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Autore: Jeremymarsh    08/06/2021    5 recensioni
[AU ambientata nel Sengoku Jidai]
Durante una semplice operazione di perlustrazione, Inuyasha, generale in una guerra tra demoni e umani che va ormai avanti da due anni, si spinge fino oltre il territorio nemico per raggiungere il villaggio in cui la sua promessa sposa viveva prima che il conflitto scoppiasse. Qui viene scoperto dalla sorella minore di lei che gli rivela intenzionalmente una cosa che non avrebbe dovuto.
Scioccato, Inuyasha decide di imbarcarsi in una nuova e pericolosa missione che potrebbe costargli la vita o peggio.
[Inukag con piccola parentesi Inukik]
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, Kaede, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Tre: Un piano infallibile



“Questa guerra non la si può fare che così. E poi non siamo noi che comandiamo lei ma è lei che comanda noi.”
 
 



“Dov’è mio figlio?” tuonò una voce possente nella sala dov’erano riuniti la maggior parte dei soldati, comandanti e generali.
 
Il silenzio calò immediatamente su di loro e nessuno osò farsi avanti fino a quando la domanda non fu ripetuta con più rabbia e accompagnata da uno sguardo capace di gelare il sangue. Era risaputo che non era una buona cosa far arrabbiare l’Inu-no-Taisho, la guerra lo aveva indurito parecchio – lui d’altronde ne aveva già vissuta una identica e si era scocciato di vedere uomini e demoni cadere come foglie secche in nome di principi sbagliati – e soprattutto la perdita dell’amata moglie per mano di coloro che si dichiaravano suoi alleati.
 
Ora l’unica cosa che gli rimaneva di lei era il figlio che nessuno nel castello vedeva da un giorno e tutti avevano paura di dare la notizia al Generale. Inuyasha era partito per una semplice operazione di perlustrazione che non sarebbero dovuta durare più di mezza giornata, ma il mezzo demone non era ancora tornato e quello di certo non era un buon segno; scomparire poteva significare solo due cose: morte o cattura.
 
Alla fine tra le numerose file si fece avanti un alto demone lupo che era visto spesso in compagnia di Inuyasha. l’Inu-no-Taisho lo conosceva bene; magari gli avrebbe risparmiato la pena solitamente riservata all’ambasciatore.
 
Koga si fece avanti appena Toga ripeté la domanda, si inchinò per rispetto e poi prese parola mentre attorno a lui i restanti soldati restavano con il fiato sospeso. “Toga-sama, Inuyasha è partito ieri mattina per una breve perlustrazione a Est. Ci aspettavamo di vederlo tornare entro ieri sera, ma non abbiamo avuto notizia.”
 
Sul volto del demone cane si dipinse un’espressione accigliata e lo sguardo si fece ancora più duro se possibile.
 
“Si è spinto nel territorio nemico?” chiese secco. L’aria nella sala sembrò tremare in risposta.
 
“Non lo sappiamo, Toga-sama,” Koga aveva ancora il volto chinato e non osava incrociare gli occhi del Generale. “In teoria non avrebbe dovuto.”
 
“E quando avevate intenzione di farmelo sapere? Mi state dicendo che per un’operazione del genere, quando non lo avete visto tornare, nessuno ha pensato di mandare una pattuglia a controllare o di informarmi?”
 
I vetri della sala grande nella quale si trovavano vibrarono. L’aura arrabbiata del Grande Generale Cane si diffuse improvvisamente, ormai era impossibile tenerla a bada – né lui aveva più intenzione di farlo.
 
Che capiscano anche quanto sono a un passo da farli a pezzi tutti per quest’affronto! Pensò Toga.
 
Tutti i demoni presenti nella sala caddero in ginocchio o chinarono la testa istintivamente in riposta. Anche Sesshomaru, suo malgrado, fu costretto ad abbassare la testa in seguito alla violenta reazione del padre – ma storse la bocca e il suo sguardo si indurì.
 
Molti in quel castello speravano che ogni mezzo demone che ancora viveva in quelle terre perdesse la vita in qualche scontro così da liberarsi finalmente di quegli abomini senza dover agire direttamente. Più di tutto, però, molti demoni volevano che Inuyasha fosse fatto fuori; non accettavano che un mezzo demone avesse più potere di loro – che un mezzosangue fosse addirittura più forte di loro.
 
Probabilmente questi, alla notizia della scomparsa del figlio, avevano gioito.
 
“Che venga organizzata una pattuglia immediatamente! Voglio che vengano seguite le tracce di mio figlio e voglio che sia fatto ora. Dovrete sapermi dire dov’è andato e dove sparisce il suo odore. Se vi rendete conto che è andato oltre il confine un parte del gruppo scelto deve tornare subito indietro, fare scorta di armi e soldati e proseguire.” Il suo sguardo cadde su Koga, duro e anche deluso; si aspettava che almeno lui si fosse mosso immediatamente non appena non aveva visto tornare Inuyasha.
 
