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Autore: Signorina Granger    22/06/2021    3 recensioni
Adela Quested/Charlotte Selwyn
[Dal testo]
C’erano molte cose che Adela avrebbe voluto chiederle, ma restò in silenzio aspettando – e sperando – che fosse lei a parlare. Voleva chiederle di Hogwarts, di Sean, di William Cavendish, del suo lavoro, dei suoi genitori… tutto ciò che per mesi non si erano potute raccontare, ma si disse che c’era tempo. Avevano tutto il tempo del mondo, perché la sua amica non se ne sarebbe andata come Sean.
“Non credevo che si potesse soffrire così tanto, Adela.”
“Noi siamo qui per questo. Saremo sempre qui per te, Charlie.”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Dedicata a Bea, che mi fa sempre venire la malinconia


I’ll be there for you
 
 
Kovalam, India, 1944
 
 

Per Adela Victoria Grayfall, nata Quested, bere una tazza di tè era sempre stato molto di una semplice parentesi giornaliera. Per Adela bere una tazza di tè fumante equivaleva a rilassarsi. Riflettere. Distendere i nervi. Da molti anni a quella parte, spesso bere una tazza di tè equivaleva anche a guardare negli occhi e chiacchiere con la sua migliore amica, colei a cui aveva sempre confidato ogni cosa.
Ma non durante i mesi appena trascorsi. Per settimane che le erano parse eterne Adela Grayfall aveva sorseggiato tazze di tè da sola, o comunque senza la preziosa compagnia della sua migliore amica.
La strega stava in piedi davanti ad una finestra, una tazza con motivi floreali rosa appartenente ad un servizio che tanto piaceva alle sue figlie – e dalle quali era costretta a tenerlo lontano per salvaguardare l’integrità delle porcellane – stretta tra le dita. India, Richard e Dalia giocavano sulla sottile sabbia dorata a pochi metri dall’Oceano, protetti dall’ombra che stava progressivamente inghiottendo la costa dal momento in cui il sole aveva iniziato a tramontare. Ma non erano i tre figli che la strega stava guardando, bensì una quarta figura seduta vicino a loro e che le deva le spalle, rivolta verso l’Oceano.
 
“Dovresti parlarle. Vi dite qualsiasi cosa da quando avete messo piede ad Hogwarts per la prima volta.”
“Non è così facile con lei. Charlotte non dice le cose di sua spontanea volontà, devi essere tu ad estorcergliele, lo sai anche tu.”
Le folte sopracciglia brune di Adela si incurvarono, conferendole un’espressione accigliata mentre la strega volgeva lo sguardo sull’uomo alto che era appena entrato nella stanza. I capelli scuri leggermente spettinati a causa delle manine della bimba che teneva in braccio, Hector accennò un debole sorriso e annuì mentre teneva gentilmente a bada le mani della figlia:
“Chi meglio di te per tirare fuori tutto quello che ha dentro? So quanto ti è mancata.”
Adela guardò la piccola Queen agitare le braccine ed emettere gemiti indignati per l’impossibilità di giocare coi capelli del padre, che però sembrò non farci troppo caso – al quarto figlio Hector aveva iniziato a farsi scivolare addosso praticamente qualsiasi cosa – mentre accennava un placido sorriso in direzione della moglie. Dopo una breve esitazione, in cui Adela tornò a guardare la figura di Charlotte cercando di scacciare una fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco, la strega annuì e parlò in un mormorio:
“Un giorno io e Charlie capiremo come riesci a dire sempre la cosa giusta al momento giusto, Thor.”
“Siete state le mie migliori amiche per anni. Lo siete ancora. Ho dovuto imparare. Pensi che Charlie stia bene?”
“Credo che sia così.”
“Dovresti chiederglielo.”
 
Hector allungò una mano verso la moglie, che gli porse la tazza ancora calda e mezza piena. Dopodiché Adela uscì dalla porta-finestra sul retro della casa dove passavano l’estate ogni anno e sollevò appena la gonna leggera del vestito per camminare a piedi nudi sulla sabbia.
Per una volta, il tè poteva aspettare.
 
