Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: FrancyT    06/06/2021    1 recensioni
Un nuovo inizio: tre semplici parole, un desiderio.
In questa storia vivrete l'esperienza di Kagome Higurashi, giovane ragazza alla ricerca di una svolta nella propria vita.
Nel corso dei capitoli sarete spettatori di eventi di vita quotidiana, riflessioni e decisioni.
"Un nuovo inizio" è una storia semplice, ma spero che nella sua semplicità possa suscitare in voi un riscontro positivo.
Tratto dal primo capitolo:
"Tutto in quel posto mi urlava che ero dove non dovevo essere. In quel momento il controllo era l'unica cosa che contava davvero. Avevo imparato che pianificando, calcolando e osservando si potevano evitare un bel po' di problemi: rischi inutili, delusioni e soprattutto sofferenze. Pianificare tutto per evitare i problemi non era però sempre facile, cosa di cui mi ero resa conto quella sera nelle luci soffuse di quella grande casa. Le numerose fotografie, i mobili nuovi, quell'odore diverso... Quella casa era cambiata e non sarebbe mai tornata come prima."
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Inuyasha, Kagome, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 21-2 EXTRA

Inuyasha

Accettare sé stessi è il primo passo da fare per vivere la vita al meglio. Accettarsi non vuol dire rassegnarsi, dobbiamo solo comprendere come sfruttare al meglio quello che siamo, imparare a camminare a testa alta. Quando però nell’arco della tua vita, che sia breve o longeva, ricevi solo insulti... Beh, provare ad accettarsi diviene un’operazione difficile. La gente ti attacca, se ne frega dei tuoi sentimenti, il peso delle loro parole ti schiaccia. Inizi a chiederti cosa hai fatto di sbagliato, perché non sei nato come tutti gli altri, perché sei venuto al mondo con quell’aspetto. Eppure, la verità è più semplice di quanto possa sembrare: essere un ibrido non è stata una mia scelta. Possedere parte di sangue demoniaco e parte di sangue umano non mi rende speciale, ha solo contribuito a farmi disprezzare dalla società. Ed è quando la comunità non si fa scrupoli, considerandoti della feccia, che desideri di essere qualcun’altro. Mattoncino dopo mattoncino innalzi il tuo castello di menzogne, lo fortifichi, ti ci rintani dentro. Speri di ottenere un trattamento diverso, inizi a credere di poter avere un nuovo inizio.

L’identità di Shin Hajime è nata proprio in seguito a questa mia ricerca di sopprimere le mie origini. Ricordo che da bambino mia mamma mi raccontava la vicenda del giovane mezzo demone sigillato in un albero, proprio per darmi la speranza che qualcuno mi avrebbe accettato per la mia natura. Per anni ho atteso che quella figura si manifestasse e che, come la reincarnazione della sacerdotessa, finalmente mi apprezzasse. Tuttavia, i sogni di un ragazzino sono fatti per essere infranti.

Nell’arco di un anno, ho perso tre delle persone che andavano oltre il mio essere mezzo demone. La prima ad andarsene fu proprio mia madre. Uno stupido essere alla guida di un’auto me l’ha portata via. Da allora sono passati mesi, eppure quel vigliacco non è ancora stato consegnato alla giustizia. La seconda ad abbandonarmi è stata la mia prima ragazza, Kikyo. Era molto carina e gentile, mi è stata affianco durante i giorni che si susseguirono alla morte di mia madre. Se non fosse stato per lei, mi sarei ritrovato da solo. Era diventata il mio nuovo appiglio. Credevo che avremo passato il resto della vita insieme, ero pronto a tutto pur di starle a fianco, perfino a scontrarmi con i suoi genitori ma, purtroppo, lei non era dello stesso avviso. Quando il padre le ha ordinato di dimenticarmi, senza obbiettare mi ha gettato via dalla sua vita, troppo debole per affrontare il volere del genitore.

