizia. Alcuni colori sono leggermente falsati, ed è per questo che ne ho portati un paio via con me.”

La sua donna, sempre perfezionista. Haruka stirò un sorriso sghembo iniziando a rilassarsi un po’. “E li vorresti far vedere alla Kocc?”

“E’ quello che mi ha chiesto. Devo preparare un book per mostrarglielo al suo ritorno.”

Ok, ma il motivo di tutta questa segretezza? “Ascolta Michiru, mi fa piacere che un’artista ti abbia chiesto di vedere alcune tue opere, ma perché tenermelo nascosto?”

Spegnendo la macchinetta, la posò sul piano di vetro del tavolino di fronte incatenando il suo sguardo a quello dell’altra. “C’è qualcosa di più!”

Kaiou sospirò in segno d‘assenso. “Era inutile dirti tutto se poi con molta probabilità finirà per non concretizzarsi niente.”

“Ma niente cosa?!”

“Finito qui e ritornata in patria, Kristen dovrà preparare una mostra con un suo vecchio mentore, lo scultore Gustav Marinof e vorrebbe che io… avessi una piccola sezione. Naturalmente se due neoespressionisti come loro riterranno le mie opere sufficientemente interessanti da poter essere inserite nel loro catalogo.”

Michiru lo disse tutto d’un fiato, perché a distanza di tre giorni e pur avendoci rimuginato sopra ore su ore, ancora non riusciva a credere come quell’enorme occasione potesse essere capitata proprio a lei.

“Vorrebbero farti esporre?”

“Questa sarebbe l’idea.” Michiru si alzò come in preda ad una improvvisa frenesia. Tutto l’opposto dello scetticismo che, con il passare della spiegazione, stava stritolando l’animo di Tenou.

“E’ l’occasione di una vita, amore! Ho già esposto in passato, ma mai in una città grande come Stoccolma e mai affiancata ad un gigante come Gustav Marinof!”

Ad Haruka sembrò di perdere il filo. Ma quella che aveva davanti agli occhi era veramente la sua compagna!?

“Mi sembri un’altra persona Michiru. Cosa vuol dire l’occasione di una vita!? Non ti ho mai sentita parlare di esposizioni, di arte moderna. E’ il restauro pittorico il tuo lavoro ed è stato il restauro di una delle pale del Perugino ora esposta ai Musei Vaticani, l’occasione della tua vita. E l’hai colta alla grande.”

“Haruka…”

“Non capisco. Cosa ti sta succedendo!?”

Rimettendosi seduta l’altra le afferrò le mani aprendosi. “Ruka ascolta; amo il restauro con tutta me stessa, è la carriera che ho scelto e l’ho fatto con tutto il cuore, ma vedi… Dio, come faccio a spiegarmi.”

Per qualche secondo Michiru perse lo sguardo alla bocca spenta del caminetto per poi proseguire. “Restaurare è una missione, significa garantire alle future generazioni la fruizione di un bene che altrimenti sarebbe destinato ad andare perduto, ma lo si fa sulle opere di altri. Il dipingere invece, rappresenta un modo di esprimersi, di lasciare al mondo una parte di se. In un certo senso è come essere madre, la tua creatura può piacere o meno, ma è e rimarrà sempre tua.”

“Ha un senso.”

“E’ come per te restaurare la Winchester o lavorare alla creazione di una nuova Ducati. La Panigale del 2018 porta anche la tua firma e non mi dire di non esserne orgogliosa.”

“Ho capito, ma… perché non mi hai mai detto di sentirti frustrata?”

“Non mi sentivo frustrata o meglio, non scientemente. Ho continuato a fare il mio lavoro con dedizione e coscienza, restaurando quadri, affreschi ed intanto curando le mostre altrui, perché mi piace e sono brava nel farlo, ma… respirare l’arte di una temporanea come quella di Kristen mi ha come… risvegliata. Non ho mai smesso di dipingere, ma lo vedevo più come uno svago. Sai Ruka, quando mi dissero che il mio anulare sinistro non avrebbe più avuto la forza sufficiente per tener ferma la corda di un violino, credetti d’impazzire. Non avevo più nulla che mi permettesse di sfogare la mia creatività. Poi pian piano, mi sono dedicata alla pittura e stupendomi per prima, ho iniziato ad esprimermi attraverso i colori. Magicamente il violino si era trasformato in una tavolozza e l’archetto in un pennello.”