 
“Zia Charlie, ti ho portato questa. Ti piace?”
Per Charlotte fu straordinariamente difficile distogliere lo sguardo limpido e assorto dalle onde che si infrangevano dolcemente sulla riva sabbiosa, a pochi metri di distanza da lei e dai tre bambini che la circondavano.
Fu straordinariamente difficile guardare India Grayfall in quegli occhi chiari, accogliere il suo sorriso entusiasta e realizzare che i figli di Adela e di Hector sarebbero stati gli unici bambini che l’avrebbero mai chiamata “zia”. Ciononostante la strega sorrise, annuendo mentre allungava gentilente una mano verso la bambina e la conchiglia che ella le porgeva:
“Bellissima, tesorino. Dovresti prenderne una anche per mamma e papà, non pensi?”
“Gliene regalo sempre, ormai hanno una collezione.”
La bambina parlò sollevando la testa con orgoglio, e Charlotte le sorrise teneramente mentre Richard e Dalia, seduti a poca distanza, si davano da fare per costruire un castello di sabbia.
Fu il più grande a vedere per primo la madre, e fu la voce di Richard che chiamò Adela e costrinse Charlotte a voltarsi verso l’amica per guardarla avvicinarsi a sua volta. Lo sguardo dell’Auror indugiò sul ventre visibilmente arrotondato dell’amica, portandola ad abbozzare il sorrisetto che l’ex compagna di scuola era ormai avvezza a scorgerle sul volto:
“Quando vi siete sposati hai scordato di dirmi che intendevate alzare il tasso demografico della Gran Bretagna, Adela.”
“Visti gli anni appena trascorsi direi che qualche bambino in più non nuocerà al Paese. Richard, tra mezz’ora si cena, porta dentro le tue sorelle.”
Il bambino tentò di obbiettare, ma dovette infine arrendersi di fronte al tono perentorio della madre: il maggiore si vide costretto a prendere Dalia e India per mano e a portarle lamentandosi sommessamente verso la manciata di gradini di legno che portavano all’entrata sul retro della villa.
La madre seguì i figli con lo sguardo finchè non li vede sparire insieme ad Hector – che li accolse con un sorriso e raccogliendo le conchiglie che riceveva quotidianamente come souvenir – dietro la porta, tornando così a rivolgersi all’amica dopo essersi seduta con cautela accanto a lei. Non si erano viste per più di sei mesi e riabbracciarla era stato strano. Non poterle stare accanto dopo la morte di Sean, invece, era stato doloroso.
Adela non aveva mai faticato a trovare le parole per esprimere ciò che provava. Non con Charlotte. Eppure, manifestarle cosa provasse non le era mai risultato così difficile.
“Mi sei mancata. Sei mancata a tutti.”
L’ex Corvonero deglutì a fatica, guardando l’amica ricambiare il suo sguardo e annuire prima di sorridere stancamente:
“Anche voi mi siete mancati, ma credo… credo di averne avuto bisogno. Di un po’ di tempo.”
L’Auror tornò a guardare l’Oceano e Adela annuì, lasciando passare qualche secondo prima di parlare nuovamente e lanciare all’amica un’occhiata carica d’apprensione.
 
“Stai bene?”
“Sto meglio. Starò bene, credo. Grazie per l’ospitalità, a proposito.”
“Puoi restare per tutta l’estate, per quanto ci riguarda. Sei parte della famiglia, lo sai. E tu hai contribuito affinché tutto questo si realizzasse, l’hai dimenticato?”
La mano di Adela accennò alla casa alle loro spalle e alle persone che l’abitavano, strappando all’Auror una debole risata: Charlotte annuì, sollevò le braccia per distendere i muscoli indolenziti e un piccolo sorriso le incurvò le labbra carnose.
“Mi chiedi se ho dimenticato Ronny Heslop? Merlino, il suo ricordò vivrà nella mia anima in eterno.”
“Oh, anche nella mia. Chissà dove sarei ora, se mi fossi sposata con lui.”
“Annegheresti nella più crudele infelicità.”
Per la prima volta da quando si erano riabbracciate, il giorno prima, le due streghe risero insieme. Era strano, dopo tutti quei mesi di separazione, ma era anche piacevole. Familiare.
C’erano molte cose che Adela avrebbe voluto chiederle, ma restò in silenzio aspettando – e sperando – che fosse lei a parlare. Voleva chiederle di Hogwarts, di Sean, di William Cavendish, del suo lavoro, dei suoi genitori… tutto ciò che per mesi non si erano potute raccontare, ma si disse che c’era tempo. Avevano tutto il tempo del mondo, perché la sua amica non se ne sarebbe andata come Sean.
“Non credevo che si potesse soffrire così tanto, Adela.”
“Noi siamo qui per questo. Saremo sempre qui per te, Charlie.”
La mano di Adela indugiò sulla spalla dell’amica, che annuì prima di stringerla con la propria. Le due si guardarono e alla fine, finalmente, l’Auror parlò di nuovo:
“… Posso chiederti una cosa?”
“Qualsiasi cosa.”
“Potreste… potreste chiamarmi CeCe, d’ora in poi?”
“CeCe Selwyn. Suona bene. Mi piace.”
“Anche a me.”
Adela credeva di sapere perché la sua migliore amica desiderasse essere chiamata in un altro modo, ma non espresse i suoi pensieri ad alta voce e si limitò a ricambiare il sorriso di Charlotte, conscia che l’Auror sapesse che cosa stesse pensando.

