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Autore: Ivy001    22/06/2021    1 recensioni
Quando la felicità di una famiglia viene distrutta da un evento inaspettato e inspiegabile...qualcuno scompare, la Banda si riunisce
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Nairobi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mamma, mi racconti la fiaba della buonanotte?”

“Certo, mi amor! Quale preferisci?” – la gitana siede sul letto di sua figlia minore e si accinge a narrare una delle tante storie che ha imparato a memoria nel corso degli anni e che vedono come protagonista una bellissima zingarella di cinque anni alle prese con il suo sogno di diventare cantante.

Rimboccate le coperte alla bambina, la donna inizia – “C’era una volta una bellissima gitana di nome Ginevra…”

Neanche due secondi ed ecco entrare nella stanza un maschietto con gli occhiali da vista e i capelli arruffati. Il piccolo si strofina gli occhi e avanza nella loro direzione.

“Seba, tutto bene tesoro?”

“Si, mammina!” – risponde, sbadigliando subito dopo. Poi si accomoda sulle gambe della madre e si accoccola al suo petto.

“Noto con piacere che hai fatto il bagno, tuo padre ha imparato a convincerti a farlo?” - sorride, felice di appurare che quella mansione faticosa, vista la cocciutaggine dei gemelli, non spetta più unicamente a lei.

“Non è bravo come te” – sussurra all’orecchio dell’adulta che ride di gusto.

“Ehi, voi, che bisbigliate? Vi divertite a prendermi in giro, vero?” – a prendere parola è il capofamiglia, appoggiato alla porta, per udire i discorsi madre-figli.

“Bogotá, sai che amo farlo” – ridacchia la moglie, facendogli l’occhiolino – “E comunque… ben fatto, papino” – aggiunge, riprendendo poi la conversazione con Ginevra.

Osservando Nairobi assieme ai gemelli, che si perdono nei suoi racconti e nella dolcezza delle sue carezze e dei suoi baci, il saldatore si dirige nella camera da letto per riposare, non prima, però, di aver controllato che anche Alba fosse già tra le braccia di Morfeo.

“Tesoro, sei ancora sveglia? Sai che è tardi, domani c’è la scuola e se tua madre si arrabbia se scopre che….” – precisa Bogotá, zittendosi una volta accortosi che la bambina sta sfogliando un raccoglitore fin troppo familiare.

“Dove l’hai trovato?” – gli domanda il padre, inginocchiandosi davanti alla piccola di nove anni, accovacciata sul tappeto.

“E’ della mamma!”- spiega Alba – “Questo è Axel, vero?”

L’uomo annuisce, emozionato, guardando dei ritagli di giornale che riportavano cronache e gossip dei media sulla rapina alla Banca di Spagna.

“Già”

Scrutando con attenzione la foto strappata ad una rivista, la bambina si accorge di un dettaglio di non poco conto.

 “Quest’orsetto è…?” – poi si alza in piedi e afferra il peluche sul suo letto – “…è lo stesso?”

Bogotá conferma, ricordando il momento tragico patito per colpa di un giocattolo, diventato un vero e proprio cavallo di Troia. Un giocattolo utilizzato dalla polizia per colpire il cuore ferito di una mamma che desiderava solo riabbracciare un figlio strappatole via.

“Era di Axel?”

“Adesso è vostro” – risponde l’uomo, deviando la domanda.

“E’ la sola cosa che abbiamo di lui” – si commuove la bambina, legata ad un’idea di un fratello maggiore mai visto e che sognerebbe di incontrare.

Come fece Nairobi dieci anni prima, la giovane zingara stringe a se il peluche e si immerge in un profumo che sa non esistere più, ma che richiama al suo cuore sentimenti di amore incondizionato.

Bogotá le sorride e le accarezza delicatamente la folta chioma scura. Poi la invita a sedersi sulle sue gambe, avvolgendola tra le sue braccia.

E in quell’attimo di tenerezza, gli occhi del saldatore si posano su una foto specifica, che giace tra le altre, sul pavimento, e che inevitabilmente attira la sua attenzione.

Un fotomontaggio, per la precisione.

Lo afferra e esamina, spiazzato, quello che Agata ha costruito e che, a quanto pare, conserva gelosamente in un raccoglitore, ritrovato a distanza di anni.

“Ma…questa è Ginny”  - esclama la bambina, riconoscendo, nell’immagine che suo padre ha tra le mani, l’accostamento di due volti, estremamente somiglianti.

“Non pensavo fossero così simili” – nota Alba – “E’ una bella cosa, vero?”

“Ehm…certo, certo” – risponde Bogotà, seppure piuttosto preoccupato dall’idea bizzarra della moglie.

Sente in cuor suo che Nairobi potrebbe avere una sorta di fissazione psicologica legata alla somiglianza tra fratello e sorella.

Così, con un senso di amarezza che schiaccia il suo sonno, Bogotá, congeda la bambina, e si reca nella sua camera.

I minuti seguenti, che trascorre solo con se stesso, fisso su un pensiero turbolento, gli permettono di analizzare a modo proprio le circostanze.