Il demone lupo cercò di annuire, ma Toga non gliene diede modo, bloccandolo lì con lo sguardo non appena aveva osato alzare gli occhi. “Non mi deludere ancora, Koga,” aggiunse solamente. Il resto della frase era implicito: Non mi deludere o altrimenti…
 

 
Il sole era finalmente sorto in quel villaggio desolato. Forse un po’ troppo tardi, pensarono i cacciatori che proprio quando avevano pensato di aver finalmente in pugno il demone dai capelli d'argento ne avevano perso le tracce.
 
“Dannazione, ero sicura che una delle mie frecce lo avesse preso. Erano anche cariche,” disse un donna mingherlina. Indossava la tipica veste da sacerdotessa e alle sue spalle aveva una faretra ormai vuota; aveva usato tutte le frecce durante la caccia.
 
“Anch’io ero convinto l’avessimo finalmente acchiappato. Diamine, certo che era parecchio veloce anche dopo essere stato colpito,” un monaco accanto a lei concordò. Stava ancora cercando di riprendere fiato dopo la corsa e, prima di aggiungere altro, bevve un sorso d’acqua. “Ho sentito chiaramente un’aura demoniaca sparire. Credi lo abbiamo ucciso?”
 
“Che cosa?” sbraitò un omone accanto a loro. Era uno dei tre cacciatori che Inuyasha si era fermato ad ascoltare e colui che aveva urlato di prendere assolutamente il demone. “Non doveva essere ucciso, ma solo catturato! Ci serve come ostaggio; da morto non possiamo farci nulla!”
 
“Calmati, Taro, non possiamo sapere nulla fino a che non troviamo almeno un corpo,” si intromise il terzo spiritualista. “Il demone era chiaramente ferito e Akemi dice di essere convinta che almeno una delle sue frecce lo abbia colpito; non può esserne uscito indenne. In questo caso non avrebbe potuto raggiungere il confine nemico così presto, è ancora troppo lontano. Si sarà sicuramente fermato a riposare credendo di averci seminato, ma le sue difese ora sono basse e per noi sarà un gioco da ragazzi catturarlo così.” Un sorriso sadico gli abbellì le labbra. “Anzi sai che ti dico? Questa caccia mi piace sempre di più; adoro giocare con la mia preda. Lasciamogli credere di essere in salvo.”
 
Rise sguaiatamente e i cacciatori attorno a lui si unirono.
 
“Non adagiamoci sull’alloro, comunque,” riprese il monaco di prima. “Cominciamo a guardarci attorno. Credo di ricordare che nel tempio di questo villaggio risieda ancora una giovane sacerdotessa a cui è stato chiesto di fare da guardiana. Cominceremo con il chiedere a lei se ha sentito qualcosa di strano poco prima dell’alba.”
 
Giunsero alla base delle lunghe scale che portavano al tempio e ai margini scorsero chiare tracce di sangue. Uno dei cacciatori si accovacciò e osservando notò che il sangue continuava sempre più fitto verso il bosco, chiaramente verso Ovest.
 
“Ehi, capo,” disse uno al terzo spiritualista, “forse abbiamo trovato qualcosa.” Indicò le tracce di sangue che si facevano sempre più numerose man mano che ci si allontanava.
 
“Molto bene,” rispose Kiyoshi. “Investigate, nel frattempo io, Akemi e Makoto andremo a parlare con la sacerdotessa.” Indicò il monaco e la sacerdotessa che avevano parlato prima. “Ma restate nei paraggi; voglio poter ricominciare subito appena riusciamo a estrapolare tutto quello che possiamo dalla ragazza e non voglio dover perdere tempo a cercare voi.”
 
“Agli ordini, capo!” urlarono quelli in coro come le marionette. Kiyoshi scosse la testa, quelli erano tutti muscoli e zero sale in zucca; almeno sapevano fare il loro lavoro quando si trattava di usare la forza bruta.
 
Il piccolo gruppo di tre individuò subito la capanna ai piedi delle scale e senza troppi preamboli e soprattutto non curandosi della privacy di chi la occupava, Kiyoshi scostò la tela che fungeva da porta ed entrò scioccando la giovane e l’anziana che erano riunite intorno al focolare cucinando la colazione.
 
La giovane si portò una mano al cuore per lo spavento, l’anziana assunse un’espressione accigliata e di rimprovero. Entrambe portavano i pantaloni rossi e la veste bianca, come di consueto per ogni sacerdotessa.
 
“Vogliate scusarmi, buone donne, ma è una questione di estrema importanza,” cominciò il monaco; non che gliene sarebbe importato tanto dei convenevoli in altre circostanze. Kiyoshi era un uomo abituato a prendersi sempre tutto quello che voleva, con le buone o le cattive, e la guerra aveva solo aumentato questa sua prepotenza e spavalderia. Un sorriso si dipinse sul suo volto, ma sia Kagome che Kaede poterono notare quanto fosse falso.
 