“Allora perché non hai continuato?”

Accarezzandole la frangia, Kaiou sorrise. “Perché con il violino ero un talento, con il pennello… un po’ meno. Perché gli agganci di mia madre mi avrebbero sicuramente facilitata nel calcare un palcoscenico, ma non nella pittura. In oltre l’aggravarsi della malattia nervosa di mio padre mi spinse a scegliere una professione che mi permettesse di essere autosufficiente. Per vivere di pittura ci vogliono le doti, ma anche tanta pazienza ed io non volevo più aspettare. Non rinnego niente. Rifarei esattamente tutte le scelte che ho fatto, ma non posso negarti che questa opportunità m’inorgoglisce.”

“Perciò se a questo Marinof dovessero piacere le tue tele cosa accadrebbe?” Quella domanda colpì Kaiou che forse in tutto quel turbine d’emozioni non era ancora riuscita a soffermarsi sull’ovvietà della cosa; ovvero che sarebbe dovuta partire.

“Prima lasciamo che lui e Kristen le giudichino. Poi si vedrà il da farsi…”

“Il da farsi!” Esplose improvvisamente l’altra alzandosi di scatto.

“Ruka…”

“Anche se è poco che sei una curatrice, sai perfettamente che in questo tipo di temporanee è meglio che l’artista sia presente. E non soltanto durante l’allestimento, ma anche dopo, con le interviste, le conferenze.”

“Non fasciamoci la testa prima di essercela rotta.”

“A…, vuoi farmi credere che se ritenessero le tue opere degne della loro considerazione non ti getteresti anima e corpo in questa impresa? E il lavoro al museo? Lo lasceresti per andare a Stoccolma proprio ora che ti manca così poco per essere assunta?”

Seguendola in piedi, Michiru mise le mani avanti cercando di fermare quel fiume in piena. “Calmati amore, stai andando troppo veloce. Non c’è ancora nulla di definito e tu già mi metti davanti a delle scelte.”

“Perché non è così?”

“Ho fatto soltanto delle foto.” Cercò di minimizzare forse più per se stessa che per la compagna.

Sapeva infatti perfettamente cosa sarebbe accaduto se le sue tele fossero piaciute e se da una parte la cosa le procurava un’eccitazione mai provata da anni, dall’altra la terrorizzava. Haruka Tenou, che non era affatto una stupida, aveva già capito tutto perfettamente.

Andando verso la porta d’ingresso la bionda iniziò ad infilarsi le scarpe. Michiru le fu dietro in un secondo. “Dove vai?!”

“Ho bisogno di prendere aria. Come ti ho già detto sono incazzata, incazzata come una bestia. Mi hai addirittura portata a pensare ad un tuo tradimento.”

“Mi dispiace di averti mentito, ma per la faccenda di un ipotetico tradimento…, il problema è solo il tuo, Tenou.”

“Altra bella presa per il culo!”

Michiru la guardò severamente ammettendo in maniera piatta e molto nordica che sarebbe stata una buona cosa mettere in casa un barattolo per le volgarità fuori luogo.

Di tutta risposta Haruka sfilò da una delle tasche del giubbotto di pelle appeso al muro il suo portafogli ed afferrando una banconota da cento franchi la sbatté con violenza sul piano della console. “Con questa eviterai di rompermi le palle per un po’!” E la guardò con sfida.

“Haruka! - Urlò rabbiosa. - Non si discute così, lo sai! Non si arriva mai a nulla perdendo la testa.”

“Sei incredibile, lo sai?! Sono otto anni che cerco di capire come tu riesca sempre a farmi passare dalla parte del torto anche quando non lo sono affatto!”

“Credevo di essermi spiegata…” Soffiò soprassedendo al fatto di quanto quella frase l’avesse ferita.

