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Autore: Ivy001    23/06/2021    1 recensioni
Quando la felicità di una famiglia viene distrutta da un evento inaspettato e inspiegabile...qualcuno scompare, la Banda si riunisce
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Nairobi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Carmen Jimenez osserva dalla finestra della sua stanza l’uscita di Betta dalla villa,  assieme a Caroline Jones, la ormai nota maestra Honey.

Dover fingere tranquillità davanti agli occhi di quella bambina le è costato molto; avrebbe voluto dire tanto ma la situazione l’ha costretta a tacere.

È il motore acceso dell’automobile di Jorge, presa in prestito dalla Jones,  a staccare gli occhi della gitana dalla scena in giardino.

A passo lento raggiunge la cucina ma il suo cammino s’interrompe prima, precisamente davanti la porta socchiusa della camera di Ginevra.

La vocina della bambina canticchia qualcosa e ciò la incuriosisce.

La Jimenez la spia, dalla leggera apertura dell’uscio, e sente il cuore sussultare quando riconosce la melodia.

 

A la nanita nana, nanita ella, nanita ella
Mi niña tiene sueño, bendito sea, bendito sea
A la nanita nana, nanita ella, nanita ella
Mi niña tiene sueño, bendito sea, bendito sea

 

https://www.youtube.com/watch?v=CO4Zno9L8n0

 

“Chi ti ha insegnato questa ninnananna?” – domanda l’adulta, trattenendo i singhiozzi.

“Mia madre me la cantava sempre!” – risponde Ginny, con un velo di nostalgia.

Carmen chiude gli occhi per qualche secondo, cercando di nascondere un intenso dolore.

Poi li riapre e vede sua nipote a pochi metri dal suo viso.

“Nonna…” – le dice, intenzionata a farle una richiesta.

“Dimmi, mi amor”

“La canteresti per me?”

“Io?”

“Si, sei stata tu ad insegnarla alla mia mamma, vero?”

La gitana adulta annuisce, e piacevolmente colpita dalla proposta, accetta.

Si siede sul letto della piccola e invita la nipote a fare lo stesso.

Le prende entrambe le mani e le intreccia alle sue.

Occhi negli occhi, quegli occhi identici, tratto distintivo di famiglia, così grandi e profondi, talmente penetranti da stregare chiunque li incroci, intona il ritornello di un’antica canzone, a sua volta apprese dalla madre.

E Ginevra, cullandosi mentre, felice, ascolta la ninnananna, segue a ruota sua nonna.

Le loro doti canore s’intrecciano, le voci si uniscono in un flusso vibrante che placa ogni dramma interiore e che emana con forza un desiderio d’amore disperato, quello cercato da Ginny in una consanguinea ormai entratale nel cuore e quello voluto da un’anziana zingara pentita che, dopo anni di galera, continua a vivere la sua penitenza di vita.

Un attimo tanto speciale che coinvolge perfino Jorge, seduto in giardino a fumare.

“La canzone di Axel” – commenta il Gonzales, ricordando delle volte che Nairobi la canticchiava al piccolo per farlo calmare.

E un violento flash gli balza alla mente: un volto paffuto e dolce, quello di Axel, di soli tre anni, a cui versò del liquore… non una volta, tante volte! Difficile dimenticare le grida di strazio di Agata quando scoprì che proprio lui, il suo patrigno, recava male al bambino causandogli dolori lancinanti alla pancia.

Amareggiato da quanto accaduto, rincasa diretto verso le due zingare.

Quando le raggiunge, le trova abbracciate l’una all’altra.

“Siete bravissime. Vi ho ascoltate e mi avete emozionato” – dice, attirando l’attenzione su di sé. Poi prende posto di fianco alla bambina e, teneramente, le accarezza i capelli.

“Sei uguale a tuo fratello!” – in quell’istante di nostalgia e di profondo senso di colpa, Jorge dice qualcosa di catastrofico.

Lo sguardo allegro e dolce di Ginevra, si irrigidisce. Aggrottando la fronte, la piccola si alza bruscamente distanziandosi dai due.

Carmen lancia un’occhiata di rimprovero al marito, cosciente di quanto quella somiglianza ferisse la nipotina.

Solo allora, il Gonzales si accorge dell’errore e cerca di riparare – “Non volevo tesoro, tu sei speciale e nessuno lo è come te”

“Hai detto che sono uguale a quello”

Il labbro tremante della piccola dei Dalì anticipa un pianto isterico.

