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Autore: FalbaLove    08/06/2021    1 recensioni
Quando la tua vita non potrebbe andare peggio, non c'è alcun'altra soluzione se non cambiare continente. E l'Inghilterra, in cui ti aspetta la tua migliore amica, sembra il posto ideale per ricominciare da capo. A meno che tu non ti imbatta in un cafone dai capelli corvini. Lo stesso con cui la tua esistenza, pare, essere saldamente legata.
Ma prima che tu ti faccia troppo coinvolgere tieni bene a mente una cosa: tutti nascondo almeno un segreto. E i protagonisti di questa storia non sono da meno.
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Tenten | Coppie: Hinata/Naruto, Kiba/Ino, Neji/TenTen, Sai/Ino, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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La luna risplendeva nel cielo notturno da oramai molte ore e la capitale della California era pressoché silente. Le strade erano completamente deserte e solo dei miagolii di qualche gatto facevano intendere che la città era solamente addormentata e non disabitata. Solo una persona, nonostante l’ora tarda, sembrava non voler cedere alla stanchezza, stanchezza che si era totalmente dissolta dalle sue membra oramai colme di eccitazione.
Sakura Haruno non riusciva a togliersi dal volto un enorme sorriso: continuava a muoversi nella sua stanza alla ricerca di qualsiasi cosa che pensava, anche solo in maniera remota, di dover portare con lei dall’altra parte del mondo. Non le importava che il suo volo fosse fissato a distanza di una settimana, l’unico pensiero che occupava la sua mente era che la sua vita sarebbe cambiata ed era sicura che sarebbe cambiata in meglio. All’improvviso i suoi occhi di un verde smeraldo ricaddero su una scatola di latta abbandonata sotto al suo suntuoso letto. Con fatica e stando attenta a come metteva la caviglia ancora leggermente dolorante, si chinò per tirarla fuori: un sorriso involontario dipinse il suo volto al ricordo di cosa quello scrigno contenesse. In silenzio, per non svegliare la servitù o i suoi genitori, si adagiò sul letto aprendola lentamente. Immediatamente una espressione di pura sorpresa si dipinse sul suo volto osservando la miriade di foto che conteneva. Le principali protagoniste erano sempre due ragazzine, una dai capelli castani e una bizzarra pettinatura e l’altra con una tinta della chioma decisamente inusuale. Con dolcezza, una dolcezza che poco le apparteneva, si sdraino supina sul materasso iniziando a studiare una ad una quelle fotografie. Tenten, a differenza sua, era estremamente fotogenica e sorrideva sempre, un sorriso che la Haruno conosceva a memoria: lei e Tenten si erano conosciute moltissimi anni addietro, talmente tanti che a Sakura sembrava di conoscerla da sempre. Era stata lei, la coraggiosa ed impavida Tenten, a difenderla dai bulli che già alle elementari la prendevano in giro per i suoi lineamenti orientali e i suoi capelli. Tutti ridevano di lei quando passava per i corridoi, tutta la indicavano come fosse un fenomeno da baraccone, ma non Tenten. Quella bambina dalle guance paffute e gli occhi così simili a quelli di un cerbiatto l’aveva presa per mano un pomeriggio come tanti e aveva solo esclamato una parola.
“Corri” le sibilò con la lingua tra i denti iniziando a correre talmente forte che senza la presa delle sue dita tra quelle di Sakura, la Haruno sarebbe caduta. Avevano corso per il parco adiacente alla loro scuola, avevano corso tra l’indifferenza della gente adulta che sembrava quasi infastidita dalla loro presenza tra le vie. Poi, quando Sakura pensava che sarebbe morta non riuscendo più a respirare a causa del fiatone, Tenten si era fermata in un posto ben nascosto nel parco, riparato da degli alti cespugli. Sakura, resasi conto di quello che avevano fatto, si era guardata intorno preoccupata.
