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Autore: Lamy_    11/06/2021    2 recensioni
Ariadne ha smesso di scappare dal suo passato. Ha deciso di sfidare l’autorità della madre e di opporsi a Mick King. Per farlo scende a compromessi con Alfie Solomons: Ariadne accetta di diventare il capo della gang di Camden Town.
A Birmingham Tommy continua a mandare avanti gli affari dei Peaky Blinders e a lavorare per il Parlamento.
Le strade di Ariadne e Tommy si incontrano di nuovo intorno ad un tavolo di affari. Stringono una alleanza che viene suggellata da baci di passione pura.
Ariadne pagherà cara la sua discesa agli inferi e scoprirà che le fiamme bruciano più intensamente quando sei un peccatore.
“Qui possiamo regnare sicuri, e a mio parere
regnare è una degna ambizione, anche se all'inferno:
Meglio regnare all'inferno che servire in paradiso.”
(John Milton, Il Paradiso Perduto)
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. LA NUOVA REGINA

“Sulla via per l'inferno c'è sempre un sacco di gente, ma è comunque una via che si percorre in solitudine."
(Charles Bukowski)
 
Una settimana dopo, Londra, quartiere di Camden Town
Jonah aprì la portiera per far scendere Ariadne, i suoi occhi guardinghi perlustravano il perimetro con la perizia di un falco. Era un sabato mattina come tanti altri, c’erano donne che andavano a fare la spesa, bambini che giocavano con bastoni di legno fingendo fossero spade, e uomini che si radunavano nei pub per un bicchierino e una partita a dadi. Ariadne, invece, era lì per affari. A momenti avrebbe incontrato la banda di Alfie per presentarsi a loro come nuovo capo.
“Siete pronta, signorina Evans?” domandò Jonah.
Ariadne non aveva chiuso occhio a causa dell’agitazione. Si giocava il tutto per tutto. Se avesse vinto, avrebbe ottenuto uno strumento contro sua madre. Se avesse perso, sarebbe affondata per mano di sua madre. Poteva farcela. Anzi, doveva farcela.
“Sono pronta.”
“Ricordate i suggerimenti del signor Solomons: testa alta, voce ferma e una buona dose di sarcasmo.”
Jonah la condusse nell’area industriale del quartiere, un ampio spazio destinato a piccoli filatoi meccanici e lavanderie all’avanguardia. Fra i vari edifici spiccava un alto palazzo grigio e austero, con le finestre protette da sbarre metalliche. L’insegna all’ingresso era caduta, però era ancora leggibile il riferimento alla famiglia Solomons.
“E’ qui che abitava Alfie?”
“Sì, ed è qui che controllava le sue attività.” Rispose Jonah.
Ariadne sapeva che le ‘attività’ in questione erano i trasporti illeciti di alcol. Alfie per anni aveva gestito una distilleria illegale in quell’edificio poiché le leggi del proibizionismo impedivano la vendita legale di alcol.
“Ci sono tutti?”
“Certo, come richiesto da voi.”
Risalirono una scalinata ripida di ferro, il corrimano era arrugginito in alcuni punti. Superarono molti stanzoni che ospitavano numerose pile di casse di legno che sul coperchio non riportavano nessun logo. L’odore di etanolo era così forte che Ariadne dovette coprirsi il naso con la mano. Il fastidio diventata più tollerabile man mano che si avvicinavano all’ufficio di Alfie.
“Ci siamo.” Disse Jonah.
Dopo aver attraversato un lungo corridoio e un paio di magazzini, si apriva il settore dedicato al carico e allo scarico della merce. Lì si era radunati almeno una cinquantina di uomini, molti di loro avevano lunghe barbe, altri indossavano abiti neri, e altri ancora fumavano la pipa.
“Johan, resta al mio fianco.” Bisbigliò Ariadne.
“Come desiderate, signorina Evans.”
Il vocio confuso si interruppe quando Ariadne si posizionò davanti alla folla. Sentiva gli occhi indagatori dei presenti che la studiavano come fosse un cervo da cacciare. Alcuni si misero a ridere sotto i baffi.
“Buongiorno a tutti. Grazie di essere venuti.” Disse Ariadne, cordiale.
