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Autore: Helen_Book    13/06/2021    0 recensioni
Eileen ha perso la voce e la capacità di trasformarsi. Sente di non aver nulla da offrire al proprio branco. L'incontro inaspettato con un lupo randagio cambierà totalmente la sua esistenza e la porterà ad addentrarsi nei più oscuri ricordi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Nonostante lo avesse desiderato da tempo, al solo pensiero di dover rimettere piede nelle prigioni, sentiva lo stomaco sottosopra.

Dopo essere rimasta per un’intera giornata allettata, non ne poteva più di rimanere ferma. Roman e Mala avevano insistito perché si prendesse del tempo per rimettersi, e lei, aveva deciso di accontentarli, pur di non vederli litigare di nuovo.

Da quando si era risvegliata, il rapporto tra i due era ai minimi termini e non sapeva perché.

Possibile che avessero litigato mentre era priva di sensi?

Si appuntò mentalmente di parlarne a tu per tu con Mala non appena fossero rimaste da sole.

Non le piaceva che due delle persone a cui teneva di più fossero in conflitto, soprattutto poi se lei rappresentava il motivo principale del litigio.

Mentre scendeva le scale verso il cuore delle prigioni, cercò di distrarsi pensando ad altro, ma l’odore, la vista di quei luoghi la tenevano ancorata alla realtà.

Due guardie erano state incaricate di scortare sia lei che Roman, così le era stato riferito. Tuttavia, sapeva benissimo che entrambi si trovavano principalmente lì per lei. Una davanti faceva strada, l’altra alle loro spalle, teneva d’occhio qualsiasi loro movimento.

Sentiva lo sguardo dell’uomo trafiggerle la schiena. Non si era dimenticata di lui. Era lui il responsabile del suo livido sul braccio che ormai si vedeva a malapena.

La violenza con cui agiva quella gente, la spaventava.

Non potendo trasformarsi, si era sentita sempre, costantemente, in pericolo. Fuggire era ciò che le riusciva meglio, in quei casi.

Ora però, non era più costretta a farlo.

Al suo fianco, Roman camminava rigido, guardando dritto davanti a sé. Eppure, anche lui di tanto in tanto, con la coda dell’occhio, la osservava.

Il suo compagno avanzava insieme a lei, accanto a lei, né troppo avanti, né troppo indietro. Sebbene non si toccassero, riusciva a percepire la sua presenza, la sua forza, e d’un tratto, la voglia di scappare si affievolì, lasciando il posto ad una sensazione di calore, di pienezza che aveva provato solo in sua compagnia.

Aveva una voglia matta di afferrargli la mano, di rifugiarsi nel suo abbraccio, dimenticandosi quell’ambiente spaventoso, umido e buio.

Inspirò profondamente, captando l’odore speziato del suo compagno, sperando di trattenerlo il più possibile nelle sue narici, evitando la puzza delle prigioni.
Quel movimento attirò l’attenzione di Roman che la guardò di sfuggita, veloce come un battito d’ali.

Forse teme che, ad un certo punto, darò di matto?

Pensò, ricordandosi che non aveva tutti i torti, dopo la sua reazione all’asilo.

Promise a se stessa che si sarebbe impegnata a gestire le proprie emozioni. Non aveva altra scelta: in caso contrario la loro copertura sarebbe saltata.

Stringi i denti e controllati, qualsiasi cosa accada.

Ripeté nella testa come un mantra.

“E’ questa la cella?” chiese la guardia davanti, rivolgendosi a Roman, come se lei non esistesse.

Il suo compagno la guardò, aspettando un suo cenno. Cautamente annuì. L’odore intenso di umidità la riportò a quei giorni in cui credeva che lei e Mala sarebbero morte.

In quella squallida cella, aveva rimpianto la sua scelta, maledicendosi per la sua sconsideratezza. Era stata egoista e aveva accettato di buon grado l’aiuto dell’amica, senza pensare troppo alle conseguenze.

Tuttavia, proprio perché aveva osato, ora, finalmente, aveva trovato il suo compagno, si trovava al suo fianco e insieme avrebbero affrontato qualsiasi cosa.

Non sei più sola.

Fu quel pensiero ad infonderle la forza per focalizzarsi sul presente, accantonando i dolori del passato.

