Questo capitolo non avrebbe dovuto esistere, in quanto doveva essercene un altro molto probabilmente più lungo e ugualmente violento, ma l'ispirazione mi ha preso e dunque ecco qui una terza oneshot! Ringrazio vivamente Taiyou_no_Himiko per avermi fatto da beta reader, mentre a tutti voi auguro buona lettura.
Il
pregiato sigaro cubano che Karl Heisenberg teneva tra le labbra quasi
si spezzò quando i suoi bianchi incisivi ne incisero la
superficie
ruvida, aspirò con una certa tensione le secche foglie in
fiamme
facendo brillare le braci come un piccolo sole nel marasma di quella
notte ben poco silenziosa. Qualcosa cantava oltre i cespugli di
quella spoglia prateria, risate sguaiate di uomini audaci, e se mai
l'avessero accolto era tutto da vedere. La lingua, purtroppo, non la
conosceva.
Era
frustrante notare che in qualche modo si era perso lungo la strada,
ma ora sapeva che si era spinto un po' troppo a est della Georgia
–
o forse era finito in Armenia? – andando probabilmente a
toccare il
confine con l'Azerbaigian e da lì in poi avrebbe
probabilmente
sfiorato le coste del mar Caspio incontrando prima o poi la
fantomatica Via della seta. L'idea di poter galoppare fino alle
mitiche sabbie dorate di Samarcanda lo affascinava, ma il suo piano
iniziale era – e rimaneva– di andare verso nord e
non aveva
intenzione di far affaticare ancora di più un cavallo che
evidentemente non apprezzava i climi troppo secchi.
Un
altro mese e mezzo era passato da quando aveva incontrato gli ultimi
turisti lungo le strade sterrate dell'Ucraina – tenendo loro
compagnia con del liquore alla liquirizia davvero singolare –
incontrando in seguito per lo più cacciatori della domenica
a cui si
era unito per chiacchierare un po' e raccontarsi a vicenda
spacconerie da uomini, facendosi consigliare bene sui sentieri adatti
da seguire per evitare noie con le guardie che pattugliavano le
strade. I percorsi battuti dai bracconieri erano stati tanto
provvidenziali quanto la principale causa del disorientamento che lo
aveva portato fuori strada, ma non era un gran problema. In fin dei
conti se la stava prendendo comoda con quella sua imprevista vacanza,
riposando quando gli capitava nei rifugi di caccia incustoditi
–
concedendosi così una dormita rilassante in un letto vero
– e
approfittando di quelle porte che si aprivano al suo magico tocco per
rifornirsi di tutto quello di cui aveva bisogno.
In
fondo non era come rubare, se le porte si aprivano da sole... e
capitava che soggiornasse in queste baracche anche per diversi
giorni, giusto il tempo di far riposare il proprio stallone e di
fumarsi un sigaro in santa pace sulla veranda di casa, sfruttando
quei pigri momenti di relax per affinare ancor meglio le proprie arti
elettromagnetiche e sentendosi sempre più sicuro nel far
danzare il
metallo attorno a sé.
Se
si escludeva la sensazione di fatica che ancora lo accompagnava dopo
ogni sforzo, era comunque un notevole progresso, soprattutto se
riusciva ad accartocciare un’intera auto abbandonata alla
stessa
maniera con cui si piegava un sottile foglio di carta.
Il
potere di un dio nelle mani di un mortale. Un dono che poteva portare
ad essere tanto audaci quanto incoscienti.
Tuttavia,
quando era in viaggio era decisamente un’altra cosa. Ben
sapendo di
dover tenere gli occhi aperti quando aveva a che fare con degli
sconosciuti dalle facce meno raccomandabili della sua. Come stava
accadendo in quella notte senza luna e senza stelle, con le nubi che
nascondevano il vuoto cosmico in un pesante sudario afoso, avvertendo
strascicate canzoni popolari che accompagnavano il passo prudente del
suo grigio destriero.
Heisenberg
parlava correttamente sei lingue – il tedesco era forse
l’unica
con cui aveva più difficoltà, nonostante fosse la
sua lingua
originaria – ma quello che stava udendo ora era qualcosa di
più
simile all'arabo. Una lingua a lui ignota.
