Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: damnslyth    31/05/2021    1 recensioni
Raccolta di one-shots incentrate sui vari personaggi di Attack On Titan.
Alcune saranno collegate alla mia precedente breve storia, "Dark Paradise".
Allerta spoiler manga&anime.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annie Leonhardt, Armin Arlart, Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-ALLERTA SPOILER FINALE AOT, NON LEGGERE SE NON SEGUI IL MANGA!-
 
Buonasera!
Eccomi qui con una nuova one-shot che, confesso, ho avuto una certa difficoltà a scrivere e pubblicare (è da due settimane che prende polvere dentro al pc ma finalmente mi sono decisa a condividerla con voi). Sappiamo quanto quelle tavole aggiuntive del capitolo 139 abbiano suscitato le più disparate controversie, non sono ancora ufficiali ma c’è poco da verificare; che sia Jean o un altro uomo Mikasa è riuscita ad andare avanti e al contempo non andare avanti, o forse semplicemente ha provato a vivere senza per questo dimenticare il suo grande amore.
Ero consapevole che avrei avuto difficoltà nella stesura di questa parte, ma ero decisa a provare a immaginare gli ultimi istanti di vita della nostra Mikasa Ackerman e, per quanto mi abbia suscitato emozioni contrastanti immaginare lei con una famiglia non formata con Eren, alla fine non ho potuto fare altro che commuovermi per la fine del suo personaggio.
Spero apprezziate, dalla mia parte posso dire di averci provato.
 
PS: Presto inizierò a pubblicare una fan fiction e alcune one-shot, come questa, saranno antecedenti alla storia.
 
See you later 😊

 
 
*   *   *
 
 
Tutto quello che ho sempre voluto è poter rimanere al suo fianco.

 
<< Credi… credi le sia venuto un infarto? Avrà sofferto? >>.
Un uomo sulla soglia dei cinquanta osservava la madre deceduta cercando di trattenere delle lacrime che spingevano per uscire. Al suo fianco la sorella, una donna poco più giovane con lunghi capelli castano chiaro.
<< No. Mamma era come un gatto, indipendente ma bisognosa di attenzioni quando le richiedeva, docile ma spietata quando c’era il bisogno, e proprio come loro avrà sentito che era arrivato il momento di andarsene e si è ritirata a morire nel suo posto famigliare >>.
Il fratello la guardò addolorato, prima di arrendersi e sospirare: << Dovremmo… prenderla e seppellirla accanto a papà >>.
La donna gli lanciò un lungo sguardo comprensivo e indecifrabile con i suoi occhi grigio-bluastri, presi dalla madre, e si chinò a baciarle un’ultima volta la fronte ormai fredda e pallida: << No, la seppelliremo qui dove ha scelto di morire >>.
<< Ma… >>.
Non ebbe tempo di replicare che due uccelli si erano inaspettatamente posati sopra la lapide guardando i signori con uno sguardo quasi umano, la testa inclinata.
All’uomo non restò che sospirare e annuire.


 
*  *  *
 
 
La mia esistenza è stata un lungo percorso di assimilazione di esperienze, affetti, nuove visioni di realtà, rari momenti di pace. In questo passaggio sono stata accompagnata dalla presenza costante, calda, percettibile di Eren come è sempre stato per me quando era qui con noi.
Levi aveva ragione: sono l’ultima a essere rimasta in vita. Sono morti tutti eccetto Armin, chissà che forse il mio caro amico potrà essere l’unico a vedermi esalare l’ultimo respiro; forse il suo scopo qui non ha ancora raggiunto la piena realizzazione e deve scrivere gli ultimi pezzi della nostra storia.
Il mio corpo è lento e pesante come gli anni che porto addosso, ma la pesantezza della mia anima è quella di sempre, quella comparsa da quando ogni cosa ha avuto inizio.
Ho accompagnato alla morte tutti, non mancando a un funerale. Ho accompagnato alla morte anche Jean.
Jean… per me è stato motivo di contrasti interiori, presente nelle mie giornate come una tiepida rassicurazione, un acerbo sentimento maturato con gli anni. Abbiamo avuto una lunga vita insieme, abbiamo dato alla luce due bambini, e i miei ragazzi sono stati l’unica cosa in grado di regalare al mio cuore una scarica di vita e una ragione per andare avanti. Ho amato vedere il mondo, riscoprirlo da capo attraverso i loro occhi di puro entusiasmo e innocente curiosità. Diventare madre è stato un balsamo per la mia mente e il cuore.
Lui lo sapeva che non l’avevo mai dimenticato, lo sapeva e per qualche strana ragione l’aveva accettato, a volte in silenzio, altre no. Se dovessi dire cosa lui è stato per me, sicuramente un padre impeccabile e un marito presente, premuroso, paziente. Con il tempo ho imparato ad amarlo. Avrebbe potuto avere di più di quello che avevo da offrirgli, ma se mi è rimasto accanto fino all’ultimo deve aver pensato che potesse bastargli.
 