Quell’uomo non portava nulla di buono.
 
“Entrare in una capanna abitata da donne senza aver prima chiesto il permesso non si addice a un uomo di Buddha,” Kaede lo rimproverò. “Siccome vi siete arrogati il diritto di entrare in casa nostra, procedete pure con il dirci di cosa avete bisogno. Cercheremo di esservi di aiuto.” Aveva ormai smesso di girare il porridge di riso nella pentola e osservava i tre con un’espressione ancora più corrucciata.
 
“Veniamo per chiedervi se avete notato qualcosa di strano questa mattina poco prima dell’alba.”
 
“Qualcosa di strano? Dovete essere più precisi, buon uomo,” Kaede lo rimbeccò. “Questo sarà anche un villaggio disabitato, ma proprio per questo ci vengono a trovare le creature più disparate.”
 
Kiyoshi la fulminò con lo sguardo, per nulla non contento del modo in cui la vecchia cercava di imporsi su di lui. Volse lo sguardo verso la ragazza che invece se ne stava in silenzio osservando il dibattito. Magari da lei poteva ricavare qualcosa di più; le giovani erano sempre più impressionabili e malleabili.
 
“Una nostra preda ci è sfuggita proprio ai margini di questo villaggio. Durante la caccia abbiamo fatto abbastanza rumore, sicuramente abbiamo interrotto il vostro sonno di bellezza,” il suo sorriso era come quello del diavolo mentre parlava, “non è che avete notato dunque un demone dai lunghi capelli d'argento aggirarsi attorno al vostro tempio? Fareste un grosso favore al vostro esercito e ovviamente agli Dei che servite,” concluse compiacente.
 
“Mi dispiace deludervi, buon uomo, ma noi non abbiamo sentito proprio nulla. Potrà capire che, siccome dormivamo, non sarebbe stato facile per noi intravedere qualcuno. Senza contare poi, con il buio che scende durante la notte, che sarebbe impossibile riconoscere anche i propri piedi. Vi assicuro, però, che attorno al nostro tempio è eretta una barriera abbastanza efficace – sono certa che ve ne siete accorti anche voi, essendo dotati – e se anche il demone si fosse avvicinato, ne avremmo ricevuto immediatamente segnale. Nessun demone, sia l’aura forte o debole, può toccare la nostra barriera senza inconsapevolmente avvertirci. Fosse stato questo il caso, il demone sarebbe già stato eliminato. D’altronde, proprio come lei stesso ha detto, noi serviamo l’esercito e i nostri Dei.” Kaede concluse il suo discorso con un sorriso amabile ma tirato, la sua voce aveva toni velatamente derisori che nascondeva dietro la sua facciata seria.
 
Aveva riconosciuto il tipo Kaede, lei che di monaci e preti ne aveva conosciuti molti. Pensavano di essere servi di Buddha scesi sulla terra per il bene comune o si credevano reincarnazioni degli Dei; erano, come aveva ben detto Inuyasha poche ore prima, degli invasati che seminavano solo discordia, il cui potere ormai non era più puro da tempo. Talvolta la stupiva come alcuni mantenessero ancora le loro qualità nonostante i tanti peccati mascherati da opere a fin di bene.
 
L’espressione di Kiyoshi ora eguagliava quella di Kaede, per nulla contento della sua risposta. Allora si volse nuovamente verso Kagome. “E tu, giovane sacerdotessa? Sapresti dirci qualcosa in più?”
 
Kagome mantenne la sua espressione neutra e disponibile, ma dentro di sé rabbrividì sotto lo sguardo malignò del monaco che le piaceva tanto quanto a Kaede. Il modo in cui aveva parlato di preda le aveva fatto venire la pelle d’oca.
 
Inchinò il volto leggermente per pura formalità, non certo in segno di rispetto, e perché aveva immaginato che era meglio non farsi nemico un tipo del genere. Erano pur sempre due donne sole, un’anziana per giunta, e non era raro che durante la guerra gli uomini soli e stanchi rubavano con la violenza piaceri alle donne. Certo, quello in teoria era un monaco che non avrebbe mai commesso un peccato del genere, ma siccome la sua anima era già macchiata – Kagome poteva leggerglielo chiaramente nell’aura – non si poteva mai sapere cosa avrebbe potuto fare anche solo per dispetto.
 
“Mi spiace deluderla, venerabile monaco, ma anch’io come Obaa-chan non ho sentito nulla durante la notte,” cominciò lei, “anche se…” assunse un’espressione un po’ spaurita e timida e non concluse la frase.
 
“Anche se…?” la incoraggiò Kiyoshi. “Non devi avere paura, giovane sacerdotessa, qualsiasi cosa tu abbia visto o notato, non devi aver paura di quel demone. Ci siamo noi per questo. Mi posso rendere conto che, qualcuno giovane e inesperto come te, che non ha visto la guerra, possa provare timore davanti a un demone assetato di sangue, ma non permetteremo che vi faccia del male.” Le offrì un sorriso che doveva rassicurarla e invece le fece solo rizzare i capelli sulla nuca.
 