Il
cavallo sbuffò per il nervosismo quando lingue di fuoco
iniziarono a
farsi notare al di sopra dei cespugli secchi e le prime immagini di
un improvvisato accampamento militare si mostrarono attraverso le
lenti rotonde dei suoi occhiali da sole. Alcuni degli uomini radunati
attorno al falò – circa una decina, se si
contavano anche quelli
che gironzolavano per il perimetro esterno – si accorsero un
po'
per volta della sua presenza in quanto la zona in cui si trovava lui
era un po' sopraelevata . Gli occhi arrossati dall'alcool di quegli
improbabili cacciatori si posarono sulla sua figura in ombra non
appena sentirono i passi del cavallo avanzare placidi verso la loro
direzione, un modo elegante di far notare la propria presenza a
quegli uomini che, come gli suggeriva l’istinto, non gli
sembravano
affatto amichevoli.
Velati
borbottii si alzarono dagli uomini seduti sui tronchi secchi e sui
massi trascinati fino a quella catasta di legno su cui ardeva la
carcassa di una pecora – probabilmente la cena del gruppo
– e
qualcuno si lamentò apertamente con i due che avrebbero
dovuto
pattugliare meglio il perimetro, anche se in realtà quelle
improvvisate guardie erano annebbiate dai fumi dell'alcool quanto i
loro compagni.
“Salute
a voi, compagni.” fece improvvisamente Heisenberg, spezzando
così
il silenzio in russo. “C'è posto anche per un
viandante solitario
al vostro falò?”
Si
piegò lievemente sul pomello della sella per far in modo che
quel
drappello di uomini in terra straniera come lo era lui potessero
scrutarlo meglio, mostrando qualcosa di assolutamente diabolico ai
loro occhi. Un sorriso smagliante e predatorio incorniciava la sua
barba incolta, dietro le lenti degli occhiali da sole tinte di
arancione, sulle quali si riflettevano le scoppiettanti lingue di
fuoco del falò, nascondevano occhi di ghiaccio e il cappello
a tesa
larga ormai logoro non rendevano bene le fattezze dell'uomo che li
stava approcciando in modo apparentemente amichevole.
“Dipende,
sei un turista?”
Quello
con la barba più lunga e lo sguardo torvo fu il primo a
parlargli in
un russo piuttosto elementare e Heisenberg fece molta fatica a non
ridergli in faccia. Non potevano sapere che attraverso quelle lenti
scure li stava osservando bene, così come il loro campo
base. Giusto
un paio di grosse tende e una vecchia camionetta usata per gli
spostamenti, alla base del cassone da carico quello che restava di
una razzia violenta e – molto probabilmente –
ordinata da terze
parti.
Che
fossero atti di terrorismo o mercenari al soldo di qualche signorotto
locale in cerca di vendetta verso i contadini suoi rivali non era
dato saperlo, ciò che tuttavia il vagabondo poté
ben vedere erano
le salme incatenate a terra e trascinate fin lì in un gioco
sadico
che Heisenberg comprendeva solo in parte.
Il
corpo di un uomo robusto giaceva a pancia in su, la bocca sporca di
sangue poteva ben indicare di cosa fosse morto, mentre le sue braccia
legate con una catena d'acciaio al cassone del mezzo erano contorte a
causa di un trascinamento brutale. Stessa sorte era toccata al
compare più giovane, forse il figlio o un altro sventurato a
cui era
stata tagliata la gola in un ultimo atto di presunta misericordia.
Gli occhi ribaltati all'indietro mostravano solo una sclera ancora
bianca e luccicante come due fari nella notte.
L'unica
vittima ancora in vita era quella che forse avrebbe fatto meglio a
morire prima di tutti gli altri, dato che aveva le fattezze di una
ragazzina appena sbocciata nella pubertà. I suoi capelli
erano stati
tagliati via in segno di puro spregio – o per meglio dire
rasati,
come si fa con una pecora indisciplinata – picchiata come un
cane
nel fango, il volto sporco di terra e sangue e rigato da lacrime
ormai seccate e gli abiti da lavoro lacerati dalla foga di
“amanti”
indesiderati come brandelli di pelle di un animale seviziato.