Di fronte alla sua cella, riconobbe subito quella in cui aveva visto per la prima volta il bambino con gli occhi color nocciola. Piccolo e indifeso, le aveva ridato speranza, la forza di reagire.

Lui l’aveva salvata e ora toccava a lei fare lo stesso.

La guardia sollevò un mazzo di chiavi dalla tasca, le sbarre si spalancarono, dando loro la possibilità di entrare. Era mattina inoltrata e il sole illuminava completamente la cella.

Non appena misero piede all’interno della stanza, Eileen rimase a bocca aperta.

L’ambiente era completamente vuoto.

Tranne che per il corpo di un uomo che giaceva al centro della camera, immobile.

All’inizio non lo riconobbe, ma non appena mise meglio a fuoco la figura, non ebbe dubbi sulla sua identità.

Il Pazzo sembrava privo di sensi, senza motivo mutava forma: da umano a lupo e viceversa. Ad intermittenza, il suo corpo passava da una forma all’altra, senza però dare segni di vita.

Preoccupata per la sua salute, non ci pensò due volte ad avvicinarsi a lui, ma qualcosa la bloccò.

La mano di Roman stringeva il suo braccio in una presa d’acciaio, impedendole di avanzare.

A stento trattenne il dolore: casualmente aveva beccato il livido in via di guarigione.

Eileen strinse i denti e non mostrò alcuna emozione.

Lo guardò dritto negli occhi, cercando di interpretare l’espressione sul suo viso. Peccato che anche la sua fosse del tutto indecifrabile.

“Non puoi avvicinarti a lui” spiegò alla fine, con un tono che non ammetteva repliche.

Eileen abbassò lo sguardo sulla mano che le stringeva il braccio, e subito Roman lo liberò, interrompendo il contatto.

Forse si sarà ricordato del livido.

Per quanto apprezzasse il suo tocco, non le piaceva ricevere ordini ed essere ostacolata, soprattutto quando era cosciente di star facendo la cosa giusta.

Sta soffrendo, dammi la possibilità di alleviare le sue pene.

Lo supplicò, sperando di convincerlo.

È ciò che merita e tu non puoi farci nulla. Siamo venuti qui perché tu potessi vedere che nessun malato risiede qui.

Segnò lui, in modo che potessero comunicare senza che le guardie comprendessero.

Come se avesse appena ricevuto uno schiaffo in pieno viso, Eileen si mise sulla difensiva.

Credi che mi sia inventata tutto?

Il volto di Roman si addolcì leggermente, cambiando tattica.

No, credo che tu abbia visto dei semplici prigionieri rinchiusi qui per un valido motivo.

Se quelle parole fossero state espresse a voce, probabilmente avrebbe utilizzato il tono che solitamente adottava quando spiegava le cose ai bambini.

Sono un medico, so cosa ho visto.

Strinse i pugni, provando a rimanere razionale.

Poco prima, si era ripromessa di gestire al meglio le sue emozioni, ma Roman lo stava rendendo più complicato del previsto.

Come puoi vedere qui non c’è nessuno, tranne quell’assassino. Non merita la tua compassione.

Lo indicò, ritornando sul piede di guerra, il muscolo della mascella scattò.

“Capo, cosa dobbiamo fare?” chiese una delle guardie, scocciato di essere stato escluso dalla loro conversazione.

Roman lo incenerì con lo sguardo, convincendolo a non aggiungere altro.

Per una volta, Eileen provò compassione per la guardia.

L’altra, invece, continuava a rimanere in silenzio, fissandola.

Cercava di evitare il suo sguardo: le faceva venire i brividi.

Subito dopo, l’attenzione di Roman ritornò su di lei.

Ironia della sorte, questa volta non era lei che stava perdendo le staffe.

Ricordo chiaramente che anche un bambino era rinchiuso qui dentro. Un bambino, capisci? Cosa potrà mai aver fatto di male un bambino per essere finito in un posto del genere?

Esterrefatto, lui scosse la testa con decisione.

È impossibile, tutti i bambini si trovano all’asilo, me ne sarei accorto se uno di loro fosse venuto meno.

Non ci aveva pensato.

Com’è possibile? Se l’era immaginato? Non espresse quelle domande ad alta voce, ma le si leggevano in volto.

Per la prima volta, dubitò dell’esistenza del bambino dagli occhi color nocciola.

