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Autore: FalbaLove    05/06/2021    2 recensioni
Quando la tua vita non potrebbe andare peggio, non c'è alcun'altra soluzione se non cambiare continente. E l'Inghilterra, in cui ti aspetta la tua migliore amica, sembra il posto ideale per ricominciare da capo. A meno che tu non ti imbatta in un cafone dai capelli corvini. Lo stesso con cui la tua esistenza, pare, essere saldamente legata.
Ma prima che tu ti faccia troppo coinvolgere tieni bene a mente una cosa: tutti nascondo almeno un segreto. E i protagonisti di questa storia non sono da meno.
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Tenten | Coppie: Hinata/Naruto, Kiba/Ino, Neji/TenTen, Sai/Ino, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Le gambe di Sakura si muovevano veloci, non curanti del terreno fangoso ed umido. Il suo fiato, strozzato dalla fatica, era irregolare, così come il suo cuore che sembrava battere all’impazzata. I suoi occhi, di un verde smeraldo, erano pieni di terrore e fissi davanti a lei mentre le sue orecchie cercavano di captare ogni minimo rumore nonostante la pioggia incessante. Ad un certo punto però qualcosa bloccò la sua corsa e in pochi secondi, troppo pochi affinché capisse cosa fosse successo, cadde sulla terra bagnata mentre un dolore lancinante scosse il suo magro corpo. Senza emettere un qualsiasi rumore provò inutilmente ad alzarsi, ma, sconfitta, fu costretta a lasciarsi sfuggire un grido di sofferenza. Istantaneamente si portò una mano sulla bocca maciullata da cui sgorgava del sangue copioso e vermiglio. A fatica, e noncurante di essere completa zuppa e ricoperta di fango, si rialzò costatando che era distrattamente caduta a causa di una radice ben nascosta dal terreno bagnato. Con paura si scoprì la caviglia destra notando con sgomento il rigonfiamento violaceo. A denti stretti riprese con dolore la sua corsa: non era al sicuro lì.
 
La città di Los Angeles era rinomata per le sue grandi e suntuose ville e non vi era da sorprendersi di fronte a quelle abitazioni così fatiscenti. In particolare, nella via più celebre della capitale della California, spiccava una dimora dallo stile tremendamente barocco e dall’allegro colore mattone. Quella casa, una delle più ammirate e invidiate, era senza dubbio una delle più ambite di tutti gli Stati Uniti ed apparteneva da sempre ad una famiglia la cui fama precedeva il cognome: gli Haruno erano ben noti a tutti nel nuovo continente. Ad un certo punto, quando un ennesimo tuono scosse la città nel sud della California, le grandi porte dell’abitazione furono aperte con forza: una figura minuta iniziò a zoppicare a fatica in direzioni delle suntuose scale.
-Signorina Sakura!- strillò sconvolta la domestica osservando le condizioni pietose dell’unica figlia dei suoi datori di lavoro.
-Si sente bene?- continuò visibilmente pallida in volto dallo spavento. I capelli della fanciulla, di solito di un bel rosato brillante ed inusuale, erano completamente umidi così come il resto del suo corpo mentre grandi chiazze di sangue avevano indelebilmente accompagnato le orme lasciate con il fango. La ragazzina a fatica si aggrappò al mancorrente delle scale cercando, quasi con vergogna, di non mostrare il suo volto.
-Tranquilla Ran, sto bene. Ti prego di perdonarmi per le mie condizioni- bisbigliò con un filo di voce aumentando il suo passo sempre più instabile. La domestica però era ancora visibilmente in agitazione.
-No che non sta bene, guardi come è conciata. Vuole che chiami i suoi genitori o un medic...-
-No!- la interruppe quasi ululando Sakura finalmente voltandosi. Ran rabbrividì di fronte al labbro superiore della ragazzina completamente ricoperto di sangue.
-Mi basta andare nelle mie stanze, non devi preoccuparti per me- continuò con una voce sempre più flebile.
-Starò bene- concluse cercando di risultare il più convincente possibile.
