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Autore: Dslock01    22/06/2021    1 recensioni
Maya ha appena dodici anni quando, dopo aver perso il padre in un incidente d’auto, viene inviata dalla madre in un misterioso luogo che i suoi abitanti chiamano Santuario.
È lì che Maya scopre che sua madre, prima della sua nascita, è stata una grande Maestra delle Arti Mistiche, persone dalle capacità straordinarie che proteggono l’universo dalle minacce provenienti dalle altre dimensioni.
Comincia così un lungo addestramento che, dieci anni dopo, la porterà a divenire una potente Maestra.
Tuttavia, dopo la misteriosa scomparsa degli Avengers e, di conseguenza, del suo maestro, Maya si ritroverà da sola a gestire una nuova minaccia proveniente dall’universo: Vither.
Vither, braccio destro di Thanos, è sopravvissuta alla distruzione della forma fisica delle Gemme dell’Infinito e ora si sta dirigendo verso la Terra per recuperare le reincarnazioni viventi delle Gemme, dei bambini di appena sei anni.
Riuscirà Maya, insieme ai compagni che è riuscita a reclutare, a fermare Vither?
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Agente Maria Hill, Altri, Doctor Stephen Strange, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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18 ottobre 2045, 3.00 A.M.,
177A Bleecker Street,
New York City.


«Maya!», la chiamò una voce nell’oscurità. «Maya, svegliati!»

La giovane, immersa nelle colti fino al collo, mugugnò infastidita.

“Chi è che disturba a quest’ora?” si lamentò mentalmente. “È notte fonda e sono ancora esausta!”

Infatti, dopo aver salvato le bambine, Maya si era occupata di rianimare Drasta, mentre Athena e Deborah si erano catapultate su Astrid, stringendola forte fra le braccia.

Astrid si era stretta alle sue due mamme, scoppiando in un pianto liberatorio.

Grazie al cielo, Deborah era riuscita a contenere Raptor, altrimenti la situazione sarebbe davvero precipitata.

Maya aveva dovuto infondere metà della sua energia vitale nel corpo della bambina prima che riaprisse gli occhi e rigettasse tutta l’acqua che le era penetrata nei polmoni.

La ragazza aveva passato con lentezza la mano sulla schiena di Drasta nel tentativo di rassicurarla ed era rimasta con lei finché non si era tranquillizzata, poi l’aveva affidata a Joy.

Poi, con la testa che le vorticava a causa dello sforzo, aveva sgridato duramente Velia, confinandola nella sua stanza finché lei e gli altri non avessero elaborato una punizione abbastanza severa da farle comprendere il madornale errore compiuto.

Quando la reincarnazione della Gemma dello Spazio aveva lasciato la camera, Cooper si era affiancato a Maya e le aveva cinto un fianco con il braccio, sorreggendola.

La Maestra l’aveva ringraziata con un caldo sorriso, prima di congedarsi per raggiungere la sua camera e riposare un po’.

Una volta che si era adagiata sul letto, era subito sprofondata in un sonno privo di sogni.

«Maya!», la chiamò di nuovo la voce. «Joy mi ha ordinato di svegliarti. Wong e Valk sono riusciti a localizzare Nidavellir, la stella di cui Captain America vi ha parlato.»

«Joy non può aspettare le sette di domattina?», replicò, esausta.

Malgrado la stanchezza, si mise a sedere sul letto, scoprendo le braccia e il petto, avvolti soltanto da una leggera t-shirt.

Nella penombra della sua camera, Maya riconobbe la bassa statura e la figura esile di Harley.

«Lo Stregone Supremo dice che è urgente», le riferì la ragazza, solerte. «Si scusa di averti disturbata, ma la tua presenza è necessaria per prendere una decisione.»

La giovane Maestra assentì e si alzò, strofinandosi gli occhi cespugliosi con le nocche.

«Andiamo allora», acconsentì, calzando le pantofole grigie ai piedi del letto.

La Cappa della Levitazione non esitò a raggiungere la sua Maestra e posarsi sulle sue spalle, riscaldandola.