Ma era sicura di averlo visto, anche dopo il falò, attraverso la finestra, aveva consegnato a lui il cibo.

Non poteva essere frutto della sua immaginazione.

Eileen, ascoltami. Qui…stavi soffrendo.

Il suo compagno ebbe difficoltà a segnare quelle parole, per un secondo, le sembrò di vedere le sue mani tremare.

È possibile che tu abbia avuto delle allucinazioni. Sei un medico, sai benissimo che è altamente probabile.

Il suo volto si era di nuovo addolcito, non c’era più traccia della rabbia di poco fa.

Eileen si sentiva già esausta. In quel momento, sentì il peso della convalescenza.

Quel viaggio nelle prigioni la stava mettendo a dura prova e ciò che stava scoprendo non le piaceva per niente.

È vero, lì non c’era nessuno ed era innegabile.

Un rantolo proveniente dal centro della stanza attirò la sua attenzione, facendole rivalutare la scala delle sue priorità.

Un uomo stava soffrendo, proprio davanti ai suoi occhi e lei non poteva rimanere ferma a guardarlo.

Nonostante i gravi crimini che aveva commesso.

Avrebbe pagato con la vita, ma ora era decisa ad alleviare le sue sofferenze.

Cercare il bambino con gli occhi color nocciola sarebbe stato uno dei suoi prossimi obiettivi. E lo avrebbe fatto.

Da sola.

Permettimi di aiutarlo e non parleremo più di questa storia, ma non devi ostacolarmi e per favore, lasciami da sola con lui.

Sorpreso di vederla cedere immediatamente, per un attimo rimase interdetto.

Alla fine, acconsentì alla sua richiesta, ma non poteva abbandonarla, non si fidava di quell’uomo.

Cosa credi che possa farmi? È svenuto e comunque, potresti percepire qualsiasi suo movimento anche fuori dalla stanza.

Con le narici dilatate, gli occhi color miele infuocati, Roman sospirò sonoramente rivolgendosi dopo tanto tempo alle guardie: “Usciamo, lasciamola sola. Deve verificare le condizioni del Pazzo e far sì che non muoia prima della sua esecuzione” spiegò lui, senza guardarli, con gli occhi fissi su di lei.

Era un grande atto di fiducia e lo sapeva.

Lentamente uscirono dalla stanza, lasciandola sola con il corpo inerme del prigioniero.

Senza perdere altro tempo, si avvicinò a lui controllando i suoi segni vitali. Respirava con difficoltà e il battito era appena percettibile.

Cosa gli avevano fatto?

Aveva bisogno di saperlo per poter porre rimedio. Non se la sentiva di chiederlo al suo compagno, con molta probabilità avrebbe cercato di trascinarla via di là.

Come se avesse udito i suoi pensieri, l’uomo aprì gli occhi e ci mise qualche secondo prima di mettere a fuoco la sua figura.

Successivamente cambiò forma, trasformandosi in un lupo dal lungo pelo nero misto a grigio.

Poi ritornò umano.

“Io…te…ci incontriamo sempre….così” sorrise, sforzandosi di pronunciare quelle poche parole.

Con il volto tumefatto, a malapena riusciva ad aprire gli occhi e a muovere le labbra.

Sembrava invecchiato di diversi anni, lo dimostravano i capelli grigi spettinati e le rughe sparse per il viso.

Con un nodo alla gola, Eileen ingoiò il groppo, ripetendosi nella testa che si trattava di un criminale.

Ricordati che tipo di persona hai di fronte. 

Si rimproverò, evitando di soffermarsi sulle varie ferite sparse per tutto il corpo. Stentava a riconoscere l’uomo che aveva curato tempo fa, appena arrivata nel branco dei Mavix.

A quel tempo, lo aveva salvato senza alcuna esitazione.

Con la consapevolezza di adesso, avresti agito nello stesso modo?

“Acqua” sussurrò l’uomo con la gola secca.

Eileen prese la bottiglia d’acqua posta sotto la finestra e lo accontentò, attenta a fargliene sorseggiare poca alla volta.

D’un tratto, si ricordò che l’aveva visto bere alcool la seconda volta in cui si era incontrati. Se avesse sviluppato una dipendenza, sarebbe stato altamente probabile che stesse così male per quel motivo.