Sono passate le 23 da pochi minuti quando la Jimenez raggiunge il marito a letto.

“Ginevra stasera non voleva proprio cedere” – dice, liberandosi della camicetta di seta bianca, pronta ad indossare la vestaglia.

Ed è la totale assenza di Bogotá, preso dalle preoccupazioni che gli attanagliano la mente, a insospettirla.

“Cosa hai?” – domanda, studiando il viso di lui che, invece, non lascia trapelare niente di buono.

“Cazzo, Bogotá! Mi stai agitando, si può sapere che succede?”  - non ricevendo risposta, decide di agire nel modo più diretto che conosce, utile quando vuole qualcosa dal consorte.

Sedutasi a cavalcioni sul suo uomo, mostra le sue chiare intenzioni.

“Mi degni della tua attenzione o devo spogliarmi?” – lo provoca, seppure bruscamente anziché con malizia.

Non ottenendo la reazione sperata, la gitana si avvicina al collo di lui, baciandolo voracemente.

Ed è il contatto di quelle labbra calde che Bogotá ama follemente, a farlo destare.

“Aspetta” – la frena, prendendo parola.

“Finalmente ti sei deciso ad aprire bocca! Sapevo che servivano le maniere forti per svegliarti. Insomma…cosa hai? Sei evidentemente preoccupato. Raccontami tutto”

Sistemandosi di fianco al coniuge, Nairobi è pronta all’ascolto.

Però mai avrebbe pensato di udire questo – “Perché continui a pensare ad Axel quando guardi Ginevra?”

“Cosa? Che intendi dire?”

“Ho trovato questa, per puro caso” – da un cassetto del comodino di fianco al letto, tira fuori il fotomontaggio.

Vedere quell’immagine tocca Nairobi nel profondo e la sua espressione rilassata e felice, si incupisce.

“E’ difficile dimenticare il sangue del tuo sangue. Dovresti saperlo bene, sei padre e sapere che sette dei tuoi figli sono chissà dove, e tu sei qui, costretto a non uscire dai confini stabiliti, fa male…e a me non correre ai Caraibi per trovare Axel mi uccide”

Una lacrima cade veloce rigandole una guancia, però la fortissima Jimenez la nasconde immediatamente, intenzionata a non volersi mostrare debole e, così, dopo un respiro profondo, rivela che la somiglianza tra due dei suoi quattro figli è la medicina di cui necessitava da tanto, troppo tempo.

“Sono felice che Ginny assomigli ad Axel, lei è la tua fotocopia. Quindi era più che normale che ci fossero tratti in comune con il fratellastro” – spiega Bogotà.

“Fratello” – lo corregge lei – “Sono fratelli. Questo dispregiativo non mi piace”

“Hai ragione! Però quello che volevo dire è che… non è un bene se Ginevra scopre che tu non la consideri per ciò che è ma solo per il ricordo associato ad Axel” – risponde il saldatore, sfiorandole quella gota che poco prima si è inumidita di lacrime amare.

“Ma non è così! Io amo tutti i miei figli. Ok, è vero..guardo Ginevra e rivedo Axel. È più forte di me. Non posso fare altrimenti. È una lotta contro un sentimento che mi tiene legata al mio primo figlio! Però, ciò non vuole dire nulla!”

“Però Ginny non è Axel, tesoro”
“Lo so…” – l’aria abbattuta con cui pronuncia quel “lo so”, pietrifica Bogotá.

“Purtroppo….vero? è questo che volevi dire?”

Il silenzio di Nairobi dura qualche secondo. Presa dai suoi pensieri non ha ascoltato quanto pronunciato dal marito e commenta con altro - “Parlo spesso di Axel ai bambini, ma non nel modo giusto”

“Quale sarebbe il modo giusto?” – chiede, confuso, il marito.

“Dovranno sentirlo come parte della famiglia, come presenza che presto si unirà a noi”

“Nairo… sai bene che è impossibile”

“Invece sì! Ho chiesto ai Johnson di rintracciarlo. Loro hanno un suo contatto. Così… gli ho scritto”

“Cosa? Davvero? E quando pensavi di dirmelo?” – sobbalza Bogotà, entusiasta.

“Spero sia l’inizio di una conoscenza che lo porterà da me, da noi, una volta per sempre”

Entrambi emozionati, i due trascorrono i minuti seguenti a parlare dell’argomento, fino ad addormentarsi stretti l’uno all’altra, esausti dopo ore di chiacchiere, sognando un futuro roseo e felice, con una famiglia unita e completa, assieme ad Axel.

Ignorano quello che accadrà da lì a due anni.

Quella notte, Ginevra udì la chiacchierata, svegliatasi per bere un sorso d’acqua e trovatasi ad origliare i genitori intenti a discutere sulla fotografia.

E le parole materne della madre riguardanti lei e il fratellastro, le distrugge il cuore.

“Non mi vuole bene, vuole bene solo ad Axel!” – singhiozzando corre in camera e, nascosta sotto le coperte, sfoga in un pianto il suo malessere.