Dentro di sé Kagome stavano pensando ai peggiori insulti possibili. “Gli farei vedere io chi è quella inesperta! Non si accorgerebbe di un demone nemmeno se glielo mettessero sotto il naso questo qui!”
 
“Beh… ecco…” continuò con la sua recita. “Stamattina mentre mi recavo al fiume proprio ai margini della foresta ho notato una scia sospetta di sangue.” Le guance assunsero un colorito roseo sotto lo sguardo del monaco e abbassò il capo quasi mortificata da quel contatto diretto con un uomo.
 
“Va tutto bene, nipotina,” Kaede le disse in modo dolce poggiando una mano sulla sua. L’anziana sacerdotessa aveva iniziato a capire il gioco della nipote e si stava adeguando. Si rivolse poi nuovamente ai tre, “Sapete, mia nipote è spesso impressionabile.”
 
“Ma certo, certo,” Makoto parlò per la prima volta. “Però potete capire che al momento abbiamo una certa fretta e quindi…”
 
“Oh, scusate, scusate,” Kagome si nascose il viso tra le mani e cominciò a singhiozzare. “È come ha detto Obaa-chan, ma questa volta sto davvero esagerando.” La voce usciva flebile e tutti e tre dovettero sporgersi verso di lei per capirla. “Mentre andavo a riempire i nostri secchi d’acqua per la colazione,” lì indicò ai lati della porta, uno già in parte svuotato, “ho notato una grande quantità di sangue che proseguiva sempre di più verso il bosco fitto e i confini dei territori gestiti dai demoni. Non ho osato investigare perché non avevo con me il mio arco né le frecce e non volevo rischiare. Mi dispiace non potervi essere più d’aiuto o di non averlo preso subito o…” i singhiozzi aumentarono considerevolmente. “Ho sentito anche degli strani grugniti, come di un animale sofferente e mi sono spaventata!”
 
Kiyoshi assunse un’espressione tronfia; finalmente si cominciava a ragionare! Quelle tracce che avevano visto i cacciatori allora erano davvero del demone. Se ne aveva perso tanto doveva essersi fermato non lontano dal villaggio. Lo avevano finalmente in pugno! Oh, come si sarebbe divertito; non vedeva l’ora.
 
Il monaco poggiò una mano sulla coscia di Kagome in segno di conforto e in modo anche molto sfrontato; scambiò il brivido di disgusto per uno di paura. “Non devi preoccuparti, giovane donzella, ci preoccuperemo noi dell’animale e voi potrete tornare alla vostra vita tranquilla. Avete reso un grande servizio oggi, spero riuscirete a dormire sonni più sereni ora.” Le offrì un altro sorriso e Kagome si sforzò di ricambiarlo. “Mi curerò personalmente di tornare a farvi visita non appena il mio attuale incarico sarà terminato. È compito di noi uomini, d’altronde, far sì che voi giovani siate al sicuro.” Il volto di Kagome era ormai cinereo, ma tutti immaginarono per lo spavento che aveva preso e non per le parole del monaco.
 
I tre si alzarono e lasciarono subito la capanna dopo gli ultimi convenevoli. Solo allora le spalle di Kagome si rilassarono ed entrambe le sacerdotesse tirarono un sospiro di sollievo; l’avevano rischiata grossa.
 
Kaede si alzò e con fare discreto si avvicinò alla finestra per controllare se ogni persona di quel gruppo di villani fosse sparita dalla radura davanti al loro tempio. Poi tornò da Kagome e finalmente parlò, “Hai delle doti da attrice nata, bambina, per un attimo hai fregato anche me.”
 
Un sorriso, questa volta vero, si dipinse sul suo volto e comparve anche la fossetta sulla guancia sinistra. “Grazie, Obaa-chan. Ho fatto solo il necessario. Ora però muoviamoci, non c’è tempo da perdere; Inuyasha sarà ancora in forma umana e le sue ferite non erano da poco.”
 
Si alzò e sotto di lei fece la sua comparsa una botola nascosta nella quale, dopo aver preso garze e acqua a volontà, non esitò a discendere. Rin era rimasta accanto al mezzo demone tutto il tempo.

 

 
In verità, quella notte, Kagome, Rin e Kaede erano state risvegliate facilmente dalle grida dei cacciatori ed era bastato poco a riconoscere la sagoma di Inuyasha che correva a perdifiato proprio verso il tempio. Purtroppo però, avevano dovuto assistere anche a quella freccia sbucata alle sue palle che lo colpiva da dietro e gli trapassava il petto e al modo in cui il mezzo demone era caduto a terra senza troppe cerimonie, i capelli ormai neri e con solo una debole traccia di youki che si notava solo concentrandosi.
 