“Ti sei spiegata benissimo, ma resta il fatto che ho i nervi a fior di pelle e sai quanto me che in questo stato rischio di fare o dire cose delle quali a mente fredda potrei pentirmi.”

Rendendo gli occhi a due fessure, Michiru le afferrò un braccio proprio mentre Haruka stava afferrando la maniglia. “Del tipo?!”

“Kaiou… NO!” Ringhiò aprendo di scatto l’anta dell’ingresso.

“Almeno avrò il diritto di sapere dove vai!”

“Da Giovanna! - Rispose di getto benché farla preoccupare sarebbe risultata una vendetta soddisfacente. - E non aspettarmi alzata, perché non è detto che io torni!”

 

 

Si era comportata male con Michiru, lo sapeva benissimo, ma era stato più forte di lei reagire in quel modo, non rimanendo e soprattutto, non appoggiandola in quello che avrebbe potuto essere una meravigliosa occasione lavorativa. Aggirandosi tra i viottoli di pietra bianca del loro comprensorio come un fantasma in pena e maledicendosi per aver scelto di vedere la sorella invece che afferrare le chiavi della sua moto e sfrecciare veloce tagliando il vento fresco della sera nonostante la sua coscia destra, dopo una mezzoretta che servì fisiologicamente per darsi una calmata, Haruka suonò al citofono della terza palazzina aspettando mani nelle tasche come un malavitoso ad un appuntamento.

“Chi è?”

“Io.”

“Io chi?!” Ci scherzò su la maggiore riconoscendo la voce.

“Il lupo cattivo! Apri!” Ed il telaio del portone scattò.

Meno di due minuti dopo Giovanna le aprì la porta bardata di grembiule e brandendo una grossa forchetta per la carne.

“Un lupo cattivo ed affamato?” Chiese lasciandola entrare.

“Esattamente.” Rispose la bionda sfilandosi le scarpe in quello che era praticamente la fotocopia dell’ingresso dell’appartamento suo e di Michiru.

Dal taglio più piccolo per via dell’assenza di quello che nell’appartamento Tenou-Kaiou era lo studio di quest’ultima e di un secondo servizio, la casa che Giovanna aveva preso in affitto due anni prima, era in tutto simile alla loro. A sinistra l’angolo cottura con la penisola che si apriva sul soggiorno con il piccolo caminetto e a destra la camera da letto accanto al bagno padronale. Essendo una mansarda mancava la terrazza, ma al suo posto era stato ricavato dal tetto a spiovente un bel balconcino che la donna aveva abbellito con una serie di piante sempreverdi dove far rilassare le altre due padrone di casa; le assai più pelose Kira ed Haruka junior.

“Ragazze, è arrivata la zia cattiva!” Urlò Giovanna tornando ai fornelli. Dai due angoli dell’appartamento, le gatte schizzarono fuori per prendersi ognuna la sua dose di coccole.

“Hei bimbe belle! Ciao. - Chinandosi Haruka iniziò ad accarezzarle sorridendo a quella che la sorella aveva voluto chiamare come lei. - Proprio non capirò mai perché tu le abbia voluto dare il mio nome.”

“Perché quello che aveva al gattile era stupido. Poi te l’ho già detto un’infinità di volte che tralasciando i colori, Ruka è tale e quale a te.”

Ed era vero. Quella gatta presa già grande, trovata ferita in una struttura e curata con amore ed impegno, le aveva ricordato Tenou già dalla prima volta che l’aveva vista e non solo per la sua storia personale, ma anche e soprattutto per la fisicità e le movenze. Massiccia, goffa, tanto leggiadra da assomigliare più ad un pezzo di tufo che ad una scattante tigre del Bengala, aveva due occhi verdi intensi ed un muso da maschio navigato.

“In più quando la chiamo se ne sbatte e non si degna di venire se non ho un biscotto in mano o si annoia e vuole giocare. - Controllando l’acqua di cottura si voltò un attimo. - Potevi farmi uno squillo. Avrei preparato più cibo.”

