Il ritorno di Papillon
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Capitolo 19
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La testa doleva e girava così forte da fargli venire il vomito.
Louis aprì gli occhi e ci mise un po' per mettere a fuoco quel liquido
verde e acido che ribolliva sotto di lui, sotto di loro.
I tre fratelli Agreste erano incatenati e appesi in aria come salami
penzolanti e i fumi che salivano da quel bidone arrugginito e logoro gli davano
alla testa.
Strizzò gli occhi un paio di volte per togliere il velo di lacrime che si
era formato, aveva bisogno di soffiarsi il naso ed asciugarsi le guance, ma non
poteva e non riusciva a liberarsi nonostante i suoi sforzi.
Forse, vista la situazione era meglio non farlo per evitare di cadere in
quella vasca dai liquami mortali e dove vi era ben impressa un’etichetta con
una X nera, anzi più grigia che nera.
Tirò su con il naso, ma l’acido gli salì più in profondità facendolo stare
male, molto male.
Vomitò un po' di bile e inevitabilmente perse i sensi ancora.
“Patetico!” Berciò il suo aguzzino che aveva svestito i panni di Volpina
per indossare quelli di Papillon: una tuta di raso color lilla corta,
allacciata dietro il collo che metteva in risalto un fisico perfetto ed
asciutto, con scollo vertiginoso che arrivava fino all’ombelico, dove al centro
del seno troneggiava il Miraculous a forma di
farfalla, sulle spalle portava una giacca viola scuro lunga fino ai piedi
aperta e rigida come fosse un abito inamidato.
Ai piedi un paio di stivali grigi in pelle, bassi e alti fino a metà coscia,
il volto era semi coperto da una maschera nera che imitava le ali di una
farfalla, i capelli castani erano sciolti e ricadevano morbidi sulle spalle,
labbra rosse e peccaminose.
Papillon camminò su e giù in quel magazzino abbandonato, una volta ospitava
una fabbrica di vernici che poteva contare più di duecento dipendenti addetti
alla produzione, ma ahimè, una volta morto il proprietario quell’attività venne
chiusa perché nessuno voleva più rilevarla nonostante gli affari fossero
fruttiferi, complice il fatto che l’anziano magnate non aveva nessun parente.
Il comune qualche mese fa, aveva ottenuto la proprietà, e l’indomani
sarebbe stato pronto per essere demolito per far spazio ad un centro
commerciale, infatti i bulldozer erano già pronti per essere azionati
all’esterno dell’edificio.
L’enorme locale era già stato sgombrato dalle apparecchiature che servivano
in passato da catena di montaggio probabilmente quando l’immobile era stato
messo all’asta, era rimasto solo un carrello trasportatore attaccato al
soffitto difficile da smantellare, lo stesso nastro dove ora si trovavano
appesi i tre bambini.
Il pavimento era un accumulo di polvere, mozziconi di sigarette, bottiglie
di alcolici e super alcolici vuoti, calcinacci, vetri rotti e in alcuni punti
era cresciuta della vegetazione.
Della serie l’erba cattiva non muore mai.
E nelle parti più buie si potevano vedere dei piccoli topini correre veloci
e nascondersi nelle proprie tane.
Il super cattivo sbuffò e digrignò i denti mentre calciò un vecchio foglio
di giornale strappato “Ma quanto ci mettono ad arrivare?”.
*
Tom e Sabine sprofondarono sul divano in salotto l’uno nelle braccia
dell’altro.
Dalla cucina proveniva un forte rumore di bruciato.
“LA CENA!” Esclamò Sabine alzandosi di corsa per aprire e spegnere il forno
da cui fuoriusciva del fumo nero.
Repentinamente aprì la finestra per arieggiare la stanza e spense anche il
fuoco sul fornello, il sugo si era completamente rappreso ed aveva iniziato
anch’esso a bruciare per poi attaccarsi alla pentola.
Tutto da buttare.
Tutto da rifare.
Ma nessuno dei due coniugi Dupain aveva fame, non
dopo quello che avevano appreso dai due super eroi che altro non erano Adrien e
Marinette.
Sabine lo aveva capito dai loro modi preoccupati sulla sorte dei tre
bambini.
Una madre lo capisce.
E ora tutti i nodi venivano al pettine e d’un tratto le passarono davanti
gli ultimi vent’anni.
Tutte le volte che Marinette era strana, delle
sue continue arrancare scuse, di quando saliva in camera sua la notte e non
c’era, però magicamente la ritrovava l’indomani.