La continua trasformazione ad intermittenza poteva essere un effetto collaterale. Aveva perso il controllo del suo corpo e senza una cura, anche il suo cuore avrebbe smesso di battere prima o poi.

“Vorrei…vino” si sforzò lui pronunciando quelle due parole.

La frase confermò la sua teoria.

Eileen non sapeva se conoscesse la lingua dei segni, nel dubbio, uscì il piccolo taccuino.

Dovrai accontentarti dell’acqua. Il vino non ti fa bene.

Aveva mille domande da porgli, eppure, alla fine, annotò quell’unica frase. Subito la trovò banale.

Non era brava in quel tipo di cose, ne era cosciente.

Leggendo le parole sul taccuino, l’uomo rise, venendo improvvisamente interrotto dalla tosse.

Frugò nella piccola tracolla che da poco aveva riavuto indietro, e cercò una pianta che potesse alleviare il suo dolore.

L’avevano picchiato a sangue, una bestia si era avventata su di lui, senza pietà.

A stento tratteneva le lacrime, concentrarsi sul lavoro l’aiutava a non cedere alle emozioni.

Sminuzzò la pianta nell’acqua e aspettò che ritornasse umano.

Senza alcuna esitazione, rifiutò categoricamente l’acqua, girando il viso dalla parte opposta.

Più testardo di un mulo.

A fatica le disse: “Io…generoso di te. C’è…vino nella foresta” a malapena riusciva respirare “Brinda…per me” ricominciò a tossire.

Provò a sollevarlo senza troppi risultati, era troppo pesante. Così decise di trascinarlo fino a fargli poggiare la schiena al muro.

Dopo alcuni secondi, smise di tossire, e si girò a fissarla. Gli occhi semichiusi a causa del gonfiore.

Conoscendo gli orrori che quell’uomo aveva commesso, avrebbe dovuto odiarlo, provare ribrezzo nei suoi confronti. Eppure, tutto ciò che provava era curiosità e…pena.

C’erano troppi interrogativi senza risposta.

Provò di nuovo a farlo bere, ma non ci fu verso.

“Io…soffrire” sospirò tra un colpo di tosse e l’altro.

Strinse i pugni per la rabbia, ma poi decise di cedere. Non poteva costringerlo, era libero di scegliere.

Si ricordò di non avere molto tempo, doveva sbrigarsi.

Prese il taccuino e scarabocchiò tutte le domande che le passavano per la testa, mostrandogliele senza alcuna esitazione.

Perché hai ucciso quelle persone? Perché mi hai detto che “ti dispiace”? Eri veramente un medico?

Ci mise più del previsto a leggerle tutte. A malapena riusciva a muovere la testa.

Poi alzò gli occhi su di lei e per una manciata di secondi la guardò, senza fare altro. La sua espressione parve rilassarsi e una lacrima spuntò, solcandogli la guancia, fermandosi poi dove il sangue si era raggrumato.

Non aveva visto tracce di lacrime prima, nonostante stesse soffrendo come un cane. Ora, invece, guardandola negli occhi, aveva pianto.

Com’era possibile? Aveva realizzato che stava per morire?

Con il mento la intimò ad avvicinarsi. All’inizio esitò, ma alla fine, sistemò i capelli dietro le orecchie e con circospezione esaudì il suo desiderio.

A pochi centimetri dal suo orecchio, le sussurrò: “Taccuino.”

Subito glielo passò, osservando gli sforzi che stava compiendo solo nell’impugnare la penna.

Finalmente avrebbe smesso di fare ipotesi e, dopo diverse notti insonne, avrebbe ricevuto le risposte che cercava.   

Passarono diversi minuti prima che potesse leggere le parole che l’uomo aveva scritto. Non appena finì, allo stremo delle forze, si accasciò sul fianco, trasformandosi in lupo.

Eileen aspettò di vederlo ritrasformarsi, ma invano.

Prese il blocchetto e lesse l’unica parola presente sul foglio.

Scappa.





E come promesso, eccoci qua! 

Lo so, lo so. Mi state odiando e avete tutte le ragioni per farlo. Però concludere ogni capitolo con un cliffhanger è più forte di me, non riesco a resistere.
Come state? Spero bene! 

Grazie mille a tutti, ai veterani e a chiunque concede una possibilità a questa storia. 

Buona domenica!

Helen 

  
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