 
 
-Cazzo- sibilò a denti stretti Sakura osservando il suo riflesso nello specchio: con le mani tremanti sfiorò con attenzione il grosso taglio che era ben visibile sul suo volto e da cui non sembrava cessare di sgorgare fuori del sangue vermiglio. Deglutì a fatica afferrando un asciugamano candido: iniziò a tamponare la ferita non riuscendo a frenare dei lamenti di dolore. I suoi occhi, umidi e pieni di lacrime, erano ancora ricolmi di paura, la stessa paura che forse l’aveva sempre accompagnata. Ma quella volta, quella maledettissima volta, la situazione le era sfuggita decisamente fuori di mano. Con le dita tremanti scostò i capelli sporchi di fango dal viso estremamente pallido e quel tocco sembrò scuotere le sue stanche membra.
-Calmati ora, Sakura- bisbigliò cercando di frenare i brividi.
-Ora devi calmarti- sibilò nuovamente con più convinzione. Poi, con frenesia, aprì il piccolo mobiletto affianco al lavandino: con il volto tirato iniziò a far cadere dei barattoli a terra cercando quasi con bramosia qualcosa. Finalmente afferrò una garza, ben nascosta dalle creme e dai sieri, e trascinandosi a fatica uscì dal bagno. Lentamente raggiunse il suo suntuoso letto e, noncurante delle sue condizioni, lasciò finalmente che le sue stanche membra crollassero sul materasso. Rimase lì ferma per un tempo che le parve interminabile tremando con una foglia e lasciandosi sfuggire calde lacrime.
-Sakura, posso entrare?- una voce decisa, ma calda risvegliò la giovane Haruno dai suoi terribili pensieri. Non rispose però nonostante le sue labbra provassero ad emettere un qualsiasi suono.
-Sakura- mormorò questa volta con un tono più alto la figura che attendeva al di fuori della porta. Poi, senza darle possibilità di provare a sibilare qualcosa, una giovane donna fece il suo ingresso.
-Vai via- mormorò a denti stretti Sakura sapendo perfettamente da chi provenisse quella voce. Stanca, e ancora tremante, si girò su un fianco come se volesse nascondersi. La figura però non ascoltò minimamente questi suoi sussurri e anzi, richiuse dietro di lei la porta accurandosi di girare la chiave. Poi, senza proferire alcun’altra parola, si avvicinò a lei.
-Alzati e girati, sei fradicia- disse con tono duro, ma la Haruno la ignorò stringendosi con forza le spalle. Un unico sospiro interruppe il silenzio che si era creato tra le due.
-Sakura, alzati e girati che ti devo medicare- mormorò nuovamente la donna, questa volta con un tono più deciso e materno. La fanciulla, a malincuore, si alzò dal letto mentre i suoi fradici capelli rosati ritornare a ricadere sulle sue spalle.
-Mi dispiace- sibilò con rimorso lasciando che la donna si sedesse sul letto sporco e bagnato accanto a lei. Anko fece un debole sorriso.
-Avvicinati, ho portato un kit medico- disse aprendo una cassetta ed estraendo quella che sembrava una pomata disinfettante. Sakura fece come le era stato detto senza emettere alcun suono.
-Allora, mi vuoi dire cos’è successo questa volta?-
-Sono caduta mentre correvo per tornare a casa- ma lo disse con un tono talmente falso che non avrebbe convinto nessuno. Un sorriso divertito si dipinse sul volto della donna dalla capigliatura violastra.
-Questa è la bugia che diremo ai tuoi genitori se sarai più convincente- disse iniziando a ricucire il taglio profondo da cui, finalmente, aveva smesso di uscire il sangue.
-Mi hanno aspettata fuori da scuola e mi hanno inseguita- sospirò a denti stretti cercando di muovere il meno possibile il labbro.
-Ho provato a scappare Anko, ma mi hanno raggiunta e picchiata- concluse reprimendo a fatica le lacrime ed evitando con vergogna lo sguardo della donna. Anko inspirò profondamente.
-Sempre gli stessi bulli?- Sakura annuì debolmente.
