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Autore: DanilaCobain    09/06/2021    0 recensioni
Olivia Stonebridge è una ragazza felice e spensierata. Non immagina che la notte possa nascondere simili pericoli e ignora che la sua famiglia discenda da un'antica stirpe di cacciatori di vampiri. Fa parte della sua eredità ma, secondo la tradizione, tutto dovrà esserle svelato al compimento del suo diciottesimo compleanno.
Un gruppo di vampiri assetati di vendetta sta per arrivare in città e niente più andrà secondo i piani. Vampiri potenti e passioni brucianti trascineranno Olivia in una nuova vita a cui dovrà presto abituarsi.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13. Discendenze



Un nuovo giorno, un nuovo inizio. Per Olivia, l’inizio di tutto.
All’alba fu svegliata da Craig. Stordita e confusa si mise a sedere sul letto e osservò la montagna di muscoli in piedi accanto a lei, braccia incrociate e sguardo serio.
«Che succede?» stropicciò gli occhi.
«Devi alzarti. È ora di iniziare la tua preparazione fisica.»
«Così presto?»
«Non è presto, sono quasi le sette. Ti ho lasciato dormire per via del viaggio, ma domani si inizia alle sei.»
Olivia emise un debole lamento. «Ma ieri sera non ho mangiato.»
«Lo farai dopo. Coraggio, metti una tuta, ti aspetto fuori.» Vedendo Olivia che rimaneva ancora immobile le scostò bruscamente le coperte dal letto. «Ti voglio pronta fra due minuti.»
Con i brividi di freddo in tutto il corpo, Olivia scese dal letto e frugò tra le sue cose in cerca della tuta. La infilò il più in fretta possibile e uscì dalla stanza mentre legava i capelli. Sua sorella come faceva a sopportare quel burbero?
Lanciò un’occhiata fuori dalle finestre mentre percorrevano il corridoio. Il cielo era roseo e il sole cominciava a salire oltre la linea dell’orizzonte.
«Craig, è proprio necessario svegliarsi così presto?» Aveva sempre odiato le levatacce, lasciare il letto era sempre un trauma.
«Ti conviene abituartici» rispose lui, con una sfumatura divertita nella voce.
«Cosa faremo oggi?»
«Oggi correrai.»
«Tutto qui? Devo solo correre?» Si sarebbe aspettata che le insegnassero a combattere e uccidere, non a scappare.
Craig fece una risatina bassa. «Tutto qui.»
«E poi?»
«E poi starai con tua nonna che ti insegnerà quello che devi sapere sui vampiri e su noi cacciatori.»
Scesero le scale dell’ingresso e davanti al portone chiuso svoltarono a destra, nel buio, scendendo un’altra rampa di scale che portava al piano interrato. Craig premette l’interruttore e una luce bianca abbagliante illuminò la stanza. Enorme poteva sembrare riduttivo per descriverla, e c’era di tutto. Pesi, attrezzi vari, corde che scendevano dal soffitto, palle, tappeti, bersagli, archi, in ogni angolo della sala Olivia perdeva il conto delle cose che vedeva. C’erano persino delle spade.
«Oggi correremo insieme.»
Senza fare obiezioni iniziò a correre al suo fianco. Non era mai stata una fanatica dello sport, ma a scuola nella corsa campestre se l’era sempre cavata egregiamente.
«Quanto durerà il mio addestramento?»
«Dipende da te.»
«Ma in maniera orientativa? Quanto dura un addestramento in media?»
«Ti conviene risparmiare il fiato, Olivia. Questa non sarà una passeggiata di salute.»
Craig aveva ragione. Diverso tempo dopo, quello che a lei sembrò un’eternità, Olivia crollò a terra, scossa dai conati di vomito. Le gambe erano diventate due blocchi di cemento e i polmoni le facevano così male che credette di non riuscire più a respirare. Craig l’aiutò ad alzarsi.
«Respira, respira profondamente. Olivia, guardami. Male, molto molto male.» Guardò il cronometro che aveva al polso, «sono passati soltanto trenta minuti.»
Olivia fece per parlare ma fu scossa da un altro conato. Lo stomaco vuoto si contraeva brutale senza darle tregua. Ma trenta minuti non potevano essere un tempo di merda, e poi Craig correva troppo veloce e lei era stata costretta a stargli al passo. Lui prese una bottiglietta con del liquido giallognolo.
«Bevi, ti sentirai un po’ meglio. Dieci minuti di pausa e poi riprendiamo. Fai stretching.»
«Devo correre di nuovo?» Ollie strabuzzò gli occhi. Non si sentiva più in grado di fare niente.
«Olivia, lo so che è complicato, soprattutto le prime volte. Per oggi basta corsa, facciamo qualche esercizio sull’equilibrio e per le braccia e le spalle. Sono troppo esili.»
Lei si guardò le braccia e sospirò. Bevve quel liquido dal sapore amaro mentre Craig sistemava degli attrezzi al centro della sala.
 