Maya ringraziò il suo mantello con una leggera pacca e seguì Harley lungo il freddo corridoio illuminato da eleganti lampade, intervallate da bassi tavolini a tre gambe su cui erano sistemati alcuni oggetti magici.

Durante i suoi dieci anni di addestramento, Maya li aveva studiati tutti, prendendo nota delle loro facoltà magiche e del loro utilizzo.

Quando giunsero di fronte allo studio dello Stregone Supremo, Harley si fermò e le fece cenno di entrare.

L’altra annuì e si accostò alla porta.

Bussò brevemente ed entrò senza attendere risposta.

Valk e Wong erano accomodati di fronte alla faraonica scrivania di Joy.

Maya notò all’istante che, sul piano di legno finemente lavorato, era stata distesa la mappa stellare su cui erano state localizzate, in precedenza, le cinque Gemme dell’Infinito.

«Harley mi ha riferito che mi cercavi con urgenza», si rivolse all’amico, prima di raggiunse l’unica poltroncina vuota e accomodarsi. «Posso sapere il motivo di tanta fretta?»

Soffocò a stento uno sbadiglio mentre Joy deponeva la tazzina sul suo piattino dopo aver sorseggiato il suo tè.

«Illustrale ciò che hai spiegato a me poco fa», domandò a Valk, indicandogli Maya.

L’alieno annuì lentamente e, con l’aiuto di Wong, le riferì ciò che avevano scoperto.

«Nidavellir è una piccola stella non molto lontano da qui e Wong è riuscito a localizzare l’aura del nano che stiamo cercando, Eitri.»

Valk indicò uno dei globi che levitava al di sopra della mappa e Maya l’osservò con attenzione: si trattava di una struttura circolare, formata da diversi strati concentrici di metallo scuro.

Al suo centro, brillava il nucleo della stella, una fonte di luce bianca dai riflessi azzurri e viola.

«Comprendo che mettermi al corrente di quanto avete scoperto sia molto importante, ma non capisco perché mi abbiate tirato giù dal letto alle tre del mattino», domandò, ancora infastidita.

Lo sguardo di Valk si adombrò.

«La questione di Nidavellir era solo il prologo, in realtà», continuò l’alieno. «Il vero motivo per il quale ti abbiamo convocato qui riguarda Tanar, il mio protetto. Ti confesso che, mentre lavoravo con Wong per localizzare le cinque reincarnazioni delle Gemme dell’Infinito, gli ho domandato di tenere d’occhio Tanar per accertarmi che stesse bene. Fino a oggi, il bambino è rimasto sull’astronave di Vither e, a detta di Wong, è in buona salute. A quel punto, non è stato difficile per me e Wong, con l’aiuto di Momoko e Harley, localizzare le auree di tutti coloro che lavorano per Vither.»

S’interruppe e sospirò, rassicurato dall’apprendere che il suo protetto fosse vivo e ben nutrito.

Maya si sistemò meglio sulla poltrona, improvvisamente interessata.

Forse, se fossero stati abbastanza accorti, avrebbero potuto strappare Tanar dalle braccia di Vither.

«Tuttavia, qualcosa di strano e preoccupante si è verificato negli ultimi giorni: una navicella, con a bordo il braccio destro di Vither, si è staccato dalla nave madre e si sta dirigendo rapidamente verso la Terra.»

La giovane Maestra strabuzzò gli occhi, sconvolta da quella notizia.

Vither era davvero in grado di localizzare le Gemme dell’Infinito?

E, se ne era davvero in grado, perché non aveva recuperato subito le reincarnazioni delle Gemme?

Perché attendere otto mesi?

«Questo braccio destro è davvero solo?», domandò, meditabonda. «Non è accompagnato da Vither o da qualcun altro?»

«No, è sola», rispose prontamente Wong.

Maya si portò una mano al mento, pensierosa: se si trattava davvero di un intimo sgherro di Vither, perché inviarla sulla Terra, nella tana del lupo?