In punta di morte, avvenuta qualche anno fa, mi disse qualcosa che mi lasciò un macigno nel cuore: << Mikasa, ho promesso a Eren quando lo incontrai nel Sentiero che mi sarei preso cura di te. Me lo chiese lui. E’ sempre stato questo il mio scopo qui su questo mondo, poterti stare accanto e provare a renderti felice, darti una famiglia e riempirti di quell’amore che ti è sempre stato negato. Spero di averlo fatto bene >>.
Sì, Jean mi ha fatto vivere con un senso e non con un automatismo tipico di chi ha la morte negli occhi e sopravvive dimenticandosi di respirare.
In questo Spazio è stata la sua occasione con me ma nel prossimo, se mai ci dovrà essere, spero venga amato pienamente come solo chi ama per la prima volta è in grado di fare. Siamo stati ottimi compagni di vita, pazienti e rispettosi dei propri spazi e desideri celati nel cuore, ma forse con una sottile insoddisfazione di fondo. Non dimenticherò mai che cosa ha fatto per me.
 


 
Giunse il giorno in cui sentivo che stava per arrivare il mio momento. Me lo sussurrava il vento, me lo pigolavano gli uccelli, me lo suggerivano le farfalle. Me lo annunciava il cuore.
Salutai tutti, i miei figli e nipoti, senza destare troppi sospetti. Poi, quando sentii che davvero il momento stava arrivando, chiesi alla figlia di Armin di portarmi a salutare Eren un’ultima volta. Credo avesse capito senza bisogno di grosse spiegazioni. Era bella, discreta e silenziosa come la mamma Annie, ma con gli occhi cielo, l’intelligenza e la dolcezza del papà. Avevo amato anche lei come se fosse una mia bambina.
Mi accompagnò gentilmente verso l’albero, era cresciuto così tanto…
<< Fammi sedere, cara >> le chiesi con poca forza anche solo per parlare. Lei mi fece appoggiare al tronco, aveva gli occhi lucidi ma cercava di nasconderli. Io, invece, le sorrisi serena: << Non sentirti in colpa ad avermi portato qui senza dire niente a nessuno. Sono tanto vecchia, me ne andrò senza neanche soffrire. In questo sono stata graziata >>.
Rimase un po’ ad osservare il tramonto, seduta tra me e la tomba di Eren, piangeva in silenzio. Rivangammo insieme qualche vecchio ricordo della vita trascorsa mentre una leggera brezza le scompigliava i capelli di quel biondo che mi ricordavano le tiepide giornate del sole di giugno, preannunciante l’estate ma senza ancora il caldo afoso.

<< Avrei… avrei voluto conoscerlo >> mormorò mentre posava una mano sulla piccola lapide.
<< Se l’avessi conosciuto non saresti qui. E’ grazie a lui se hai potuto nascere in questo mondo >>.
<< Ma le cose sembrano mettersi di nuovo male, ora… la guerra tra Marley e Eldia non smetterà mai di esistere >> il suo labbro inferiore tremolava leggermente. Le scostai con amore una ciocca dietro l’orecchio.
<< Certo che no, sarebbe un mondo utopico. E’ il ciclo della vita, la storia che si ripete… la guerra tra gli uomini esisterà per sempre. Ma lui ha permesso che io, tuo padre e i suoi amici potessimo condurre un’esistenza in pace ed è stato il regalo più bello che avesse potuto fare a noi e ai nostri figli >>.
Non rispose ma si limitò ad appoggiare la testa sulla mia spalla. Rimasi lì a respirare lenta accanto a lei e a stringerla. Era già una madre di figli adolescenti ma nonostante i suoi anni avvertiva ancora il bisogno di farsi stringere da braccia anziane e materne.
Annie, tua figlia è una donna speciale.
<< Ora va’ a farti un giro, torna più tardi. Devo scambiare due parole con lui. Ma prima, tieni questo >> presi dalla borsetta una striscia di stoffa rossa e tentai di legargliela al polso con le mani tremolanti, facendomi poi aiutare dolcemente da lei << è un pezzo della mia sciarpa rossa che porto al collo da sempre. Ne ho ritagliato un po’ per te e i miei nipoti. Con questo ti auguro fortuna e protezione per gli anni a venire e, quando arriverà il momento, lo regalerai ai tuoi figli nella speranza che possano trovare l’amore ed essere felici >>.