Un
fiore appena nato e subito calpestato. In tutta quella scena
poté
immaginarsi la furia di quei lycan civilizzati che vivevano oltre i
Carpazi.
Scene
non dissimili da quelle che avevano forgiato la sua vita all'interno
di quel villaggio senza nome di sciatti devoti contaminati dal Dio
Nero. Bambini scomparsi, uomini macellati, donne violentate... ma per
i lycan era una cosa abbastanza giustificabile – la satira
dell'uomo che ritorna alla natura o la bestialità umana
rappresentata nella sua più estrema parodia. Esperimenti
falliti di
una sacerdotessa corrotta . Tuttavia, nel quadro che si
apprestò ad
osservare quella notte non vide nulla che potesse in qualche modo
essere riconducibile alla pura sopravvivenza in un mondo ostile o una
natura contaminata dal male, bensì solo una visione
narcisistica
della tipica malvagità umana del forte contro il debole.
Del
sadico contro il remissivo, in un copione già visto e
vissuto fino
alla noia.
Disgustoso.
“Non
sono un turista, sono un mercante!” fece finalmente
Heisenberg,
scendendo agilmente dal cavallo e scivolando giù per la duna
ghiaiosa. “Vendo soprattutto, uhm, magie... vi va di fare uno
scambio?”
Per
quei briganti da due soldi, Heisenberg era un uomo spacciato a
prescindere dalla risposta che avrebbe dato loro, i loro sguardi
truci avevano già sentenziato la sua condanna a morte ben
sapendo
che non si erano dati la premura di nascondere i loro crimini come si
deve.
“Quale
scambio?”
Alcuni
borbottii perplessi si levarono dal gruppo quando il capo
continuò
con l’inutile conversazione con quell'eccentrico infedele,
mentre
altri ancora ridacchiavano maliziosi pur comunque allungando di
soppiatto le mani verso le proprie armi nascoste sotto le giacche da
cacciatore. Poco entusiasti di udire una risatina beffarda da parte
di quell'ospite cencioso, desiderosi di commettere quello in cui
eccellevano meglio. Persino l'ultima sopravvissuta alla cieca furia
di quei guerriglieri mercenari sapeva quale destino avrebbe atteso
quel folle.
Per
quanto fosse ferita e sotto shock – senza più
lacrime da versare
ma abbastanza saggia da starsene china in posizione fetale –
la
ragazza ebbe comunque il coraggio di alzare lo sguardo verso Karl
rispecchiandosi nelle sue lenti arancioni per un breve
istante.
L'aveva
vista, non avrebbe fatto finta di nulla. Intuendo fin da subito che
ciò che le era toccato sarebbe accaduto di nuovo... ma
ingenuamente
la piccola aveva confuso le vittime.
“Bè,
facciamo così.” Heisenberg dette un'ultima boccata
ad un sigaro
ormai consumato del tutto, per poi calpestarci sopra con il tacco
dello stivale destro. “Voi mi fornite gentilmente le
indicazioni
per raggiungere la Russia senza troppi preamboli e io in cambio vi
mostrerò dei trucchetti divertenti.”
Ovviamente
una ventata di ilarità si diffuse in quel drappello ora non
più
così rilassato, arrivando ad alzarsi in piedi e facendo
capire al
loro sventurato ospite che il tempo delle chiacchiere era ormai
finito. Ignorarono il fatto che il vagabondo aveva estratto da una
tasca interna del proprio trench nero un coltellino a farfalla,
piccolo ma ugualmente letale, tenendolo perfettamente in equilibrio
su due dita avvolte da un guanto di pelle consunto. Era chiaro che
quella sera il macchinista in pensione aveva voglia di divertimento
sfrenato.
“Non
ci interessa la magia!” Il pseudo comandante del gruppo si
alzò a
fatica dal suo tronco rinsecchito, aiutandosi con il fucile da caccia
usato a mo’ di bastone. “Ora tu muori e –
aaaaah!”
“Mmh,
facciamo che inizi prima tu?”
Quello
che gli uomini assistettero quella notte fu esattamente ciò
che
Heisenberg aveva predetto. Una magia agli occhi delle persone
ignoranti; un semplice fattore biologico, invece, per chi era a
conoscenza della sua natura singolare.