Diverse ore dopo riuscì ad uscire da quella stanza delle torture. Doveva essere ora di pranzo perché dalla cucina proveniva un delizioso profumo di sugo fresco e aromi che non riusciva a riconoscere. Cominciò a sentire nostalgia di casa e dei pranzetti che le preparava sempre il padre e che avevano gli stessi profumi.
Scarlett era ricurva su un libro mentre nonna Ester era in piedi vicino ai fornelli e agitava il mestolo in una pentola. Scarlett si alzò e le andò incontro quando la vide entrare.
«Allora, come è andata?»
Emise un gemito di dolore quando la sorella l’abbracciò. Anche Ester si era girata, rivolgendole un sorriso amorevole.
«Malissimo. Non mi sento più i muscoli e credo di stare per morire.»
Dietro di loro sopraggiunse Craig. «È andata meglio di come sei andata tu la prima volta.» Strizzò l’occhio a Ollie e diede un bacio sulla testa di Scarlett.
Sapeva che lo stava dicendo solo per incoraggiarla, in quanto più volte era stata sul punto di mollare tutto e scoppiare a piangere. Tutto le sembrava così complicato e lei temeva di non farcela, di non esserne all’altezza. Craig era stato molto duro, ma le aveva anche fatto capire che l’inizio era stato duro per tutti e se anche adesso le sembrava un traguardo lontanissimo ce l’avrebbe fatta.
«Vieni Olivia, mangia, vedrai come starai subito meglio.» Sua nonna poggiò sul tavolo un piatto di spaghetti al pomodoro e lei ci si fiondò sopra senza pensarci due volte.

***
 
La prima settimana fu orribile. Olivia non riusciva a tenere il passo di Craig durante la corsa, aveva cominciato ad imparare la lotta corpo a corpo m l’unica cosa che le rimaneva impressa era la voce imperiosa di Craig che le urlava di impegnarsi e che di certo i vampiri non aspettavano che lei si rialzasse da terra per farla fuori.
Mangiava, dormiva e si allenava. Non aveva la forza di tenere gli occhi aperti quando era con gli altri, non aveva messo piede fuori casa e alle lezioni con nonna Ester non era riuscita a tenere la testa dritta per più di cinque minuti. Vedeva Scarlett sempre più raggiante ed entusiasta, frequentava i suoi corsi e la sera usciva sempre con Craig per il paese o in quelli limitrofi. Lei si sentiva sempre più sola, abbattuta e demoralizzata, oltre che un ammasso di dolori e lividi.