 
L’ultima cosa di cui ebbi memoria di quella vita furono i suoi occhi azzurri pieni di lacrime. Annuì rispettosa della mia scelta e mi baciò con tanto affetto la fronte, prima di allontanarsi con il vento e l’albero alle spalle.
<< E’ stata una lunga avventura, Eren, la mia, non trovi? >> mormorai appoggiata al tronco con i battiti del cuore sempre più rallentati. Risi un poco: << Quanto deve essere strano vedermi così, senza forze e incapace di alzarmi da sola, mentre un tempo saettavo da un ramo all’altro con la grinta di una guerriera >>.
Percepii sempre più fatica a livello del petto, perciò mi sdraiai accanto alla lapide sfiorandola con le dita e gli occhi leggermente lucidi. Ebbi per un istante la paura di morire e non potermi ricongiungere a lui nemmeno così, che non ci fosse ad aspettarmi dall’altra parte, che il mio desiderio non potesse esaudirsi neanche prima che il buio mi inghiottisse per l’eternità.
E così, con la speranza nel cuore e il caldo ricordo di quei occhi verdi che non ho mai smesso di amare e aspettare, chiusi i miei.
Ci vediamo dopo, Eren.
 

 
*  *  *

 
In un luogo senza tempo, con la sabbia ai piedi e una scia infinita di stelle nel cielo, osservai le mie mani notando che non c’erano più traccia di rughe, macchie, fatica e pesantezza; erano ora quelle della bambina che ero stata.
Alzai lo sguardo incrociando due iridi verdi che tanto mi avevano fatto battere il cuore e mi erano mancate come l’aria. Mi sorrise, prima di voltarsi alla mia destra: ai piedi di un maestoso albero, accanto a una lapide, sotto il cielo arancione e placido giaceva una donna anziana con le mani in grembo, il volto rilassato e una sciarpa rossa attorno al collo.
<< Andiamo, Mikasa, gli altri ci aspettano. Dobbiamo arrivare prima di loro! >>.
Lo presi per mano e corsi insieme a lui, lontano, attraversando l’erba alta delle colline.
Stiamo arrivando.
 

 
*  *  *
 
 
Alla veneranda età di 92 anni, se dovessi dire che cosa ho capito della vita è che tutto passa, o quasi tutto. Ogni momento in cui mi sono sentita schiacciata e soffocata dalla pesantezza di ciò che mi circondava, per il mio cuore irrimediabilmente spezzato, per il dolore di un Amore perduto che ha fatto perdere i confini di me stessa, in qualche modo sono riuscita a risorgere dalle ceneri. E’ la semplice natura delle cose. Non direi che chiusa una porta se ne apre un’altra, in parte è vero, ma direi di più che niente nasce e muore, semplicemente muta.
L’amore simbiotico che ricordo di aver provato per mia madre quando ero piccola si è trasformato in quello per l’uomo che ho riconosciuto essere l’altro pezzo di me e, quando l’ho perso, si è alchimizzato per i figli che ho generato.
Non c’è altro in questo mondo a rendere indispensabile vivere se non l’amore stesso. Non saranno l’odio, la rabbia, la vendetta, la guerra o altre centinaia di futili cose che mi hanno addobbato le giornate senza per questo scalfirmi veramente dentro. Sarà solo l’amore, in qualsiasi forma esso sia. Perciò direi questo: in un mondo crudele, bisogna amare qualcuno con tutto il corpo, e l’anima, e la mente e il cuore, fosse anche solo noi stessi -e sarebbe già un grosso traguardo-. Solo questo.
Sono stata soddisfatta della mia vita? Quasi. Sono stata felice? In parte. Ne è valsa la pena vivere? Sì. Qualcuno, tempo fa, mi riferì che i morti rimpiangono il non poter godere delle semplici e banali cose quotidiane come mangiare, bere, respirare, abbracciare chi si ama, un tramonto, un’alba. E io ho fatto tesoro di tutti questi istanti, chissà che forse ora all’orizzonte non me ne aspettano degli altri.




 
“Questo mondo è crudele,
ma anche bellissimo
ho avuto una buona vita.”
Mikasa Ackerman
835 - 927

 
 
 
  
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