Da quell’episodio si susseguirono vari eventi: smisi di andare a scuola, mi cacciarono di casa, conobbi Sesshomaru. Quando il padrone dell’appartamento dove vivevo con mia madre, venne a conoscenza della sua tragica fine, non ci pensò due volte prima di sbattermi fuori casa. Non ero degno di stare in quell’appartamento, meritavo di vivere sotto un ponte. Rimasto letteralmente per strada, con appresso solo un borsone e quella misera spada malandata lasciata in eredità da mio padre, mi resi conto di quanto la mia vita stesse andando a rotoli. Passai il pomeriggio seduto alla fermata di un autobus, cercando di trovare una soluzione a quell’ulteriore problema. Non avevo amici, non avevo un lavoro, non avevo più neanche una casa. Fu in quel momento, mentre percorrevo con le dita il fodero di quella katana, che ricordai del primo figlio di mio padre. Da bambino mia mamma mi parlava spesso di lui, mi ripeteva che era diventato un bel giovanotto e che a soli vent’anni aveva preso in mano le redini del ristorante di papà. Sperava che in futuro potessimo costruire un rapporto fraterno, che ci sostenessimo come una famiglia. Ma la verità è che anche Sesshomaru mi considerava uno scherzo della natura e ne ebbi la conferma quel giorno. Decidendo di chiedere aiuto a quel fratello dimenticato, iniziai ad incamminarmi verso quel famoso ristorante posto appena fuori città. Quando arrivai a destinazione rimasi ammaliato dall’immenso giardino che circondava la villa. Sembrava che in quel luogo si respirasse una certa aria di magia, sperai che tutto andasse per il verso giusto. Osservando in giro mi incamminai verso l’ingresso, ma il mio passo fu presto fermato da un imponente figura. Finalmente mi ritrovavo dinanzi l’altro erede di mio padre, mio fratello Sesshomaru. Ricordo che mi guardava con aria di sufficienza e che le sue uniche parole furono un misero “vattene”. Non aveva intenzione di ascoltarmi, né tanto meno di aiutarmi. Ero stufo di essere cacciato via, ero stufo di sentirmi un difetto. Sentivo il sangue demoniaco ribollire, stanco di venir sopraffatto da tutte quelle emozioni. Sentì di star perdendo il controllo. Tuttavia, una figura minuta, sbucata fuori alle spalle di Sesshomaru, riaccese in me un barlume di speranza. Con la sua spensieratezza e allegria, quella ragazza mi stava prendendo in considerazione. Sembrava felice di far quella conoscenza, sembrò far ragionare Sesshomaru. Rin è stata fondamentale nella “trattativa” con mio fratello, con ogni probabilità senza il suo aiuto starei vivendo ancora per strada. In qualche modo era riuscita a convincerlo che fosse giusto aiutarmi e che la cosa migliore fosse scendere a compromessi.

I mesi successivi a quell’evento furono piuttosto tranquilli. Iniziai a lavorare al ristorante di famiglia, per provare a sdebitarmi dell’aiuto che Sesshomaru mi stava offrendo, e diedi vita alla mia seconda identità. Quell’estate creai il personaggio di Shin Hajime e finalmente provai ad essere me stesso senza sentirmi attaccato da nessuno. Se avessi saputo già allora che questa mia valvola di sfogo mi si sarebbe ritorta contro, forse ci avrei pensato due volte prima di creare quel profilo. All’epoca ero entusiasta, finalmente avevo qualcuno con cui parlare, una certa Kagome conosciuta in una pagina a tema anime. Mi sentivo sollevato, sapevo che nonostante la gente continuasse ad additarmi, lì in quella Chat, potevo essere me stesso senza venir disprezzato. Fu forse grazie all’influenza di quella ragazza che accolsi l’invito di mio fratello a riprendere gli studi. Cambiai istituto, iniziai a frequentare una scuola d’arte, speravo di riuscire ad integrarmi meglio in quell’ambiente. Tuttavia, tutto andò come sempre. Messo piede in quell’istituto decine e decine di occhi si piazzarono sulla mia testa. Commenti sprezzanti e sguardi carichi di disprezzo, davano ancor più peso a quell’orrendo segno che mi etichettava come ibrido. Eppure, se non mi fossi iscritto in quell’istituto non avrei mai incontrato il mio attuale gruppo d’amici, non avrei mai incontrato lei. Kagome Higurashi è la terza persona che, nel corso di quest’ultimo anno, ha deciso di escludermi dalla sua vita e, nonostante tutto, non riesco a fargliene una colpa. Kagome non mi ha lasciato per via di un incidente, né tantomeno perché costretta dal padre. Quell’impicciona ha deciso di cacciarmi dalla sua vita per via delle mie menzogne. Le ho mentito, mi sono preso gioco di lei.