«Vi siete almeno fatti un’idea della ragione per il quale questo individuo sia diretto sulla Terra?», s’informò infine.

Valk annuì, greve.

«Io e Wong abbiamo elaborato una nostra teoria: dal momento che siamo in possesso delle cinque reincarnazioni delle Gemme dell’Infinito, credo abbia deciso d’inviare sul nostro pianeta una sorta di spia, in modo da avere un punto più preciso della situazione.»

Maya assentì a sua volta, preoccupata.

Quell’informazione cambiava del tutto le carte in tavola: Vither aveva iniziato a muoversi e ben prima dei dodici mesi pronosticati da Valk durante il loro primo incontro.

Era vitale dirigersi subito su Nidavellir e chiedere consiglio a Eitri, in modo da sconfiggere Vither una volta per tutte.

«Va bene», proferì infine, decisa. «Direi che è il caso di dividerci. Un piccolo gruppo di noi, tre o quattro componenti al massimo, si dirigerà verso Nidavellir per parlare con Eitri. Coloro che resteranno sulla Terra avranno il compito di trovare questa fantomatica spia di Vither ed estorcerle il maggior numero d informazioni possibili. Joy, se non ti dispiace, affiderai a te il compito di localizzare il braccio destro di Vither: possiedi delle doti diplomatiche decisamente migliori delle mie e sono certo che ricorrerai alla violenza solo se costretto.»

S’interruppe e volse lo sguardo allo Stregone Supremo.

Joy non esitò ad assentire, concorde.

La ragazza lo ringraziò con un sorriso e si alzò, pronta a congedarsi.

«Wong, Valk», continuò. «Vi ringrazio molto per l’informazione, avete fatto un ottimo lavoro.»

Valk arrossì imbarazzato mentre Wong si limitò a un rapido cenno del capo.

«Ora, Valk, mi piacerebbe che tu venissi con me su Nidavellir. Di certo avrai un’idea di come muoverti su quella stella, dal momento che siete stati voi a localizzarlo.»

«Conta pure su di me, Maya», rispose subito il ragazzo, un’espressione determinata ritratta sul volto. «Quando partiamo?»

«Subito, il tempo di svegliare gli altri due componenti della nostra spedizione.»



* * *


18 ottobre 2045, 3.45 A.M.,
177A Bleecker Street,
New York City.


Maya si accostò alla pesante porta che divideva la camera dal corridoio e bussò con delicatezza.

Attese qualche istante.

Silenzio.

Spazientita, bussò di nuovo, più forte.

«Athena, sono Maya! So che è presto, ma devo parlarti. È urgente», esclamò, sperando di non svegliare anche Deborah, Momoko e Cooper, che riposavano nelle camere attigue.

Non udì alcuna risposta.

Sollevò gli occhi al soffitto, seccata, domandandosi dove potesse essere finita la figlia di Thor, specialmente a un orario insolito come le tre del mattino.

Fu allora che una porta si aprì alle sue spalle.

“Brava Maya” rifletté la ragazza, dandosi della stupida. “Sei riuscita a svegliare qualcuno. Spera soltanto non sia Momoko, altrimenti preparati a ricevere una sfuriata. Sai quanto tiene al suo sonno!”

«Maya», sussurrò una voce mascolina.

La giovane Maestra sospirò di sollievo e si voltò, incontrando lo slanciato profilo di Cooper.

Subito, le sue gote si colorarono di rosso per l’imbarazzo e la ragazza indietreggiò, colta alla sprovvista.

L’uomo non indossava altro che un paio di boxer!

“Su, non essere stupida!” si rimproverò. “Hai ventidue anni e ti imbarazzi davanti a un uomo in mutande?”

«Cooper», rispose, sforzandosi di dare un contegno alla sua voce. «Mi dispiace averti svegliato così. Avrei bussato anche alla tua porta, certo, ma...»

Hawkeye aggrottò le sopracciglia, confuso.

«Per quale motivo avresti bussato alla mia porta?», domandò, facendosi più vicino.

Maya deglutì a vuoto un paio di volte, la bocca improvvisamente arida.