-Ho fatto- concluse la donna alzandosi dal letto e posando sulla scrivania la cassetta di emergenza. Poi, senza ritornare sull’argomento, si diresse verso il grosso armadio della ragazza estraendo un asciugamano.
-Questa situazione deve finire Sakura- mormorò la donna avvolgendo con tenerezza la ragazzina ancora fradicia e sporca.
-Non puoi permettere che ti trattino così, dobbiamo dirlo ai tuoi genitori- improvvisamente il volto di Sakura sembrò riprendere vita e a fatica si alzò dal letto.
-No!- urlò con forza scuotendo la testa.
-Non possiamo dirlo ai miei-continuò, ma una forte fitta alla caviglia le fece perdere l’equilibrio. Velocemente la donna avvolse la ragazzina tra le braccia. Un debole sorriso comparse sul volto di Anko.
-Hai preso una bella storta alla caviglia- disse adagiando il corpo sempre più debole di Sakura sul letto.
-Ho portato anche del ghiaccio-
-Grazie- sibilò Sakura sentendosi tremendamente in colpa per averle urlato contro.
-Non posso lasciare che le cose continuino così-
-Non devi dire niente ai miei genitori, loro non capirebbero- gli occhi di Anko si mossero con furia sulla figura della ragazzina.
-E quindi dovrei lasciarti in balia di quei bulli? Guarda cosa ti hanno fatto Sakura! Hai un labbro spaccato e una caviglia gonfia, cosa pensi che ti faranno una prossima volta?- Sakura strinse con forza le coperte tra i pugni.
-Non ci sarà una seconda volta, d’ora in poi mi farò venire a prendere e vedrai che non accadrà più nulla del genere- disse con sicurezza cercando di far comparire un sorriso sul suo volto, talmente falso che fece venire il voltastomaco alla donna.
-Quindi è questo il tuo piano? Nasconderti e non reagire?-
-Esatto, non posso fare altro- concluse la Haruno adagiando il viso sul cuscino. Si sentiva estremamente stanca e in quel momento l’unica cosa che desiderava era poter chiudere gli occhi. Anko però sembrava non voler lasciare decadere quel discorso.
-I vigliacchi si nascono e tu non sei una vigliacca Sakura- ribatté Anko con delusione.
-Magari lo sono- bofonchiò con risentimento la Haruno mentre il suo respiro finalmente accennò a diventare più regole. Anko si lasciò sfuggire una risata isterica che risuonò per tutta la lussuosa stanza.
-Nonostante ti piaccia crederlo tu non lo sei- concluse quasi come se adesso fosse arrabbiata con lei.
-Come puoi saperlo?- sibilò a denti stretti Sakura sperando che questa discussione finisse il prima possibile. La donna, sempre più divertita, le si avvicinò a grandi passi squadrandola da capo a piedi.
-Perché la bambina di otto anni che conobbi dieci anni fa, dai lineamenti estremamente orientali e dagli inusuali capelli rosa, non lo era. E scommetto che da qualche parte c’è ancora- una amara smorfia si dipinse sul viso provato di Sakura. Estremamente stanca e debole si rialzò sul letto permettendo finalmente ai loro sguardi di incrociarsi.
-Ti sbagli, sono molto cambiata da allora- la sfidò e Anko non riuscì nuovamente a non ridere cosa che infastidì ulteriormente la ragazzina.
-Sei una pessima bugiarda- la derise la donna accarezzando dolcemente le guance finalmente asciutte della ragazza. Poi, amorevolmente, le regalò un bacio sulla fronte, bacio che sembrò finalmente riscaldare il corpo della Haruno.
-Non permetterò più a nessuno di farti del male Sakura, farò di tutto per renderti felice- e senza aggiungere altro uscì dalla stanca lasciando una Sakura estremamente sorpresa dalle sue parole.
 
Dopo quella discussione avuta quel pomeriggio con Anko, Sakura aveva passato ore sotto alle coperte cercando inutilmente di dormire. Però ogni volta che chiudeva gli occhi, improvvisamente risentiva rimbombare nella sua mente le risatine di schernimento e gli insulti.