E lei non ama mostrarsi in quello stato.

Così, ignorando i nonni che tentano di calmarla, la bambina pretende di essere lasciata da sola.

“Mi amor, hai capito male” – interviene Carmen.

Inutile calmarla come vorrebbero. A quel punto sono costretti a uscire dalla stanza.

“Ma come ti salta in mente di dire che è identica ad Axel!” – la Jimenez richiama il marito, dandogli un colpetto sul braccio.

“Quella canzone sappiamo entrambi che è di Axel, e lei la stava cantando…ho ricollegato le due cose. Quei due sono talmente simili che…”

“Basta, Jorge! Non dirlo più”

La loro discussione termina quando torna a casa Carol Jones.

“Qui tutto ok?” – chiede l’insegnante, mentre si libera delle scarpe ed indossa delle ciabatte.

“No,Ginevra si è arrabbiata!” – comunica Carmen, ancora alterata con il consorte.

“E come mai? Cosa le avete detto?” – la maestra Honey si allarma immediatamente e si dirige verso la stanza della piccola.

Mentre percorre quei pochi metri che la separano dalla bambina, ascolta impassibile il resoconto della settantenne.

E quando le viene rivelato il dettaglio che ha scaturito il finimondo, si immobilizza.

Resta ferma, pietrificata, a pochi passi dalla meta.

“Ho sbagliato, non avrei dovuto. Ora non so come rimediare” – interviene l’uomo.

“Quello è il suo punto debole, non dovevate ricordarglielo, non giova a nessuno di noi farlo. Lei potrebbe sempre decidere di andarsene se continuate a ricordarle il fratello. E non possiamo permetterlo”
“Come ne veniamo fuori?” – chiede il Gonzales.

“Provo a parlarle io! Deve capire che siamo i soli di cui può fidarsi, i soli che la amano come merita!”

Così dicendo riprende il passo, lasciando i due anziani indietro.

********************************************

Nel frattempo, i tre Dalì hanno raggiunto la villa.

Hanna entra in casa per prima. Ad accoglierla c’è l’agitazione dei restanti compagni.

“Calma, calma, parlate uno per volta, perché così non vi capisco” – precisa la giovane, circondata dai parenti e dagli amici che vogliono notizie.

“Dove sono Nairobi ed Emilio?” – domanda, sospettoso, Axel, notando la loro assenza.

“La situazione è stata alquanto difficile da gestire e Nairobi ha perso i sensi” – spiega, dispiaciuta, la finlandese.

“Cosa? Perché cazzo non l’hai detto prima?” – la sgrida Bogotá, correndo fuori in direzione dell’automobile.

È lì dentro che Yerevan consola Agata.

“Andrà tutto bene, adesso abbiamo la certezza che i tuoi sono qui a Perth” – dice il giovane.

“Lo so, e rivederli mi ha distrutta! Mi ha lasciata senza forze…” – spiega la Jimenez.

Emilio la osserva in tutta la sua fragilità e in quell’istante sente di doverle fare da spalla.

E quando la donna solleva lo sguardo, mostrando i suoi occhi colmi di lacrime, specchio di un’anima distrutta, il ventisettenne agisce senza più freni.

Non dà modo ad Agata di pronunciarsi né di tirarsi indietro.

Le si avvicina e non esita a baciarla.

Un contatto di labbra breve, e senza significato per Nairobi, la quale reagisce quando metabolizza il fatto, dando uno schiaffo al figliastro.

Incredula di quel gesto, e delusa da un comportamento sconsiderato, scende dal mezzo, pronta per rientrare in casa.

Peccato che qualcosa la frena. O meglio, qualcuno.

Qualcuno che ha visto la scena tra lei ed Emilio

“Bogotà!” – esclama, notando il pallore sul volto dell’uomo. Ha lo sguardo spento, frutto di un miscuglio di emozioni che lottano per prevalere.

Rabbia, odio, amarezza, tristezza, e voglia di mandare tutto a puttane.

“Da quanto sei qui?” – domanda, preoccupata che potesse aver visto.

“Il tempo giusto per avere la prova che cercavo”

“Quale prova? Amore, non è come pensi” – avanza verso di lui, cercando di dargli spiegazioni.

Ed è il saldatore ad indietreggiare.