Non era la tipica mamma che faceva delle domande scomode alla figlia, si
fidava di lei.
E forse anche il suo viaggio in Cina di un paio d’anni con Adrien con la
scusa per entrambi di un master, non era la verità.
Ora poco importava, la cosa a cui teneva era saperli al sicuro e che questa
brutta faccenda finisse presto.
Sabine ritornò dal marito.
“Ho buttato la cena, se hai fame ordino una pizza”
Il silenzio in quella casa era diventato quasi nauseante.
“Non riuscirei a mangiare. Devo fare qualcosa!” Scattò in piedi come un
soldatino.
“Calmati Tom! Ci penseranno loro.”
“Non posso starmene qui con le mani in mano sapendo che i miei nipoti, mia
figlia e mio genero sono lì fuori e rischiano la vita.” Il signor Dupain aprì l’armadio ed iniziò a selezionare dei capi di
abbigliamento oltre che a mazze da baseball ed armi ruderi improvvisate.
Poi si fermò d’un tratto, aveva appena realizzato che Chat Noir era Adrien.
“Ma porca...”
“Non è il momento, Tom.” Lo fermò Sabine “…e dove credi di andare conciato
così?”
*
“Sento forti emozioni negative…rabbia, rancore, delusione…ma non posso
agire ora o salterò la condanna di Gabriel Agreste.” Papillon aveva liberato la
farfalla bianca che si era posata nella sua mano dopo essere stata richiamata
dal suo padrone, non poteva rischiare di farsi scoprire, se avesse liberato l’akuma e preso possesso della volontà di qualcuno,
probabilmente lo stilista sarebbe stato scagionato e scarcerato e questo non
poteva permetterlo.
“Lo sapevo che nonno non poteva essere un super cattivo!” Emma aveva
ripreso i sensi e sentito il monologo del suo rapitore.
Papillon increspò un labbro “Mmm…in realtà sì. Io
lo sono diventata solo ora” Spiegò gesticolando.
“Questo perché sei solo un’imbranata! E presto arriveranno Lady Bug e Chat
Noir a salvarci!” Anche Louis si era risvegliato dopo aver sentito la sorella
agitarsi per cercare di liberarsi.
Papillon si portò due dita sul mento “Lady Bug…Chat Noir…è un secolo che
non si vedono…saranno vecchi e arrugginiti…chissà…” Il suo piano non prevedeva
l’arrivo dei super eroi, ma sarebbe stato interessante una loro improvvisata,
forse sarebbe riuscita a mettere le mani sui loro Miraculous,
cosa che non gli era riuscita al vecchio Gabriel, un vero smacco se si fosse
avverato.
“Come lo sei tu…megera e zitella” Emma le fece la linguaccia e al nuovo
Papillon ballò un occhio per l’insolenza appena ricevuta.
“Tua madre dovrebbe lavarti la bocca con il sapone sai? E dovrebbe
insegnarti ad essere più rispettosa.”
“Io lo sono con chi lo è con me…” Si pavoneggiò la biondina tirando fuori
un caratterino niente male.
*
Lady Bug e Chat Noir rimasero appollaiati per una decina di minuti sul
tetto di fronte la fabbrica.
Potevano vedere la fila di finestre lerce e alte che ne delimitava tutto il
perimetro.
Non riuscivano a vedere bene, quindi decisero di spostarsi in un punto dove
potevano osservare la scena da un punto strategico, e soprattutto dove il vetro
era rotto.
“I miei bambini…” Sospirò Lady Bug quando li vide lì attaccati a quella
catena grossa e pesante, sospesi in aria con sotto quella vasca dai liquami
velenosi.
Fece per agire, ma Chat Noir la fermò in tempo “Non farti sopraffare dalle
emozioni, Milady…o non riusciremo a portarli in salvo.”
Lady Bug deglutì pensando che il suo compagno avesse ragione.
Ora i ruoli si erano invertiti, era lui quello più razionale e lei quella
impulsiva, Lady Bug non si capacitava di come riuscisse a stare calmo in una
situazione del genere, erano sempre i suoi figli quelli.
“Ma…ma io…” Farfugliò guardandosi le mani e improvvisamente sentendosi
impotente.
Chat Noir le mise le mani sulle spalle e la guardò negli occhi “Marinette…” Fu la prima volta che si rivolse a lei
chiamandola per nome nelle sue vesti di Lady Bug “…io li voglio salvare come lo
vuoi fare tu, ma dobbiamo essere ancora più uniti se vogliamo liberarci di
quella…di quella…”
“Puttana?” Fu Lady Bug a completargli la frase.