Malgrado la mente le gridasse di spiegare in fretta la situazione a Cooper e recuperare Athena per raggiungere Nidavellir, la giovane non riusciva a emettere un fiato.

«A cosa devo tutto questo imbarazzo?», domandò l’uomo, fermandosi a un passo da lei. «Credevo avessimo superato la fase del “appena conosciuti”.»

«Infatti è così, ma vederti in queste condizioni è imbarazzante!», rispose lei, abbassando gli occhi sul pavimento. «Sai, Joy e Wong non sono abituati ad andare in giro senza vestiti!»

Cooper rise di fronte all’imbarazzo dimostrato da Maya.

Era ovvio che la situazione le sembrasse strana: sua madre Paige l’aveva affidata a Strange alla tenera età di dodici anni e la ragazza era rimasta al Santuario per ben dieci anni, dedicandosi allo studio e all’apprendimento della magia.

Evidentemente, Maya aveva conosciuto soltanto la compagnia di Stephen, Magda, Joy e Wong e nessuno di loro sembrava tipo da girare per il Santuario in mutande.

Forse era meglio tornare nella sua camera e infilarsi una t-shirt e un paio di pantaloni, prima che la ragazza stramazzasse al suolo per la vergogna.

La giovane allungò una mano tremante verso la sua e la strinse con delicatezza.

«Mi dispiace per la mia reazione», si scusò, sollevando gli occhi su di lui.

Maya era ancora rossa in volto, ma gli stava sorridendo con dolcezza.

Gli scuri capelli in disordine, le gote arrossate e l’ampia t-shirt le donavano un aspetto innocente e ingenuo che trovava adorabile.

Sollevò gli occhi al cielo e sorrise fra sé e sé.

Certo che si era preso davvero una bella cotta per quella ragazza.

D’istinto, pose le mani sui suoi fianchi e la strinse a sé.

Maya avvertì il cuore accelerare i suoi battiti, ma non si oppose a quel contatto: Cooper le piaceva e, in fondo, cosa le impediva di godersi quell’istante?

Dal momento in cui l’aveva baciata, a New Asgard, aveva riflettuto a lungo sui sentimenti che provava per quell’uomo.

Infine, si era ritrovata ad ammettere che le sarebbe piaciuto molto approfondire la loro conoscenza.

«Cooper», sussurrò. «Ricordi quel che ti dissi a New Asgard?»

L’uomo annuì, le sopracciglia aggrottate.

Dove voleva arrivare?

«Volevo confessarti che, una volta conclusa la storia di Vither, mi piacerebbe molto uscire con te, conoscerti meglio… Insomma, fare ciò che le persone “normali” fanno. Tu che ne pensi?», gli confessò, il volto in fiamme e la voce tremante.

Cooper strabuzzò gli occhi cerulei, allibito.

La ragazza gli aveva appena confessato di voler uscire con lui?

Avvertì il cuore perdere un battito mentre la felicità si faceva largo nel suo petto.

La donna di cui si era innamorato aveva apertamente affermato di volerlo frequentare!

Al culmine della gioia, si piegò su di lei e premette le labbra sulle sue.

Maya chiuse gli occhi e aprì leggermente le labbra, lasciando che le loro lingue si intrecciassero in una tenera danza.

Il solito brivido di piacere si espanse lungo la sua spina dorsale e la giovane si beò di quel contatto.

Le mani dell’uomo scesero ad accarezzarle la schiena, prima di fermarsi sui fianchi.

La bocca di Cooper era così dolce, le sue mani così calde… era forse quello l’amore?

Portò le braccia al collo dell’uomo e lo strinse a sé, nel tentativo di eliminare i quasi quindici centimetri che li separavano.

Cooper l’assecondò, piegandosi un po’ in avanti.

Quando si separarono, a corto d’aria, lui la tenne stretta a sé.

«Ehi», lo richiamò lei, ridendo. «Non vado da nessuna parte.»

Hawkeye rise a sua volta, quando s’udirono dei leggeri passi provenire dalla vicina camera, quella appartenente a Deborah.