Jonah stava alle spalle con le mani dietro la schiena, sembrava un angelo nero pronto a difenderla da qualsiasi cosa o persona.
“La signorina Evans è qui per affari. Vi prego di fare silenzio. Continuate pure, signorina.”
Ariadne lo ringraziò con un cenno del capo e fece un passo avanti per mostrarsi a tutti. Per l’occasione aveva scelto pantaloni grigi e camicetta nera, un abbigliamento sobrio ma deciso al tempo stesso. Il suo insegnante di arte diceva sempre che i colori sono una manifestazione del potere.
“Lo so che per voi è difficile accettare questo cambio di direzione. Eravate abituati ad Alfie, invece ora avete a che fare con una donna che reputate una ragazzina inesperta. Sapete chi sono. Sapete che la famiglia Evans guida i Blue Lions. Quello che non sapete è che io non mi considero più parte di quella famiglia. Da oggi in poi io sarò a capo di Camden Town, e spero che voi possiate marciare al mio fianco come leali compagni.”
Una risata serpeggiò fra gli uomini come una biscia che sibila prima di mordere. Un giovane dai capelli chiari si fece avanti con un ghigno.
“Voi sarete il nostro capo? Non siete nemmeno ebrea!”
“Non sono neanche cristiana. Qui non si tratta di religione, bensì di affari.” Replicò Ariadne.
“Cosa ne sa una bambina di affari?” domandò un uomo anziano in prima fila.
Ariadne si mise le mani in tasca e strinse i pugni per placare la rabbia. Doveva mantenere la calma come quando aveva affrontato Tommy la settima prima. Se aveva fronteggiato quegli occhi azzurri senza remore, poteva di certo tenere testa a quel branco di maschilisti.
“Non sono una bambina, sono soltanto giovane. Il fatto che io sia giovane non significa che sia inesperta. Mio padre era Philip Evans, è da lui che ho imparato il mestiere. Ho imparato anche da mio fratello Eric. Alfie mi ha indicato la via da lui stesso intrapresa. Ma soprattutto ho imparato da me stessa. Sono intelligente e furba, so come farmi amare e odiare, so con chi allacciare alleanze e chi tenere lontano. Io sono capace.”
“Ha i capelli rossi, è pazza!” urlò un ragazzo dal fondo.
Ariadne irrigidì la mascella a quell’insulto. Erano le stesse parole che sua madre le aveva rivolto da adolescente. I capelli rossi erano considerati peccaminosi, una condanna ad essere associata a un demone.
“Io non sono pazza. Il colore dei miei capelli non influenza la mia personalità. Io sono una donna che sa quello che vuole e per ottenerlo ha deciso di mettersi a capo di un branco di asini. Ora la domanda reale è: questi asini vogliono ragliare oppure vogliono fare soldi?”
Jonah si lasciò scappare un sorriso, era divertente notare come gli uomini si fossero zittiti.
“Perché Alfie ha scelto proprio te?” domandò un vecchio.
Quello era il prozio di Alfie, uomo assai religioso e di stampo conservatore. Era lui l’osso duro da convincere.
“Perché in me ha visto una degna erede del suo lavoro.” Disse Ariadne.
“Le donne sono troppo emotive per stare al potere.” Ribatté il vecchio.
Ariadne sorrise, aspettava con ansia una frase sessista del genere. Aveva letto libri e libri in cui le donne avevano fatto le loro scelte e le avevano portate avanti con coraggio, dunque ora toccava a lei unirsi alla coda di eroine.
“Le donne sono come bustine del tè: anche nell’acqua bollente sanno resistere.”
“Non ci posso credere.” Mormorò un uomo dalla faccia barbuta.
Ariadne andò da lui, gli si parò di fronte e gli mise una mano sulla spalla. Con il pollice e l’indice fece pressione su un nervo del collo che fece piegare in due dal dolore l’uomo.
“Solo perché hai le palle non vuol dire che sei più forte e intelligente di me. Se ti sparo in faccia, tu uomo muori e io donna sopravvivo. Sono stata chiara?”