“Stupida giapponese, ritorna da dove sei venuta” le urlava contro un ragazzino dai capelli sporchi e le ginocchia sbucciate.
“Sei uno scherzo della natura con questi capelli rosa” la insultava un secondo tirando con forza la sua chioma. Lei, intanto, provava a parlare, ma, nonostante le sue labbra si muovesse, nessun suono sembrava uscire. Poi, senza rendersene conto, i ragazzini iniziarono ad aumentare sempre di più e con loro anche le risate beffarde. A fatica Sakura cadde a terra, sopraffatta da tutto quel rumore, e immediatamente tutti iniziarono a tirarle dei calci che parevano delle pugnalate. Il dolore si fece indescrivibile, impossibile da sopportare, mentre copioso sangue incominciò a fuoriuscire dalla bocca regalandole un vomitevole sapore di ferro.
“Devi morire!” urlò una voce che non sembrava più provenire da intorno a lei, ma dalla tua testa.
-No!- un gridò fuoriuscì finalmente dalle sue labbra e immediatamente Sakura scattò in piedi. Con il cuore che batteva all’impazzata e il sudore che colava sulla sua fronte, Sakura si guardò intorno terrorizzata.
-No- bisbigliò nuovamente con decisamente meno forza mentre tutto intorno a lei si fece più nitido.
-Era solo un incubo- sospirò alcuni minuti dopo riconoscendo dove si trovasse. Priva di energie ricadde sul materasso non curandosi del suo corpo scoperto: un’aria fresca avvolse le sue gambe e la sua pancia privi di indumenti, ma questo contatto non dispiacque alla ragazza che parve quasi gioire di quella sensazione. Lentamente lasciò che il suo corpo si girasse su un fianco permettendo al suo sguardo di osservare in che situazioni si trovasse la sua stanza. Con sorpresa notò che le macchie di sangue e di fango erano completamente sparite dal pavimento e i vestiti zuppi che aveva precedentemente buttato a terra, sembravano essere scomparsi. Niente, a parte il suo labbro medicato e i suoi capelli sporchi e disordinati, sembrava fuori posto.
-Anko...- sospirò con gratitudine Sakura affossando le dita tra le coperte.
Improvvisamente una musichetta familiare scosse la ragazza dai suoi pensieri che, ancora leggermente scossa, allungò la mano per afferrare il suo cellulare che stava chiaramente squillando.
-Merda- balbettò leggendo le venti chiamate perse ricevute dall’unica persona che considerava sua amica: velocemente si alzò dal letto mettendosi seduta mentre una ennesima chiamata venne staccata dal mittente. Con curiosità osservò l’orario che indicava il display: a Los Angeles erano appena passate le otto di sera, questo significava che a Londra erano le quattro di mattina. Tenten non era solita chiamarla in quegli orari così bizzarri e immaginò che se l’avesse fatto con così tanta insistenza era perché sicuramente Anko le aveva raccontato tutto. Con una smorfia di stizza lasciò cadere l’apparecchio elettronico sulle coperte apprestandosi ad alzarsi. Per fortuna, osservò con attenzione, la sua caviglia sembrava essere decisamente migliorata e non era più tanto gonfia. Non aveva alcuna voglia in quel momento di parlare con Tenten di quello che era successo e anzi, provava un senso di delusione, nell’immaginare che Anko avesse spifferato tutto alla castana. Nonostante fosse la madrina della sua migliore amica, non avrebbe voluto far preoccupare inutilmente Tenten che si trovava dall’altra parte dell’oceano.
-Signorina Haruno?- una voce maschile e profonda provenne da dietro la sua porta.
-Sì?- biascicò lei dirigendosi verso il bagno con l’intenzione di fare una doccia rigenerante.
-Volevo avvertirla che i suoi genitori hanno richiesto la sua presenza nello studio del signor Kizashi- un’aria preoccupata balenò sul volto della Haruno.
-Adesso?- sospirò alzando gli occhi al cielo.
-Immediatamente-
 
Le nocche di Sakura sbatterono con decisione sulla porta: aveva provato per qualche secondo ad origliare per capire chi vi fosse nello studio, ma non era riuscita a udire alcun’altra voce se non quella di suo padre.