Senza esitare nemmeno un attimo – di certo non lo avrebbe lasciato alla mercé dei cacciatori che di lì a poco sarebbero arrivati nella radura – lo portarono all’interno della barriera e lo nascosero nella botola sotto il pavimento che in tempi di magra era stata utilizzava per nascondere le scorte rimaste. La loro era sempre una famiglia numerosa e talvolta non potevano proprio permettersi di fare la carità.
 
Quando il gruppo cominciò a disperdersi da tutt’altra parte, ignorando il tempio, Kagome aveva istruito Rin di prendere i due conigli avanzati ieri sera, che erano ancora in attesa di essere scuoiati, e di disseminare accuratamente il loro sangue procedendo verso Ovest, lasciando una scia ben calcolata.
 
A quel punto lei aveva pulito alla bell’e meglio le ferite di Inuyasha consapevole di non poter fare un lavoro accurato ora che i cacciatori e gli spiritualisti potevano arrivare in qualsiasi momento alla ricerca di notizie. Non era infatti cosa poco comune che rimanesse qualcuno a guardia dei santuari anche in tempi di guerra.
 
Non appena Rin era tornata con un sorriso smagliante che indicava il successo del compito appena svolto, Kaede l’aveva infilata giù nel nascondiglio insieme al mezzo demone e le due donne rimaste, assicuratosi che nulla fosse fuori posto, avevano messo in scena la tipica scena mattutina. Due sacerdotesse sole che si accingevano a cominciare la loro giornata.
 
Per più di una volta Kagome ringraziò il cielo che nessuno avesse sentito il suo cuore battere a mille o visto il sudore imperlarle la nuca; aveva temuto per tutta la durata dell’incontro che quell’uomo abietto potesse scoprirle e punirle di conseguenza.
 
Offrire rifugio al nemico era un crimine che si pagava caro e lei, che aveva solo sentito delle crudeltà effettuate dai cacciatori, non aveva intenzione di provarlo sulla sua pelle.
 
Quando infine raggiunse la sorella e il mezzo demone, Rin si voltò immediatamente verso di lei e le offrì un altro piccolo sorriso. “La febbre è ancora alta, ma ho continuato a disinfettare le ferite utilizzando l’unguento che Kaede mi ha messo nelle mani prima di chiudere la botola mentre voi eravate di sopra. Credo comunque che il suo sangue demoniaco continui ad aiutarlo in questa forma, anche se lentamente. Altrimenti non mi spiego come facciano a non essersi infette; nonostante il lavoro che ho fatto sono pericolose.” Indicò quella sul petto che era la più brutta e poi quella sulla coscia. Entrambe però, oltre a essere rosse, non presentavano nessun altro cattivo sintomo, anche se la febbre alta era sicuramente causata da quelle.
 
Kagome annuì. “Aspetteremo che gli ritornino i poteri,” disse, “a quel punto ferite del genere, senza cacciatori alle calcagna, dovrebbero essere facili da guarire per uno come lui. Speriamo solo che succeda presto; non vorrei che quegli uomini tornassero inaspettatamente e deve ritornare nelle terre demoniache quanto prima. Non possiamo rischiare che qualcuno percepisca una chiara aura demoniaca nel tempio.”
 
“E come hai intenzione di fare?” chiese la sorella di rimando, il volto corrugato. “Anche se tra un paio di ore è di nuovo in forma non può inoltrarsi nella foresta proprio ora. Quelli lì non se ne andranno mica presto, continueranno a cercare a lungo visto che tu gli hai fatto capire che era quasi morto. Non se ne andranno fino a quando non avranno trovato almeno il corpo.”
 
“Non ti preoccupare, sorellina, ho il piano perfetto in mente. Dobbiamo solo sperare che nessuno di loro torni prima del tempo.”

 

 
Proprio come Kagome aveva predetto, il sole non era ancora così alto in cielo quando Inuyasha riassunse i suoi caratteri demoniaci e poco dopo riprese anche coscienza. Le ferite cominciarono a guarire a velocità più che impressionante e Kagome, che non aveva abbandonato nemmeno per un secondo la sua postazione accanto al mezzo demone, osservò il processo con occhi sgranati e bocca aperta a causa dello stupore.
 
Inuyasha aprì gli occhi, sbatté le palpebre un paio di volte e un gemito gli scappò dalle labbra. Fece per portarsi un braccio alla testa che gli sbatteva terribilmente, ma un attimo dopo si ricordò degli avvenimenti della notte precedente e scattò subito a sedere. Assunse una posizione di difesa e perlustrò con gli occhi il luogo in cui si trovava solo per poi rilassarsi e avere un altro shock nel vedere l’esile figura di Kagome che se la rideva beatamente, una mano a coprire la bocca e gli occhi che le scintillavano.
 
“Tu…tu…” balbettò incapace di formulare un pensiero coerente, figuriamoci una frase. L’ultimo ricordo che aveva era un dolore lancinante che gli trapassava il petto e mani che lo afferravano; era sicuro di aver ormai finito di campare. Come ci era finito in quel luogo umido e rarefatto? Quella non era nemmeno la capanna in cui Kagome l’aveva invitato il giorno prima.
 