L’uomo era rosso per il dolore, pertanto annuì e Ariadne lo lasciò andare. Jonah, per timore che qualcuno ferisse la ragazza, si mise al suo fianco come un falco sul guanto.
“La signorina Evans ha il benestare di Alfie Solomons. Non serve altro a legittimare la sua posizione.”
“E se io non volessi questa pagliaccia come capo?” domandò un giovane.
“Allora puoi andartene. Nessuno di voi è obbligato a restare.” Disse Jonah.
“Avete un minuto per lasciare l’edificio, se è ciò che volete.” Aggiunse Ariadne.
Una decina di uomini andarono via, le loro facce erano deluse e schifate da quel cambiamento di reggenza. Pochi secondi dopo altri tre uomini lasciarono la stanza. Il vecchio di prima allungò una mano verso Ariadne e chinò la testa in segno di rispetto.
“Se Alfie ha visto in voi il mare, allora lo vedo anche io. Benvenuta a Camden Town.”
Ariadne ricambiò la stretta con un sorriso vittorioso. Jonah al suo fianco le rivolse uno sguardo ricco di fierezza. Insieme loro due avrebbero rivoluzionato le cose.
 
Il viaggio in treno fu tranquillo. Avevano lasciato Londra alla volta di Birmingham, era a casa che si teneva il teatro di guerra. Jonah leggeva il giornale e ogni tanto sbirciava fuori dalla cabina per assicurarsi che fossero al sicuro. Ariadne, al contrario, stava studiando gli appunti che Alfie le aveva affidato. Nel taccuino erano annotati nomi, date, numeri di conti bancari, nascondigli di Camden Town. Insomma, era una sorta di manuale del gangster.
“Qual è la prossima mossa, signorina Evans?” chiese Jonah.
“Dobbiamo informarci sulle ultime novità. Voglio sapere qualsiasi cosa sugli affari loschi di Birmingham e sulle bande, soprattutto voglio sapere che cosa combinano i Peaky Blinders.”
Jonah non staccò gli occhi dal giornale ma involontariamente arricciò il naso.
“Ancora con i Peaky Blinders? Credevo che il rito di iniziazione fosse concluso.”
“Che ci piaccia o no, Tommy Shelby ci serve se vogliamo battere i Blue Lions.”
“Certo, signorina. Ah, comunque ho trovato un delizioso appartamento nel quartiere di Sparkhill. E’ piccolo ma molto accogliente, ed è luminoso per la vostra arte.”
“Non mi dedico più all’arte.” Disse Ariadne.
“E’ un peccato, signorina. Siete davvero talentuosa.”
“Jonah, secondo te posso conciliare la vita criminale con l’arte? Non credo.”
Jonah richiuse il giornale e se lo mise sotto il braccio, ogni suo gesto era calcolato.
“Voi potete fare quello che volete. Avete il talento e il potere, sappiate sfruttarli entrambi.”
“Grazie, Jonah. E smettila di chiamarmi ‘signorina’, chiamami solo Ariadne.”
“Non mi è concesso un tale lusso. Se io vi chiamo per nome, allora gli altri si sentiranno liberi di farlo anche senza il vostro permesso. Voi siete al comando e dovete essere trattata con riverenza.”
Ariadne si accigliò, odiava tutte quelle cerimonie. Gli anni passati nei panni di Judith le avevano fatto dimenticare quelle stupide regole sociali.
“Non sono mica sua altezza reale.”
“Voi siete una nuova regina, signorina Evans. Imparate a prendervi ciò che vi spetta.”
 
Julian fissava il soffitto mentre Rose dormiva sul suo petto. Ormai convivevano da tre mesi, da quando lui aveva ufficialmente lasciato casa della madre per vivere con la ragazza. Rose era bella e divertente, il genere di persona per cui Julian perdeva sempre la testa. Ecco perché aveva deciso che quella mattina si sarebbe dichiarato alla luce del sole.
“Sei già sveglio? Miracolo!” biascicò Rose ancora assopita.
Julian ridacchiò e le stampò un bacio sulla fronte, al che lei si fece più vicina.
“Stavo pensando.”
“Altro miracolo!”
“Sei in vena di battute oggi, eh.”
