Terza parte
Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star
Wise man said just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself…
(“Send me an angel” – Scorpions)
Sir Richard aveva
ottenuto clemenza da parte di Re Henry e sua moglie Maggie era stata liberata
dopo che si era venuto a sapere della fuga di Richard e Edward, visto che lei,
essendo incarcerata esattamente come loro, non avrebbe potuto in alcun modo
organizzare la loro evasione. Questo, però, aveva fatto infuriare moltissimo
Elizabeth che, al contrario, era sicura che fossero proprio i Pole i
responsabili del salvataggio dei due giovani, guarda caso proprio alla vigilia
della loro esecuzione.
Per questo motivo in
quel momento i coniugi Pole si trovavano al cospetto del Re e della Regina per
spiegare la loro situazione e lo stato d’animo di ognuna delle persone presenti
nella stanza era ben diverso: Elizabeth, come ho già detto, era infuriata,
Henry pieno di dubbi, Maggie sconvolta e in lacrime, l’unico che appariva
sicuro di sé era Sir Richard.
“Sir Richard,
dobbiamo chiarire la vostra situazione una volta per tutte prima di potervi
rimandare a casa vostra in Galles” esordì il Re. “Io sono quasi completamente
convinto della vostra totale estraneità alla fuga dei prigionieri, ma la Regina
continua a credere che Lady Margaret potrebbe esservi implicata.”
“Certo che è
implicata!” sibilò Elizabeth. “Lei è sempre stata dalla parte di
quell’impostore di Warbeck e sono anni che ci dà il tormento per ottenere la
liberazione di suo fratello. Ora, guarda caso, sono riusciti a fuggire proprio
la notte prima della loro esecuzione. Come puoi non vedere ciò che è ovvio,
Henry?”
“Io ho fiducia in Sir
Richard, lo conosco da molti anni e proprio per questo voglio che parliamo
apertamente adesso” replicò il sovrano, con aria lievemente seccata. “Questa
volta almeno vorrei essere certo oltre ogni ragionevole dubbio della
colpevolezza di qualcuno prima di accusarlo.”
C’era un evidente
disaccordo tra i due e Sir Richard capì che poteva sfruttarlo benissimo in
favore suo e di Maggie. Non gli piaceva l’idea di mentire al Re, lo conosceva
davvero da tanto tempo e lo aveva spesso consigliato, Henry gli aveva
dimostrato tanta fiducia da nominarlo protettore del suo primogenito Arthur…
insomma, era vero che la fuga di Edward e Warbeck era stata organizzata e
pianificata da lui insieme a Erik, ma sarebbe stato molto meglio riuscire a
dimostrare che, in realtà, lui non aveva fatto altro che liberare un innocente
da una condanna ingiusta e atroce. In quanto al sedicente Richard… beh, il
fatto che fosse scappato anche lui era stato un danno collaterale, ma se avesse tentato nuovamente di muovere
guerra al sovrano sarebbero stati fatti suoi, Re Henry lo aveva sconfitto una
volta e avrebbe potuto farlo ancora.
“Sono veramente
curiosa di sapere come avete fatto a trovare qualcuno che riuscisse ad
arrampicarsi sulla Torre e a far calare giù i prigionieri. Hai conosciuto un
acrobata da circo, Maggie?” domandò velenosa la Regina.
“Come puoi essere
così perfida, Elizabeth? Non ti riconosco più!” replicò la giovane donna
scoppiando in pianto. “Tu eri disposta a uccidere mio fratello che non ti ha
mai fatto niente di male, hai incarcerato me e adesso mi accusi? Come potrei
aver organizzato la fuga di Edward? Non sapevo neanche che volessi farlo
giustiziare e… e… ora non so nemmeno dove sia finito!”
Già, Sir Richard
aveva pensato bene di non informare Maggie prima del colloquio, perché lui
sarebbe stato capace di mostrare una calma olimpica dinanzi ai sovrani, ma
Maggie non era assolutamente in grado di recitare una parte. Era un vantaggio
che non sapesse che fine aveva fatto Edward e che fosse, dunque, sinceramente
disperata e spaventata per la sua sorte.