È da quel momento in poi che la situazione prenderà una piega sbagliata… è da quel momento che i problemi cominciano a sorgere…è da quel momento che la felicità di avere un fratello maggiore che vorrebbe incontrare, diventa invece l’incubo che spera di non vivere mai nella vita!

********************************************

“Carol, come mai hai portato quella bambina qui?” – chiede Carmen Jimenez alla maestra Honey, approfittando dell’assenza di Betta.

Le due sono in cucina, intente a preparare la merenda alle due bambine.

“Tranquilla, non hai nulla da temere” – spiega la Jones, versando del succo all’arancia in due bicchieri.

“Invece temo, eccome se temo. Potrebbe raccontare che Ginny si trova in una casa non sua” – si allarma l’anziana zingara.

La preoccupazione della settantenne fa sorridere l’insegnante - “Betta sa che la sua migliore amica è con i nonni, perché i suoi genitori e Sebastìan sono dovuti urgentemente partire. Le ho raccontato che voi badate a lei che non è nel pieno delle forze, e che vi conosco perché siamo vicini di casa. Questo ti basta per rasserenare le tue ansie?”

L’anziana scuotendo il capo di fronte alle assurdità raccontate ad un’ingenua bambina pur di coprire una storia segreta riguardante Ginevra, commenta – “Bisogna essere prudenti, mia cara e  forse noi stiamo superando i limiti dell’accettabile”
“Sei tu che ti agiti inutilmente! Smettila, piuttosto… sistema qualche biscotto sul vassoio. Poi portalo su, in camera! Ti aspetto lì” – così diceno, la miss Jones si allontana.

“Ecco la vostra merenda, bambine” – comunica loro, una volta raggiunte. E’ piacevolmente colpita dal fatto che stessero chiacchierando del nonnulla.  

“Posso rimanere qui con voi?” – domanda l’adulta, volendo controllare che nulla di scomodo venisse tirato in ballo.

“Certo” – risponde Betta, entusiasta, sorseggiando la sua bevanda fresca.

“Sono contenta che tu stia bene. Mi sono preoccupata tanto” - dice poi, e proprio allora fa una proposta inattesa – “Posso venire a farti visita più spesso?”

In quel momento Ginevra e la maestra Honey si scambiano una strana occhiata complice che la figlia dei banchieri interpreta a modo proprio.

“Come non detto, scusami! Qui, in fondo, è casa dei tuoi nonni. Io non posso autoinvitarmi!”

“Ehm… no, no, tranquilla. I nonni sarebbero felicissimi. Solo che non sono ancora in forze, magari più in avanti!” – mente la bambina, riferendosi alla presunta febbre.

Carmen giunta sull’uscio della porta cede il vassoio con i biscotti alla signorina Honey; poi osserva sua nipote e rivede in lei la sua Agata.

“Vi porto altro?” – domanda, intromettendosi.

“No, nonnina grazie”

Sentirsi chiamare Nonnina, stringe il cuore di Carmen che, trattenendo l’emozione, va via e si chiude nella sua stanza.

Si avvicina ad un cassetto, serrato con una chiave custodita come ciondolo della sua collana.

Sbloccata la serratura, tira fuori un diario.

Come la maestra Honey suggerì a Ginny di scrivere, allo stesso modo nonna Carmen sfoga in tale maniera i suoi intimi dilemmi.

Ma è tra quelle pagine che è custodita una fotografia a cui è profondamente legata.

La sfiora con delicatezza, come se accarezzasse i soggetti ritratti.

Poi, preda di un forte senso di colpa, commenta ad alta voce - “ Sono stata una pessima madre, una pessima nonna, una pessima persona… però recupererò, e lo farò…con Ginevra. Ho perduto Axel, mio nipote, ho perduto Agata, mia figlia…non perderò anche quest’ultimo tentativo per essere migliore”

Adagiando la foto al suo petto, socchiude gli occhi e inizia a muoversi lentamente, come se danzasse.

Minuti che concede alla sua passione più grande, il ballo, e alla pace con se stessa.

E’ l’arrivo inaspettato di Jorge alla porta ad interrompere il tutto e riportarla alla triste realtà.

Sistemata, rapidamente, la fotografia all’interno del diario, chiude a chiave il cassetto e raggiunge il marito.

“Cosa stavi facendo?”
“Nulla, tesoro, nulla”

“Sicura? Sono sicuro che ti sei di nuovo sfogata con quell’immagine. Vero?”

Ormai suo marito la conosce alla perfezione. E Carmen non può negare con lui. Conferma annuendo con il capo – “Quello scatto ritrae me, Agata e Axel. Non potrò mai dimenticare che dopo quel giorno, loro andarono via e non li vidi mai più”

Con una morsa allo stomaco, e il cuore afflitto, Jorge prende parola – “Il bastardo sono io che ho combinato solo guai e ho recato male a un bambino innocente”
“Basta colpevolizzarti. Io ero la nonna, spettava a me intervenire. Non lo feci. Sbagliai, però ora posso redimermi. Ginevra è la mia seconda opportunità”

   
 
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