1.
Era seduto sulla poltrona davanti
al camino nel salotto del 221b di Baker Street. Non sapeva nemmeno lui da
quanto tempo fosse lì. L’immagine nei suoi occhi era sempre la stessa. Non
ricordava le parole che si erano scambiati. Lui in strada, con il cellulare
attaccato all’orecchio e un mantra nella testa: ‘Non saltare. Non saltare. Non saltare.’ Sherlock sul cornicione
che diceva cose assurde e senza senso.
Ogni tanto, qualcuna di quelle
frasi insensate gli tornava pure in mente.
“Io
sono un imbroglione.”
“Era
tutto un trucco. Ti ho preso in giro.”
John Watson aveva sempre avuto
fiducia in Sherlock Holmes e nelle sue incredibili capacità intellettive. Non
aveva mai dubitato della sua parola. Non era assurdo che non credesse proprio a
ciò che gli aveva detto nel suo ultimo istante di vita? Non era paradossale che
pensasse che ogni parola pronunciata da Sherlock, mentre si trovava su quel
dannato cornicione, fosse una menzogna?
Perché?
Lo faceva solo per non sentirsi
stupido per avere creduto a quelle spiegazioni stupefacenti, nate da semplici
deduzioni, che Sherlock spiattellava in faccia a tutti, facendoli sentire come
degli emeriti idioti?
Era veramente così meschino?
No.
Non voleva… poteva… credere di essere così meschino. Lui sapeva quanto Sherlock
fosse intelligente e quanto fosse bravo a osservare le persone e le cose. Le
sue spiegazioni erano sempre state perfettamente logiche e supportate da prove
scientifiche e materiali.
Allora, perché Sherlock gli aveva
mentito prima di…
Allora, perché Sherlock gli aveva
mentito, mentre si trovava su quel cornicione, con il lungo cappotto svolazzante
intorno a lui mentre…
‘Non pensarci! Non devi ricordarlo per quello!’ Sibilò, dentro di
sé.
Gli sembrò di sentire un rumore
provenire dalla stanza di Sherlock. Uno scricchiolio discreto, come se qualcuno
si stesse muovendo nella camera.
Con il cuore in gola e la gioia
negli occhi, John si alzò di scatto dalla propria poltrona e si precipitò a
spalancare la porta della stanza di Sherlock. Era arrivato con così tanto
impeto, che fece un paio di passi all’interno, prima di fermarsi.
“Sherlock! Lo sapevo che non ti
eri davvero suicidato! Lo sapevo che non mi avresti mai abbandonato in quel
modo!” Si guardò intorno, pieno di speranza e aspettativa.
Il sorriso si attenuò lentamente.
La disperazione riemerse in tutta la propria potenza, colpendolo come un pugno
allo stomaco e togliendogli il fiato.
Cadde sulle ginocchia, incapace
di respirare. Si lasciò scivolare in terra e si raggomitolò, mentre calde e
solitarie lacrime gli rigavano il viso.
****
La luce del mattino, che filtrava
dalla finestra della camera da letto, lo trovò ancora raggomitolato sul
pavimento.
Vi aveva trascorso la notte.
‘Patetico. –
ringhiò a se stesso – Se Sherlock mi
vedesse in queste condizioni, si vergognerebbe di me.’
Però, Sherlock non avrebbe più potuto
vederlo, perché Sherlock si era suicidato. Si era lanciato dal cornicione del
Saint Bartholemew. Lo aveva lasciato solo a sopportare le insinuazioni dei
giornali e la loro derisione. Lo aveva lasciato solo ad affrontare le
conseguenze derivate dalle accuse rivolte loro di essere i responsabili dei
crimini che Sherlock risolveva.
Perché era diventato chiaro per
tutti che Sherlock Holmes non poteva essere quel genio dell’investigazione per
cui si faceva passare, ma non poteva nemmeno avere organizzato tutto da solo.
Ergo, John Watson non era solo la sua ombra, il cagnolino che scodinzolava
dietro a Sherlock Holmes, che ne raccontava le false gesta in un blog molto
seguito, per esaltarne le infondate qualità deduttive, ma era anche il suo
complice, colui che lo aveva aiutato a pianificare così bene quell’inganno.
“IO SO CHE SEI REALE! CHE NON SEI
UN IMPOSTORE!”
L’urlo rimbombò nella stanza
vuota, correndo sulle pareti e scivolando da una stanza all’altra.
“io so che sei reale. che tutto
quello che dici viene dalla tua splendida ed eccezionale mente.”
Il sussurro oltrepassò appena le
sue labbra.
‘Allora
perché mi hai detto quelle menzogne?’
“Io non
sono un eroe, John. Sono un essere umano come tutti gli altri. Con pochi pregi
e molti difetti, direbbe qualcuno.”
John si
voltò verso la voce e lo vide.
Sherlock
era lì. In piedi. Nel bel mezzo della porta. Circondato dalla luce del sole.