Maya non ebbe il tempo di liberarsi dalla stretta di Cooper che la porta si aprì e Athena s’inoltrò nel corridoio.

Avvolta in una vestaglia rosa un po’ troppo stretta, i lunghi capelli biondi in disordine e il volto privo di trucco, la donna sembrava molto più giovane e umana agli occhi della Maestra, abituata a vederla impeccabile nella sua aderente divisa della S.H.I.E.L.D.

Deborah, invece, era ferma sulla soglia della stanza con addosso un’ampia camicia da notte bianca che faceva piacevolmente contrasto con la sua pelle color ebano.

Quando Athena incrociò gli sguardi atterriti di Maya e Cooper, non poté fare a meno di ghignare, maliziosa.

«Bene, bene, bene», mormorò, scandendo le parole. «Cooper Barton e Maya McInnos, chi l’avrebbe mai detto?»

«Potrei dire la stessa cosa su di te, Mantide», rispose Cooper, nello stesso tono. «Tu e Deborah siete una coppia piuttosto affiatata, da quanto ho potuto udire questa notte.»

La figlia di Thor ridacchiò, mentre Deborah, ferma sulla soglia, abbassò gli occhi al pavimento, fortemente a disagio.

Athena raggiunse la sua compagna e l’avvicinò a sé, cingendola per un fianco.

La giovane Maestra s’intenerì di fronte a quella scena: la dottoressa meritava davvero un po’ di felicità, soprattutto dopo aver affrontare così tante difficoltà.

Lei, Athena e la dolce Astrid avevano composto una piccola famiglia che, probabilmente, una volta sconfitta Vither, sarebbe sopravvissuta.

«Nonostante mi faccia molto piacere sapere che Cooper si sia svegliato dal suo stato di coma emotivo, posso domandarti cosa ci fai qui a quest’ora, Maya?», domandò Mantide, riportando la giovane alla realtà.

Si separò da Cooper e assunse un’espressione seria.

«Credo sia giunto il momento di mettervi al corrente della nostra nuova missione.»



* * *


18 ottobre 2045,
177A Bleecker Street,
New York City.


La Cappa della Levitazione si strinse intorno alle spalle di Maya e quest’ultima sorrise.

Diede uno sguardo allo specchio, osservando il proprio riflesso: indossava una casacca a maniche lunghe e un paio di pantaloni nei toni dell’azzurro, pesanti stivali al ginocchio tenuti fermi da bende nere, una tunica a giromanica argentata aperta sul davanti e tenuta stretta in vita da una cintura intrecciata.

Studiò il suo volto nello specchio, controllando che lunghezza dei suoi ondulati capelli scuri sfiorasse appena le spalle.

Sfiorò con delicatezza le ciocche bianche presenti tra i suoi capelli e sorrise nostalgica al ricordo di Doctor Strange, il suo maestro.

D’istinto si domandò se, ovunque fosse disperso, il suo maestro fosse in grado di vederla e cosa ne pensasse delle sue decisioni.

Stava davvero prendendo le giuste scelte, insieme a Joy e al resto degli eroi che aveva reclutato?

Il suo sguardo cadde sull’orologio appeso alla parete: le cinque del mattino.

Era giunta l’ora di partire per Nidavellir.

Si diresse verso la porta e l’aprì, lasciandosi alle spalle la sua camera.

Raggiunse in tutta fretta la biblioteca, divenuta oramai il loro punto di ritrovo.

Quando vi entrò, notò che Cooper e Athena indossavano le uniformi della S.H.I.E.L.D., composta da casacca senza maniche e pantaloni a stampa militare per il primo e un’aderente tuta nera per la seconda.

Valk aveva optato invece per la tuta da combattimento nera con la quale era giunto sulla Terra.

«Siamo pronti a partire, allora», convenne.

I tre annuirono decisi e Maya recuperò il suo Sling Ring, agganciato alla cintura intrecciata.

Si concentrò dunque sulle immagini carpite dalla memoria di Wong, l’unico ad aver visto la superficie della stella grazie alla sua Proiezione Astrale.