“Non importa. Mangerò quello che c’è, anzi scusa dell’improvvisata.” Disse notando il grembiule a rombi verdi e bianchi che Michiru un giorno aveva acquistato per entrambe.

“Figuriamoci. Lo dico per te, non voglio che al suo ritorno, la tua donna ti trovi sciupata. Dai, dammi una mano ed apparecchiare.”

Ma borbottando un allora non sai niente, la bionda restò accovacciata.

“Dovrei sapere cosa?”

“Michiru è tornata questa sera.”

“E perché tu sei qui invece di stare li?” Indicò con il mento la direzione dove a qualche decina di metri sorgeva l’altro stabile.

“Non lo immagini?”

Allontanandosi leggermente dai fornelli, Giovanna le chiese se avessero discusso ed andando a sedersi su uno degli sgabelli della penisola l’altra rispose di si. “O meglio, sono io che volevo discutere.”

“Non dirmi per la solita Winchester!?”

“No…”

“La Kocc?”

“Mmmm….”

“Dio, quella donna rompe le palle anche ora che non c’è!”

“Allora sai che e' partita?!”

“Per forza, ci lavoro insieme.”

Chiudendo gli occhi e abbandonando la testa all’indietro, Haruka non replicò. Non era ancora arrivato per lei il momento di parlarne, di sfogarsi o di ricevere ipotetici consigli e capendolo, la sorella ritornò a preparare la cena avendo ormai imparato a rispettare i tempi biblici dell’altra. Così passò il tempo fino a quando, una volta terminato di mangiare e sparecchiato il tutto, Tenou non si decise ad aprire le valvole di piena. Giovanna ascoltò tutto in religioso silenzio seduta a gambe incrociate sul divano proprio accanto a lei.

Haruka le racconto così della menzogna, delle tele fotografate, di Kristen Kocc e del suo vecchio maestro; uno scultore pare molto quotato. Le rivelò anche dei trascorsi da gallerista di Michiru e di quanto smettere anche con la pittura, oltre che con la musica, avesse raffreddato i suoi entusiasmi giovanili. La bionda non si limitò ad esporre semplicemente i fatti, anzi, con grande sorpresa di Giovanna espresse la delusione provata dal gesto della compagna, la vergogna più bieca per averla immaginata anche solo per pochissimo, tra le braccia della pittrice e la paura più nera di vederla allontanarsi da lei, di non riuscire a seguirla in questa nuova fase della sua vita.

“Non vederla così catastrofica. - Disse infine la maggiore rompendo un lungo silenzio. - Anche se Michiru dovesse andare a Stoccolma non sarà certo per sempre. E poi non aspira a prendere in un prossimo futuro il posto del signor Miller ?”

“Così credevo. - Finendo di torturarsi un bottone della camicia la bionda la guardò dipingendo un sorriso beffardo. - Voglio farti una domanda Giovanna. Ma ti chiedo di essere sincera.”

“Dimmi.”

“Secondo te, Michiru ha affrontato questa temporanea come tutte le altre?”

“Intendi per l’impegno?”

“No, sul lavoro è ineccepibile. Lo so meglio di tutti. Intendo… - Prendendosi qualche secondo scelse al meglio le parole. - …Cosa pensi abbia provato nel conoscere il lavoro della Kocc?”

Marcando le labbra in un sorriso sempre più evidente, la sorella ammise che sul lavoro non aveva mai visto Michiru tanto raggiante. “Dopo esserci conosciute meglio, mi è capitato spesso di vedere Kaiou all’opera, soprattutto in Vaticano. Concentrata, pienamente conscia di ogni singolo colpo di bisturi, di ogni singola pennellata reintegrativa. Una professionista d’ammirare. Però…, non so spiegarti, ma in queste ultime settimane davanti alle opere della Kocc si è come scaldata… e non certo per la loro bellezza. Credo che da pittrice, Michiru abbia sentito e senta ogni volta una sorta di affinità, di energia. Ruka, non l’ho mai vista tanto … viva.” E quella parola per l’altra fu come una mazzata.

Arpionandosi la fronte sospirò. “E’ sempre la stessa storia.”

“Cosa intendi dire?”