“Non si può uscire dalla scuola!” aveva urlato con il broncio fissando quella strana bambina infilarsi tra i folti cespugli. Lei non le aveva risposto, ma dopo pochi secondi, secondi in cui Sakura aveva provato un orribile senso di solitudine, la castana era riemersa con un sorriso talmente ampio che la Haruno pensò che fosse finto.
“Tieni” le aveva detto semplicemente porgendole una lattina di coca cola.
“Bevi” aveva continuato sedendosi sotto ad un albero. La Haruno, ancora indecisa, l’aveva seguita con lo sguardo.
“Siamo delle bambine di otto anni e siamo scappate dalla scuola” aveva borbottato decisamente preoccupata in volto. L’altra bambina però si limitò a bere un sorso della bibita e ad emettere un rutto.
“Scusa” bisbigliò con le guance arrossate e facendole l’occhiolino. Di fronte a tutto ciò però finalmente Sakura iniziò a ridere divertita.
“Sei buffa” aveva detto sedendosi accanto l’altra bambina. La castana si era immediatamente ricomposta e cercò di sedersi in maniera eretta.
“Tenten” aveva detto con solennità provando a darsi un tono adulto. Gli occhi di Sakura brillarono.
“Sakura” aveva risposto stringendole la mano come così tante volte aveva visto fare ai suoi con gli sconosciuti.
“Un bellissimo nome, è giapponese?” le domandò liberando la fronte da una frangetta sudata. Sakura annuì appena osservando con attenzione i lineamenti della sua nuova amica.
“Mia madre invece era cinese” disse notando la curiosità della Haruno.
“Era?” mormorò senza pensarci Sakura. Immediatamente si mise le mani sul volto capendo, nonostante fosse una bambina, quanto fosse inopportuna una domanda del genere. Tenten però non ci badò affatto e anzi il suo bel sorriso non accennò a scemare.
“Sì, purtroppo è morta dandomi alla luce” le rispose lasciando che i suoi occhi ambrati si perdessero tra le foglie.
“Mi dispiace” sospirò Sakura sentendosi estremamente in colpa e avvicinando le ginocchia al petto.
“Oh, non esserlo, è successo molto tempo fa. E comunque” aggiunse mentre un velo di orgoglio esaltò i suoi lineamenti.
“Io ce l’ho una mamma, o per lo meno una figura molto simile” concluse assaporando un altro sorso di coca cola.
“Davvero?” le domandò sempre più curiosa Sakura. Tenten si fermò un attimo e socchiuse le labbra pensosa prima di avvicinarsi alla bambina.
“Una mamma è qualcuno che quando metti in disordine ti sgrida, che ti aiuta a vestirti e che quando sei triste ti abbraccia?” Sakura ci rimuginò un attimo: immediatamente pensò a sua madre ed effettivamente tutte queste azioni combaciavano alla perfezione.
“Sì” rispose con foga come se fosse ad una interrogazione.
“Bene” mormorò soddisfatta Tenten incrociando le braccia al petto
“Allora anche io ho una mamma, il suo nome è Anko. È lei che si occupa di me da sempre”
“È lei che ti ha insegnato a correre così veloce?” la curiosità di Sakura per quella bambina così diversa dagli altri era sempre più alimentata da ogni sua singola parola.
“Esatto. Sai, ora lei lavora come operaia in una fabbrica tessile, ma quando era giovane era una campionessa delle arti marziali” immediatamente Tenten si alzò da terra iniziando a mimare goffamente delle mosse. Sakura però la fissò completamente rapita.
“Ogni mattina mi alleno per diventare brava quanto lei” concluse risedendosi a terra.
“Pensi che anche io possa farlo?” sospirò la Haruno. Tenten si morse un labbro pensosa: senza alcuna vergogna si avvicinò a lei scrutando ogni centimetro del suo corpo.
“Nah, sei troppo magrolina e bassa, mia mamma mi dice sempre che un corpo ben allenato e in forma è la base necessaria da cui partire” una delusione cocente balenò sul viso di Sakura che non riuscì a non reprimere alcune calde lacrime. Il sorriso di Tenten immediatamente svanì per la prima volta.