 
“Adela, ti giuro sulla sottana di Priscilla Corvonero che se solo ti sogni di sposare quella sanguisuga con la voce lagnosa di Heslop io ti radierò dalla mia lista di conoscenze. Non ti saluterò nemmeno quando ti incrocerò per strada, e saboterò il vostro matrimonio. Sei avvisata.”
Adela sospirò, alzando gli occhi al cielo mentre Charlotte, sedutale di fronte nel lungo tavolo dei Corvonero in Sala Grande, le puntava minacciosa una patata al forno contro.
“Charlotte, Ronny non è affatto terribile, poteva andarmi molto peggio!”
“Vero, potevi sempre sposare Cavendish, ma la sostanza non cambia. Non puoi sposare quel broccolo!”
“Non è un broccolo!”
“Ah no? Puzza anche come un broccolo!” 
“Perché parlate di broccoli?”
A mettere fine all’insolito battibecco fu la placida voce di Hector, che sedette accanto ad Adela prima che Charlotte, indicandola con la forchetta, informasse l’amico del fidanzamento della ragazza.
“Thor, diglielo che non può sposare quel broccolo!”
“Charlotte, smettila o scrivo a tua madre, sei avvisata!”
Mentre Charlotte si voltava – furiosa e punta sul vivo – verso l’amica spalancando le labbra, Hector abbassò lo sguardo sul suo piatto ancora vuoto, evitando dolorosamente di pronunciarsi sulla questione.

 
 
Charlotte piegò le labbra in un sorriso che Adela imitò, stringendole al contempo la mano pallida.
Non avrebbe mai creduto che soffrire come aveva sofferto nei mesi appena passati fosse possibile, ma alla consapevolezza di aver perso suo fratello si affiancava quella di aver guadagnato, 16 anni prima, una sorella.
 
“Prima che andassi ad Hogwarts avevo paura che facessi qualcosa di stupido, lo sai? Ho cercato di convincere Hector a chiederti di venire da noi per tenerti d’occhio, ma lui ha saggiamente affermato che avessi bisogno dei tuoi spazi più che mai in un momento simile. Conoscendo il tuo bisogno di indipedenza forse aveva ragione lui, dopotutto.”
“Porca Priscilla, ma come fa tuo marito a pensare sempre la cosa giusta per tutti? Che cosa gli hanno dato da mangiare da piccolo? Comunque, non preoccuparti, resterò in circolazione ancora a lungo. E no, non chiedermi di Cavendish, non ancora. Ne riparleremo.”

 
“Ok, mi promettete una cosa? Se vi sposerete, se avrete dei figli o andrete a vivere chissà dove… ci sarete sempre per me?”
Il diploma stretto in mano e la divisa scolastica addosso per l’ultima volta, Charlotte Selwyn spostò apprensiva lo sguardo da Adela ad Hector, entrambi in piedi accanto a lei mentre la ragazza stringeva dolcemente il braccio del fidanzato. Adela annuì, sorridendo all’amica mentre teneva il capo contro la spalla di Hector:
“Ma è ovvio! Siamo i tuoi migliori amici.”
“E se doveste lasciarvi? Ci sareste lo stesso?”

“In un modo o nell’altro ci saremo. Promesso.”

Hector sorrise e parlò allungando la mano verso l’amica, che la prese sfoderando un sorriso radioso.
“Vi voglio bene. So che non lo dico spesso, ma siete fondamentali per me.”
“E tu per noi.”
 
 
Va bene, ne riparleremo… dopotutto abbiamo tempo. Io sarò sempre qui.”
“E io non vado da nessuna parte, non sparirò di nuovo. Promesso.”
 
 
 
 
   
 
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