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Autore: AlnyFMillen    21/06/2021    0 recensioni
La ragazza avrebbe potuto attraversare l’intera Parigi a piedi quella notte, pur di sfogare la propria irritazione – sicuramente, era a buon punto. Eppure lui non era della stessa idea. Fu per questo che, dopo l'ennesimo isolato, smise di fissarla come un micio curioso e la trattenne per il polso, in modo tale che potesse fermarsi.
“Se vuoi intraprendere una carriera da centometrista, questo è il modo migliore per farlo”, enunciò con tono incolore.
Ma bravo Felix, proprio quel che si dice un buon inizio.
| Miraculous Ladybug PV | Felix Agreste | Bridgette Dupain-Cheng |
Genere: Demenziale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bridgette, Felix Agreste
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Se sei Felix...
siccome sei un bugiardo
 


 



«Bridgette», ringhiò il suo nome, quasi fosse quello il peggiore degli insulti.
Che ore erano? Ricordava vagamente di star facendo un incubo, solo poco prima che il cellulare prendesse a squillare. Il bip insistente, impostato come suoneria predefinita di un contatto ben specifico, aveva incominciato a trillare con tanto di fotografia allegata, il volume molto più alto del normale. Una volta, una sola volta che dimenticava di inserire il silenzioso ed ecco ciò che ne veniva fuori.
Plagg si era rigirato nel suo spicchio di letto, cercando di contenere i lamenti, così da poter tornare a dormire.
Lui lo aveva bellamente ignorato, si era scostato i capelli dagli occhi, le coperte di dosso e aveva cercato di raggiungere l'oggetto infernale, prima che quello potesse ridestare l'intera abitazione. Era già sufficiente che lui fosse sveglio a un orario tanto indecente. La giornata non era cominciata certamente nel migliore dei modi, poco ma sicuro.
Lanciò uno sguardo alla radiosveglia sulla scrivania: lo schermo segnava preciso le tre e quattro.
Che diamine, quella ragazzina aveva davvero esagerato! Un conto era venirgli dietro a scuola e poi sulla strada verso casa, intrapresa casualmente per qualche strano motivo, tutt'altro era chiamarlo nel pieno della notte per chissà quale futile ragione. Ci mancava solo che venisse rimproverato in classe durante il compito di lingue straniere, al quale mancavano ormai solo poche ore, causa sonni non autorizzati. Eventualmente, cosa avrebbe detto per giustificarsi ancora non lo sapeva. Era uno studente modello, dannazione, non poteva far calare a picco i suoi voti semplicemente perché aveva passato tutta la notte ad assecondare le malsane idee di quella lì. Ora sì che l'avrebbe sentito.
Passò il pollice sul touchscreen, portò il cellulare all'orecchio, fece per parlare - ed era certo che dalla sua bocca non sarebbe uscito nulla di buono, ma qualcosa al di là della cornetta lo costrinse a tacere. Strinse le labbra fra loro, tanto forte da farle sbiancare, mentre gli occhi si sgranavano. Attese qualche secondo, tendendo le orecchie per assicurarsi di non aver sbagliato. Pochi attimi dopo, le sue supposizioni si rivelarono indubbiamente esatte.
Singhiozzi. Prima leggeri, poi sempre più forti e decisi.
«Felix...», balbettò a stento la ragazza.
E se prima aveva tutta l'intenzione di prenderla a male parole, era bastato sentire la sua voce per cambiare rapidamente decisione. Il volto d'improvviso più pallido, una miriade di domande senza possibilità di risposta a riempire la mente. Si affrettò a domandare, faticando nel dimostrarsi fermo ed indifferente: «Cos'è successo?».

Silenzio, nulla al di fuori di un flebile respiro spezzato.
Si alzò dal materasso con un balzo, troppo nervoso per stare seduto. Persino il piccolo kwami della Sfortuna si levò in aria e lo raggiunse al centro della stanza.
Silenzio.
Non era normale, per una come Bridgette, passare tanto tempo senza parlare.
«Bridgette, cos'è successo?», chiese nuovamente, la voce ormai divenuta sibilo.
A grandi passi raggiunse l'armadio, pronto a sfilare la prima stampella sulla destra, quella dove erano appesi i vestiti che aveva preparato la sera precedente. Diede uno sguardo a Plagg, notando che gli stava poco distante, all'erta anche lui.
«H-Ho...».

Hai?