-Avanti- mormorò Kizashi e Sakura percepì chiaramente un brivido percorrere la sua schiena. Dandosi un’ultima sistemata ai capelli che sembravano avere un aspetto decente, entrò.
-Sakura, entra pure- le disse amorevolmente suo padre seduto sull’enorme sedia della sua scrivania. Gli occhi color smeraldo della Haruno si soffermarono sulle due persone che vi erano sedute a fianco all’uomo: senza reprimere una smorfia di timore fece ciò che suo padre le aveva detto. Kizashi, alla vista dell’enorme taglio presente sul volto della figlia, si scambiò una occhiata preoccupata con sua moglie che annuì debolmente.
-Prego- disse l’Haruno.
-Sieti pure, dobbiamo parlare con te- continuò indicandole una quarta sedia posta poco distante da quella su cui era seduta Anko. Attenta ad osservare ogni minima espressione sul viso della donna dai capelli violacei, Sakura si avvicinò a loro. Se i suoi genitori parevano avere una espressione preoccupata e tesa in volto, Anko invece mostrava il suo solito sorriso allegro che rivolse con gioia alla nuova arrivata. Tutto ciò, pensò Sakura, era decisamente sospetto.
-Come stai?- mormorò con apprensione sua mamma prendendo una mano della figlia tra le sue: Sakura respinse il senso di inadeguatezza che lambiva il suo volto e si sforzò di sorridere il più sinceramente possibile.
-Sto bene mamma, tranquilla- disse e finalmente il viso di Mebuki sembrò rilassarsi.
-Mi dispiace averti disturbato, lo so che stavi riposando, ma abbiamo una cosa molto importante da dirti- continuò la donna scambiandosi una occhiata di intesa con Anko che annuì con vigore.
-Dopo quello che è successo oggi Sakura, riteniamo che le cose debbano cambiare-
-Non voglio cambiare scuola- urlò di getto alzandosi dalla sedia. Non serviva che i suoi genitori parlassero, Sakura sapeva benissimo cosa avrebbero detto: aveva già espresso le sue idee e non le avrebbe cambiate affatto. Non le importava le future botte a cui sarebbe stata sottoposta, non le interessava le derisioni che avrebbero accompagnato ogni suo singolo giorno: lei non voleva fuggire, non voleva darla vinta a quei bulli che da più di tre anni le rendevano la vita un inferno. Sarebbe rimasta, si sarebbe ingegnata per non rimanere mai da sola, ma non sarebbe andata da nessuna parte. Quei ragazzini meschini tanto sapevano benissimo dove abitasse e cambiare scuola nella stessa Los Angeles non avrebbe fatto altro che alimentare ulteriormente la loro rabbia contro quello che consideravano l’anello debole.
Kizashi, di fronte a quella reazioni così forte e decisa di sua figlia, inspirò ed espirò per alcuni secondi in silenzio mentre il petto di Sakura si alzava e abbassava velocemente a causa del respiro irregolare. Con lo sguardo di sfida fissò i suoi genitori che sembravano celare qualsiasi tipo di emozione.
-Invece lo farai- disse serio suo padre alzandosi anche lui dalla seggiola.
-No, non puoi obbligarmi, sono appena diventata maggiorenne e posso fare quello che voglio- tuonò con orgoglio lanciandogli uno sguardo di sfida. Era testarda, pensò Kizashi, estremamente testarda nonostante tutto quelle che le era accaduto e che non gli aveva mai confessato.
-Ti prego di rimetterti seduta e di non interrompermi più- la riprese cercando, inutilmente, di celare un sorriso pieno di ammirazione. La fronte di Sakura si corrugò di fronte a questa sua espressione facciale, ma, in silenzio, decise di fare come il padre le aveva ordinato.
-Ora, se ti sei calmata, posso andare avanti- la ammonì lui incrociando le braccia al petto.
-Ti ha già chiamata Tenten?- le sopracciglia della Haruno si alzarono con sospetto di fronte a quelle parole.