Rose si puntellò sul gomito e fece scorrere le dita fra i ricci castani del ragazzo. Julian era senza dubbio l’uomo più bello che avesse mai visto. Era irriverente, sopra le righe, e sapeva baciare benissimo.
“Sono felice. Mi piace svegliarmi e trovarti qui. Prima sgattaiolavi via molto presto.”
“Perché prima ero tanto idiota da tornare a casa dalla mia famiglia. Adesso sono libero come una rondine!”
“Non sei libero affatto! Tu, Julian Evans, sei mio prigioniero.” Scherzò Rose.
Julian assunse l’espressione di finto terrore, occhi sgranati e bocca aperta.
“Oh, terribile padrona, risparmiate la mia vita!”
“Solo se mi dai un bacio.” Sussurrò Rose.
Julian si chinò su di lei per un bacio passionale. Baciare Rose era come prendere una boccata d’aria, ogni volta era più bello. Sentì le mani di lei sull’orlo dei pantaloni e a malincuore dovette staccarsi.
“Aspetta un attimo.”
“Non ti va?  Credevo che ti piacesse il sesso a tutte le ore.”
“Mi piace il sesso a tutte le ore. E mi piace farlo con te.” disse Julian.
“Qualcosa non va? D’improvviso sei strano.”
Il ragazzo si mise in piedi e si scrollò i ricci dalla fronte, pettinandoli con le dita per rendersi presentabile. Scavò nella tasca della giacca in cerca di quel maledetto astuccio.
“Lo so che può sembrare strano…”
“Julian, così mi spaventi. Sei troppo serio.” Disse Rose, intimorita.
Lui si inginocchiò sul materasso con un sorriso e le prese la mano sinistra, tremava come una foglia.
“Va tutto bene. Anzi, va tutto alla grande. Tu sei fantastica e io sto bene con te.”
“Ma?”
Rose era davvero preoccupata. Julian rideva sempre, non era uno che ti faceva la dichiarazione d’amore con parole dolci e sguardo deciso. Lui ti diceva le cose mentre con la mano ti toccava la coscia o il seno. Quella serietà era allarmante.
“Rose Maxwell, vuoi sposarmi?”
“Sì! Sì! Sì!” strillò Rose.
Julian le infilò al dito un semplice anello ornato da un minuscolo diamante, ma ciò che contava non era il gioiello bensì il sentimento. Rose si aggrappò al suo collo e lo baciò più e più volte. continuarono a baciarsi fino a quando non suonò il campanello.
“Aspettiamo qualcuno?” volle sapere Julian.
“Non che io sappia.” Rispose Rose, coprendosi il corpo nudo.
Julian andò alla porta e scrutò attraverso lo spioncino, dopodiché un sorriso gli illuminò il volto. Dall’altra parte c’era sua sorella Ariadne.
“Aria, sei qui finalmente!”
La sorella gli gettò le braccia al collo per stringerlo in un caloroso abbraccio. Julian le lasciò un bacio fra i ricci rossi. Nel frattempo Rose aveva recuperato la camicia da notte e la giacca da camera. Raggiunse la porta e si schiarì la voce.
“Buongiorno. Io sono Rose Maxwell.”
“E’ la mia fidanzata.” Specifico Julian.
Ariadne notò l’anello alla mano di Rose e sorrise soddisfatta. Diede un bacio sulla guancia di Rose.
“Benvenuta in famiglia, Rose. Io sono Ariadne, la sorella di questo farabutto.”
“Lo so chi sei. Julian parla sempre di te, dice che sei la sua anima gemella.”
“Solo perché sopporto i suoi bagordi.” Disse Ariadne ridendo.
Julian guardò le due donne con immenso affetto, erano le persone più importanti della sua vita.
“Che ne dite di fare colazione insieme? Così potrete sparlare di me davanti a un buon tè.”
“Non posso trattenermi. Devo tornare a casa.” Disse Ariadne.
“Quale casa?” domandò Julian, curioso.
“Domenica siete invitati a cena. Manderò qualcuno a prendervi per le sette, così vedrete casa mia. Ora scappo. Rose, è stato un piacere conoscerti.”
“Anche per me.”