“Adesso mi chiami “amore”? Solo ora ti ricordi che esisto?” – preda di una sofferenza acuta, l’uomo pronuncia parole dure e cariche di rancore – “Ti sei innamorata di mio figlio. Ammettilo”
“Cosa? E’ una sciocchezza. Non è così. Io amo solo te, ho sempre e solo amato te”

“E perché vi siete baciati?”

“E’ colpa mia, papà” – s’intromette Yerevan, comparso alle spalle di Nairobi.

I due uomini si trovano faccia a faccia, per la prima volta mostrando sentimenti non tipici del rapporto tra consanguinei.

“Vattene, non voglio vederti mai più” – è la sola espressione pronunciata da Bogotà al suo erede.

Di fronte al figlio accasciatosi a terra, disperato, per la rottura di un legame di sangue che credeva indissolubile, il saldatore rincasa ignorando le sue suppliche di perdono.

“Amico, che faccia! Cosa è accaduto?” – a chiederglielo è Denver che lo vede salire le scale e dirigersi verso la camera matrimoniale.

Non riceve alcuna risposta. Ma basta il rumore di una porta chiusa con forza a far intendere il peggio.

E lo shock dipinto sul volto del saldatore è un brutto segno che solo Axel, messo al corrente dei dubbi del patrigno, riesce a cogliere interamente.

Raggiunge, perciò, sua madre, ancora in giardino assieme a Yerevan e, nascondendosi per bene, origlia la lite tra i due.

“Come hai potuto farlo? Perché?”

“Non avrei dovuto, mi dispiace. È che mi sono innamorato di te, che colpa ne ho! Non si decide chi amare”- confessa il giovane.

“Innamorato? Ma sei pazzo? Sei il mio figliastro!”
“Farò la cosa giusta, per il bene di tutti! Mio padre mi ha detto di andar via, ed è ciò che farò. Spero possiate chiarire, perché non posso vivere sapendo di avergli distrutto la vita”

Conclude la conversazione con Agata, dicendole, a modo suo, addio. Poi entra in casa, ignorando le mille domande dei Dalì, e raggiunge la stanza dove ha la sua roba ancora sistemata nelle valigie.

Axel, invece, affronta sua madre rimasta da sola con il suo senso di colpa.

“Cosa avete combinato voi due? State insieme?”

“No, tesoro come puoi pensarlo! Io amo solo Bogotà”

“Allora come mai ho sentito che lui ti ha baciata?”

“Non io!” – si giustifica la donna.

“Questo non cambia le cose”
“Lo so, sono stata una stronza. Ho recato dolore a tutti. però io non posso vivere senza di lui, ti prego…aiutami” – affranta, la gitana implora suo figlio, tra le lacrime che le scorgano e scivolano violente lungo le sue gote.

E il gitano non riesce ad essere impassibile di fronte a tanta sofferenza.

Sua madre ha bisogno di lui, ora più che mai.

“Io ci sono, ci sarò sempre. Non ho esitato a venire fin qui quando mi hai chiesto una mano per le ricerche di Ginny, e non esiterò neanche adesso” – si avvicina all’adulta e l’abbraccia.

Un gesto, quello, che serve alla Jimenez come l’aria ed è ciò di cui necessita adesso che sembra essersi creata un vuoto attorno.

Il suo adorato Axel, quel figlio perduto e poi ritrovato, quel figlio che ricollegava costantemente a Ginevra, adesso è lì esclusivamente per lei… non poteva chiedere di meglio.

Il gitano è cosciente che è necessario che la coppia si ricongiunga il prima possibile, soprattutto perché la situazione di Ginevra va affrontata senza intoppi sentimentali di mezzo.

E tutti ignorano che, in questo momento, Ginny è nelle mani di chi potrebbe allontanarla per sempre dalla sua vera famiglia.

Infatti, proprio in quella casa, di proprietà dei Gonzales, la maestra Honey consola la sua alunna.

“Tesoro, i nonni mi hanno detto cosa è successo! Perdonali, non volevano offenderti” – le dice, sedendosi di fianco alla piccola.

“Io non sono Axel e non voglio esserlo. Mi chiamo Ginevra” – puntualizza, come a voler ricordare un dato di fatto che però sembra che chi le è accanto non vuole accettare.
“Lo so, cara! Ti prometto che non accadrà più” – poi la prende in braccio e la stringe a se, sussurrandole – “Ora sono qui, la tua mamma è qui, e non permetterò a nessuno di ferirti…ancora!”

   
 
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