“Oh, non piangere, ti prego” sospirò prendendole una mano tra le sue: erano talmente calde che Sakura si beò di quel contatto.
“Non tutti possono praticare le arti marziali, ma questo perché non possiamo essere tutti uguali” spiegò alzando le spalle e assicurandosi di asciugare con un fazzoletto le lacrime che avevano bagnato le guance dell’altra bambina. Sakura la ringraziò con un sorriso tirato.
“Però io vorrei essere uguale agli altri così non mi prenderebbero più in giro” mormorò tra un sospiro e l’altro.
“Sei una stupida se lo pensi” la sgridò Tenten alzandosi in piedi e allungando una mano per permetterle di imitare questo suo gesto. Poi, senza aggiungere altro tirò fuori dalla tasca dei pantaloni quello che sembrava un coltello molto affilato. Sakura impallidì all’istante.
“Sei molto meglio di quegli stupidi bambini che vengono a scuola da noi. A me piacciono tantissimi i tuoi capelli e vorrei tantissimo che anche i miei fossero come i tuoi”
“Davvero?” le domandò con ammirazione Sakura. Tenten annuì con vigore e la Haruno non lesse alcuna falsità sul suo volto: Tenten era pura e sincera.
“Tu sei molto meglio di loro e anche io sono molto meglio di loro. La mia mamma dice che è da stupidi piangere per cose così inutili e noi non siamo stupide, vero Sakura?” la bambina scosse la testa con convinzione e finalmente il sorriso di Tenten ritornò a rallegrare il suo volto. 
“Bene, ora vieni. Oramai siamo diventate amiche e mi sembra giusto renderlo ufficiale!” disse saltellando verso una enorme corteggia. Sakura la fissò incredula.
“Amiche?” sibilò a labbra strette: lei non aveva mai avuto una amica.
“Lo vedi questo?” le domandò indicandole l’oggetto appuntito che Sakura era sicuro che non dovesse avere una bambina della loro età.
“Era di mio padre, li fabbricava lui per vivere o almeno questo è quello che mi è stato detto visto che lasciò mia mamma quando era incinta” e come se avesse detto qualcosa di poco conto iniziò a pulire la corteccia dell’albero. La Haruno oramai pendeva dalle sue labbra.
“Per rendere la nostra amicizia ufficiale incideremo le nostre iniziali su questa corteccia. Mia mamma dice che alberi del genere sopravvivono per centinaia di anni e così la nostra amicizia” e con decisione intagliò con l’appuntito oggetto una T leggermente tremante, ma di cui era pienamente soddisfatta.
“Tocca a te ora” mormorò facendo un passo indietro per ammirare con orgoglio la sua azione. Sakura, con le mani tremanti, afferrò il coltello e, sotto l’occhio attento di Tenten, incise una S con la sua miglior grafia.
“Bene, ora non importa cosa ci accadrà e se ci separeremo. Di fronte a questo nostro simbolo giuriamo che saremo amiche per sempre” e con solennità e serietà allungo il mignolo della sua mano destra.
“Amiche per sempre” le rispose Sakura permettendo alle loro due dita di incrociarsi.”