“In vita sua Michiru ha dovuto rinunciare a molte cose scendendo spesso a compromessi. Prima l’interruzione sul nascere della sua carriera da violinista, la morte di Victor e la scelta di andarsene di casa rinunciando alla pittura per un lavoro più concreto. Poi la mia conoscenza e la necessità di abbandonare Berna per vivere in un piccolo centro con poco da offrire, perché questa zuccona qui in una grande città si sentirebbe soffocare e lei questo lo sa. Ama il mare, ma dato che a me tutta quell'acqua non piace, spesso si piega ad andare in vacanza dove voglio io. Infine e cosa più pesante di tutte, la sua rinuncia ad essere madre, perché anche se mascolina, sono pur sempre una donna che non potrà mai ricoprire per intero il ruolo di un padre come lo è stato il suo.”

“Non posso parlare per le altre scelte, ma so come la pensa Michiru sulla figura paterna e non credo che se ne sia mai pentita. Mai Ruka.”

“Avrei accettato un figlio anche se non è nelle mie corde, ma vivere a Berna o da qualunque altra parte non è mai stato messo in discussione.”

“Te lo ha mai rinfacciato?”

“Kaiou non è una persona che rinfaccia, che porta il broncio o si lamenta. Ed è per questo che sono tanto colpita da come si stia comportando in questa storia. Vuole veramente fare questa cosa, altrimenti non mi avrebbe mentito.”

“Cosa vuoi fare?”

Guardandola di soppiatto Haruka sorrise sospirando poi pesantemente. Questa volta non si sarebbe comportata da egoista. Avrebbe sostenuto la sua donna andando anche contro i suoi stessi interessi.

“Sai che è stato merito suo se sono stata presa alla Ducati? Io quel colloquio neanche lo volevo fare.” Rivelò ricordando quel pomeriggio di cinque anni prima, quando sistemandole il colletto della giacca, Michiru le aveva sorriso fiera prima di spingerla verso il cancello che dava sullo stabilimento della casa motoristica.

“Ce la farai amore. Io credo in te!” Aveva detto stentorea non potendo neanche lontanamente immaginare quanto Haruka se la stesse facendo sotto.

E io devo credere in te. Qualunque cosa accada, pensò stringendo le labbra. Due energici schiaffi sulle cosce e la bionda si alzò dalla seduta con le idee più chiare.

“Grazie Giò.”

“Sempre a disposizione, sorella. Vuoi un dolcetto?”

“No. Conoscendo Kaiou non sarà ancora andata a letto.”

 

 

Haruka tornò a casa poco dopo. Silenziosamente aprì la porta dell’ingresso e con altrettanta accortezza la richiuse notando solo in un secondo momento l’oscurità del soggiorno smorzata dalla luce del televisore. Sul divano, rannicchiata al suo posto, Michiru si era appisolata di fronte all’ultimo programma della sera. Il telecomando in una mano e l’altra stretta al plaid colorato che usavano per le sere particolarmente frizzanti come quella.

Storcendo la bocca alla testardaggine di quella donna tremenda, la bionda avanzò con il passo felpato datole dall’attrito tra la spugna dei calzini e i tavelloni del parquet ed una volta arrivatale davanti, la vide aprire leggermente gli occhi stropicciandosene uno.

“Che ore sono?” Chiese con voce bassissima.

“L’ora di andare a dormire, Michi mia.”

Prendendola tra le braccia se la strinse al petto mentre di contraccambio l’altra le arpionava il collo. “L’ho messo sai?.”

“Che cosa?” Chiese Haruka aggirando il divano.

“Il barattolo…” Rivelò soffocando la voce impastata dal sonno nella stoffa della camicia.

In bella mostra sopra la penisola, leggermente spostato verso il frigorifero, il famoso e famigerato barattolo delle parole poco lecite faceva bella mostra di se con al suo interno una vistosa banconota da cento franchi. Così alla bionda, che in quella casa mai aveva il piacere di avere l’ultima parola, non rimase altro che roteare gli occhi, sbuffare come un muflone e serrare tra le braccia il corpo della sua donna.

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Urban BlackWolf