“Dici che Edward non
ha fatto niente? Bene, allora guarda questa” ribatté gelida Elizabeth, porgendo
a Maggie la pergamena in cui il ragazzo confessava di essere un traditore… sì,
la famosa pergamena che il Principe ignorava assolutamente di aver firmato!
“Devo ammettere che neanche Henry, all’inizio, era disposto a ordinare la
condanna a morte per lui, riteneva che fosse innocuo ma, evidentemente, la
permanenza in cella assieme all’impostore lo ha traviato. Chissà, magari gli ha
fatto credere di essere davvero suo cugino… ad ogni modo, Edward ha dichiarato
di aver cospirato con Warbeck contro il legittimo sovrano.”
Henry aveva
un’espressione colpevole che contrastava con quella di freddo compiacimento
assunta da Elizabeth. Era chiaro che a lui non era piaciuto per niente dover
condannare a morte un ragazzo che già ne aveva passate tante e che si era
sempre dimostrato semplice e mite… ma di fronte a quella prova schiacciante
aveva dovuto cedere.
Sir Richard, che era
il più lucido della compagnia, si accorse subito del dettaglio che avrebbe
cambiato le carte in tavola e non esitò a puntarvi il dito contro.
“Scusate, Maestà, ma…
secondo voi questo documento è autentico? Lo ritenete davvero una prova
inappellabile? Per voi è davvero un documento ufficiale?” domandò, rivolto a Henry ma sbirciando di sottecchi
Elizabeth.
“Cosa volete dire?”
iniziò il Re, ma la Regina lo interruppe.
“Come osate, Sir
Richard? Insinuate forse che la firma sia stata falsificata? Così mi
oltraggiate, io stessa ero presente mentre Edward firmava spontaneamente la
confessione e con me c’erano anche il Lord Cancelliere e l’Arcivescovo. Mettete
in dubbio la parola di tutti e tre?”
“Assolutamente no”
replicò Sir Richard, reciso. “Mi stavo soltanto chiedendo che cosa abbiate
raccontato a Edward per indurlo a firmare qualcosa che, con ogni evidenza, non
aveva neanche visto e della quale ignorava completamente il contenuto.”
Elizabeth impallidì.
“Che cosa…?” riuscì
appena a dire.
“Spiegatevi meglio,
Sir Richard, non parlate per enigmi. State accusando la Regina di aver commesso
qualcosa di illecito?” intervenne Henry.
“Perdonatemi, Maestà,
ma vi sembra questo il modo di firmare un documento ufficiale?” riprese l’uomo, porgendo la pergamena al sovrano. “Diciamo
pure che le cose sono andate così, che Edward si è lasciato convincere dal
giovane Warbeck, che lo riteneva veramente suo cugino e che voleva aiutarlo.
Accettiamo anche il fatto che, interrogato in proposito da Sua Maestà la
Regina, il Lord Cancelliere e l’Arcivescovo, abbia ammesso di aver appoggiato
le pretese di Warbeck e abbia accettato di firmare una confessione in
proposito…”
“Non è una
congettura, Sir Richard, anche se voi la fate apparire come tale” reagì
Elizabeth. “Le cose sono andate esattamente così!”
“Molto bene. Allora
come mai Edward si è firmato semplicemente Teddy
invece di scrivere il suo nome per esteso come è di regola nei documenti
ufficiali? Maestà, non avevate fatto caso a questo particolare? Perché la
confessione fosse valida, il ragazzo avrebbe dovuto firmarsi Edward Plantagenet conte di Warwick.
Quindi ripeto la domanda: cosa avete raccontato a Edward per convincerlo a
firmare qualcosa di cui nulla sapeva? Gli avete forse detto che era una lettera
per Maggie?”
Gli occhi di tutti si
fissarono su Elizabeth.
“Cosa hai fatto?”
mormorò Maggie, sconvolta dall’orrore.
“Io non ho fatto niente” ribatté gelida la Regina. “Evidentemente
quello è il modo in cui si firma Edward, cosa volete che ne sappia io?”
Sir Richard scrollò
il capo.
“Maestà, sappiamo
tutti che Edward è un ragazzo semplice e ingenuo, ma spero non vorrete farmi
credere che non sappia scrivere il suo nome per esteso, o che ignori una cosa
così ovvia come il fatto che una dichiarazione firmata Teddy non ha il minimo valore… vero?”