-Amiche per sempre- bisbigliò con un sorriso la Haruno girandosi su un fianco. Nonostante fossero trascorsi dieci anni da quel loro primo incontro la promessa l’avevano mantenuta. Da allora Tenten diventò una presenza fissa nella sua vita: quella bambina castana e dall’aria allegra la aiutò a superare i bulli difendendola a spada tratta. Non aveva paura di fare a botte con i maschi o di tirare i capelli alle ragazzine, per lei difendere Sakura diventò una missione. La Haruno rise divertita ricordando tutte le volte che, per difenderla, Tenten era stata richiamata in presidenza. Ben presto la castana divenne di casa nella sua lussuosa e ricca villa, adorata da Kizashi e Mebuki che la trattarono come una figlia. Dal canto suo Sakura era sempre la benvenuta nel piccolo appartamento angusto in cui Tenten e Anko vivevano. Tenten, infatti, proveniva da una realtà ben diversa dalla sua: senza una madre e un padre era rimasta alle cure della sua madrina che l’aveva legalmente adottata. Anko era solo una semplice operaia che purtroppo era stata costretta ad abbandonare la sua brillante carriera da atleta professionista nel Kendo finendo a fare un umile lavoro con cui a malapena riusciva a far campare sé stessa e la sua figlioccia. Sakura aveva sempre provato una immensa ammirazione per entrambe: nonostante tutte le delusioni avevano sempre un sorriso sincero e felice stampato sul volto. Tenten non le insegnò solo cosa fosse l’amicizia, quella pura e senza fini, ma anche ad apprezzare tutto ciò di bello che si ha nella vita, anche le cose che Sakura dava da sempre per scontate. Crescendo insieme a lei la Haruno era cambiata, era diventata una persona migliore che non si vergognava più delle sue origini. Ogni giorno lo passavano insieme: spesso Sakura trascorreva interi pomeriggi ad osservare orgogliosa la sua migliore amica migliorare nelle arti marziali e vincere un concorso dopo l’altro, vittorie che la rendevano tronfia di essere la migliore amica di una persona così speciale.
-Non ci credo, questa foto l’avevo completamente rimossa- sussurrò Sakura allegramente stringendo tra le dita una foto che ritraeva Tenten sul podio. Una grossa medaglia pendeva dal suo collo.
-Sembra passata una eternità- bisbigliò nuovamente scavando nella scatola di latta. Finalmente la sua curiosità venne saziata quando individuò ciò che stava cercando: loro due, oramai quasi adolescenti, erano appoggiate ad un corteggia di un albero sorridendo allegramente ed indicando il simbolo della loro amicizia. In un angolo, scritte a penna e con una pessima grafia, vi erano poche lettere che Sakura conosceva a memoria.
“Mi mancherai, ti voglio bene.
T.”
Quella era l’ultimissima foto che avevano scattato insieme prima che Tenten partisse: al compiere dei suoi 14 anni, uno in più di quelli di Sakura, la castana aveva ricevuto una borsa di studio per il College più rinomato di tutta l’Europa. Il suo talento, per le discipline che tanto amava, non era passato inosservato. Quando Tenten, prima di dirlo a qualsiasi altra persona, si era precipitata a casa della sua migliore amica con la lettera in mano Sakura pianse, ma non dalla gioia. Aveva paura, tremendamente paura, di perdere la sua unica amica.
“Sakura, guardami” le aveva detto con decisione Tenten sollevandole il mento: gli occhi color smeraldo della Haruno erano completamente pieni di lacrime che allo stesso tempo scivolavano veloci lungo le sue guance arrossate.
“Non piangere” le aveva sussurrato con una dolcezza.
“Ti ricordi la promessa?” Sakura annuì con decisione.
“Allora non hai niente di cui preoccuparti” e la avvolse tra le sue braccia. La Haruno avrebbe voluto dirle di non andare, di non lasciarla sola, ma Sakura non era egoista: sapeva perfettamente che questa era una occasione più unica che rara per la sua migliore amica, un’occasione che non le avrebbe mai chiesto di rinunciare.
E così, oramai cinque anni fa, Tenten aveva lasciato l’America sotto lo sguardo commosso delle sue due famiglie. Kizashi e Mebuki l’avevano abbracciata come fosse una figlia e baciata come se fosse la loro figlia. Anko invece, cercando di non mostrare l’enorme dolore che provava, aveva iniziato ad elencarle tutte le cose a cui avrebbe dovuto fare attenzione e le fece addirittura una ramanzina che durò per ben dieci minuti: Sakura immediatamente pensò che questo fosse quello che facevano le mamme.
E poi era toccato a lei. Sakura, con le guance arrossate dall’emozione, aveva estratto dalla tasca dei suoi jeans una piccola scatolina argentata. Tenten, sorpresa, aveva scrutato il suo viso con attenzione.