“Io,” confermò Kagome, il sorriso fermo sulle labbra.
 
“Dove mi trovo? Come ho fatto a salvarmi? I cacciatori mi stava inseguendo e poi…” si tastò il petto freneticamente e con un sospiro di sollievo constatò che la ferita si stava già rimarginando; mosse la gamba e non vi trovò nulla di male a parte il momentaneo intorpidimento.
 
“Calmo, calmo, una cosa alla volta. Vuoi un po’ d’acqua? Devi essere parecchio assetato. Dirò a Rin di portarti anche qualcosa da mangiare, Kaede stava giusto preparando uno stufato di coniglio; il suo è ottimo.”
 
Inuyasha poté solo annuire.
 
Sempre rimanendo nel rifugio sotto la capanna, Inuyasha si rifocillò e non dovette aspettare molto affinché le forze gli ritornassero del tutto. Ringraziò per l’ennesima volta il potente sangue demoniaco che gli scorreva nelle vene
 
Nel frattempo Kagome era rimasta accanto a lui tutto il tempo, quel sorriso smagliante sempre sulle labbra mentre la vecchia si portava dietro la sorella minore che Inuyasha non ricordava per nulla visto che all’epoca della sua relazione con Kikyo non era altro che una poppante. Il mezzo demone gliene fu grato perché immaginava che gli sguardi troppo curiosi e i risolini che Rin continuava ad emettere lo avrebbero messo ancora meno a suo agio.
 
Quando fu finalmente pronto ad affrontare il discorso, Kagome gli spiegò velocemente tutto quello che era accaduto da quando lo avevano messo in salvo. Inuyasha, che ascoltava senza perdersi nemmeno un suo sospiro o movimento delle mani – si era accorto che la ragazza gesticolava molto –, pian piano si ritrovò a sgranare sempre più gli occhi nel sentire fino a cosa si erano spinte quelle tre donne che non gli dovevano nulla e che anzi, da buone sacerdotesse, avrebbero dovuto denunciarlo già il giorno prima.
 
Era chiaro che, sebbene tutte e tre fossero cresciute con Kikyo, nessuna fosse come quest’ultima. Kikyo era sempre stata molto ligia alla legge e alle credenze della comunità spirituale – al punto tale che, se fosse stato meno scioccato dal suo tradimento, lo sarebbe stato un po’ di più per il suo disertare. Kagome invece non solo lo aveva accolto senza problemi il giorno prima, ma lo aveva anche salvato; lo aveva nascosto e aveva mentito spudoratamente per il suo bene. Un brivido lo colse al solo pensiero di cosa sarebbe potuto accadere se qualcuno le avesse scoperte o se il suo piano non fosse andato a buon fine. E in tutto questo aveva continuato a guardarlo e prendersi cura di lui con calore, come se effettivamente gli importasse di lui e la guerra non esistesse nemmeno. Era solo solitudine quella che leggeva nel suo sguardo o qualcosa di più? Che si stesse facendo illusioni e aveva scambiato la pietà per affetto?
 
Improvvisamente si sentì in colpa per la posizione in cui le aveva irrevocabilmente messe: tre donne sole in questa guerra erano già in pericolo per il maggior numero di banditi e di cacciatori sfrontati che non perdevano momento per violentare i loro corpi a turno, ma tre donne che avevano aiutato il nemico…
 
“Kagome…” riuscì solo a dire. Teneva gli occhi bassi, incapace di incrociare lo sguardo di lei; non riusciva nemmeno a esprimere quanto le fosse grato, ma anche il senso di colpa che lo stava attanagliando a causa della sua irresponsabilità. Per un attimo il dolore dovuto al tradimento di Kikyo scomparve del tutto.
 
Kagome osservò le diverse emozioni passargli sul viso e il sorriso non vacillò mai. Semmai, si sentì ancora più vicina a lui, inspiegabilmente, e provò l’insensata voglia di stringerlo in un abbraccio; fargli capire che non doveva avere paura e soprattutto non doveva averne per loro.
 
Dopo due anni a vivere in completa solitudine, dovendosi proteggere dagli attacchi dei demoni e non solo, lei, Kaede e Rin aveva escogitato diversi modi per difendersi. Per fortuna, c’erano ancora molti che tenevano alla santità del luogo – sebbene lei avesse avuto idea che nessuno aveva mai combattuto per amore di qualche Dio, ma anzi scatenando questa guerra la presenza di quest’ultimi fosse stata solo cancellata dalla faccia della terra.
 