“Sir Richard ha
ragione, Elizabeth. Il documento così com’è non può essere considerato una vera
ammissione di colpevolezza” disse Henry. “Edward sa benissimo qual è il suo
nome e quali sono i suoi titoli… lo sapeva fin da bambino, visto che non
perdeva occasione per sbandierarli. Se avesse saputo che si trattava di un
documento ufficiale, avrebbe firmato nel modo giusto. Gli hai detto che si
trattava di qualcos’altro? Edward ha mai, effettivamente, saputo cosa c’era
scritto qui sopra?”
Maggie trafisse la
cugina con uno sguardo in cui si mescolavano orrore, delusione e rabbia.
Elizabeth capì di essere stata sconfitta, ma non volle ammetterlo. Senza una
parola, girò sui tacchi e uscì dalla stanza sbattendo la porta in modo ben poco
regale.
Re Henry, a quel punto,
pareva veramente a disagio. Si rendeva conto di aver fatto la figura del
perfetto imbecille, in parole povere, perché non sapeva nemmeno quello che la
moglie faceva alle sue spalle (e meno male che doveva essere lui il Re!), e
anche di un imbecille sleale e scorretto, visto che ora appariva chiaro che lui
non riteneva veramente Edward un pericolo per la sua corona e tuttavia aveva
accettato per buona la confessione che lo avrebbe condotto al patibolo.
Non era stata una
delle sue giornate migliori, tuttavia poteva sempre salvarla.
“Sir Richard, Lady
Margaret, ora so che siete perfettamente innocenti, vittime di una situazione
che è sfuggita di mano a tutti noi” disse. “Voglio rimediare alla mia
negligenza e perciò vi concederò subito il permesso di ritirarvi nella vostra
tenuta in Galles, insieme a vostro figlio, per dimenticare questa storia
terribile e non rimanere più coinvolti negli intrighi di corte.”
“Dimenticare questa
storia?” protestò Maggie, incredula. “Ma non posso dimenticarla! Mio fratello
Edward è stato portato via da chissà chi e chissà dove e io dovrei tornare a
casa come se niente fosse?”
“Perdonate, non ho
ancora detto la cosa più importante: visto che tutte le accuse contro di voi e
la vostra famiglia sono cadute, di conseguenza anche ogni sospetto nei
confronti di vostro fratello Edward è svanito” proseguì il Re. “A questo punto
appare chiaro che a far evadere i prigionieri sono stati dei sostenitori di
Perkin Warbeck e che hanno condotto anche Edward con loro. Credevamo di averli
arrestati tutti, ma evidentemente non era così. Tuttavia farò il possibile per
ritrovarli e, questa volta, rinchiuderemo in carcere Warbeck e tutti i suoi
seguaci fino alla fine dei loro giorni. Edward, invece, otterrà la mia clemenza
e sarà libero, lo farò condurre nella vostra tenuta in Galles non appena lo
avrò trovato.”
Maggie era poco
convinta e stava per protestare di nuovo, odiava l’idea che suo fratello in
quel momento si trovasse in mezzo a cospiratori, congiurati e chissà che altri
tipi di gente poco raccomandabile… ma Sir Richard intervenne prima che lei
potesse aprir bocca.
“Vi siamo
infinitamente grati, Maestà” disse. “Quando potremo partire?”
“Anche subito, se è
ciò che desiderate” rispose Henry. “Voglio solo dimenticare il prima possibile questo
terribile malinteso e ridare a tutti voi la vita che meritate.”
Richard e Maggie si
inchinarono e, ottenuto il permesso del Re, si congedarono da lui. Sir Richard
era molto soddisfatto: non solo il suo piano di salvare la vita di Edward era
riuscito perfettamente, ma non ci sarebbe neanche stato bisogno di tenere
nascosto il ragazzo troppo a lungo, visto che il Re in persona ne aveva
dichiarato l’innocenza.
Restava solo da
spiegare a Maggie che non aveva di che preoccuparsi: in Galles avrebbe ritrovato
Edward sano e salvo!