La nostra relazione è iniziata come una stramba coincidenza, il tutto perché la professoressa Kagura aveva deciso di accoppiarci per un piccolo progetto: la realizzazione di un fumetto per Illustramente. Ricordo che all’inizio ero piuttosto contrariato da quella scelta ma che, con il trascorrere del tempo, mi ricredetti. Lavorare con Kagome si era rivelato più interessante di quanto immaginassi. Apprezzava le mie idee, cercava di migliorarle e di fonderle con le sue. La collaborazione con quella ragazza è stata la cosa migliore che potesse capitarmi in quel periodo. Eravamo riusciti a legare, mi trovavo stranamente in sintonia, mi divertivo a prenderla in giro bonariamente. Ricordo che quando mi invitò per la prima volta a casa sua, avevo il terrore che i suoi genitori mi cacciassero via per la mia natura, che quella strana sintonia venisse spazzata via ancor prima di evolversi. Proprio per questa ragione pensai di indossare uno stupido berretto, nascondendo così quelle inutili orecchie. Credevo che così facendo non mi si sarebbe ripresentata la stessa esperienza di Kikyo, speravo di non perdere altre persone. Eppure mi sbagliavo.

Giorno dopo giorno, compresi una strana verità. Scoprì, inseguito a una serie di indizi, che la ragazza con cui parlavo nei panni di Shin Hajime e Kagome in realtà erano la stessa persona. Entrambe avevano lo stesso nome, tutt’e due lavoravano ad un progetto, gestivano la stessa pagina a tema anime. Fu in quel momento, quando scoprì della pagina, che mi ricordai dello strano sketch osservato giorni prima. All’epoca, in quel parco, una strana sensazione albergò nel mio corpo, un misto di vergogna e inadeguatezza. Leggere quel nome, “Shin”, affianco a quel volto abbozzato, mi aveva turbato e scoprire tutto ad un tratto che quel viso, era come lei mi immaginasse, mi sorprese. Mi credeva umano, non aveva la più pallida idea che quel ragazzo con cui si era sfogata, in realtà fosse un mezzo demone. Tutt’oggi non so cosa mi spinse a mentirle, non so perché preferì proseguire con quella farsa. Forse in fondo, preferivo lei mi credesse umano, forse credevo che così facendo l’avrei avuta a fianco per un lungo tempo. Eppure tutto ciò si è rivelato sbagliato.

Quello stesso giorno, quello della mia scoperta, litigammo per la prima volta. Probabilmente quella mia voglia di averla a fianco non riusciva a superare il dolore che tutt’ora provo per la scomparsa di mia madre. So bene che l’obbiettivo di Kagome in realtà era quello di aiutare un amico, eppure non riuscì a confidarmi. Fuggi fuori da quella stanza adirato, non so bene se più per il suo o per il mio atteggiamento. Mi diressi a lavoro e ancora corrucciato iniziai ad eseguire le mie mansioni. Durante quel pomeriggio ricevetti anche un suo messaggio, che ignorai volutamente per ore. Quando però quella stessa sera me la ritrovai dinanzi, qualcosa cambiò. Mi indirizzai verso quel tavolo per servirla e l’ascoltai mentre mi difendeva, anche se inconsapevolmente, dal padre. In quel momento compresi che Kagome non era come Kikyo. Nonostante fosse stata manipolata più volte dal padre, Kagome stava difendendo il suo pensiero. Mi ritrovai stranamente orgoglioso di quella ragazza. Quando presi le ordinazioni al suo tavolo, non si aspettava di certo di trovarmi lì. Probabilmente era consapevole che avessi ascoltato tutto, ma poco importava. La trattai freddamente, forse per non causarle altri problemi con il padre, forse perché l’avevo ancora un po’ con lei. Tornato in cucina non resistetti, lessi il messaggio che aveva mandato a Shin, compresi quanto in realtà tenesse a me e mi decisi a perdonarla. La incontrai poco dopo all’esterno del locale. Osservava la luna come se quel piccolo spicchio bianco potesse risolvere ogni cosa. Mi sedetti al suo fianco e parlammo. Le dissi che non mi sentivo ancora pronto ad affrontare quella discussione e che speravo potesse capire. Ricordo che l’abbracciai e iniziai a parlarle di quegli strani episodi raccontati da Sesshomaru durante i nostri scontri.