«H-Ho avuto un incubo».
Rimase talmente interdetto che ci volle un attimo perché potesse recepire l'informazione e, quando quest'ultima arrivò adeguatamente a destinazione, raggiunse la conclusione che sarebbe stato meglio se non l'avesse fatto.
Pizzicò la base del naso con il pollice e l'indice, inutile tentativo di calmarsi.
Per un incubo. Lo aveva chiamato per un incubo.
E lui aveva veramente pensato si trattasse di qualcosa di serio. Un ingenuo, ecco cos'era stato, si era illuso che lei potesse essere anche minimamente cambiata, in qualche modo. A quanto pareva, invece, rimaneva e sarebbe sempre rimasta una bambinetta immatura. Quella ne era la prova.
«Torna a dormire», intimò, buttando all'aria i preparativi e dirigendosi verso il letto.
«No!», il tono si fece improvvisamente spaventato. «Per favore, Felix...»
Non seppe se fu per la disperazione che le impregnava la voce, ma ebbe come l'impressione che una secchiata d'acqua gelata gli si fosse riversata in viso. Improvvisamente, i ricordi che per tutta la settimana aveva tenuto celati nell'angolo più remoto della mente tornarono a galla.
Suo padre. Papillon. Ladybug. Bridgette. In un turbine senza senso, le immagini dei loro visi si sovrapposero.
Scosse forte il capo per scacciare quei pensieri prima che lo schiacciassero: non voleva ancora affrontarlo.
«Non intendo star a sentire oltre. Buonanotte».
«Per favore...», lo pregò ancora, ma lui aveva già chiuso la chiamata.
Felix si rigirò il cellulare fra le mani, subito prima di poggiarlo sulla scrivania. Con passi precisi e calcolati, prese nuovamente posto sul letto. Passò una mano sul viso, raschiando leggermente i polpastrelli sulle guance, la mascella e poi il collo.
Plagg non disse nulla, forse troppo intontito dal brusco risveglio per essere in vena di commenti sarcastici, o forse eccessivamente provato dagli ultimi avvenimenti.
La verità? Bridgette non avrebbe potuto svegliare nessuno, oltre lui, con le sue chiamate notturne.
Il motivo? Non c'era più nessuno ad abitare lì, con lui, nella solitudine della grande e lussuosa Villa Agreste.
Suo padre, ormai, era stato inghiottito dalle fiamme di un incendio spontaneo già da qualche tempo.
Perlomeno, aveva riflettuto il ragazzo, Parigi lo avrebbe ricordato come il noto stilista vittima di una tragedia, non come il criminale qual era diventato. Il suo segreto, infatti, era morto con lui.
Nathalie, probabilmente imbarcata su qualche aereo diretto verso mete sconosciute, era impegnata in una fuga imperdonabile da se stessa.
Mercury, Allegra e Claude, oltre che guardarlo con occhi pieni di pietà, cercavano di tenerlo aggiornato sull'attività criminale della cittadina, sostituendolo nei turni di guardia. Non aveva voglia di parlare con loro, pur essendo venuto a conoscenza delle relative identità, e, ogni volta che la conversazione superava i due periodi, la sua tacita richiesta veniva rispettata.
Un elenco neanche troppo lungo di nomi, niente di più, niente di meno. A concludere la lista, Bridgette. Bridgette che era sempre, solo Bridgette.

Mettendo da parte il fatto che in realtà fosse anche Ladybug.

Non si erano più visti, né tantomeno sentiti, dopo aver scoperto le rispettive identità.
Lui, follemente dedito ai suoi studi, metteva tutt'ora anima e corpo in verifiche che richiedevano, in realtà, metà del tempo occupato. Aveva smesso di preoccuparsi del mondo, Felix, di se stesso, degli altri, ma non di lei.

Lei che aveva mostrato il suo lato più egoista, chiudendosi in casa e mentendo un'influenza inesistente, rifiutandosi di affrontarlo e confortarlo. Lei che telefonava nel pieno della notte, singhiozzando disperata per un incubo, pregandolo di non mettere giù. Lei tra le notifiche dei messaggi in segreteria e delle chiamate perse, cancellate senza riguardo. Lei che lo cercava mille e più volte, seppur a distanza, incapace di raggiungerlo.
E ancora lui, idiota, che non aveva accettato quanto in realtà lei stesse tentando di stargli accanto, pur non potendo presentarsi di persona lì, in quella casa che non aveva mai realmente sentito sua.
Non era da Felix un comportamento simile; non era da Felix capire, ma far finta di nulla; non era da Felix ignorare la sua Lady. Non era Felix e basta.
Nulla di tutto ciò che aveva portato avanti, trascinandosi da un luogo all'altro durante l'ultima settimana, stava in cielo o in terra. Si era lasciato andare, permettendo alla sua vita di scivolargli tra le mani. Aveva negato l'affetto di Bridgette, per paura che anche lei potesse svanire.

C'era voluto poco perché riuscisse a prendere quella decisione, eppure le conseguenze del suo gesto sembravano durare fin troppo.
Senza preavviso, tornò in posizione eretta, non curandosi minimamente dei capelli scompigliati o dei vestiti sgualciti che portava indosso. Al diavolo l'educazione, l'ora, il compito di lingue e, soprattutto, al diavolo la sua mente contorta da quattro soldi.
Chiamò a gran voce il kwami, subito entrato in simbiosi con il Miraculous d'appartenenza, e si precipitò al di fuori della propria abitazione.








 
Volevo un gatto nero, nero, nero
Mi hai dato un gatto bianco
Ed io non ci sto più
Volevo un gatto nero, nero, nero
E siccome sei un bugiardo
con te non gioco più













   
 
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