Julian osservò la sorella andare via in compagnia di un uomo alto con la barba lunga. Qualcosa gli disse che Ariadne era scesa a patti con gli inferi.
 
Due giorni dopo
Erano le nove quando Tommy entrò al Garrison dopo essere tornato da un incontro col partito. Come sempre il locale era stracolmo, l’odore di tabacco e alcol impregnava l’aria. Finn stava dietro il bancone insieme a Margaret, si sbaciucchiavano anziché servire le ordinazioni.
“La gente qui ha sete.” Disse Tommy.
La giovane coppia si separò e Margaret gli rivolse un sorriso imbarazzato. Si mise subito a prendere le ordinazioni in giro per la sala.
“Hai sentito la novità?” esordì Finn.
Tommy si sedette e si riempì un bicchiere di whiskey, il primo di una lunga serie.
“Quale?”
“Ariadne è tornata a Birmingham.”
“Mmh.”
Finn allungò un bicchiere di gin ad un cliente e gettò la bottiglia vuota nel cestino sotto il bancone.
“Pare che sia tornata in compagnia di un uomo. Secondo Arthur si tratta di uno scagnozzo di Alfie.”
Tommy sentiva l’alcol che gli bruciava la gola. Era la sensazione irritante che gli dava l’idea del ritorno di Ariadne. Lei era passata dalla parte di Camden Town e andava considerata come una rivale.
“Clive beve come una spugna, accidenti!” si lamentò Margaret.
Finn le stampò un bacio sulla guancia e le cinse le spalle con il braccio, al che Margaret si strinse di più a lui.
“Margaret, per caso hai incontrato la tua amica?” domandò Tommy, serio.
“La mia amica chi?”
“La signorina Evans.”
Margaret trasalì, non si aspettava che Tommy chiamasse Ariadne per cognome. Se uno come Tommy Shelby ti appellava in quel modo, allora voleva dire che la situazione è grave.
“Non la vedo da tre mesi. Perché?”
“Perché non puoi vederla. Nessuno può farlo.”
“Di che diamine parli?” chiese Finn, perplesso.
Tommy tracannò il whiskey in un solo sorso. I suoi occhi erano oscurati da un’ombra di rabbia.
“I Peaky Blinders hanno il divieto di parlare con Ariadne Evans. Se scopro che qualcuno ha disobbedito al mio ordine, verrà preso a calci in culo e sbattuto fuori.”
“Ma Tommy…” cercò di dire Margaret.
“Sono stato chiaro?”
“Cristallino.” Disse una voce.
Un uomo era appena entrato nel pub, il cappello tra le mani e l’espressione ferma. Tommy lo guardò di traverso mentre si accendeva una sigaretta.
“Ci conosciamo?”
“Sono Jonah Solomons. Lavoro per la signorina Evans.”
Finn e Margaret trattennero il fiato, sembrava di assistere ad un incontro di boxe. La ragazza strinse la mano del fidanzato fino a far sbiancare le nocche.
“La signorina Evans e i suoi tirapiedi non sono i benvenuti a Small Heath.” Disse Tommy.
Jonah rimase indifferente a quell’ammonimento, la sua faccia non accennò il minimo cambiamento.
“Ritengo che dobbiate rivedere le vostre priorità, signor Shelby.”
Tommy scrollò la cenere della sigaretta nel bicchiere vuoto, dal fondo fu esalato un miscuglio di whiskey e bruciato.
“Non me ne frega un cazzo degli affari di Ariadne. Può anche mettersi a spacciare, non è un mio problema.”
“Dunque non lo sapete.” Soffiò Jonah.
“Sapere cosa?”
“Che Mick King ha avuto un incontro con Enea Changretta.”
Margaret vide la mascella di Tommy contrarsi, segno che non aveva la minima idea di quell’incontro. Rabbrividì quando Tommy guardò Finn dritto negli occhi.
“Finn, tu ne sai qualcosa? Toccava a te controllare gli Scuttlers.”
Finn impallidì, si morse il labbro distogliendo lo sguardo dal fratello maggiore.
“Nessuno me lo ha detto. Ho fatto anche un giro nel quartiere di Mick, però non ho avuto informazioni.”