A proposito di Sesshomaru, il nostro rapporto non era di certo migliorato, ma quanto meno pareva tollerarmi. Con un muto accordo, avevamo iniziato a scontrarci per sfogare la frustrazione di quella convivenza forzata e di certo il mio caro fratellino non si risparmiava. In quei mesi mi fece notare quanto fossero “poco aggraziati” i miei movimenti con la spada e quanto conoscessi poco il nostro clan. Con frasi taglienti e derisorie, mi accennava aneddoti particolari, sottolineando quanto fossi inutile e misero in confronto ai nostri antenati. Le sue frecciatine però parvero spronarmi. Iniziai a migliorare la mia tecnica di combattimento e cercai di documentarmi sul passato di nostro padre. Cercai informazioni in rete, poi mi ritrovai a frugare fra i documenti in possesso di Sesshomaru, subendomi la sua ira. Scoprì l’importanza del ruolo di Inu No Taisho e come si è giunti alla società odierna. La favola che mi raccontava mia mamma, aveva un fondo di storia. Demoni e umani iniziarono a convivere proprio perché un generale cane si innamorò di un’umana, generando un ibrido. Quello stesso ibrido che venne sigillato per cinquant'anni nel Gonshinboku. Dopo ulteriori ricerche scoprì che quell’albero sacro era ancora presente nella nostra epoca e che si trovava proprio al tempio Higurashi.

Una mattina, in attesa che Kagome uscisse di casa per andare insieme a scuola, mi ritrovai a contemplarlo. Percorsi con la mano la corteccia, cercando di imprimere nella mente quel ruvido contatto, come se potessi trarre energia da esso. Quella mattina raccontai la storia alla mia amica, sicuro che le sarebbe piaciuta. Ricordo ancora la sua espressione sorpresa e affascinata, sembrava che la faccenda la colpisse molto tanto che, entusiasta, durante la ricreazione raccontò l’aneddoto a Sango e Miroku. In quel momento mi resi conto di essere sereno, avevo degli amici su cui contare, infondo stavo avendo quel “nuovo inizio” che stavo cercando quando creai Shin. Quella serenità purtroppo mi ricordò della scelta che avevo preso.

Quella stessa sera raccontai a Kagome l’ennesima bugia, il mio ennesimo sbaglio. Avevo accettato la sua proposta di fare una videochiamata solo perché consapevole che quel lunedì ci sarebbe stata la luna nuova, sicuro di far dissipare ogni suo dubbio. Con il terrore che la verità saltasse fuori, inviai la richiesta sperando di non tradirmi. Oserei definire quella sera come la più imbarazzante e falsa della mia vita. Era palese che Kagome sospettasse qualcosa, le sue domande erano precise, calcolate, sperava di farmi cedere. Aveva volutamente intrapreso l’argomento “mezzo demone”, aveva ammesso di conoscerne uno e di considerarlo una persona migliore sia di umani che di demoni. Mi sentì uno schifo. Mi sentì vigliacco, falso. Iniziai a lottare con me stesso, era giusto dirle la verità. Quando però provai a svuotare il sacco, Kagome decise di chiudere quella chiamata. Tutt’oggi mi chiedo se sia stato un bene o un male. Di certo, quella mia scelta, fu uno dei motivi per cui Kagome non riesce a perdonarmi. Ero stato misero, meschino. Da quel giorno, ogni mia scelta, ogni mia bugia, iniziò ad essere calcolata. Ero ridicolo. Credevo che fosse la scelta giusta da fare, cercavo di convincermi che Shin e Inuyasha fossero due persone diverse. Forse fu proprio questo che mi spinse ad andare avanti, ma si sa che le bugie hanno le gambe corte.

Un mese dopo quella videochiamata Kagome scoprì la verità. Era un venerdì, eravamo ad una gita scolastica al museo di storia naturale. Ero riuscito nuovamente ad attrarre il suo interesse. Quei miei racconti sembravano rapirla. Passammo una bella giornata, spensierata, almeno fino alle nozioni di biologia. Quel giorno Kagome scoprì che i mezzo demoni, in determinate situazioni astrali, perdono i loro poteri. Con ogni probabilità, quella notizia alimentò nuovamente i suoi dubbi ed io mi sentì stufo di mentirle. Durante il viaggio di ritorno iniziò a diluviare, decisi di portarla a casa mia per evitare di farla ammalare, ma non avevo fatto i conti la mia di salute. Quella notte ci sarebbe stata la luna nuova, stavo pian piando perdendo i poteri e il freddo preso mi fece salire la febbre. Se in un primo momento provai a preservare la mia menzogna, con il passare del tempo mi arresi all’idea che fosse giusto che la verità venisse a galla, poco importava come. Ricordo che Kagome mi aiutò a mettermi a letto e poi caddi fra le braccia di Morfeo, sicuro che lei fosse andata via. Quando però, nel cuore della notte, mi svegliai di soprassalto per un forte colpo alla porta, rimasi sorpreso di ritrovarmela a fianco. Aveva scoperto la verità, avevo combinato l’ennesimo casino.