Sotto
gli sguardi allibiti dei presenti che erano abbastanza vicini da
osservare meglio la scena che si stava svolgendo di fronte a loro, il
cui volto mutò in un’espressione di puro orrore,
il coltello era
schizzato dalle dita di Heisenberg fino a piantarsi con un suono
umido nella gola del loro comandante in capo. Un colpo ben assestato
sotto il mento barbuto fece affondare la lama talmente in
profondità
che persino il manico metallico penetrò nello strato
adiposo,
portando lo sventurato brigante a sgranare gli occhi, conscio che
quegli ultimi istanti di vita li avrebbe spesi ad osservare il
sorriso malato del suo assassino.
La
morte sopraggiunse solo quando la lama si sfilò via ad un
comando
telepatico del suo proprietario, ritornando al volo tra le sue mani,
staccandosi così dall'arteria recisa da cui
fuoriuscì un intenso
spruzzo scarlatto che si levò oltre la sua persona. Un forte
schizzo
dettato dalla paura e dall'adrenalina che portarono il cuore di quel
brigante a pompare in preda al più cieco terrore, andando a
macchiare il terreno polveroso sotto di lui – alcune gocce
riuscirono a raggiungere Heisenberg nonostante la distanza
considerevole tra i due, ma l'oscurità delle sue vesti le
inglobarono, decretando la fine di quella amicizia stroncata ancor
prima di nascere sotto un tappeto rosso sangue.
Nel
momento in cui il corpulento comandante cadde senza vita a pancia in
giù, il resto dei briganti si svegliò dal torpore
causato
dall’alcool, urlando crepitante come le furiose lingue del
falò
che stavano lambendo le carni della pecora ormai carbonizzate,
imbracciando l'artiglieria per puntarla contro quell’uomo che
non
accennava a smettere di ridere.
La
piccola vittima, ancora legata a delle pesanti catene, batté
i denti
terrorizzata nel vedere i briganti fare fuoco su quello stregone
cencioso, rannicchiandosi ancora di più quando
sentì i botti e le
urla che avevano accompagnato sia il suo rapimento che la perdita
della sua innocenza di bambina e chiudendo gli occhi disperata per
quelli che le sembravano dei secondi interminabili e strazianti.
Poi
li riaprì solo quando uno strano silenzio cadde sul campo
base, così
gelido e innaturale che avrebbe ben preferito ascoltare gli scoppi di
fucili e pistole piuttosto che osservare i volti contorti dalla paura
dei briganti che fino a poche ore prima avevano mostrato il peggiore
dei sorrisi che si poteva offrire ad una ragazzina come
lei.
Quell'uomo
doveva davvero essere un mago come affermava di essere, non c'era
altra spiegazione plausibile su ciò che i suoi occhi verdi
stavano
guardando, poiché di tutti i proiettili che gli erano stati
sparati
addosso nessuno era riuscito minimamente a scalfirlo, fermi a
mezz'aria a ruotare pigramente su se stessi come smarriti in un
invisibile campo magnetico. Infatti, a pochi centimetri da essi, Karl
Heisenberg batté le mani sinceramente divertito dall'impegno
che
quelle guardie assassine gli avevano dedicato.
Sarebbero
tutti morti in quella notte senza stelle e lo avrebbero fatto al
suono del suo applauso teatrale.
“Devo
dedurre che nessuno di voi saprà darmi le giuste
indicazioni.” Si
tolse gli inutili occhiali da sole per mostrare loro tutto il cinismo
che traspariva dai suoi occhi color acciaio, con un’aria da
onnipotente dio dai poteri ritrovati. “Oh, bè...
suppongo non vi
dispiacerà se vi mostro comunque alcuni dei miei
trucchetti.”
Con
un semplice ed elegante movimento del polso, Heisenberg
conficcò
ogni proiettile nelle membra del suo legittimo proprietario, tra le
urla di dolore e fughe scalmanate per evitare un qualcosa che non
poteva essere evitato.