Portò in avanti una mano per disegnare il portale, quando la porta si aprì alle loro spalle.

Deborah apparve sulla soglia, portando fra le braccia Eddie, il suo gatto nero.

«Vengo anch’io», pronunciò, avvicinandosi ad Athena e Cooper. «È giunto il momento che faccia la mia parte!»

I quattro le riservarono occhiate confuse.

«Deborah», la chiamò Athena, dolcemente. «Piacerebbe anche a me che ci affiancassi in questa missione, ma è essenziale che tu resti qui al Santuario: Astrid non si è ancora ripresa da quanto accaduto ieri e, soprattutto, Joy ha bisogno del tuo aiuto per trovare la spia di Vither e interrogarla. In caso la situazione degenerasse, Raptor sarebbe molto utile.»

La scienziata scosse il capo con forza e lasciò Eddie libero di raggiungere la vicina poltrona.

«Astrid sarà consolata da Momoko, Victor e gli tutti altri. È una bambina forte e saprà resistere un giorno senza di me. Inoltre, Joy è lo Stregone Supremo e sono certa che ha la situazione sotto controllo», replicò, gli occhi scuri fissi in quelli della compagna.

«Partirei più tranquilla sapendoti al sicuro», tentò nuovamente Mantide, avvicinandosi a lei.

Si piegò leggermente sulle ginocchia per raggiungere l’altezza della sua compagna e le baciò la fronte.

L’erpetologa fece per replicare, quando l’agente della S.H.I.E.L.D. la strinse a sé, afferrandole per i fianchi.

«Ti prego, ascoltami», la zittì. «So che saresti molto utile su Nidavellir, ma, per favore, resta qui al Santuario. Fallo per me. Dall’istante in cui siamo tornate dalla Finlandia con Astrid, quando mi hai confessato i tuoi sentimenti, è cresciuto dentro di me il bisogno di proteggere con tutte le mie forze te e la bambina. Per questa volta, non correre inutili rischi e preparati invece per la lotta che si profila all’orizzonte contro Vither.»

«Ma...», tentò di replicare la scienziata, quando Athena posò le labbra sulle sue.

Maya e Cooper distolsero lo sguardo, imbarazzati, mentre Valk osservò le due con crescente interesse.

Sul suo pianeta era vietato scambiarsi qualsiasi tipo di dimostrazione di affetto poiché gli anziani Saggi del Consiglio sostenevano che le effusioni fisiche inibivano la ragione.

L’unione dei corpi era consentita solamente per procreare figli e permettere alla loro popolazione di sopravvivere.

Poco dopo, quando le due donne si separarono, Deborah aprì le palpebre e annuì lentamente.

«Va bene», s’arrese infine. «Solo per questa volta, però. Promettimi che starai molto attenta. Io e Astid non ti perdoneremo mai se dovesse accaderti qualcosa!»

La figlia di Thor la baciò nuovamente, grata.

«Starò attenta, non temere», la tranquillizzò, prima di rivolgersi nuovamente a Maya. «Ora possiamo partire.»

La giovane Maestra assentì e rivolse all’erpetologa uno sguardo incoraggiante.

Maya si concentrò di nuovo sulla visione di Nidavellir e prese a disegnare il portale che li avrebbe condotti da Eitri.

Ben presto, un guizzante turbine d’energia aranciata comparve nella vicina parete e i quattro la attraversarono senza alcun timore.

Athena fu l’ultima e, prima di sparire del tutto, soffiò a Deborah un ultimo bacio.

Sarebbe tornata sana e salva, costasse quel che costasse.



Angolo dell'autore:
Salve e benvenuti a questo nuovo aggiornamento!
Come promesso, i nostri hanno rincontrato una vecchia conoscenza che spero vi abbia fatto piacere rivedere: l'unico e inevitabile Captain America!
Nel prossimo aggiornamento, venerdì sera, rivedremo anche un personaggio che senza dubbio uno dei miei preferiti: Eitri, l'armaiolo degli dei.
A presto!

   
 
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