Quella notte mi sorbì il disappunto di mio fratello e fu tremendo vedere lo sguardo dispiaciuto di Rin. Lei era al corrente di tutto. Più volte mi aveva suggerito di dirle la verità, di parlarle a cuore aperto, ma non lo feci. La mattina seguente successe di tutto. Lottai con Sesshomaru, parlai finalmente a cuore aperto con Kagome, ammisi le mie colpe e le chiesi di non lasciarmi. Quando andò via mi sentì vuoto, mi avevano abbandonato nuovamente e questa volta la colpa era solo mia. Iniziai a disprezzare nuovamente me stesso, non riuscivo proprio ad accettarmi.

Da allora passarono giorni, eravamo diventati come due estranei. Iniziai a sentire la sua mancanza, speravo in un suo messaggio che per fortuna, un giorno arrivò. Aveva bisogno di vedermi, voleva parlarmi. Sperai che riuscisse a perdonarmi.

- “Ho bisogno di vederti.

Ti aspetto alle 15:00 alla gelateria in centro, quella dove siamo andati insieme. Spero verrai.

~Kagome. ” -

In breve tempo mi ritrovavo seduto allo stesso tavolino di qualche mese prima, quando insieme, in quella giornata di febbraio inoltrato, avevamo mangiato un gelato. Ricordai con rammarico quel giorno e cercai di non pensarci concentrandomi sul presente.

Quante volte nella vita ci siamo ritrovati vittime dell’attesa? Ci ritroviamo a fantasticare, a pensare. A credere chissà cosa il tempo ci porterà.

Io quel giorno attesi tanto, pensai tanto, fantasticai. L’attesa è qualcosa di estenuante, non hai idea di cosa può precedere. Ti manda in confusione. Eppure, vederla arrivare, diretta verso di me, compensò quel lasso di tempo in cui mi ritrovai a rimuginare sopra.

---

FrancyT:

Eccomi qua con il piccolo Extra!

Bhe... Piccolo... Credo sia il capitolo più lungo che abbia scritto...

Che dire! Oggi vi rendo partecipi del punto di vista di Inuyasha. Il nostro protagonista non ha avuto una storia tanto allegra nella mia Fanfiction. La società che ho descritto non accetta proprio gli ibridi tanto da non curarsi della fine che possano fare. In realtà, ho preso inspirazione anche dalla nostra realtà, ingigantendo la questione, ma piccoli dettagli! Dicevo, la storia che Inuyasha oggi ci narra giustifica un po' il suo atteggiamento, il suo bisogno di "mentire". Ma, questa sua scelta, era davvero necessaria? Come ci ha raccontato, il nostro mezzo demone stava avendo quel nuovo inizio che desiderava anche senza Shin. Forse, è proprio questo che lo fa sentire in colpa?

Ah si! Ho cercato di non gettare fango sopra il personaggio di Kikyo che ultimamente sto rivalutando. Ho letto tante storie nel fandom dove la ragazza viene vista sotto una specifica veste che con il tempo mi ha fatto storcere il naso. Cos'altro dire! Anche qua la piccola Rin è fondamentale per il personaggio di Sesshomaru!

Bhu bhu, mi sono impegnata così tanto per questo capitolo >.< Credo sia quello che personalmente mi piace maggiormente >.< Voi che ne pensate? Vi piace?

Angolo ringraziamenti/risposte ai commenti

Lady__94: Ciao! Ti ringrazio sempre per il commento u.u Spero che questo capitolo ti sia piaciuto >.< Il prossimo invece, bhe, sarà l'ultimo! Vedremo come Kagome gestirà la situazione e se i due zucconi si decideranno a far pace.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: FrancyT