-No- rispose non riuscendo ancora a capire cosa tutto ciò centrasse con il cambiare scuola. Forse ritenevano che la sua migliore amica sarebbe riuscita a convincerla a cambiare idea. No, era da escludere: i suoi genitori sapevano che era irremovibile quando prendeva una decisione e anzi, Tenten lo sapeva più di tutti.
-Strano- bofonchiò allegro Kizashi.
-Pensavo che avrebbe voluto lei darti la notizia- ancora più confusa Sakura scrutò il viso pieno di rughe del padre.
-Non riesco a capire- mormorò trovando tutta l’intera situazione assurdo. Anko e Mebuki sorrisero divertite di fronte a questa sua risposta, cosa che la irritò ancora di più.
-Cambierai scuola Sakura- disse deciso suo padre avvicinandosi a lei e non permettendole di ribattere ulteriormente.
-Pensiamo che il college di Konoha sia una scelta più adatta a te-
-Ti ho già detto che ... Oh- esclamò la Haruno e il suo volto, da scontroso e teso, sembra rilassarsi all’istante mentre le parole del padre risuonarono nella sua mente. Anko, che fino ad all’ora si era trattenuta, scoppiò a ridere divertita.
-College di Konoha?- sibilò incredula boccheggiando e ignorando completamente le risate della donna dai capelli violacei.
-College di Konoha, hai capito bene- le rispose con semplicità suo padre avvicinandosi alla sedia di Mebuki e sedendosi sul bracciolo della seduta della moglie: poi i loro occhi si scrutarono con uno sguardo pieno di amore.
-A Los Angeles non vi è alcun College con quel nome- sussurrò Sakura che aveva ancora il timore di essersi immaginata tutto. Mebuki le sorrise dolcemente.
-No, non mi pare- le rispose con ilarità.
-Ma possiamo sembra chiedere a Tenten- ma la donna non riuscì a concludere la frase che venne avvolta con forza dalle braccia di sua figlia. Sakura, ancora intontita, abbracciò con gioia i suoi genitori mentre gridolini di eccitazione fuoriuscirono dalla sua bocca. I due genitori si guardarono commossi per poi ricambiare quel gesto di affetto.
-Mi sembrava che avessi detto che non volevi cambiare scuola- bofonchiò con allegria Anko dall’altra parte della scrivania. Orgogliosa, ma visibilmente commossa, Sakura si separò da Kizashi e Mebuki cercando, per quanto potesse, di asciugare le lacrime che segnavano copiose il suo viso. Questa volta, però, erano lacrime di felicità.
-Questo perché avevo considerato solo le scuole della California e non dell’Inghilterra- provò a mormorare tra un singhiozzo e l’altro.
-Effettivamente- le fece eco suo padre.
-Non mi sembrava che avessimo definito il continente-
-Ma siete seri? O è uno scherzo?- biascicò la ragazza che ancora non riusciva a credere a quello che aveva appena udito. Ogni suo muscolo sembrava essersi liberato della stanchezza e fremeva dalla felicità.
-Nessuno scherzo, abbiamo contattato poche ore fa la preside del College che ci ha informato che, nonostante il primo semestre sia già iniziato da due mesi, il trasferito è consentito- rispose suo padre alzandosi dalla sedia ed afferrando un foglio che giaceva sulla sua scrivania. Lentamente glielo porse.
-Ti basterà firmare questo foglio e diventerai ufficialmente una nuova alunna del College più prestigioso dell’Inghilterra, sempre che tu lo voglia visto che sei maggiorenne e mi pare di aver capito che vuoi scegliere da sola delle tue azioni- un sorriso sincero ed entusiasta si dipinse all’istante sul volto della Haruno.
-Lo voglio papà, lo voglio con tutto il cuore-






Note:
Mi ritrovo a pubblicare questa storia dopo troppo tempo dall'ultima volta in cui ho scritto e non penso che il risultato mi aggrada pienamente. Nonostante ciò spero che però la mia storia possa piacervi e, preghiamo, che io riesca a portarla a termine (sembra una utopia!). 
   
 
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