“Aprila” disse Sakura con le lacrime che oramai rigavano il suo viso. Ancora poco convinta, Tenten seguì le sue indicazioni, ma quando sollevò il coperchio una espressione di stupore illuminò il suo viso: con le mani tremanti e piene di calli tirò fuori una collana d’oro con un piccolo ciondolo.
“Si chiama Kunai. È un’arma che molti anni fa veniva maneggiata dai ninja più valorosi delle nostre terre” mormorò Sakura vibrante di emozione. Tenten immediatamente riconobbe nel kunai il coltello affilato, l’unica cosa che le rimaneva di suo padre.
“Sakura, non posso accettare” sibilò con voce tremante di fronte a quel dono così prezioso. La Haruno rivelò che intorno al collo anche lei aveva un ciondolo esattamente uguale, ma azzurro con dentro incastonato uno zaffiro.
“Certo che puoi accettarla, è il mio regalo d’addio” le aveva risposto quasi seccata strappandole il dono dalle mani e infilandoglielo al collo: il rubino rosso incastonato nel kunai dalla tinta vermiglia brillò di luce propria. Per alcuni secondi Tenten lo fissò estasiata sotto gli occhi commossi dei loro genitori.
“Stupida” la derise tirando su con il naso la castana.
“Questo non è un addio, ricordi la nostra promessa?” un sorriso divertito comparve sul volto della Haruno che schiccò le labbra.
“Certo, ma chi mi assicura che sarai ancora mia amica quando diventerai popolare in Inghilterra?” ma non aveva potuto aggiungere altro che Tenten le aveva messo le braccia al collo e l’aveva abbracciata con tutta la forza che possedeva in corpo.
“Promesso?” mormorò debolmente Sakura affossando il volto tra i capelli castani e morbidi della sua migliore amica. Nonostante tutto aveva paura, paura di perderla.
“Promesso”
-Bip-bip!- il richiamo del cellulare di Sakura costrinse la sua mente ad abbandonare quei ricordi. Sakura si sedette asciugandosi con la manica le due lacrime che erano sfuggite. Istantaneamente si portò le dita al collo passando sui polpastrelli il ciondolo che non aveva mai tolto: non si erano più riviste di persona dopo quel giorno in aeroporto. Tenten, nonostante la borsa di studio, non aveva i soldi necessari per comprarsi un biglietto aereo, soldi che aveva rifiutato da Kizashi e Mebuki. Era molto orgogliosa su alcuni argomenti. Sakura, dal canto suo, era sempre stata giudicata troppo piccola dai suoi genitori per affrontare un viaggio così lungo in una città così lontana e sconosciuta. Ma, nonostante fossero a chilometri di distanza, non passava giorno in cui si chiamassero, non passava giorno in cui l’allegra e un po’ metallica voce di Tenten risuonasse nella sua mente. Tutto ciò però oramai sembrava solo un lontano ricordo: l’avrebbe rivista.
Un ennesimo messaggio fece vibrare e suonare il suo cellulare.
-Chi è a quest’ora?- mormorò a sé stessa allungando la mano per afferrare il telefono. Erano le due di notte, troppo tardi perché qualcuno le mandasse un messaggio, ma chi le aveva scritto non era un qualcuno.
“Te l’avevo detto, io mantengo sempre le promesse” e Sakura, di fronte a quelle poche parole, iniziò a ridere dalla gioia.
 
 
-Gentili passeggeri si informa che il volo A03400 diretto a Londra delle ore 9.00 ha appena aperto il Gate numero 5, si prega di prepararsi per l’imbarco- lo sguardo attento e preciso di Sakura esaminò per l’ennesima volta il numero del gate che aveva di fronte. Lo scrutò con attenzione come se temesse che da un momento all’altro cambiasse all’improvviso.
-Allora- disse suo padre interrompendo i suoi pensieri.