I
proiettili di grosso calibro penetrarono la pelle e la carne
svuotando intestini e budella, trapassando cuori e spaccando crani
come cocomeri maturi da cui saltò fuori la materia grigia
che si
spiaccicò a terra a pochi centimetri dalla ragazzina che non
si
trattenne dal gridare a sua volta. Non aveva mai visto un cranio
aperto dal pallettone di un fucile da caccia grossa prima d'ora,
così
come non sapeva che un corpo umano potesse ancora muoversi dopo
proprio come una rana a cui era stata rimossa la testa per
divertimento.
Era
così impegnata ad osservare gli spasmi morenti di un soldato
ormai
bello che andato da non essersi resa conto al supplizio a cui
andò
incontro il resto dei briganti. Non vide dunque i proiettili che
attraversarono i loro arti spezzando le ossa e i denti, cavando loro
gli occhi e riducendoli a poltiglie salmastre a contatto con il ferro
rovente che distruggeva i loro volti. Una cacofonia di urla e
imprecazioni che durò relativamente poco, durante il quale
uno degli
sventurati urlò più a lungo quando
accidentalmente cadde sul grande
falò su cui ardevano alte fiamme, prendendo fuoco come una
torcia
umana e dimenandosi selvaggiamente tra i tronchi riarsi.
Contorcendosi nel dolore più atroce e portando le fiamme
lungo il
sentiero che il macchinista aveva deciso di percorrere, una lenta
camminata mentre gli sventurati uomini che avevano deciso di
affrontarlo cadevano uno dopo l'altro attorno a lui.
Sangue,
ferro e fuoco. Lo spettro della sua vita passata si era palesato per
una notte lasciando che solo il rumore dei suoi stivali sostituisse
un silenzio improvviso dopo che gli ultimi briganti erano stati fatti
a pezzi. Calpestò polvere e braci ardenti, non curandosi che
le
punte in metallo dei suoi calzari si sporcavano di frattaglie ancora
fumanti e si diresse verso l'unica sopravvissuta rimasta intenta ad
osservare quell'innaturale mattanza.
La
piccola pensò che ormai fosse giunto anche il suo turno di
essere
macellata da un folle dio della morte, chiedendosi se le sue risate
stentoree sarebbero state le ultime cose ad accompagnarla
nell'aldilà. Ma dopo che il forestiero si fermò
davanti a lei,
oscurandola con la propria ombra e sorridendole in modo sornione,
avvertì chiaramente i polsi farsi meno pesanti.
Le
catene che l'avevano tenuta legata all'autocarro erano scivolate via
come l’acqua di una torrente, liberandole finalmente i polsi
che
bruciavano di dolore a causa della pelle escoriata in più
punti.
“Hmm,
suppongo che neppure tu sappia la strada. Dico bene,
ranuncolo?”
Si
piegò giusto un attimo per prenderla per la collottola di
quella che
un tempo era una camicia per tirarla su, constatando che restava
comunque in piedi a fatica nonostante le gambe non recassero segni
evidenti di fratture. Sapeva di non essere un uomo capace di mettere
a proprio agio il prossimo, ma la piccola sventurata non
reagì come
ci si poteva aspettare in un momento del genere. Forse era lo shock
dello spettacolo allestito da un egocentrico showman, uno stupore
macabro che poteva tanto ammutolire quanto portare alla pazzia
qualunque persona sana di mente.
Ma
forse la giovane che ora lo stava fissando con i suoi occhioni
spalancati non era più una persona da definirsi
“normale”... non
dopo quello che aveva visto e subito. Il destino l’aveva
costretta
a crescere in fretta il giorno in cui era stata rapita e vedendola
annuire timidamente portò Heisenberg ad inarcare un
sopracciglio
piuttosto sorpreso.
“Conosco...
conosco la strada, signore... posso accompagnarla?”
deglutì
vedendo il lampo del dubbio nei suoi occhi chiari. Ora che lo
osservava meglio il suo volto presentava pure diverse cicatrici
procurate chissà come “M-ma ora non riesco a
spiegare... perciò
le faccio vedere e basta.”