“…si ecco…comunque, dobbiamo pensare ad un piano che possa funzionare.”
Lady Bug ci pensò a lungo e anche Chat Noir, poi ad un tratto si guardarono
negli occhi con una luce nuova, finalmente avevano capito come agire.
La coccinella aprì il suo yo-yo e prese il Miraculos
della Volpe, poi pronunciò la formula per fondersi con Trixx.
*
Papillon digrignò ancora in denti infastidita, la sua virtù non era di
certo la pazienza e giunti a questo punto pensò che il suo piano stava
vacillando, impossibile comunque che nessuno di fosse
ancora accorto dell’assenza dei tre bambini in casa Dupain-Cheng.
A questo punto avrebbero anche già dovuto trovare il messaggio ed essere
già arrivati.
Aspettò ancora…ma la voglia di farli cadere tutti e tre e farli sciogliere
nell’acido era tanta, soprattutto perché non li sopportavano più.
Tutti quei discorsi di quanto la loro madre fosse meravigliosa, che
sarebbero arrivati preso Lady Bug e Chat Noir a salvarli e lei sarebbe finita
in prigione, Gabriel che veniva scarcerato, e del loro padre che avrebbe
trovato una soluzione come sempre, le facevano venire il volta stomaco e quelle
vocine petulanti e odiose rimbombavano nella sua mente come mosche fastidiose.
Stava per premere quel pulsante rosso posto sulla parete quando una voce
famigliare catturò la sua attenzione.
“Non farlo!” Le aveva intimato facendola voltare ed illuminare lo sguardo.
“Adrien!” Esclamò andandogli incontro “Sapevo che avresti capito e che
avresti fatto la scelta giusta!”
“Voglio stare con te Lila…” Quella frase e il solo prenderle le mani costò
al biondo una grandissima fatica e il tutto sotto lo sguardo esterrefatto dei
suoi figli che non potevano credere alle proprie orecchie.
“P-papà??!” Urlò Hugo con le lacrime agli occhi.
“Finalmente hai lasciato quella!”
“Ho capito di amare te…” Avvicinò il suo volto al suo e chiuse gli occhi.
“Non lo fare, papà! Tu ami la mamma!” Hugo non poteva credere a quello che
stava per assistere, mentre gli altri due avevano già notato Lady Bug e Chat
Noir entrare nell’edificio.
“Com’era possibile?” Sembrava che lo sguardo che si erano scambiati Emma e
Louis dicesse proprio quello, sapevano che suo padre era Chat Noir e non capivano
come potesse essere presente in quella stanza due volte.
“…vivremo finalmente felici io, te e i bambini” Continuò lui non badando i
suoi figli.
Papillon si schiarì la voce “Possiamo evitare i tre marmocchi?”
“Tutto quello che vuoi amore mio!”
Mentre le loro bocche si stavano per toccare e Papillon era presa dal
momento, Lady Bug tentò di liberare i figli, ma l’innocenza di Hugo aveva avuto
il sopravvento, aveva urlato il nome della super eroina, e di tutta risposta
ricevette una ramanzina dai fratelli.
“LO SAPEVO! NON POTEVA ESSERE VERO!!!” Sbraitò Papillon stringendo i pugni
e facendo indietreggiare Adrien che cercava un qualunque nascondiglio per
trasformarsi, così che Lady Bug potesse far svanire la sua illusione in
versione da super eroe.
“Mi hai scoperto!” Disse ammiccando il biondo prendendosi gioco di lei “…ma
come potevi pensare solo che avrei lasciato Marinette
per stare con te?”
“Io…io…” Iniziò a dire abbassando la testa per aiutare le lacrime nel suo
naturale corso “…io ti ho sempre amato Adrien, da quando andavamo a scuola
assieme. Non puoi minimamente immaginare che cosa ho provato quando ti sei
fidanzato con quella”.
“Quella ha un nome: Marinette, ed è la
persona più meravigliosa che conosco, non potrei pensare a non averla nella mia
vita. Mi spiace se ti ho fatto soffrire, ma non ci posso far niente, Lila”.
“PAPILLON!” Lo corresse alzando lo sguardo che non prometteva niente di
buono “…e se io non ti posso avere, potrò distruggere le vostre vite!” Premette
il pulsante rosso senza pensarci due volte e la catena iniziò a scendere molto
velocemente.
*
Continua
*
N.d. ringrazio la mia carissima amica summerlover per il consiglio sul
vestito di Lila/Papillon.