-Sei pronta a partire?- Sakura annuì con forza stringendo tra le dita l’enorme valigia che si portava dietro, molto più grande di quelle che avevano qualsiasi altro passeggero. Kizashi sorrise debolmente di fronte a questo suo assenso iniziando ad accarezzarle dolcemente i capelli.
-Ora è l’ultima possibilità per cambiare idea- le sussurrò a bassa voce in maniera tale che né sua moglie né Anko potessero sentirlo. Sakura schiccò le labbra divertita.
-Papà...- lo riprese con lo stesso tono che sua madre usava per riprenderla: Kizashi, divertito e meno teso in volto, alzò gli occhi al cielo.
-Va bene, va bene, ho recepito il messaggio- concluse mentre i loro occhi così simili si specchiarono l’uno nell’altro.
-Mi mancherai, bambina mia- e prima che la Haruno potesse rispondere le schioccò un tenero bacio sulla fronte.
-Anche tu papà- sibilò con le labbra tremanti. Poi, senza aggiungere altro, si lanciò tra le sue braccia beandosi di quel gesto che così spesso l’aveva fatta sentire al sicuro quando era piccola.
-Sakura, sei sicura di aver preso tutto? Passaporto, carta di imbarco... oh, mamma mia, ti sei sicuramente scordata la card per il College!-
-Mamma!- la riprese Sakura mentre le persone più vicine a loro iniziarono a fissarli incuriositi dalle grida di Mebuki.
-L’ho presa- sibilò imbarazzata tirando da sotto la maglietta la card con la sua foto sopra. L’aveva già preventivamente infilata con un laccetto al collo per evitare di scordarsela.
-Ho preso tutto, sono stata attenta-
-Sei cresciuta così tanto, piccola mia. Non posso credere che tu sia così adulta e responsabile- sospirò la donna trovando conforto tra le braccia del marito e iniziando a sospirare disperata. Anko superò agilmente i due coniugi approfittando del loro momento di distrazione.
-Sakura, puoi seguirmi un attimo?-le mormorò all’orecchio e la Haruno, dopo aver lasciato la valigia in custodia a suo padre, la seguì poco distante.
Anko si portò le mani al viso estremamente pensierosa: fissò per alcuni secondi il volto incuriosito di Sakura per poi tornare a fissare il gate affollato di gente. Poi, come risvegliatasi da un sogno, si abbassò leggermente per far sì che i loro sguardi fossero obbligati ad incrociarsi.
-Sono così orgogliosa di te oggi- disse trattenendo a fatica la commozione. Poi, dopo essersi soffiata il naso, riprese il suo discorso.
-Ma non posso lasciarti partire se prima non mi prometti alcune cose- Sakura la guardò senza capire.
-Promettimi che vivrai a pieno questa bellissima esperienza che ti aspetta, promettimi che gioierai sempre per ogni piccola cosa felice che ti accadrà ogni giorno e che non ti farai abbattere per nessun motivo dalle cose meno belle. Promettimi che non sprecherai mai più delle lacrime per chi non se le merita perché tu sei la cazzutissima Sakura Haruno che da un po’ di anni si era persa e spenta, ma che ha tantissimo da offrire al mondo. E infine- disse lasciandosi sfuggire una piccola lacrima che rigò le sue guance attentamente truccate.
-Promettimi che ti prenderai cura della mia bambina, che non la lascerai mai sola anche se io non ci sarò più- sussurrò con debolezza.
-Anko, non dire così- bisbigliò, ma queste parole le sembrarono estremamente false e inappropriate. La donna mimò un sorriso tirato.
-Promettimelo Sakura, ti prego-
-Te lo prometto Anko, Tenten non sarà mai sola- e prima che potesse aggiungere altro abbracciò con forza la donna dai capelli violacei. Provò a trattenersi, a non lasciare che le sue emozioni prendessero il sopravvento, ma non ci riuscì, per la seconda volta iniziò a piangere disperata su una spalla amica. Anko la cullò per alcuni minuti accarezzandole dolcemente i capelli fino a quando una voce ricordò nuovamente ai passeggeri che il suo volo era in procinto di partire.