Rendendosi conto che un abbraccio non sarebbe stata la mossa giusta – Kagome non sapeva molto di demoni e non sapeva come comportarsi in loro presenza – optò ancora una volta per stringere la mano più vicina a lei; il contatto durò molto di più e Kagome cercò di infondere in lui tutta la speranza e la fiducia che provava. Quando finalmente Inuyasha ebbe il coraggio di alzare lo sguardo verso di lei e le orecchie si drizzarono in testa, lei lesse nel suo sguardo sollievo e, anche se piccolo, vide un sorriso farsi strada sulle labbra di lui e un canino che sporgeva leggermente dal labbro inferiore.
 
Inuyasha sentì il calore diffondersi prima su tutto il suo braccio e poi in tutto il corpo, grazie a quella mano molto più piccola della sua e uno sguardo davvero pieno di affetto. Non era pietà, no, era un tipo di sguardo che non vedeva dalla morte della madre e che, si rendeva sempre più conto, non aveva mai visto negli occhi di Kikyo.
 
Che solo poche ore trascorse in compagnia della sorella potessero fargli vedere come stavano realmente le cose? Che potesse svegliarlo da questo incubo? Lentamente, sentì un piccolo sorriso distendersi sulle sue labbra e non tentò di nasconderlo, anzi.
 
“Non devi dirmi nulla, Inuyasha,” lei cominciò, “e non devi avere paura per noi. Sono due anni che ce la caviamo da sole, non siamo così ingenue. Non devi pensare che solo per quel che sei ti avremmo lasciato nelle grinfie di quelli là.” Gli occhi le si riempirono di rabbia al solo pensiero del monaco. “Ho conosciuto molti di quegli invasati che si credono stiano compiendo la missione di un Dio, ma in realtà hanno solo sete di potere e sangue. Tuttavia, non abbiamo ancora tempo di rallegrarci o di stare qui a parlare. Sono sicura che sono ancora in mezzo al bosco e sarà difficile per te tornare oltre i nostri confini non visto. Allo stesso modo ho paura che possano ritornare da un momento all’altro quando capiranno che la nostra pista è falsa e sarebbe difficile nascondere ancora la tua aura…”
 
“Me ne andrò in questo preciso momento,” rispose Inuyasha frettolosamente e alzandosi di scatto. In nessun modo avrebbe messo ancora più a rischio la loro posizione; aveva già approfittato abbastanza del loro aiuto, ora doveva tornare assolutamente a Ovest. Si chiese cosa stesse pensando suo padre quando dopo più di un giorno non era ancora ritornato per una missione che non avrebbe richiesto più di un paio di ore normalmente.
 
Il suo piano era stato stupido, se ne rendeva conto; ancora una volta la sua testa calda lo aveva messo a rischio insieme alla sua spavalderia. Se solo fosse tornato prima ad avvisare, forse avrebbe potuto notare che Miroku era loro prigioniero e non si sarebbe trovato in queste condizioni.
 
“No!” Kagome gli afferrò entrambe le braccia e nonostante la sua piccola statura cercò di rimetterlo a sedere. Non ebbe molto effetto.
 
Lui la guardò alzando un sopracciglio e sgranando un po’ gli occhi.
 
“Non puoi andartene così,” continuò lei. “Se esci allo scoperto ora e ti avvii verso Ovest non ci metteranno molto a notare la tua aura e a quel punto saresti punto a capo perché ti resterebbero ancora molte miglia da fare mentre loro ti inseguano. Non mi sembra il piano migliore.”
 
“Kagome! Sei impazzita? Che suggerisci allora? Non posso restare qui, lo hai detto tu stessa; potrebbero tornare da un momento all’altro e a quel punto rischiereste grosso anche voi. Potreste essere condannate o peggio!”
 
“Non sto suggerendo quello infatti, so solo che ho un piano migliore. È rischioso, certo, ma è il migliore al momento. Conosci altre vie per raggiungere il confine a parte quella principale?” gli chiese prima ancora di esporgli il suo piano.
 
Inuyasha si rilassò leggermente, anche se le sue spalle erano ancora molto tese. Lei gli lasciò le braccia e lui tornò a sedersi meditabondo. Si grattò piano la nuca mentre sentieri e sentieri diversi si materializzando davanti ai suoi occhi. “Beh, in effetti un paio ne conosco. Soprattutto da quando siamo in guerra abbiamo dovuto trovare più percorsi per attaccare inosservati. Resta comunque sempre il fatto che non posso nascondere la mia aura; non sono un demone completo e ora gli spiritualisti saranno sicuramente più concentrati visto che stanno cercando proprio me. Anche se posso correre molto velocemente e nascondermi ai loro occhi a un certo punto sentiranno per forza la mia aura. Uno di loro era anche abbastanza potente; potrebbe riuscire a sentirmi anche da lontano.”
 