Nonna Ester teneva le sue lezioni in uno studio con una biblioteca grandissima e comode poltrone in pelle marrone. La luce del pomeriggio filtrava attraverso le tende chiare e l’ambiente era invaso dal caldo sole, ammantato di riflessi dorati.
Quel giorno Craig era stato più carino del solito e le aveva fatto notare un piccolo progresso ottenuto nella corsa: sessanta minuti al suo stesso passo prima di piegarsi a terra senza fiato. A lei invece sembrava sempre di non durare abbastanza e di vivere in una bolla senza tempo, dove tutto era fermo e niente andava avanti.
I raggi che filtravano dalla finestra disegnavano forme geometriche sul pavimento che si univano o allontanavano al movimento delicato, lento e costante della tenda, spostata dal venticello profumato di primavera che spirava attraverso la finestra aperta. Olivia fissò il dondolio ai piedi della tenda, lasciandosi cullare e trasportare altrove, a casa sua a Tiern, ai giorni spensierati ormai troppo lontani.
Ester entrò nello studio, spandendo la sua aura di serenità tutt’intorno. Come faceva a essere sempre così allegra Olivia non riusciva proprio a capirlo, ma doveva dipendere dall’età e dal fatto che ormai non doveva pretendere più niente da se stessa. Le diede un bacio sulla guancia e si accomodò di fronte.
«Craig mi ha detto che stai facendo molti progressi.»
Olivia alzò un sopracciglio. «Ha detto così? Molti? A me sembra di essere sempre allo stesso punto, incapace di portare a termine anche i compiti più semplici. Non credo di essere portata per questa vita.»
«Ti sei già arresa?»
«È solo che… ho male dappertutto, non riesco a trovare lo stimolo necessario. So che devo farlo e non posso deludere papà ma probabilmente vi state sbagliando tutti e non è questo il mio destino.»
«La stai prendendo dal verso sbagliato, bambina mia. Innanzitutto si tratta della tua eredità, ma non devi dimostrare niente a nessuno se non a te stessa. E poi pretendi risultati immediati quando quelli arriveranno solo dopo un lavoro duro, costante e lungo. Ci vuole il tempo che ci vuole e nessuno di noi è nato con i superpoteri. Ti manca la tua vecchia vita a Tiern? Potrai riaverla, potrai ritornare alla normalità non appena avrai terminato il tuo percorso di addestramento.»
Olivia guardò altrove. «Non potrò più tornare alla normalità.»
«E chi dice questo? Sarai sempre tu, di giorno potrai continuare la tua vita con i tuoi amici e di notte andrai a caccia di non morti per proteggere la tua comunità.»
«Ma se qualcuno dovesse scoprire quello che faccio?»
«In quel caso si interviene a rimescolargli un po’ i pensieri, non succederà niente di così grave. E poi imparerai a camuffarti bene.»
«E se dovessi innamorarmi di qualcuno?»
L’espressione di nonna Ester si addolcì ancora di più. «È di questo che si tratta? Hai lasciato qualcuno che ami a Tiern?»
Olivia non aveva posto la domanda pensando a qualcuno in particolare ma per pura e semplice curiosità. Scosse la testa. La mente andò a Matt e all’ultima sera trascorsa con lui. Chiuse per un instate gli occhi, sentendosi in colpa e offesa per il suo comportamento, per averla trattata a quel modo davanti a tutti. No, non amava Matt, non sentiva la sua mancanza.
«Non sono innamorata. Ho solo chiesto perché vorrei che prima o poi capitasse.»
«La questione è un po’ complicata se ci innamoriamo di persone che non fanno parte della congrega. La congrega è la suddivisione territoriale della comunità dei cacciatori. Ogni congrega ha un gruppo dei capi di cui fanno parte i capifamiglia delle famiglie antiche di cacciatori di vampiri e che prende le decisioni sulle missioni da compiere.»
«Noi facciamo parte delle famiglie antiche?»
«Certo. La nostra famiglia è antichissima, i Petrangelo, diventati poi Stonebridge quando il mio bisnonno decise di partire per l’America e fondare una colonia insieme ad altri cacciatori.»
Olivia fissò la nonna, battendo le palpebre. «Ma se tu sei una Stonebridge nonno non può essere anche lui uno Stonebridge.»
«Tuo nonno non era un cacciatore e quando ci siamo sposati ha preso il mio cognome. Questo accade se ci innamoriamo di un non cacciatore: deve scegliere se compiere o meno l’addestramento. È una scelta dura perché la mente dei cacciatori è molto più forte delle altre, i nostri avi hanno combattuto per generazioni, essa è preparata a questo genere di cose. Gli altri esseri umani potrebbero rischiare di impazzire.» Fece una pausa e la guardò dritta negli occhi. «Come è successo a tua madre.»
Olivia fece un sorriso amaro, rigirandosi tra le dita il ciondolo a mezzaluna del suo bracciale protettivo. Tutti i tasselli sembravano aver trovato il loro posto.
«È anche lei una cacciatrice?»
«Purtroppo non lo è mai diventata. È rimasta incinta di Kevin prima che potesse fare la prova e il gruppo dei capi ha deciso che per lei sarebbe stata fatta un’eccezione. Si era dimostrata molto forte, però, e in gamba. Fino a quando non ha perso Kevin.»
In realtà non aveva perso Kevin, lui era solo diventato un’altra cosa. Se solo avesse avuto la possibilità di incontrarlo, magari sarebbe stata meglio. Lui stava bene, era vivo, ed era più che sicura che appartenesse a quella minoranza di vampiri di cui le aveva parlato Zaganos, quelli che non facevano male alle persone per il solo gusto di farlo.
«Quindi non è così inusuale che un cacciatore si unisca a chi non lo è?»
«No. Te l’ho detto, Olivia, tutti ritorniamo alle nostre vite di prima dopo l’addestramento. Stare chiusa qui in casa non ti fa bene, alimenta solo i tuoi dubbi e le tue paure. Esci, fai amicizia con gli altri ragazzi di Roccadipietra. Qui siamo tutti cacciatori e potrai parlare liberamente con chiunque. Ti farà bene sentire le loro storie, confrontarti con i loro percorsi di addestramento.»
«Quanto dura l’addestramento?»
«Qualche mese.»
«E poi che succede?»
«Poi riceverai un tatuaggio, un tatuaggio particolare, a forma di cerchio con simboli intricati, simili a un mandala. Sono simboli di protezione, di magia. Ti daranno la forza supplementare di cui avrai bisogno per affrontare i vampiri. Subito dopo affronterai la gabbia e sarai una cacciatrice.»
Si alzò dalla poltrona e si avvicinò ad uno scaffale dal quale estrasse un libro dalla copertina consunta e le dimensioni ridotte. «Tieni. Qui troverai sicuramente tutte le risposte che cerchi. Adesso voglio che esci e fai un giro per il paese. Vai, esplora e comprati un bel vestito per la festa di sabato.»
«Che festa?»
«L’anniversario della nascita del primo cacciatore italiano: Rocco Sartori.»
Olivia ebbe un tuffo al cuore. Sartori era il cognome di Orlando, quello stronzo che le aveva dato un bacio sulle labbra al ballo, quel teppistello per il quale si era presa una cotta quando era una ragazzina.
«Ma, Sartori…»
«Sì», rispose la nonna, come se le avesse letto nel pensiero. «Orlando è un suo discendente diretto.»
   
 
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