Tommy si accorse che Margaret era arrossita e si torturava il laccio del grembiule. Non ci voleva un genio per capire che fosse lei la distrazione del ragazzo.
“Nessuno te lo ha detto perché tu non hai chiesto. Quante volte devo dirti che non devi scopare quando ti do un ordine?”
“E che cazzo, Tommy! Dai sempre la colpa a me!” sbraitò Finn.
“Perché sei un coglione. Adesso sparisci, imbecille.”
Margaret tirò via Finn prima che si scagliasse contro Tommy e si beccasse un occhio nero.
“Vieni, Finn, aiutami a spostare quelle sedie.”
Nel frattempo Jonah si era goduto il siparietto con un sorriso appena abbozzato.
“Cosa intendete fare al riguardo? Gli Scuttlers e i Blue Lions sono contro di voi, e ora si sono alleati con Changretta.”
Tommy incrociò le braccia al petto e inarcò il sopracciglio, sentiva puzza di fregatura come un segugio.
“Non ho nessuna intenzione. Puoi dire alla signorina che qui non troverà più amici.”
“Amici? Un modo divertente per descrivere il rapporto tra voi e la signorina Evans.”
“Anche tu e la signorina siete amici speciali?”
Jonah strinse la falda del cappello così forte che avrebbe potuto strappare la stoffa.
“Io lavoro per la signorina Evans. Lei è una donna di spirito, io la ammiro per questo. Voi, invece, la sottovalutate troppo.”
Tommy si alzò con un ghigno stampato sulle labbra, aveva voglia di una sana dose di sfida.
“Vieni nel mio pub, fai insinuazioni, parli della tua padroncina come fossi un fottuto cane. Che cosa vuoi da me?”
“Alfie vuole la vostra parola che aiuterete la signorina Evans.”
“Io non voglio aiutare né Alfie né la signorina. Possono andarsene a fanculo a braccetto!”
Jonah sospirò, si sistemò il cappello e si mise le mani in tasca. Quella serata era un fiasco, tanto meglio tornare a casa e assicurarsi che Ariadne stesse bene.
“Il vostro orgoglio sarà la vostra condanna, signor Shelby. Una guerra sta per scatenarsi a Birmingham e voi avete bisogno di alleati. Ariadne, come la chiamate voi, ha grandi progetti e voi fareste bene ad ascoltarla.”
Tommy era così infuriato che avrebbe scaraventato a terra tutte le bottiglie per il gusto di sentire il vetro che gli scheggiava la pelle. Era furioso con Ariadne per averlo lasciato, per avergli voltato le spalle unendosi ai Solomons, per avergli mandato quel damerino a dargli una lezione. Era furioso con Ariadne per averlo tradito.
“La signorina Evans può andare all’inferno e non fare ritorno.”
Jonah percepì la rabbia in quelle parole, era un sentimento nero e spaventoso come la notte.
“Molto bene. Riferirò il messaggio. Buona serata, signor Shelby.”
 
Ariadne si massaggiò gli occhi stanchi. Alfie le aveva spedito numerose lettere in cui le dava consigli, la ragguagliava sugli affari e su quanto fosse buono il tè al resort. Fuori era buio pesto, il pendolo in cucina segnava le tre e mezzo del mattino. Si era preparata una camomilla ma non l’aveva bevuta, anzi la tazza si era raffreddata da almeno un’ora.
“Signorina, vi sentite bene?”
Ariadne sobbalzò sulla sedia per lo spavento. Jonah era sbucato dal nulla strappandola dai suoi pensieri.
“Sto bene. E’ solo che non riesco a dormire su un materasso nuovo.”
“Non dormite per il materasso o per un certo signor Shelby?”
Jonah mise l’acqua a bollire in un pentolino e versò nel lavandino la camomilla fredda. Prese due tazze pulite e vi mise all’interno due filtri nuovi.
“Tommy è più scomodo di un materasso nuovo. Quell’uomo è un osso duro.”
“E’ un uomo che ha perso il controllo. Succede quando c’è di mezzo l’amore.” Disse Jonah.
“Tommy Shelby ama solo se stesso e il denaro.” Commentò Ariadne, avvilita.
“Ma non ama perdere, perciò ha bisogno di noi.”