Per
un momento l'ex ingegnere rimase stupito da così tanta
intraprendenza giovanile, ma forse poteva intuire il suo bisogno di
allontanarsi il più possibile da quel luogo di morte e da
una
prigionia coatta e violenta. Heisenberg non necessitava della
compagnia di qualche moccioso traumatizzato, ma avrebbe mentito a se
stesso se avesse negato di essersi per un attimo rivisto in quella
ragazzina distrutta. Se per lui quello sguardo speranzoso non si era
più riaffacciato su un volto che si era fatto sempre
più vecchio
con l'avanzare dell'età adulta, vederlo su quella creatura
distrutta
gli fece un effetto... diverso.
“Perfetto
allora, prendi il necessario che partiamo subito! Non voglio far
brontolare ulteriormente il mio cavallo.”
[…]
Un'alba
grigia si stagliò sulle campagne della Georgia quel giorno,
ancora
ignara della mattanza che si era consumata giusto quattro ore prima e
che aveva lasciato dietro di sé solo corpi spogliati dai
propri
averi e dalle proprie membra, il risultato di quello che poteva
sembrare essere un regolamento di conti tra varie bande di
briganti.
In
sella al suo grigio destriero, Karl Heisenberg stava ancora cercando
di capire cosa effettivamente lo avesse portato a prendere con
sé la
piccola creatura, ora intenta a mangiare un tozzo di pane seduta
davanti a lui, concentrata nell'osservare le sconfinate file di viti
con i grappoli d'uva non ancora maturi ma che già
cominciavano a
pendere sui rami secchi, colto da un momentaneo senso di disagio per
aver compiuto un gesto piuttosto inusuale.
Non
era avvezzo ad atti caritatevoli – non ne aveva mai ricevuti
e ogni
suo gesto gentile nascondeva sempre qualche secondo fine – ma
arrivare a costringere qualcuno a fare qualcosa per lui? Era
più
propenso ad un non molto velato ‘vaffanculo’ che
mettersi a
picchiare una ragazzina inerme.
“Siamo
sicuri che questa sia la strada giusta, ranuncolo?”
“Hm-m.”
fece lei con la bocca piena, deglutendo e parlando solo in seguito
con voce sottile e limpida. “Questa strada la percorrono i
contadini, non le guardie... quelle basta solo corromperle.”
Riguardo
a quello non c’erano problemi, aveva in effetti avuto premura
di
saccheggiare i portafogli e gli averi di quei mentecatti mutilati e
aveva fatto indossare alla ragazzina un completo da caccia di riserva
trovato dentro una delle tende, quindi ad un occhio meno attento
sarebbe stato come vedere una famiglia di cacciatori di ritorno da
una trasferta notturna. Un padre e un figlio per somma ironia della
sorte.
“Signore?”
“Hm?
Che c'è?”
“Non
dirò a nessuno quello che ho visto, lo giuro.”
Il
flusso di pensieri cupi e malinconici venne interrotto da una piccola
discussione da parte della ragazzina a cui tra l’altro
Heisenberg
non si era premurato di chiedere il nome di battesimo, ma in fin dei
conti poco importava. Avrebbe lasciato quella creatura rovinata alle
cure del primo centro cittadino che avrebbe incontrato appena toccato
il suolo russo, intuendo perfettamente che la gratitudine
offertaglisi sarebbe stata il silenzio d'oro che solo le donne
rancorose sapevano usare.
“Eh
eh eh... so bene che non lo dirai a nessuno, principessa!”
Abbassò
lo sguardo per osservare per un attimo la testa rasata di una bambina
che appoggiava timidamente la schiena contro il suo petto, poi decise
di alleggerire l’atmosfera con un argomento più
interessante.
“Piuttosto, hai mai ascoltato musica decente in vita tua?
Perché
devo ancora incontrare gente che conosce i Powerwolf da queste
parti!”
Forse
qualcosa dentro di lui era cambiato durante quei mesi di viaggio
–
o forse era rimasto il solito opportunista disposto a qualsiasi cosa
pur di raggiungere i propri obiettivi – ma se era vero che
aveva
ricevuto una seconda possibilità dalla vita, allora non
vedeva
perché non potesse averla anche la ragazzina che si stava
portando
dietro... uno specchio ancora sporco di ciò che lui stesso
era stato
da bambino, pieno di cicatrici su una pelle inspessita dalle
disgrazie.