Divergences
Più passa il tempo e meno penso a Katniss, o almeno, la penso sempre con costanza, ma non come prima. Non mi importa se sta bene o meno, non del tutto.
Una parte di me vorrebbe correre da lei, mentre un'altra la vorrebbe vedere morta.
Il problema è che la parte innamorata si sta affievolendo sempre più eppure mi sembra che sia quella che mi tiene più a galla.
«Cosa ha fatto Katniss?» Tiene un quaderno sulle sue gambe per appuntarsi le mie risposte, io vorrei strapparglielo dalle mani per poter disegnare il suo volto, magari avere un suo ritratto potrebbe riuscire a farmi tornare da lei, in qualche modo.
Lo guardo vacuo, «ha bombardato il Distretto 12 e ne è andata fiera, ha cercato di attaccarmi, nell'Arena, e sogghignava». La mia voce è fredda e lontana, come se mi sentissi parlare all'esterno del mio corpo, anche se non è possibile.
«Katniss è responsabile di tantissime morti, deve morire, così potremo tornare alla normalità», aggiungo senza riflettere, anche se non lo penso davvero, o forse sì?
«Sei pentito di non averla uccisa?»
«Sì. Avrei dovuto ucciderla, è il mio rimpianto più grande». Parlo lentamente con voce fredda e distaccata, quasi annoiata.
«Se ora l'avessi davanti?»
«La ucciderei», rispondo senza esitazione, ma non è vero che la ucciderei, non è la verità, non riuscirei mai ad uccidere Katniss, l'unica cosa che voglio è proteggerla. Perché mi sto comportando così? Perché devo sempre pensarci per capire che non odio Katniss?
Avrebbe dovuto uccidermi, invece di voler a tutti i costi mangiare quelle bacche con me, così Capitol City non avrebbe avuto vincitori. Era una tattica, una tattica per far avviare la rivoluzione e io ero stato la pedina di quella strega!
«Bene», afferma il dottore, alzandosi in piedi e lasciandomi nuovamente da solo.
Mi ha lasciato un mazzo di carte, così, visto che non ho nulla da fare e non voglio assolutamente pensare, comincio a creare castelli. Non mi riesce molto bene, all'inizio. Le mani tremano e devo cominciare da capo più volte, ma alla fine riesco a crearne uno con la metà del mazzo.
«Vieni», qualcuno apre la porta e mi ordina di seguirlo.
«Dove?» Domando curioso inarcando un sopracciglio, non mi fido di quel tipo.
«Vieni e basta».
Sospiro, ma faccio quello che mi è stato detto. Sono nelle loro mani, non posso fare altrimenti. Probabilmente mi tortureranno, ma stranamente non ho paura. Non mi importa più di nulla. Non mi è rimasto nulla, nemmeno Katniss. Non c'è nemmeno lei. Non ho nessuno da cui tornare. Possono fare di me ciò che vogliono.
«Mettetelo a lucido. Deve essere magnifico. In splendida forma».
Sgrano gli occhi nel vedere davanti a me Portia ed il mio staff di preparatori.