-Vi voglio bene- sibilò con gli occhi lucidi Sakura salutando un’ultima volta i suoi genitori.
-Anche noi Sakura- e l’ultima cosa che la Haruno vide prima di correre verso il gate furono dei commossi e dolci sorrisi che la sua famiglia allargata le rivolse. Dei sorrisi che Sakura avrebbe per sempre tenuto nel suo cuore.
 
-Buongiorno e benvenuta a bordo- la salutò l’hostess appena Sakura mise un piede sull’aereo. Con gli occhi ancora gonfi per il pianto la Haruno sfoggiò il suo miglior sorriso prima di dirigersi verso uno dei due corridoi dell’aereo. Il suo sguardo fissò per alcuni secondi il suo biglietto di prima classe: sospirò notando che la sua fila era molto indietro.
-Scusi- bisbigliò cercando goffamente di trascinare dietro di sé il trolley di dimensioni decisamente abnormali. Le ruote, per sua sfortuna, sembravo incastrarsi in ogni sedile e il peso non indifferente le impediva di portarla a mano.
-Allora, ci muoviamo?- sospirò una voce profonda dietro di lei mentre una coda non indifferente iniziava a formarsi alle sue spalle. L’aereo era pressoché vuoto poiché avevano chiamato per primi i passeggeri della business class e quindi Sakura non aveva alcuna possibilità di chiedere aiuto.
-Scusate- mormorò iniziando ad essere infastidita per i toni maleducati con cui la gente dietro di lei la intimava di accelerare. Quando, per l’ennesima volta, la ruota del suo trolley andò ad impigliarsi nel tappetino posto sotto ai sedili, un mano le bussò spazientita sulla spalla.
-Ti vuoi dare una mossa, ragazzina?- sospirò infastidita una donna che aveva pressoché l’età di sua madre. Sakura, oramai esausta da tutta quella situazione, assottigliò gli occhi decisamente infastidita.
-Ci sto provando- replicò con tono tutt’altro che rispettoso e, senza lasciare il tempo materiale alla sconosciuta di rispondere, iniziò a tirare con ancora più forza la valigia.
-Spingila anziché trascinarla- una voce decisamente annoiata attirò la sua attenzione.
-Come scusa?- tuonò sempre più alterata la Haruno fissando il ragazzo che le aveva rivolto parola. Lui, per tutta risposta, alzò gli occhi al cielo.
-Se la spingi al contrario anziché trascinarla puoi controllarla meglio- aggiunse come se ogni sua parola fosse elementare. Sakura si morse il labbro con forza cercando di tenere a bada il suo orgoglio e, non senza aver digrignato i denti, fece come lo sconosciuto le aveva detto.
-Non era difficile- sibilò il ragazzo vedendo, con soddisfazione, che il suo consiglio funzionava. Sakura non badò affatto alle sue parole, ma si limitò ad aumentare il suo passo mentre quasi tutte le persone dietro di lei iniziavano a prendere posto.
-Vent’uno, ventidue, ventitré!- biascicò la Haruno individuando il suo posto: per sua fortuna suo padre le aveva prenotato un posto affianco al finestrino come piaceva a lei. Decisamente eccitata ed emozionata buttò la sua borsa sul sedile. Stava per girarsi per mettere a posto la valigia quando una seconda figura, decisamente imprevista, inciampò sul suo trolley cadendo a terra.
-Cazzo- mormorò a denti stretti quello che sembrava un ragazzo atterrando sul pavimento.
-Cavolo, stai bene?- gli domandò Sakura scrutando la figura dei capelli corvini.
-No, ed è tutta colpa della tua stupida valigia- tuonò lui cercando a fatica di alzarsi da terra. Sakura lo fissò stranita di fronte a quelle parole così intrise d’odio.
-Hai ragione, mi dispiace- si scusò allungando una mano per aiutarlo a mettersi in piedi, ma l’altro la ignorò completamente senza neanche degnarla di uno sguardo.