Kagome annuì, poi si alzò per andare in un angolo e rovistare tra alcune carte. Tornò vicino al giaciglio del mezzo demone con un paio di mappe molto logore in mano. “Certo, hai ragione, ma intanto cominciamo a disegnare un percorso. Da dietro il tempio c’è un passaggio segreto che il mio bisnonno costruì ai tempi della sua ultima guerra quando era ancora giovane. Veniva usato per lo più come nascondiglio, ma in caso di necessità era stato scavato anche un sottopassaggio.” Puntò il dito tracciando una linea scura su una delle due mappe, a un certo questa si diramava in tre punti diversi: Est, Ovest e Nord. “Come puoi vedere, il bisnonno e chiunque lo abbia aiutato, sono stati molto provvidenti perché si erano lasciati aperte più di una via di fuga.”
 
Ancora una volta Inuyasha si ritrovò a sgranare gli occhi, “Un passaggio sotterraneo?”
 
Lei annuì e continuò a tracciare le mappe con le sue dita sottili. “Non dobbiamo far altro che trovare la ramificazione che ti fa più comodo, quella più vicina al percorso che ritieni più sicuro e poi ti accompagnerò io stessa.”
 
Inuyasha osservò le mappe per qualche minuto e finalmente notò che uno dei tre sottopassaggi – quello che procedeva verso Nord – sbucava pochi chilometri di distanza dal confine con le terre di suo padre. Certo si sarebbe ritrovato ancora molto lontano dal castello ed era il percorso più lungo, ma una volta giunto ai margini sarebbe stato salvo. Toga aveva guardie poste lungo tutto il perimetro ed era molto improbabile che i cacciatori si azzardassero a combattere così su due piedi con tanti demoni. Inoltre quel percorso lo avrebbe portato a circolare l’intera foresta senza mai addentrarsi al suo interno. In quel modo avrebbe potuto eludere facilmente tutti coloro che gli stavano alle calcagna. Se fosse riuscito a sbucare dalla parte opposta del passaggio si sarebbe trovato ormai al di fuori di essa.
 
Restavano però ancora un paio di punti irrisolti.
 
“Ma anche se questi passaggi sono sotterranei non nasconderanno la mia aura e a quel punto, se qualcuno di loro la notasse mi troverei intrappolato. Di sicuro saranno stretti e buoi, non il luogo ideale per scappare se ci si trova in trappola. E volendo seguire la via più sicura e intelligente,” tracciò con un dito artigliato il percorso a Nord-Ovest, “impiegherò più tempo. Sarà più tempo anche per loro.” Ripensò a quello che Kagome gli aveva appena detto e spostò il suo sguardo indurito verso di lei, “E non credere che ti farò venire con me! Che razza di idee ti vengono! E che cosa faresti una volta giunta anche tu ai confini? Ti sei bevuta il cervello? Vuoi forse morire?”
 
“Inuyasha! Ma non posso lasciarti da solo con tutti quegli uomini che ti cercano, se ti succedesse qualcosa non me lo perdonerei mai!” rispose lei di getto, lasciandosi scappare molto più di quel che intendeva. Le guance si imporporano di rosso, ma lei continuò imperterrita. “Ho già attraversato questi cunicoli più di una volta dall’inizio della guerra, ti sarei d’aiuto!”

“Tu non te lo perdoneresti? Ma che dici! Sono io che vi ho messo in questo casino e non intendo mettere a rischio la vostra vita o lasciarti da sola al ritorno. Io me la so cavare da solo; non è mica la prima volta che vado in missione così.”
 
“Sì, ma scommetto che non ti sei mai trovato in una situazione simile,” ribatté prontamente Kagome. “Inoltre, non ti ho ancora esposto la parte più importante del mio piano e anche quella più pericolosa.”
 
“E quale sarebbe?” chiese Inuyasha scettico, ancora un po’ arrabbiato per il solo fatto che la giovane sacerdotessa avesse proposto di venire con lui e che stessero discutendo una roba simile.
 
“Hai ragione a dire che la tua aura è ancora un pericolo e che se ti scovassero sottoterra sarebbe la fine, non possiamo permetterlo. Per questo prima di entrare nei cunicoli, e lo faremo a breve perché non voglio rischiare quei tipi siano già di ritorno…”
 
Senza contare che io devo essere di ritorno entro stasera e devo riferire a mio padre l’attacco che hanno intenzione di sferrare, pensò Inuyasha.
 
“… sarò costretta a purificarti un’altra volta; neutralizzerò la tua aura demoniaca. Dovrai quindi percorrere il sottopassaggio nella tua forma più debole,” concluse infine Kagome. Lo guardò con ritrosia, aspettandosi le urla e l’espressione sconvolta che infatti seguirono le sue ultime parole non appena le orecchie canine di Inuyasha le percepirono.
 
“CHE COSA?!”
 


N/A: 

Ecco i significati dei nomi scelti per monaci e sacerdotesse di questo capitolo, ironia portami via ↓

Kiyoshi = puro 
Akemi = brillante e bellissima
Makoto = sincerità 

Inu-no-Taisho = Grande Generale Cane aka Toga 😉. 

Grazie a chiunque ha letto finora, se volete, fatemi sapere cosa ne pensate. Alla prossima 💘💘💘
   
 
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