Jonah le diede la tazza e prese posto all’altro capo del tavolo, con il cucchiaino girava la fetta di limone nella camomilla.
“Non abbiamo più molto tempo. Mick ha coinvolto i Changretta, e sono sicura che anche mio fratello Eric farà trascinare per ordine di mia madre. Dobbiamo batterli sul tempo.”
Ariadne sorseggiò la bevanda scottandosi la lingua e con una smorfia rimise la tazza sul tavolo.
“L’occasione è perduta, signorina Evans. Mick ha già stretto un accordo con Enea Changretta. Non dovete preoccuparvi di questo al momento.”
“E cosa dovrei fare? Da sola non posso farcela. Ho bisogno di alleati.” Disse Ariadne.
“Per questo domenica mattina ci recheremo a Barmouth per la fiera di fine estate.”
“Andiamo a farci una passeggiata al mare?”
Jonah fece un sorriso contenuto, era come se si sforzasse di rimanere sempre autorevole e morigerato.
“La famiglia Changretta ogni anno vanno a Barmouth per la fiera di fine estate per vendere droga ai partecipanti. Fanno ottimi affari soprattutto con i turisti.”
“Perché dovremmo andare in territorio ostile? Cercherebbero di ucciderci.” Obiettò lei.
“Perché un uccellino mi ha detto che ci sarà anche Enea Changretta. Studiare il nemico è il primo passo per sconfiggerlo.”
“Come fai a sapere queste cose, Jonah?”
“E’ il mio mestiere scovare i segreti.” Rispose lui.
Ariadne rimase un attimo interdetta. Se Jonah era bravo a svelare i misteri e lavorava per Alfie da anni, era lui che aveva scoperto la sua falsa identità.
“Sei stato a smascherare la mia copertura, vero? Tu hai scoperto che Judith Leyster non era il mio vero nome.”
Jonah abbassò il mento per nascondere il velo di rosse che gli affluito sulle guance.
“E’ vero. Alfie voleva convocarvi subito, però io lo convinsi a lasciarvi stare. Avevate solo diciotto anni, eravate all’inizio della vostra vita e non era giusto rivangare il passato.”
“Tu sai che io…?”
Le parole morirono sulla bocca di Ariadne. Ripensare al motivo per cui era scappata di casa la faceva ancora stare male. Per quanto suo padre fosse stato un mostro, lei uccidendolo era diventata come lui.
“Io so tutto. Sappiate che io non vi giudico, non potrei mai farlo dato che sono al servizio di Camden Town sin dalla giovane età.”
“Hai una famiglia?” domandò Ariadne, curiosa.
Jonah agganciò l’indice al manico della tazza, un modo per impedire alla ragazza di leggere la sua espressione affrante.
“I miei genitori sono morti di pertosse e mio fratello è morto in guerra. Alfie Solomons mi ha preso sotto la sua ala e mi ha cresciuto come fossi un figlio.”
“Sei sposato? Hai figli?” insistette Ariadne.
“Sono sposato col mio lavoro. E’ tardi, dovremmo andare a dormire.”
Jonah si alzò e raccolse in fretta le tazze, le lavò e le rimise nella credenza. Il suo atteggiamento era diverso ora, le spalle erano ingobbite e sviava ogni sguardo.
“Non volevo offenderti, Jonah. Scusami.”
“Non dovete mai chiedermi scusa, signorina. Io sono al vostro servizio.”
Ariadne ebbe la sensazione di trovarsi di nuovo a casa sua, con la servitù che obbediva a testa china e senza fiatare. Da bambina aveva provato a chiacchierare con le cameriere ma sua madre la sgridava sempre.
“Vorrei che fossimo amici.”
“Io sono vostro amico, signorina. Ora vi prego di tornare a letto. Ci attende una giornata impegnativa domani.”
Jonah la accompagnò in camera e attese che Ariadne si infilasse sotto le coperte, dopodiché spense la luce e chiuse la porta.
 
Tommy aprì gli occhi a fatica, sentiva le palpebre pesanti come piombo. Ricordava vagamente di essersi ubriacato insieme a Johnny Dogs, poi la memoria diventata un grosso buco nero. Si guardò attorno e riconobbe il privé del Garrison, doveva essersi addormentato a causa del troppo alcol. La testa gli faceva male e le tempie pulsavano, del resto sentiva anche lo stomaco in subbuglio.