Nel cottage di Sir
Richard, mentre a corte accadevano tanti fatti importanti, Edward aveva
trascorso una notte molto tranquilla. Anzi, dopo essersi addormentato sul
cavallo tra le braccia di Erik, aveva continuato a dormire pacificamente per
tutto il tempo. Quando erano giunti al cottage Erik aveva dovuto prenderlo in
braccio per metterlo a letto e Edward non aveva mosso un muscolo, aveva dormito
fino a mattina inoltrata e poi si era fatto un lungo bagno ristoratore nella
tinozza di acqua calda che i domestici gli avevano procurato. Sì, perché Sir
Richard aveva pensato proprio a tutto e aveva inviato al cottage una coppia di
anziani e fedeli domestici, marito e moglie, lui un tuttofare e lei una cuoca,
per occuparsi dei bisogni del giovane Principe e di Erik. Il ragazzo si era
così lavato e cambiato con gli abiti scelti tra quelli che Maggie gli aveva fatto
trovare nella sua stanza, si era concesso una bella e soddisfacente colazione e
poi era uscito tutto contento nel cortile, guardandosi intorno come se vedesse
il mondo per la prima volta (e in parte era proprio così!). Quando Erik lo vide
così allegro e luminoso si sentì invadere da un calore intenso, da un affetto
smisurato verso quel giovane così sfortunato e che ora sembrava semplicemente
grato per una bella giornata di sole. Il Re e la Regina avrebbero voluto farlo
giustiziare quella mattina stessa e invece adesso Edward era lì, sano e salvo e
con una nuova vita davanti a sé, finalmente libero. Erik era molto felice di
averlo salvato e di averlo lì con sé, avrebbe tanto voluto… ma non ebbe nemmeno
il tempo di formulare il pensiero, perché il ragazzo si accorse di lui e gli
volò tra le braccia.
“Erik, grazie!”
disse, pieno di gioia. “E’ tutto perfetto qui! Tu mi hai liberato, mi hai
salvato e riportato a casa e ora… ora la mia vita appartiene a te, ti voglio
tanto bene!”
Mille e mille volte
Erik aveva sognato di poter stringere Edward tra le braccia in quel modo, di
poterlo prendere e portare via con sé quando lo vedeva in quella prigione,
quando pensava a lui prima di addormentarsi… e adesso il giovane era davvero
lì, era stretto a lui e si mostrava proprio così affettuoso e dolce come lo
aveva sempre visto comportarsi con la sorella. L’uomo non sapeva bene cosa
avrebbe dovuto fare. Edward gli aveva detto che gli voleva bene, ma cosa poteva
intendere? Probabilmente gratitudine e quella fiducia ingenua che regalava a
chiunque fosse gentile con lui. Non poteva certo pensare che quel dolcissimo
ragazzo lo amasse, no? Non lo
conosceva neanche! Era Erik che si era innamorato di lui fin dalla prima volta
in cui lo aveva visto e che lo aveva pensato per mesi finché non aveva avuto
davvero l’occasione di liberarlo.
“Non potrò mai
ricompensarti abbastanza per tutto quello che hai fatto per me” continuò
Edward, sempre stretto a Erik.
Beh, in realtà lo
stava già facendo, visto che l’uomo si sentiva l’essere più fortunato di tutta
l’Inghilterra già solo potendolo tenere tra le braccia in quel modo e con la
prospettiva di averlo sempre accanto, di occuparsi di lui, di proteggerlo…
“Non mi devi niente,
Edward” rispose Erik, stringendolo e accarezzandogli i capelli. “La mia
ricompensa è già averti salvato e vederti felice. Io ti proteggerò sempre, ti
starò vicino ogni volta che avrai bisogno di me, ti difenderò da qualsiasi male
e per me questo è e sarà sempre un privilegio.”
Edward lo guardò
fisso, gli occhi scuri e attenti fissi in quelli chiari dell’uomo, un lieve
sorriso sulle labbra.
“Tu puoi chiamarmi
Teddy, adesso” gli disse.
E, probabilmente, era
la cosa più vicina a una specie di dichiarazione d’amore che il giovane Conte
di Warwick poteva fare in quel momento!
Fine terza parte