-Non me ne faccio niente delle tue scuse, imbecille- quella parola, quell’ultima parola sputata con veleno, fece traboccare il vaso della pazienza di Sakura.
-Ma come ti permetti?- tuonò incrociando le braccia al petto di fronte a quella persona così scortese. Il ragazzo, finalmente rimessosi sui suoi piedi, si girò a fissarla: il suo sguardo così insistente ed indagatore sulla sua figura le fece immediatamente salire un senso di inadeguatezza.
-Metti a posto il tuo trolley prima che qualcun altro si faccia del male- la liquidò incrociando per un attimo i loro sguardi. Sakura deglutì a fatica.
-È troppo pesante, non riesco a metterla negli scomparti sopra i sedili- mormorò cercando di non far tremare le sue labbra.
-Non è un mio problema- concluse però lui allontanandosi e dirigendosi nei posti dall’altra parte dell’aereo. Imbambolata Sakura non riuscì a distogliere il suo sguardo da lui: come si permetteva quel ragazzino a parlarle così? Lo scrutò con attenzione alcuni secondi vedendo che prendeva posto affianco ad un sedile occupato da un secondo ragazzo.
-Che seccatura- mugugnò il ragazzo già seduto alzandosi per farlo passare e sistemare accanto al finestrino. Poi, evidentemente accortosi dello sguardo della Haruno, alzò incuriosito un sopracciglio.
-Signorina?- disse una quarta figura facendo risvegliare Sakura dai suoi pensieri.
-Può cortesemente riporre il suo bagaglio negli scompartimenti prima che entrino i passeggeri della economy?- e prima che lei potesse anche solo chiederle una mano l’hostess si era già volatilizzata. Oramai, sola e con una valigia più pesante di lei, la Haruno sospirò scuotendo la testa con decisione. Una ciocca di un rosa brillante sfuggì dal suo cappello andandole a coprire la fronte.
-Che seccatura- borbottò nuovamente il ragazzo dall’alta coda corvina, ma Sakura era troppo impegnata a pensare ad un piano per farci caso.
-Che seccatura- disse nuovamente e, prima che la Haruno si rendesse conto che la voce era oramai estremamente vicina a lei, due mani lunghe si avvolsero intorno alla sua valigia.
-Faccio io- borbottò lo stesso ragazzo che pochi secondi prima le aveva rivolto un consiglio non richiesto su come trasportare il trolley, lo stesso che pareva conoscere il ragazzo più maleducato che lei avesse mai conosciuto.
-Grazie- sibilò incuriosita osservandolo sistemare, a fatica, la valigia al suo posto.
-Nessun problema- rispose lui prima di allontanarsi silenziosamente così come era venuto. Sakura, turbata dal comportamento decisamente assurdo di quei due ragazzi appena incontrati, decise di lasciar svanire la sua curiosità per quegli individui. Esausta, ma emozionata, prese posto nel suo comodo sedile. I suoi occhi, di un verde brillante, osservarono per l’ultima volta il grande aeroporto di Los Angeles.
-Speriamo- sospirò avvicinando talmente tanto il naso al finestrino da farlo appannare.
-Che i ragazzi inglese siano più normali di quei due pazzoidi- e prima che l’aereo si mise in moto udì, senza farlo apposta, uno dei due ragazzi dire, con un accento decisamente troppo british, all’altro:
-Sasuke, spero che tu non abbia intenzione di mantenere il muso per tutto il viaggio perché sarebbe una seccatura-







Note:
Grazie a tutti quelli che hanno recensito, letto e salvato la storia nei preferiti/ricordati, spero che questo secondo capitolo sia all'altezza del primo! Diciamo che, essendo ancora all'inizio, la storia si sta ancora evolvendo, ma finalmente compaiono personaggi familiari. Spero di avervi strappato almeno una risata con la scena dell'aereo e chissà cosa succederà al prossimo  capitolo....
 
   
 
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