“Un cadavere sta meglio di voi.”
Charlotte sedeva sul bordo del tavolino con le gambe accavallate. Era raggiante come suo solito, i capelli in perfetto ordine così come il rossetto senza sbavature.
“Che ore sono? E perché sei qui?”
“Sono le sette e un quarto. Sono venuta a cercarvi dopo che vostra moglie mi ha chiamato per chiedermi se noi fossimo insieme.”
Tommy chiuse gli occhi e si sfregò le tempie doloranti, era come avere un martello nel cervello.
“Questo fottuto mal di testa mi sta uccidendo.”
“Ecco, bevete acqua e fate colazione. Vi farà stare meglio.” Disse Charlotte.
Aveva portato una caraffa di acqua e un bicchiere e un cestino di frutta fresca sbucciata, rimedi per il post sbronza che sua nonna le aveva insegnato da adolescente.
“Tu hai una soluzione a tutto, eh.” Disse Tommy.
Si accese una sigaretta e la consumò in pochi tiri, peccato che peggiorò soltanto il mal di testa e la stretta allo stomaco. Si scolò il bicchiere di acqua in due sorsate.
“Faccio del mio meglio. Vi riaccompagno a casa per cambiarvi i vestiti? Puzzate di whiskey e sudore.”
“D’accordo.”
Tommy si alzò a fatica e si trascinò fino all’auto, ogni passo era difficile come se alla sua caviglia fosse attaccato un pezzo di marmo. Charlotte gli aprì lo sportello e gli mise una mano sulla testa per non fargli dare una botta.
“Ho delle novità. Siete ancora troppo confuso per ragionare, signore?”
Tommy appoggiò la fronte al finestrino ed emise un gemito sofferente, non beveva così da mesi e ora si sentiva peggio di uno straccio usato.
“Che è successo?”
Charlotte ingranò la marcia e si diresse fuori città, là in periferia dove si ubicava l’immensa villa del suo capo.
“Ho saputo che domani mattina Enea Changretta sarà a Barmouth per la fiera di fine estate.”
“Come fai a saperlo?”
“Sono andata in stazione e ho pagato l’addetto per farmi leggere i registri degli arrivi e delle partenze. Enea Changretta ha acquistato un biglietto per recarsi a Barmouth domattina. Ho cercato la località e ho scoperto che ogni anno si tiene una fiera di fine estate a cui i Changretta partecipano da anni.”
Tommy le scoccò un’occhiata sorpresa, erano davvero strabilianti le doti investigative della ragazza.
“Ho fatto bene ad assumerti.”
“Signor Shelby, voi avete bisogno di una come me.” Disse Charlotte con un sorriso.
“Capiti nel momento giusto. Le cose si stanno mettendo male.”
“Vi riferite al ritorno di Ariadne Evans? L’ho intravista ieri sera in una pasticceria.”
Tommy conosceva bene la passione di Ariadne per i dolci, se ne abbuffava soprattutto quando era sotto pressione. Una parte di lui fu dispiaciuta all’idea che Ariadne dovesse ingozzarsi di pasticcini per mitigare l’ansia, ma l’altra parte era lieta che lei soffrisse. Perché per quanto fingesse di aver dimenticato, Tommy si era impresso nella mente quella fatidica notta passata con lei. Era come un dolce incubo che gli conficcava le unghie nella carne e lo faceva gridare di dolore.
“Lei probabilmente già sa che Enea domani sarà a Barmouth. Dobbiamo anticiparla.”
“Dobbiamo?” gli fece eco Charlotte.
“Tu verrai con me. E non accetto un rifiuto.”
“Non era mia intenzione rifiutare.”
Per il resto del viaggio Charlotte non smise di sorridere perché in soli tre mesi aveva conquistato la fiducia di Tommy Shelby. Il suo piano adesso poteva decollare.
 
 
Salve a tutti! ^_^
Ariadne e Tommy sono agli opposti questa volta. Chissà come andrà avanti questa faida!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 
  
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