John
sbatté le palpebre diverse volte. Incredulo.
L’apparizione
svanì.
‘Sherlock è morto. Ed io sto impazzendo.’
Fu allora
che capì.
Non
poteva rimanere al 221B di Baker Street, perché era come un veleno, per lui.
Senza Sherlock, non aveva senso rimanere in quell’enorme appartamento, in cui
tutto richiamava alla memoria il suo amico perduto.
Doveva
andare via.
Doveva
trovare un’altra sistemazione.
Lasciare
il fantasma di Sherlock in quella casa e fuggire il più lontano possibile dalla
sua vita precedente.
****
Trascorsero
solo pochi giorni. John non aveva mai avuto molte pretese. Un piccolo
appartamento in un palazzo poco più che fatiscente era più che sufficiente per
lui.
Per
fortuna, Sarah Sawyer lo aveva ripreso a lavorare alla clinica e poteva
mantenersi, senza chiedere soldi a nessuno.
Gregory
Lestrade non si era più fatto vedere, forse sentendosi in colpa per non avere
creduto in Sherlock e per averlo abbandonato nelle grinfie dei suoi detrattori,
senza nemmeno tentare di difenderlo.
Mycroft
Holmes aveva seguito l’esempio dell’ispettore. Anche lui aveva tante
responsabilità nella morte del fratello. Lo aveva gettato in pasto a Moriarty.
Se avesse osato farsi vedere, John non avrebbe esitato a ucciderlo. Tanto, che
cosa aveva da perdere?
Senza
Sherlock Holmes, lui non aveva più una vita.
Aveva
traslocato le sue poche cose nel nuovo appartamento. Aveva salutato la signora
Hudson, promettendole di andarla a trovare spesso, ben sapendo di mentire.
Stava
attendendo l’arrivo della metropolitana, che lo avrebbe portato alla sua nuova
casa. Alla sua nuova vita.
Teneva
fra le braccia un piccolo scatolone, con alcuni libri. Gli ultimi che portava
via dal 221B di Baker Street.
Fu allora
che il Fato fece una cosa strana. Era come se il Destino non sapesse che cosa
fare con questo John Watson, così disperato e solo. Perché il Caso sapeva molto
bene che Sherlock Holmes era vivo e che sarebbe tornato dal suo dottore.
Eppure,
fino al loro ricongiungimento, che la Sorte vedeva molto lontano, il Destino non
sapeva che cosa farsene di questo dottore tormentato e arrabbiato e angosciato.
Fu così,
che il Fato, o chi per lui, decise di tirare i dadi.
****
John (A)
Con un feroce sferragliare, il treno della metropolitana arrivò e si
fermò, riversando sul marciapiede una variegata umanità, ignara del dolore di
John Watson.
Un giovane, con le cuffie nelle orecchie, urtò il dottore, che
riuscì per un pelo a tenere lo scatolone in braccio.
Lanciando un’occhiataccia al giovane, che lo ignorò, John Watson
salì sulla carrozza. Trovò un posto libero e si sedette, appoggiandosi la
scatola sulle ginocchia.
Con lo sguardo vuoto e fisso davanti a sé, John Watson andò incontro
al proprio destino.
****
John (B)
Con un feroce sferragliare, il treno della metropolitana arrivò
e si fermò, riversando sul marciapiede una variegata umanità, ignara del dolore
di John Watson.
Un giovane, con le cuffie nelle orecchie, urtò il dottore
facendo cadere lo scatolone che teneva in braccio. I libri si sparpagliarono in
terra, sulla banchina, proprio davanti alle porte della carrozza.
Il giovane non si accorse nemmeno di quello che era accaduto e
continuò per la sua strada, immerso nel proprio mondo musicale.
Alcuni passeggeri corsero verso le porte in chiusura e
calciarono un paio di libri, che si allontanarono dagli altri.
Le porte si chiusero, davanti a un John Watson frastornato, che
fissava i libri sparsi per terra, vedendo il corpo insanguinato dell’uomo che
gli aveva sconvolto la vita.
****
Piccola
nota dell’autrice
Ciao a chi sia arrivato qui in fondo.
L’idea che ha ispirato questo racconto
arriva dritta dritta da un film che, probabilmente, conoscete tutti. Si tratta
di “Sliding doors” di Peter Howitt (1998), con Gwyneth Paltrow, John Hannah,
John Lynch e Jeanne Tripplehorn.
Protagonista della storia è un John Watson
reduce dal suicidio (che noi sappiamo essere finto) di Sherlock Holmes. Il
nostro consulente investigativo sarà abbastanza latitante, ma non del tutto
assente.
Immagino che siano stati scritti tanti
racconti, relativi a questo periodo, quindi spero che la mia storia non ne
ricordi nessuno.
Pubblicherò un capitolo a settimana, ogni domenica,
ma prometto di non saltare l’aggiornamento del mercoledì della traduzione di
“Sweet Home Baker Street”.
Ciao ciao.